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Autore: ShanHoward    06/10/2013    1 recensioni
…e l’unica cosa che riuscii a dirle fu “mi raccomando se mai incontrassi i Muse…pensami”
“tranquilla, sarai la prima a saperlo” mi rispose sorridendo…ormai rassegnata alla mia ossessione per loro.
Come potevo immaginare che quel giorno sarebbe stato più vicino di quanto pensassi???
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christopher Wolstenholme, Dominic Howard, Matthew Bellamy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13!!! Buona lettura =) 

You electrify my life 

Durante tutto il volo, non chiusi occhio un solo istante data la mia ultima ed unica precedente esperienza, finita non molto bene. Così passai le ore estenuanti di volo, leggendo riviste o guardando i film che le hostess proiettavano di tanto in tanto. Matt, Chris e Dom alternavano stati di sonno a spuntini e discussioni su tutto quello che avevano in programma di visitare o comprare.
Ancora non mi capacitavo di quello che stavo per intraprendere, perciò mi limitavo solo ad osservare l’immensa distesa oceanica che divideva un posto dall’altro. 


Diverse ore più tardi, fummo informati dell’atterraggio; così riallacciammo le cinture e attendemmo. Una volta arrivati, recuperai il  mio bagaglio a mano e mi accodai dietro Matt, seguita dagli altri.


I ragazzi tirarono un sospiro di sollievo quando constatarono che il posticipo della partenza all’ultimo minuto aveva fatto si che all’aeroporto di New York non ci fosse l’ombra nemmeno di un fotografo. Così, recuperammo tutte le nostre valigie, e ci dirigemmo verso l’auto che Tom aveva affittato per venire a prenderci: rigorosamente con i vetri scuri.
Io ero seduta dietro fra Dom e Chris, Matt davanti che teneva compagnia a Tom.
Ci chiese se il volo fosse andato bene e tutti rispondemmo in maniera positiva.


“Sei pronta per imbarcarti in questa avventura?” mi chiese Tom
“Come? Ah, si, non vedo l’ora” risposi
“Fra massimo un’oretta vedrete i vostri bus”.


Si alzò un coro di urla fragorose da parte di tutti e tre, che mi costrinsero a tapparmi le orecchie mentre li osservavo divertita. Sembravano tre bambini a cui è appena stato permesso di giocare con il fango; ci mancava solo che Matt iniziasse ad esibirsi in qualche sorta di danza ed eravamo a posto.


Tra urla e schiamazzi di vario genere, dopo circa un’ora arrivammo a destinazione.  Gli imponenti tour bus erano stati portati in un parcheggio privato fuori New York e Tom ci spiegò grosso modo come si sarebbero svolte le cose: saremmo partiti immediatamente dopo esserci sistemati ed aver terminato di completare la scaletta delle tappe.
Inutile dirvi che una volta parcheggiata l’auto, tutti e tre si fiondarono verso l’esplorazione del proprio bus.
Io scesi lentamente dall’auto ed aiutai Tom con i bagagli. Un casino tremendo generato solo da tre persone.


Matt non fece nemmeno in tempo ad entrare dalla porta, che in un milionesimo di secondo si affacciava da ogni benedettissimo finestrino urlando nel suo inglese “O my God! O my God!” seguito dalla sua risata inconfondibile; Chris esultava perché nella sua sala hobby, Tom aveva avuto l’accortezza di inserirvi un paio di consolle per videogiochi; Dom invece era sulla stessa lunghezza d’onda di Chris ma solo perché nella sua sala hobby troneggiava una fedelissima imitazione della sua “Rage”.
Se avessi avuto una telecamera, giuro che li avrei immortalati molto volentieri.


Dopo venti minuti di attesa, Tom ci informò che potevamo dare inizio al nostro viaggio. Ci presentammo ognuno ai tre autisti ingaggiati per il viaggio, dopodiché salimmo nei rispettivi bus.


Conoscendo il tipo, credetti di ritrovarmi a dividere un bus completamente leopardato, ma ringraziando non so quale strana creatura del cielo, non fu così. Dom mi prese per mano, in modo da mostrarmi dettagliatamente ogni cosa.

