Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: OmegaHolmes    06/10/2013    0 recensioni
La signora Hudson decide di dare in affitto la stanza vuota del 221B di Baker Street.
Sherlock, contrariato, farà di tutto per impedire che ciò accada.
Ma ci sarà qualcosa che anche il detective più freddo al mondo non potrà prevedere e non potrà controllare...
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson , Nuovo personaggio, Sherlock Holmes , Sig.ra Hudson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Alle 17 in punto la signorina Alice Elia scese da un taxi che la posò in Baker Street, con in spalle il suo violoncello, una valigia e uno zaino.
John, vedendola arrivare dalla finestra, accorse subito ad aiutarla, mentre Sherlock lo seguì con lo sguardo uscire dalla stanza per poi tornare a leggere la casella postale, alla ricerca di qualche caso interessante, ma invano.
-Lasci che l’aiuti!- accorse il dottore.
-Oh! Grazie mille! Ma basta anche solo la valigia, ce la faccio da sola per il resto, grazie.-
-Signorina cara- si affacciò la signora Hudson- quante zollette vuole nel the?-
-oh, due, grazie. Con un goccio di latte se è possibile.- rispose arrossendo Alice.
-Certo cara.-
John aveva portato già la valigia nella stanza di Alice, mentre lei stava salendo lentamente le scale per contare gli scalini. 
Ma non si era accorta che c’era Sherlock Holmes in salotto, così lo stava facendo ad alta voce.
-17!- esclamò alla fine.
Sherlock gli lanciò uno sguardo tagliente e freddo.
Alice si sentì gelare il sangue.
-Salve, stavo… contando gli scalini.-
-Lo so.- rispose Sherlock mentre digitava sulla tastiera.
-Bene. Lei è Sherlock Holmes, giusto?.-
-Sì.-
-Bene… io allora vado…- questa volta Alice rispose più per sé stessa che per l’altro interlocutore che nemmeno la stava più degnando , dato che nel frattempo aveva risposto al telefono.
Alice salì l’altra rampa di scale, incontrando il dottore che stava scendendo.
La ragazza sorrise con le labbra, imbarazzata.
-Ha parlato con Sherlock ?- chiese John.
-Ehm… sì, tipo…particolare.- rispose lei.
-Guardi che può dirmelo tranquillamente che non lo sopporta, nemmeno io lo sopporto molto alle volte, anzi sono di più le volte che vorrei prenderlo a pugni. Ma gli voglio bene, è il mio migliore amico.- disse John sorridendo.
-No, no, io non volevo dire questo. Io anche non sono molto normale…anzi chissà cos’è poi la normalità… comunque, grazie per aver portato la valigia.-
-Oh, si figuri!-
Alice era sull’uscio della stanza quando non riuscì più a trattenersi:
-Mi scusi,Lei era un medico militare, per caso?-
John la guardò confuso:
-Sì… ha letto il mio blog?-
La ragazza spalancò gli occhi:
-Perché lei ha un blog?-
-Ehm…sì… allora come ha capito, sì insomma- John si stava chiedendo se ormai era solo più lui l’unico essere così ottuso sulla terra da non capire a prima vista tutto.
-No, ecco io… ho notato il suo modo di muoversi, parecchio rigido, come se dovesse fare retro front, quindi ho pensato che fosse un militare e dato che mi ha detto che è un dottore… beh ho associato le due cose…tutto qui.- sorrise in fine imbarazzata Alice.
