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Autore: crazyclever_aveatquevale    06/10/2013    3 recensioni
Dalla storia:
La prima volta che Arthur e Merlin andarono in campeggio avevano otto anni. Un pomeriggio di maggio fecero sedere i genitori di entrambi sul grande divano di casa Pendragon e presentarono la loro richiesta di dormire da soli in un bosco, dentro le tende e riscaldati dal fuoco – Come i veri cavalieri! aveva detto Arthur – dato che ormai, alla veneranda età di otto anni, erano grandi.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Ehilà! *fa capolino da dietro uno scudo perché sa di essere in ritardo*

Sono bloccata a letto con una caviglia slogata a “studiare” fisica e mi sono detta: perché non aggiornare, visto che dovevi farlo ieri ma non hai proprio potuto, causa impegni presi e padri tiranni (io ho la caviglia così e lui vuole la pasta all’uovo…)

E siamo arrivati alla notte! La tenda finalmente verrà usata per bene, e i nostri protagonisti si daranno ad occupazioni ben più interessanti che scalare gli alberi! Il titolo è chiaramente allusivo (la mia BFF –oddio, sembro Paris Hilton, sparatemi!- l’ha caldamente proposto), ma il mio Arthur non avrebbe mai potuto dirlo, perché sembrerebbe un insulto, così è sottinteso… Ma si capisce… spero!

Dedico il capitolo a Rosso_Pendragon, lululove2, black _sofiacolandrea_, grinpow e misfatto che anno recensito, i 7 che preferiscono, i 19 che seguono e l’1 che ricorda questa storia! E soprattutto al Vagabondo, che ha fatto le ore piccole per leggerla tutta!

DISCLAIMER: L’Asino Reale, l’Idiota e tutta la combriccola non sono miei; non scrivo a scopo di lucro ma solo per puro piacere personale.
 

Di campeggio, stelle e primi baci
 
Capitolo 6

Merlin ebbe a mala pena il tempo di girarsi verso  l’entrata della tenda che Arthur fu su di lui con una specie di ruggito animalesco, agognando la sua bocca come un  assetato nel deserto, e unendo le mani dietro la sua schiena per schiacciarselo meglio addosso. Il moro non si tirò indietro: stringendogli i capelli nelle mani per cambiare l’angolatura della testa, iniziò a mordere e succhiare sistematicamente il suo labbro inferiore, per convincerlo ad aprire le labbra; cosa che Arthur fece con grandissimo piacere, ricambiando il favore e facendo danzare la propria lingua con la sua, sempre più vorticosamente e voracemente.

La disperazione, la furia, il desiderio sempre più forte di sentirsi scemarono piano piano, ma i due rimasero stretti, baciandosi castamente e specchiandosi l’uno negli occhi dell’altro, finché Merlin non poggiò la testa sulla spalla di Arthur, chiudendo gli occhi e permettendogli  di abbracciarlo stretto e passare ad accarezzargli la schiena. Non dissero nemmeno una parola: non ne avevano bisogno, e comunque in quel silenzio così intimo erano entrambi perfettamente a loro agio.

Dopo aver sfregato un paio di volte il suo naso sull’incavo del collo di Arthur, Merlin, con un sospiro profondo e chiaramente sofferto, si slacciò dall’abbraccio comodo e confortevole dell’altro, ricordando ad Arthur che dovevano ancora gonfiare i materassini* ed era meglio iniziare da subito.
Arthur non si rassegnò a lasciarlo andare, facendo scorrere un dito lungo la spina dorsale di Merlin, chino davanti la sua valigia, ben conscio di pervaderlo di brividi.

«Sai, stavo pensando… Potremmo gonfiare solo il mio, dato che ho portato  quello grande, perché pensavo servisse a Percy… E poi, in caso, ci possiamo stringere un po’» Quando Merlin si girò a guardarlo, colmo di stupore, Arthur gli fece un occhiolino malizioso. Il brivido di aspettativa e piacere che corse lungo la spina dorsale di Merlin fu talmente intenso e potente che avrebbero potuto sentirlo con chiarezza anche a Timbuctu.

Il moro sorrise, sornione, si alzò e si avvicinò all’amico, pronto per una nuova sessione di baci – ora che ne aveva l’opportunità e poteva farlo quando voleva, ne avrebbe certamente approfittato il più possibile – ma proprio in quel momento sentì una voce che diceva “toc toc” giusto in corrispondenza dell’entrata della tenda. Con un sospiro teatrale, seguito da un’occhiata esasperata di Arthur, che gli fece un gesto con la mano che in asinese stava a significare più o meno un occupatene tu, io non ne ho le forze a quest’ora, uscì. Entrambi avevano infatti riconosciuto la voce di Gwaine, fin troppo maliziosa e allusiva.