Si entrava da una porta posta all’incirca a metà bus; subito di fronte c’era un grande divano a ferro di cavallo che occupava tre finestrini; a destra vi era poi un piccolo corridoio situato al centro fra la cucina e la sala video occupata per tre quarti da diverse poltrone posizionati di fronte ad un maxi schermo; attaccato alla parte sinistra del divano di fronte l’ingresso, c’era la sala dove regnava la batteria di Dom, incoronata da un basso e una chitarra elettrica. Di fronte la sala vicino alla porta principale c’era un tavolo da poker che fungeva anche da biliardo; sul fondo del bus, infine, c’erano la camera da letto e un immenso bagno. Tra le stanze in fondo e il muro che finiva sulla sala c’era una bacheca di forma rettangolare che altro non era che un coloratissimo acquario. Solo quando Dom chiuse la porta, mi accorsi che tutto il contorno della porta stessa era occupato da un’immensa quantità di libri.
Mi guardò sorridendo, guardandosi intorno.


“Quella lì l’ho richiesta per te” disse indicando la libreria
“Grazie…è veramente fantastica” risposi abbracciandolo


Mi guardai intorno come se fossi risalita solo in quell’istante. Cominciavo ad adorare i tour bus in maniera morbosa; era veramente la fine del mondo; a parte l’inevitabile tappeto leopardato nero e fuxia che mi ricordava la mia coperta che avevo a casa. Tornai con gli occhi su Dom e lo vidi sorridere.


“Sembra di essere a Las Vegas” esclamai
“Si, l’idea era quella”


Una volta partiti, andai ad accomodarmi sul divano, giocherellando con il telefono, mentre Dom si era offerto di disfare le valigie di entrambi. Non avevo avuto nemmeno l’accortezza di chiedere a Tom o a Matt dove eravamo diretti; decisi così di non volerlo sapere giocandomi la carta del fattore sorpresa. Mi limitai ad osservare l’asfalto scorrere sotto i miei occhi ultra stanchi.
Dopo circa quindici minuti di viaggio, il mio cellulare prese a squillare; feci una faccia perplessa leggendo il nome sul display e risposi.


“Pronto!”
“Ciao stellina”
“Ciao…è successo qualcosa?” chiesi
“No, nulla…volevo solo salutarti”
“Matt, ci siamo lasciati venti minuti fa” dissi sorridendo
“Lo so, però volevo farti un saluto. Se volti la testolina magari…”
“Sei un idiota” dissi girandomi.


Parallelo al nostro bus, c’era quello di Matt, con il suddetto individuo che si stava sbracciando dal finestrino di fronte al mio. Con un braccio salutava teatralmente, con l’altro teneva il telefono. Chiamai Dom, che appena lo vide, si passò una mano sul viso esclamando “l’abbiamo perso”.


Quaranta minuti dopo, ci fermammo in un autogrill e non appena scendemmo, Matt mi strattonò per un braccio, troppo ansioso ed entusiasta di mostrarmi l’interno del suo bus. Era identico a quello di Dom, perciò presumevo che anche per Chris fosse la stessa cosa, solo che al posto di quella che per noi era la libreria, Matt aveva un’infinità di vini pregiati. Ovviamente differivano  colori e disposizioni delle stanze ma era comunque uno spettacolo da vedere. Dopodiché ripartimmo, questa volta viaggiai con Chris che come Matt volle mostrarmi la sua dimora con le ruote.


Dopo quello che per me parvero dieci minuti, il bus si fermò ma né io né Chris ci facemmo caso. Perciò continuammo in quello che stavamo facendo.
Un picchiare ripetitivo alla porta lo costrinse ad andare ad aprire. Impalati in attesa c’erano Dom e Matt.


“Allora! Ti faccio presente che siamo arrivati” esordì Matt
“Di già? Peccato” rispose Chris
“Che ne hai fatto di Cinzia?” chiese Dom
“Si sta godendo i privilegi del mio bus” disse Chris facendoli salire





“Chris! Datti una mossa!” urlai
“Arrivo, arrivo”


Dopodiché entrarono tutti e tre in sala hobby e saltarono di gioia quando Chris disse loro che se volevano, potevano utilizzare i suoi videogiochi.
Dopo un’infinita serie di partite e scommesse, Tom intimò ai ragazzi che era ora di prepararsi per il sound check. Così abbandonammo tutti la nostra attività per seguire Tom e tutto lo staff del concerto.


Una volta essere stati scortati nei pressi della struttura dove si sarebbe svolto il live, Dom si affiancò a me circondandomi le spalle con un braccio.


“Vieni con noi, tu?” chiese
“Se posso, volentieri” risposi
“Dom, se non ti dispiace te la rubo. Ho bisogno di aiuto con il pranzo” disse Tom
“Oh, va benissimo non preoccuparti”
“Allora andiamo” mi sorrise
“Si, si. Anche perché vedo già Matt in preda all’isteria”.