-Oh, beh certo, detto così è semplicissimo. Beh l’aspetto sotto per il the, se ha bisogno di qualcosa, basta chiamarmi.-
-Certo, grazie.-
Così dicendo, Alice, si chiuse la porta alle spalle e con la sua delicata agilità, si sfilò il violoncello dalle spalle, posandolo accanto al letto.
Era stanchissima. Per lei era così difficile avere nuove relazioni e cercare di evitare il suo tremore, che si presentava sempre quando dava troppa confidenza a persone appena conosciute. 
Per lei era sempre stato difficile comunicare all’inizio senza dare cattive impressioni.
Si sedette, fece un respiro profondo e cercò di tranquillizzarsi.
Quello Sherlock Holmes le aveva messo un po’ di ansia, facendola sentire come al primo giorno di scuole superiori.
Calmato il tremore nervoso, si alzò e andò al piano di sotto dove la Signora Hudson, John e Sherlock la stavano aspettando.
Quando nell’entrare in cucina si sentì gli occhi dei primi due addosso, ringraziò il cielo che il signor Holmes non avesse fatto lo stesso.
Una scossa le attraversò il corpo, meno male nessuno l’aveva notata, o almeno così credeva.
-Ha freddo?- domandò Sherlock Holmes.
-No, perché?- disse Alice buttandosi di scatto sulla sedia.
-Niente… - rispose l’altro sorseggiando il the, ma continuando ad osservarla.
Alice si sentì soffocare. Il suo sguardo era così freddo e tagliente che avrebbe potuto tagliare in due un iceberg.
La signora Hudson le diede il the e John iniziò a domandarle degli studi, di dove fosse originaria, perché proprio Londra e come mai uno strumento proprio come il violoncello.
Alice rispose come un automa a tutte le domande.
Il signor Holmes continuava ad osservarla e lei sentì un ondata di calore salirle su per il collo, le succedeva solo agli esami o a grandi concerti.
-Ha caldo?- domandò questa volta Sherlock.
-No, dev’essere il the… mi fa quest’effetto…-
John aveva notato la pressione che Sherlock metteva a quella ragazza, così decise di parlare ,appunto, dell’osservatore.
-Sherlock è un consulting detective e io alle volte lo aiuto in alcuni dei suoi casi.-
Alice ritornò del suo pallidume normale e una scintilla d’interesse s’illuminò nei suoi occhi, mentre Sherlock posò rumorosamente la tazza sul piattino.
-Wow, davvero? Quindi lei, signor Holmes, è un detective privato?- 
-Sherlock, prego. Sì, aiuto la polizia di Scotland Yard quando brancola nel buio, ovvero sempre.- 
-Allora dev’essere bravo! Altrimenti non chiamerebbero un privato… quindi lei è come Dupin di Poe oppure è più simile ad Hercule Poirot di Agatha Cristhie? Oppure Maigret o il commissario Montalbano?- domandò , ora sicura la ragazza.
-Lei è un’amante dei gialli?- intervenne John.
-Oh sì! Io li ho letti tutti… questi sono i grandi e poi, vabbè, ci sono i libri di Ken Follett… ma preferisco i classici…-
-Nessuno di questi.- rispose Sherlock.
-Cosa?-
-Io non assomiglio a nessuno di questi. Dupin, era un idiota, impiegava 15 minuti, se non di più per fare deduzioni elementari. Poirot è troppo sicuro di sé, non brillante come ci si aspetta. Maigret è il classico commissario, idem Montalbano. Banali e nessuno fuori dalla norma.-