«Non vi ho disturbato, vero? Cioè, non ho interrotto niente! Insomma, siete rientrati in tenda da non più di un quarto d’ora e non abbiamo sentito rumori ambigui, perciò non potete essere arrivati già lontano!» Esordì il terremoto, alla vista dell’amico.

«Ma di che parli? Dove dovremmo arrivare?» Merlin era ingenuamente curioso di sapere cosa stesse girando nella strana e pericolosa mente di Gwaine.

«Oh, andiamo, Merlin! Sto parlando di un’attività molto piacevole svolta da almeno due persone che tendenzialmente prevede una superficie di appoggio, preferibilmente orizzontale, e prevede una notevole perdita di calorie e fluidi corporei vari… Ti basta come spiegazione, o vuoi che ti faccia un disegnino esplicativo?»

Merlin non riusciva a credere alle proprie orecchie. «Stai parlando del sesso? Oddio, Gwaine, perché mi parli di sesso alle - guardò il suo orologio da polso – due e quarantatré del mattino?»

«Ma come, “perché”? Cosa avete intenzione di fare tu e Arthur tutta la notte, giocare a tris?»

«Parla piano! C’è altra gente qui, ti possono sentire! E comunque… Io… Io, ecco, Gwaine… Io non lo so se… Se Arthur vuole… Insomma, lui non lo ha mai fatto con un uomo, ecco. Magari non è pronto o non vuole, io non voglio forzarlo a fare nulla».

«Da come ti guardava oggi non credo proprio che non voglia…»

«O- oggi? Perché, come, cosa, quando? E soprattutto, perché non mi sono accorto di nulla?»

«Perché hai i prosciutti sugli occhi! Comunque non è importante il contesto, è importante il fatto che Arthur ti vuole anche (diciamo soprattutto)  in quel senso e tu dovresti smetterla di pensare cosa gli altri vogliono o no e iniziare a parlare, chiedere, vivere! Ma tu vuoi?»

«Certo che voglio! Sono anni che…»

«Si, si, risparmiami i dettagli sulla tua adolescenza frustrata. Sono qui apposta per aiutarvi. Taa daan! Questo è per voi.» concluse, consegnando a Merlin un tubetto, prima di sparire con un «Percy mi aspetta… Divertitevi, ragazzi!»

Merlin, ancora frastornato, osservò il tubetto nella sua mano. Lubrificante. Non poté impedirsi di arrossire fino alla punta delle orecchie. Decidendo che forse era meglio non farlo vedere ad Arthur, per evitare di palesare le sue intenzioni, lo infilò nella tasca della tuta, e rientrò in tenda.

Arthur, che aveva appena finito di gonfiare il materassino, lo accolse tra le sue braccia calde, con un «Che voleva?», a cui Merlin rispose semplicemente con un  mugugno, il viso affondato nel suo petto, incapace di riportare la conversazione avuta con Gwaine. In risposta, Arthur lo strinse più forte, per confortarlo e coccolarlo contemporaneamente.

«Ci stendiamo?» chiese il biondo, prendendolo per mano e facendolo cadere sul letto, con una risata. Merlin lo guardò, un po’ scioccato, poi imitò l’amico, cominciando a ridere di gusto pure lui, senza alcun motivo. Continuarono per un po’, stesi l’uno affianco all’altro, finché Merlin non disse, ancora un po’ affannato: «E questo cos’è?»

«Merlin, dai, si chiama cielo, si trova perennemente sopra le nostre teste ed ora è nero perché il sole è da tutt’altra parte… E quei puntini gialli che vedi si chiamano stelle… Dai, ripeti con me: S-T-E-L-L-E»

«Asino, so cosa sono il cielo e le stelle, non prendermi in giro! Solo volevo sapere perché c’è questa specie di finestra nella tua tenda… non è un po’ fastidioso la mattina?»

«A parte che si può tranquillamente coprire, comunque voleva essere un gesto carino!» Arthur si mise su un fianco con la testa appoggiata alla mano, guardandolo in modo allusivo.

Merlin, tuttavia, non lo vide. «Scusa, come “carino”? Vedo la copertura da qui, quell’apertura c’è da quando hai comprato la tenda, saranno almeno sei anni!»

«Carino, testa di fagiolo, perché l'ho aperto! E l'ho aperto perché magari quello scorcio per me ha un significato, non credi?»

«Significato? Che intendi?» Merlin, quando ci si metteva, sapeva essere proprio ottuso.

«Quand’è stata l’ultima volta che abbiamo guardato le stelle insieme?»

Merlin strabuzzò gli occhi. Lo guardò con la coda dell’occhio e sorrise dicendo: «Dieci anni fa». E lì Arthur si sentì come svuotato, pronto per rivelare il suo segreto.