Salutai velocemente Dom, e salii in macchina con Tom. Conosceva abbastanza bene il posto, dato che vi erano stati svariate volte; io invece, mi sentivo un pesce fuor d’acqua come era giusto che fosse d’altronde.
Così prima di ritornare dagli altri, Tom mi fece fare un minuscolo tour per quella che scoprii essere Washington D.C. un posto assolutamente incredibile, il cuore degli Stati Uniti, la culla della casa bianca. Con le sue distese verdi ed il suo amore per lo sport. Davvero uno dei luoghi dove andare prima di morire.


Soddisfatti dei nostri giretti, tornammo a comprare il pranzo e lo portammo agli altri. Quando mettemmo piede dietro le quinte, rimasi impressionata da quanto lavoro ci fosse da fare per rendere il tutto uno spettacolo perfetto. Mentre i tecnici mettevano appunto alcune cose, noi altri mangiammo un boccone al volo, seduti a terra come gli indiani, solo perché secondo Matt c’erano alcune cose che non andavano bene. Così, pranzammo alla velocità della luce,  e tutti tornarono ai propri posti.  Tra risate, urli, chitarre e bassi accordati e provati, arrivò la sera e l’ansia salì alle stelle.

Ero tornata nel bus solo per darmi una rinfrescata e per cambiarmi, e quando tornai sembrava di essere entrati in un manicomio. In fondo al corridoio Chris e Dom si stavano esercitando, Matt correva come un ossesso, fra le mani una chitarra e un paio di giacche da provare, Tom correva con la scaletta a portata di mano, tecnici vari che correvano a destra e a sinistra spintonandomi nella fretta di mettere tutto in ordine e nella massima perfezione in modo da evitare che “casualmente” una delle chitarre di Matt cadesse in testa a chi non era stato in grado di accordarla.


Consigliai a Matt la giacca da indossare e mi diressi ad augurare buona fortuna agli altri due. Un abbraccio a Chris, un bacio a Dom e mi allontanai.


“Ehy, non resti qui?” chiese Dom
“Naah, voglio essere in prima fila” sorrisi
“Ti teniamo d’occhio” dissero tutti e tre
“Come sempre” risposi io.


Così nella massima segretezza, uno degli agenti della sicurezza mi affibbiò un piccolo pass per riconoscermi (che nascosi sotto la maglietta) e mi posizionarono in prima fila perfettamente al centro; immersa in un miliardo di persone.


Una volta che la band spalla ebbe terminato la sua performance, il Memorial Stadium di Washington calò nell’ombra. Milioni di persone febbricitanti che attendevano solo il loro ingresso. L’eccitazione era alle stelle, nessuno osava proferire parola… finché nel silenzio, uno squarcio di luce accecò tutti i presenti e fu Supremacy ad aprire le danze. I cori accompagnavano ogni singolo intro, ogni singolo accordo, ogni istante…


Si passava da una canzone all’altra in un batter di ciglia: la maestosità di Supermassive Black Hole, il ritmo trascinante a cui nessuno sarebbe mai riuscito a resistere di Panic Station, l’aggressività di Hysteria, il riff da panico che caratterizza New Born.


In tutto questo, io alternavo stati di principi di infarto, alle lacrime più assolute, nonostante vivessi a stretto contatto con ognuno di loro. Avevo fatto amicizia con una ragazza che era vicino a me, ultra emozionata poiché era la prima volta che assisteva ad un loro concerto. Piangeva a dirotto mentre Matt lentamente si sedeva al pianoforte e si destreggiava in un intro che di li a qualche secondo sarebbe diventato nient’altro che Sunburn.


Si consolò nel momento in cui urlammo disperate e Dom diede il tempo per iniziare la mia fedelissima Uprising…
Per non parlare del magico momento in cui durante Time is running out, Matt voltò il  microfono verso il pubblico facendoci cantare…


Sfilarono un capolavoro dopo l’altro; non riuscivo a staccare gli occhi dal palco nemmeno per un dannato istante. Non riuscivo a capacitarmi di quanto  potessi considerarmi fortunata a poter assistere a tutto quello. Solo in quel momento realizzai a pieno, che avrei passato una marea di serate lì con loro; avrei condiviso il viaggio con loro, avrei riso e pianto con loro, per loro e grazie a loro.

E non finiva lì; mi sentivo la persona più fortunata al mondo; e il solo pensiero che la mia vita era stata sconvolta per la seconda volta da quei tre fanatici inglesi, mi riempì il cuore di gioia e gli occhi di lacrime.


Ed il colpo di grazia arrivò nel momento in cui vidi Chris abbandonare il suo fedele basso, per imbracciare la chitarra ed uccidermi con Unintended. Piansi come non mai abbracciando la ragazza vicino a me, e stavolta fu lei a consolarmi.