Alice ci rimase un po’ male nel vedere tutti i suoi idoli smontati in pochi secondi da un arrogante pieno di boria.
-Quindi lei pensa di essere migliore di personaggi letterari, senza macchia e senza paura?- domandò lei fredda.
-Certo. Vuole una dimostrazione?-
John seguiva, terrorizzato per come sarebbe finito quell’argomento: lei in lacrime, lui orgoglioso di essersela tolta dai piedi.
-Sì, gliene sarei grata.-
Così gli occhi del detective si illuminarono e veloci osservarono ancora una volta la ragazza.
-Dai calli delle sue dita posso dedurre che lei è una musicista, ma è il suo capotasto a dirmi che lei è una violoncellista. Nonostante dia molta importanza alle mani, non le cura molto a causa del poco tempo. Questo è indice che lei studia molto, fino alle 9 ore al giorno. Non ha nemmeno molta cura di sé stessa, questo forse per la sua bassa autostima o forse per l’elevata pigrizia. Opterei per entrambe. Le sue occhiaie mi dicono che lei è da molte notti che dorme male, ed è proprio questo che l’ha portata ha cercarsi un altro alloggio. Il livido al suo polso destro mi mostra che lei non andava d’accordo con le sue compagne di stanza, e che queste più volte le hanno fatto scherzi di cattivo gusto. Il suo mordersi nervosamente le labbra mi da la conferma di tutto ciò che ho appena detto. Lei non ama stare con gli altri, non si fida di nessuno, adora costruirsi un mondo a sé dove nessuno possa giudicarla per i suoi gusti e le sue scelte e poi il suo passato...- -
-Basta.- disse Alice con voce ferma.
La signora Hudson aveva gli occhi lucidi e John era rimasto pietrificato.
Sherlock aveva davvero esagerato questa volta.
-E’ stato molto esaustivo signor Holmes. Scusatemi ,ma ho molto da fare. Grazie per il the, signora Hudson.-
Così dicendo si alzò silenziosamente e s’incamminò per le scale.
Sherlock deglutì, rendendosi conto lui stesso di aver esagerato. 
Sentirono la porta della stanza al piano di sopra chiudersi.
-Sherlock, cristo santo, si può sapere perché devi essere così!- sbottò John.
-Lei l’ha voluto.-
-No Sherlock, tu, TU, non aspettavi altro!Ora così se ne andrà, sei contento ora?-
-I suoi occhi…-
-Cazzo, Sherlock, mi stai ascoltando?-
-John i suoi occhi, non erano lucidi. Di solito quando dico queste cose le persone piangono, pensa a Molly, ma lei invece no…- esclamò Sherlock aggrottando la fronte e congiungendo le mani.
-Magari sta piangendo al piano di- -
Un suono lontano richiamò le loro menti.
Un bicordo di ottava, e poi una scala minore.
-E’ il preludio della sesta suite di Bach per violoncello. Sta suonando.- disse Sherlock.
-Con questo? Non ti permettere mai più di dirle cose del genere Sherlock!- 
-No…no! No!- esclamò di gioia Sherlock.
-Sei diventato scemo per caso, ora scherzi?- John era sempre più irritato.
-No, John…lei non si è offesa, lei si è resa conto che stava perdendo il suo tempo! Sì, sento che osservare le sue reazioni sarà un esperimento interessante!- così dicendo corse in camera sua e si chiuse dentro.
John lo rincorse, gli urlò contro ed infine imprecò scalciando a terra.