«Dopo quella notte le stelle non mi sono più sembrate la tessa cosa. Le guardavo e vedevo il tuo viso e al campeggio ogni notte mi svegliavo e uscivo per guardarle … Quando, al negozio, ho notato questa tenda con la finestra, ho dovuto comprarmela. L’anno prima mi ero preso un bel raffreddore!»

«Sì, me lo ricordo, Asino! – lo prese in giro Merlin. Poi, tornando serio, gli chiese: «Arthur, ma perché non mi hai detto nulla? Tutti questi anni… tutte quelle ragazze…»

«Mi vergognavo, ecco. E le ragazze servivano per dimenticare quel bacio, dimenticare te… Ma più continuavo più mi accorgevo che era tutto inutile, quel bacio rimaneva il più bello che avessi mai dato… Beh, fino ad oggi!»

Merlin era completamente senza parole. Una parte non indifferente del suo cervello stava realizzando quanto Arthur si fosse lasciato andare con quella confessione, dato che il biondo non amava molto esternare i propri sentimenti; ma un’altra parte, ben più grande, stava stappando lo champagne e lanciando coriandoli per la gioia di sentirlo parlare in questo modo, dopo averlo sperato per tanto tempo.

Sorridendo come un ebete gli si avvicinò e catturò le sue labbra in un bacio carico di passione. La furia, prima assopita, tornò a farsi sentire più forte, costringendolo a stringere le spalle dell’altro e a tirarlo sopra di sé, in modo da sentirlo, fremente e vero, con tutto il corpo. Sentì l’altro mugolare e ricambiare la stretta, perciò si azzardò a infilare le mani sotto la sua maglietta, ad accarezzare la schiena possente e sudata di Arthur, quando quello interruppe il bacio, allontanandosi da lui di qualche centimetro. Merlin gli lanciò uno sguardo confuso, sentendo le mani bruciare a contatto con la pelle del biondo, ma non avendo il coraggio di toglierle.

«Merlin aspetta» riuscì ad articolare Arthur, con il fiatone.

E Merlin si sentì un verme, ad aver voluto spingere così in là, senza contare i bisogni dell’altro, che chiaramente non era pronto. «Oddio, Arthur, scusami! Ti prego, scusami, non avrei dovuto… Mi sono lasciato andare troppo, ma ti giuro, non volevo affrettare le cose… Tu vuoi aspettare, vuoi sentirti pronto, lo capisco…»

«E invece non capisci proprio nulla! Io… Io ti amo, idiota! Ti amo con tutto me stesso, ti amo da quando eravamo ragazzini, da quel bacio dato per prova e forse anche da prima. E ti voglio, ti voglio dannatamente tanto ma… Ma io non ho mai, con un uomo… E se ti facessi del male? Cosa succederebbe se-» ma il suo sproloquio terminò nelle labbra di Merlin, che gli si era stretto contro, che lo aveva preso e baciato tutto il viso, labbra, occhi, naso, fronte, sussurrandogli che lo amava anche lui, e che non ci sarebbe stato nulla di cui preoccuparsi, perché erano loro e già solo questo bastava per far sì che tutto fosse perfetto.

Si spogliarono con calma, lentamente, guardandosi negli occhi. Risero, quando Merlin si ricordò del “regalo” di Gwaine e chiese ad Arthur di prepararlo. Poi, Merlin decise di far distendere Arthur e posizionarglisi a cavalcioni sui fianchi, per fargli vedere che non vi era alcun tipo di problema. In realtà, fece male. Non tantissimo, e non per molto, ma fu doloroso. Tuttavia, non una smorfia apparve sul suo viso, anzi Merlin si trovò a sorridere, finalmente completo, finalmente unito ad Arthur.

Per il biondo fu come un sogno. Merlin, il corpo chiaro illuminato dalle stelle, era suo, suo, e sorrideva. Si alzò a sedere, per abbracciarlo, e si fecero cullare dal piacere che saliva. E quando vennero, insieme, baciandosi per soffocare le urla, le stelle brillarono più luminose, ancora una volta testimoni di quell’amore per troppo tempo nascosto ed ora finalmente realizzato.
 
 
 
 
 
 
 

Crazy’s corner

*Ho cercato su Internet, il sacco a pelo d’estate è scomodo, e poi non ci si può proprio stare in due;)

La storia è praticamente finita, però ho pensato ad un “the morning after” che mi ispira molto, quindi metterò anche un epilogo;)

Non sapendo bene cosa potessi permettermi con l’arancione e cosa no, ho scelto di rimanere sul vago e non descrivere tutti i particolari, spero di non aver deluso nessuno…

Quindi… Che dire… Alla prossima settimana!

  
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