Dopodiché non capii più nulla, si esibirono in altre decine di canzoni, da Bliss che ho sempre sostenuto che la versione live sia da fine del mondo; Liquid State che riscosse un’infinità di urli, Resistance che fu cantata dal primo accordo fino alla fine, Starlight che aveva un posto fisso nel cuore di ogni singolo individuo sulla faccia della terra che apprezzasse anche solo un minimo i Muse; fino al gran finale in cui lo stadio calò nuovamente nel buio, eccetto per un faro che illuminava Chris che si esibiva con la sua armonica, piano piano toccò a Matt e tutto tornò a splendere sulle parole ed il ritmo di Knights of Cydonia. Era tutto un saltellare incessantemente e un urlare a squarciagola.


Concedettero un bis, dopodiché tutto calò di nuovo nel buio lasciando milioni di cuori infranti nell’istante in cui salutarono tutta la popolazione di Washington e Dom lanciò le bacchette verso i due lati del palco.


Mi congedai dalla mia compagna di concerto, con la scusa di voler attendere che sfilasse un po’ di gente. Ho sempre amato i concerti, nonostante abbia assistito a pochi, quella sensazione di appartenenza a qualcosa che non c’entra nulla con la tua realtà quotidiana. La conoscenza di persone nuove e la sensazione di benessere quando ormai ci sei dentro.


La lasciai scambiandoci i numeri di telefono e promettendo di chiamarci di tanto in tanto.
Così attesi per diverso tempo, per poter andare via. Di certo non potevo dirle che ero in mezzo a quel casino di mia spontanea volontà e che ero fidanzata con il batterista dei Muse, avrei sicuramente creato un bordello.


Quando la folla si diradò, scavalcai la transenna e mostrai il pass che avevo al collo all’agente di sicurezza, ma fui immediatamente bloccata da un bodyguard, mentre tentavo di aprire la porta dei camerini.


“Scusi, dove crede di andare?” disse spaventandomi
“Nei camerini, ovvio” risposi
“Mi dispiace ma non è possibile”


Dio santo, c’erano almeno quindici persone che prima del concerto mi avevano vista in loro compagnia e in quell’istante non ce n’era mezzo.
Insistetti mostrando il pass, ma nulla. Tentativo vano.


“Non mi importa se ha il pass, nei camerini non si entra”
“Ok, allora aspetterò seduta lì” indicai una sedia
“Forse non ha capito. Lei non può stare qui. Le consiglio vivamente di seguirmi fuori dalla struttura!”
“Sta scherzando? Ho un pass, ho tutto il diritto di trovarmi qui” replicai
“A me non è stato comunicato nulla della sua presenza; perciò non mi costringa a trattarla male!”
“La prego non mi faccia irritare”
“No, lei non faccia irritare me…portatela fuori!!!”
“Che cosa? No! Fermi! Sono la fidanzata del batterista!!!”
“Si certo, come no”


Mi prelevarono di peso mentre scalpitavo a più non posso. Che cavolo! Se trattavano così chiunque avesse un pass, non osai immaginare cosa avrebbero fatto a coloro che riuscivano a fare foto insieme a loro.
Fui scortata fuori dallo stadio dopo avermi sbattuto la porta in faccia.


“Roba da matti!” commentai al nulla.


Non sapevo in che direzione fossero i bus; non avevo il telefono con me e oltretutto avevo lasciato la felpa nel camerino di Dom. Così l’unica cosa che mi rimase da fare, era riuscire a ritrovare l’ingresso da cui eravamo passati quella mattina, e sperare che nel frattempo loro non andassero via.


Nei camerini invece, regnavano i festeggiamenti. C’erano alcolici ovunque e risate generali per l’apertura con il botto del nuovo tour. Nessuno fece caso alla mia assenza, né tantomeno a tutte le mie cose abbandonate lì. Credendo che in qualche modo io fossi come minimo con Tom o sotto le coperte. Solo in un attimo di lucidità, Dom si rese conto che Tom era stato con loro per tutto il tempo.


Due ore dopo, seduta sugli scalini dello stadio, ascoltai il rumore di una porta che si apriva alle mie spalle; e voltandomi scorsi tutta la troupe con Muse annessi.
Non appena mi riconobbero, sbiancarono tutti e tre…
Nel medesimo istante, l’auto con Tom all’interno si fermò proprio vicino a me; a mia volta mi diressi verso di loro.


“Voi e i vostri stupidi pass” dissi lanciandoglielo contro.


