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Autore: Anna Wanderer Love    07/10/2013    7 recensioni
Mi chiamo Rachel e sono l'Oracolo del dio Apollo, il Sole. Ciò che provo per lui è più di un semplice affetto... almeno credo. E lui? Cosa prova lui per me?
*Storia scritta da Anna Love e giascali*
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Apollo, Rachel Elizabeth Dare
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Oh, andiamo, dolcezza! Dimmi dove mi stai portando!- Si lamentò il dio.
Iniziava a pentirsi amaramente di aver accettato la proposta (o meglio: l’ordine) di Rachel di seguirla. E così si era ritrovato catapultato a New York alle undici di sera. Che diamine! E poi era lui il dio, quello che decideva tutto e tutti!
Invece aveva incassato senza fiatare l’intimazione del suo Oracolo e l’aveva assecondata.
-Neanche per sogno!- Replicò lei, afferrandogli il polso per impedirgli di scappare.
-Ma uffa!- Si lamentò Apollo. Però non si scrollò dalla presa della rossa. 
Era piuttosto piacevole sentire le sue dita esili strette sulla sua pelle immortale. Gli facevano provare una strana sensazione, uno strano formicolio nei punti dove lo sfiorava.
Rachel lo tirò con più forza più vicino a se per impedire alla folla nella strada di separarli, e il braccio di Apollo le sfiorò la spalla. Si ritrovò ad arrossire, imbarazzata, ma lui non parve farci caso. I suoi occhi dorati saettavano da una parte all’altra della strada cercando di capire dove diavolo lo stesse portando.
amminavano da più di dieci minuti, e Rachel non aveva aperto bocca sull’argomento “destinazione”. Un cinema dove proiettavano un film dal titolo “Il mio cuore e la mia anima”? No, Rachel non era il tipo da film romantici.

Una pizzeria? Aveva già mangiato.
Un parco? Poteva anche essere. No, dai. Il suo Oracolo non sarebbe andata in posti dove poteva trovare facilmente ragazzi che fumavano e si drogavano. O meglio: non avrebbe potuto andare, perché lui l’avrebbe trascinata a casa sua portandola anche di peso se solo ci avesse provato.
Quindi no.
Apollo lasciò perdere. Conoscendo Rachel, non avrebbe mai indovinato. Avrebbe anche potuto portarlo in una casa di riposo e non ne sarebbe stato sorpreso. Era così stravagante... ma in modo simpatico.
Con un sospiro impaziente tornò a guardare la massa di capelli rossi davanti a lui e si ritrovò a sorridere. Poi lei si girò e incrociò il suo sguardo.
Lui alzò un sopracciglio, notando bene che non lasciava andare la sua mano.