Nei giorni seguenti i due coinquilini videro la ragazza solo correre in ritardo giù dalle scale, alle 7 di mattina urlante dicendo che non sapeva quando sarebbe ritornata.
John riusciva a mala pena a salutarla, mentre la signora Hudson proprio non la vedeva.
Sherlock si annotava ogni giorno quello che lei faceva, di conseguenza scriveva:
“Evita confronto.”
-Sherlock, hai intenzione di smetterla?- disse infine seccato il dottore.
-Di fare cosa?- domandò distrattamente il detective.
-Di assillare quella povera ragazza… cos’è, hai paura che sia una spia?-
-Uhm…potrebbe essere, aspetta, me lo annoto.-
-Sherlock, guardami. D.E.V.I.S.M.E.T.T.E.R.L.A! O.K.A.Y? Ora io vado, vedi di trovarti un caso questa settimana.-
-Ho già un caso.-
-Un caso con  un senso, Sherlock, non stalkerizzare una ragazzina.-
Il dottore sbuffando se ne uscì di casa e salì su un taxi per il Bart’s Hospital.
Sherlock si assicurò della partenza del dottore e preso dall’eccitazione dell’investigazione, corse su per le scale ed andò nella stanza di Alice.
Ora, voi penserete che essendo una ragazza la sua stanza fosse tutta rosa e fiori, beh… SBAGLIATO!
Sherlock si trovò di fronte al caos.
Ovunque vi erano libri di musica, spartiti e i vestiti erano ammucchiati in fondo al letto.
Vicino al comodino erano impilati un centinaio di cd di incisioni classiche e per poco riuscivano a stare in eqiulibrio.
Sherlock si rese conto quanto fosse difficile muoversi in un campo di battaglia come quello.
L’ordine lo si può imitare, ma il caos è molto più complicato.
Si strofinò con soddisfazione le mani! Sì, era un caso davvero eccitante.
Tolse le pantofole, camminando in punta dei piedi, cercando di evitare di calpestare eventuali spartiti,.
Passò accanto alla pila dei cd e questa per poco non cadde. Con agilità la bloccò.
Iniziò ad aprire tutti i cassetti della scrivania, in modo rumoroso e nervoso.
Vi trovò cose tipiche dei cassetti: caricabatteria, penne sparse, batterie scariche, una macchina fotografica analogica, fogli sparsi, delle sigarette (cosa ci facevano delle sigarette laggiù? Gli venne la tentazione di prenderne una, ma no, non lo fece), e poi trovò quella cosa che contrastava da tutto il resto.
Una scatola di latta, con sopra una foto di Londra.
L’analizzò, per sicurezza, e quando vide che era innocua, l’aprì: il suo contenuto era metodicamente ordinato, come se tutto ciò che vi era in quella scatola dovesse essere perfettamente collocato, talmente era importante.
Ma Sherlock la richiuse e la mise al suo posto.
Quella scatola era preziosa e lui non voleva scoprire il suo contenuto.
In quel momento si guardò intorno e si disse:
-Sherlock, sei davvero stupido! Oh se sei stupido!-
Stava mettendosi le pantofole quando…
-Che cosa ci fa lei qui?- la voce di Alice lo immobilizzò.
-Stavo cercando un enciclopedia della musica, pensavo lei ne avesse una.-
Alice aveva le guance arrossate e gli occhi lucidi, il piumino mal chiuso e la mano sinistra sanguinante.
Sherlock alzò lo sguardo e si pietrificò.
Che cos’era successo in quell’asso di tempo? Era uscita da appena due ore…
La ragazza tremava e lui si sentiva in colpa.
Perché? Non era colpa sua se era in quello stato.
-Le sarei grata se uscisse dalla mia camera…- la voce le tremava.
Sherlock trasalì- Sì…certo…-
Lei si scansò da un lato per farlo passare, ma a pochi centimetri lui si fermò ad osservarla.
-Che cosa le è successo?-
-Niente che le riguardi.-
-Perché la sua mano sta sanguinando?-
Lui la fissava intensamente.
-Me lo dica lei.-
Sherlock la guardava e non riusciva a capire che cosa le fosse successo.
Non era stata un aggressione…né una rapina…no no…poi una scintilla.
-Lei ha suonato così tanto in questi ultimi giorni da farsi sanguinare la mano? Perché?-
-Non ha importanza il dolore fisico  se si deve arrivare a degli scopi, lei dovrebbe saperlo bene.- 
Lo guardò, come nessuno l’aveva mai guardato.
-Che cosa intende?-
-Nulla… Sono stanca, se ne vada.-
-Come desidera.-
Sherlock uscì dalla stanza, Alice si chiuse la porta alle spalle.
Dopo alcuni passi il detective sentì il pianto soffocato della ragazza che scivolava sulla porta.
Deglutì. Si sentiva in colpa. Lui non si sentiva mai in colpa. Perché?

John, è meglio che vieni subito qui a Baker Street .C’è un emergenza. SH

Sherlock sto lavorando. Non posso. JW

Non è per me. E’ per Alice. Ho bisogno del tuo parere, SH

Sherlock cazzo! Come te lo devo dire? Lasciala stare! JW

John, sta sanguinando. SH

COSA?!? SHERLOCK CHE CAZZO E’ SUCCESSO??? JW

Stavo ispezionando la sua stanza. Lei è arrivata. 
Aveva la mano sinistra sanguinante. Mi ha buttato fuori. 
Necessita di una medicazione.
SH

Ok, arrivo. JW

Sherlock posò il cellulare in tasca, si sedette nella sua poltrona ed iniziò a suonare il violino.
Forse la musica l’avrebbe calmata, pensò il detective.
Però c’era qualcosa alla bocca dello stomaco che lo faceva stare male. E lei aveva capito cos’era con quello sguardo che le aveva dato.
Era riuscita a guardare nella sua anima. 
Ecco qual’era la più grande paura di Sherlock Holmes: che qualcuno potesse conoscere i suoi mostri più profondi.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: OmegaHolmes