Poi salii in macchina sul sedile davanti, non proferendo parola.


Quando tornammo nel bus, mi buttai sotto la doccia, e sempre in silenzio andai a vestirmi cedendo il posto a Dom. Terminato anche lui di fare la doccia, tornò in camera e si sedette sul bordo del letto vicino a me.


“Cosa è successo?” disse vedendomi avvolta in una felpa
“Sono stata sbattuta fuori dai cancelli dello stadio”
“Scherzi?” disse serio
“Per niente. Nonostante avessi mostrato il pass sono stata cacciata” risposi
“E perché?”
“Il tizio in questione, sosteneva che: primo, non stessi con te e secondo che nessuno lo aveva messo al corrente della mia presenza. Bah…”
“Ecco perché non arrivavi mai”
“Ma fammi il piacere Dom. Dubito fortemente che dopo il concerto qualcuno di voi si possa essere ricordato di me, dato che sicuramente eravate sbronzi”
“Ma…” iniziò
“Niente ma! È stata un’esperienza da non voler ripetere assolutamente. Sono rimasta lì fuori per due ore! Due ore! Due fottutissime ore seduta su degli scalini scomodissimi, senza un telefono né una felpa perché era tutto nel tuo fottutissimo camerino!”
“Mi dispiace” disse stringendomi


Non ricambiai l’abbraccio assolutamente.


“Ora se non ti dispiace vado a dormire”
“Dove vai? Il letto è qui” esclamò
“Dormirò sul divano, meglio così”
“Non c’è altro che vorresti fare?” chiese divertito
“No Dom. Non stasera”
“Ok, come vuoi” rispose mogio mogio “in fondo sono quasi 24 ore che non dormi”


Presi così il mio cuscino e mi accomodai sul divano, cercando la posizione più comoda per poter dormire.


Verso le due del mattino, aprii lentamente la porta della camera, e trovai Dom che stava spegnendo la tv. Ci guardammo negli occhi per qualche minuto, finché non mi appoggiai  con il lato della testa verso la porta.


“Dom” … “di là fa freddo” ammisi


Si aprì nel suo adorabilissimo sorriso.


“Vieni qui, stupida” disse scostando le coperte


Mi sdraiai nel letto sistemando il cuscino


“Tieni metti questa, è più pesante”


Tolsi così la mia felpa, ed indossai la sua, beandomi del suo profumo e sprofondando fra le sue braccia.
Quando stavamo per prendere sonno, picchiettarono sulla porta. Mi alzai controvoglia ed aprii assonnata.


“Matt…che c’è?”
“Ho fatto un casino”
“Ehy, Matt”
“Ciao Dom…sentite…non è che posso dormire sul vostro divano?” chiese
“Perché?” chiesi
“Beh, perché sono stato così imbecille da lasciare le chiavi nel bus e ormai il mio autista dorme in albergo”
“Non puoi andare da Chris?”
“Dorme come un ghiro, e chi lo smuove”


Io e Dom ci guardammo, mentre lui mi sosteneva perché stavo letteralmente dormendo in piedi.


“Ok” disse Dom “ma devi usare i cuscini del divano”
“Va benissimo, sono un uomo forte io” sorrise
“A meno che non ci dorma io e vi lascio il piacere di una  BellDom”


Sorrisero entrambi, finché Matt non andò a sdraiarsi sul divano.
Noi tornammo a letto e ci accoccolammo come prima.
Venti minuti dopo, ecco di nuovo Matt alla porta della camera.


“Ragazzi, di là si gela” disse infilandosi a letto con noi
“Si Matt, hai ragione” risposi io che gli davo le spalle
“Vuoi veramente che dormiamo in tre in un letto” disse Dom
“Beh, che c’è? C’abbiamo dormito in quattro” replicò Matt
“Hai ragione”





“Buonanotte Dom”
“Notte Matt”
“Notte stellina”
“Buonanotte Matt”


Nel silenzio esistenziale di quella camera, Matt occupava più del necessario mentre io con la felpa che mi era grande e le maniche che mi coprivano le mani per intero, me ne stavo incastrata fra le braccia di Dom…
Il sonno mi stava portando via i sensi lentamente, molto lentamente…


“Ehy”
“Mhh?” rispondemmo io e Dom contemporaneamente
“Mi stavo chiedendo, stellina…”
“Si?”
“Che cos’è una BellDom?”


Nel cuore della notte sorrisi con gli occhi chiusi e sapevo per certo che Dom stava facendo la stessa cosa.


“Un giorno te lo dirò, Matt…un giorno te lo dirò”

   
 
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