-Allora?
Lei indicò on un cenno del capo una stretta via laterale.
-Dopo di te- mormorò a bassa voce.
Apollo sospirò e la precedette.
La via era una stradina buia, larga al massimo cinque metri. Era illuminata da qualche lampione ancora funzionante per miracolo. A metà della via c'era una porta laccata, verde. Sopra di questa, una ronzante luce al neon diceva: “Sushi Bowl”.
Perché lo aveva portato lì? Si chiese il dio.
Rimase lì, immobile, nel tentativo di capire cosa avesse intenzione di fare il suo Oracolo.
-Muoviti!- Esclamò impaziente la ragazza.
Il dio annuì distrattamente ed attraversò la porta, precedendo Rachel. Si ritrovò in un locale confortevole e dipinto con colori caldi. C'era odore di pesce e salsa piccante. Il dio sorrise, quel posto gli ricordava tremendamente il suo periodo in Giappone.
Nella sua testa cercò di creare un altro dei suoi magnifici haiku. Cosa faceva rima con avocado?
-Posso fare qualcosa per voi?- Li accolse una donna giapponese, sui quarantacinque anni, probabilmente la metrè. Rachel annuì e sorrise alla donna. Intanto, Apollo continuava a guardarsi intorno, curioso di dove fosse capitato.
-Siamo qui per l'incontro- rispose la rossa.
-Che incontro?- Chiese confuso Apollo. Il suo Oracolo si limitò ad ignorarlo.
La donna sorrise e li scortò nel retro del locale. Qui era stato allestito un piccolo teatro. C'erano sei file di sedie da quattro ognuna. Di queste, solo undici erano occupate. Sul palchetto, un microfono si ergeva solitario ed era illuminato da un occhio di bue.
I due si sedettero nella seconda fila.
- Ma perché... - tentò di dire il dio.
-Sssh!- lo zittì La ragazza, dandogli un buffetto sul braccio e guardando con interesse un ragazzo alto e pieno di acne che saliva sul palchetto e cominciava a recitare una poesia. Dire che era orrenda era un eufemismo. Apollo rabbrividì. Che oltraggio era quello! Portare il dio delle arti a sentire degli incompetenti recitarne alcune che non sarebbero mai e poi mai state allo stesso livello delle sue.
Quando anche la quarta persona, una bionda con gli occhiali con la montatura blu, finì di parlare dei salmoni che gioivano, Apollo si era trattenuto a stento dal vomitare, il dio si voltò verso l'Oracolo. V
oleva chiederle perché lo avesse trascinato lì ma non poté domandarle niente, visto che la ragazza era sparita dal suo fianco. Si guardò attorno e si accorse che lei ora era sul palchetto. Era strano vederla lì, a tenere il microfono, tenendo con la mano destra un foglio sgualcito davanti a se.

Apollo sorrise, chiedendosi su cosa avesse scritto la rossa. Incrociò le braccia e sprofondò nel sedile, mettendosi comodo-
Rachel aprì la bocca e cominciò a declamare i versi.
Era bravissima.
Riusciva a dare tono e importanza ad ogni parola, ad ogni verso. Poi il contenuto era stupefacente: parlava di una ragazza che si innamorava di un ragazzo ma lui era troppo irraggiungibile per poterla ricambiare, nonostante con lei fosse sempre dolce.
Mentre la voce di Rachel risuonava dolce nell’aria e tutti la fissavano incantati l dio deglutì, improvvisamente agitato. Puntò gli occhi sulla ragazza e iniziò a fissarla con uno sguardo bruciante.
Quando Rachel finì di recitare la poesia, si alzò dalla sua sedia e uscì dal locale.
Apollo si alzò di scatto e la seguì. Appena fuori dal locale Rachel si appoggiò al muro della stradina.

-Era davvero così orrenda?- Domandò una voce insicura, alla sua destra. Apollo si voltò verso Rachel e la guardò. Sembrava quasi che stesse per piangere.
-La poesia... la poesia per chi era?- Chiese a denti stretti. Gli occhi smeraldini della ragazza si ingrandirono.
-Una poesia non deve per forza essere dedicata a qualcuno- osservò lei.
-Per chi era, Rachel!- Tuonò lui, torreggiando sulla figura minuta della ragazza. Possibile che il suo Oracolo si fosse innamorata? Chi era lui? Non poteva innamorarsi! Non di... non di quacuno che non fosse lui. Apollo strinse i pugni, mentre si sentiva sommergere dalla gelosia.
-Per te- disse lei sottovoce.
-Chi?- Chiese il dio, incredulo, pensando di non aver sentito bene.
-Per te- ripeté a voce più alta Rachel, diventando viola in volto.
-Chi?- Apollo nascose un sorriso sotto i baffi.
-ERA PER TE! POSSIBILE CHE NON TU L'ABBIA CAPITO?!?!?!- Urlò spazientita la ragazza, i pugni ai fianchi.
Il dio sorrise ancora. Si chinò verso di lei. La loro labbra erano vicinissime. Rachel arrossì sentendo il respiro del dio sulle sue guance. I suoi occhi dorati splendevano nel buio.
-E’ stato bello sentirtelo dire tre volte.
-Cos...- Rachel non finì la frase che le labbra del dio erano già sulle sue. Mandò al Tartaro tutte le domande, le preoccupazioni e gettò le braccia al collo dell'eterno ventenne, con il cuore che scoppiava di gioia.

   
 
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