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Autore: hipsta please    07/10/2013    0 recensioni
Dal POV Madison:
«Aspetta...», disse un po' affannato. Cosa diavolo voleva ancora? Alzai gli occhi al cielo. Me l'ero cercato proprio bene.
«Per favore. − Mi fissò negli occhi, scostò i ciuffi che mi erano caduti sulla fronte. Cosa stava cercando di fare? − Non innamorarti di me». Risi, risi come mai avevo fatto.
«Non succederà mai».
Chiusi gli occhi, e mi abbandonai completamente a lui. Senza pensieri, senza regole. Al diavolo tutto.

Dal POV Harry:
Non riuscivo a immaginare la mia vita senza di lei, era fuori discussione, avrei preferito di tutto meno che quella situazione in cui mi trovavo adesso, e che mi stava distruggendo lentamente. Alzai lo sguardo verso il mare, e mi diressi verso la ringhiera che mi separava dallo strapiombo. L'acqua giù non era altro che un vortice tumultuoso, che si ritraeva e si infrangeva contro gli scogli, creando un casino pazzesco. E per un momento, solo per un momento, pensai a come sarebbe stato lasciarmi andare e non soffrire più.
Ma poi mi ritrovai a singhiozzare come un bambino, sulla strada ghiacciata, e a pensare a quanto mi stessi rovinando la vita con le mie stesse mani.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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12. It's not like it seems.
 
POV Madison
«Te l'ho detto, non mi sento bene. Adesso torno a dormire, tu vai pure a lavoro», dissi per l'ennesima volta chiudendomi la porta alle spalle. Sentii lo sbuffo di mia madre, e potei intuire tutto il suo disappunto per non essermi aperta con lei e averle raccontato nei minimi particolari cosa era successo al ballo e se mi ero divertita. Ma davvero non era giornata; e poi non mi sarei aperta con lei né ora né mai.
«Va bene, ma domani vai a scuola, sia chiaro!», urlò dal piano di sotto, tra il rumore della porta di casa che sbatteva. Avrei trovato un modo per fare festa anche il giorno dopo, e se ero costretta a marinare l'avrei fatto. Non avevo la minima voglia di mettere piede in quell'istituto.
Quando la sera prima ero tornata a casa, un immenso dolore al centro del petto mi stordiva e non mi faceva capire più niente. Non ricordavo assolutamente nulla del mio rientro a casa, dell'ora che avevo fatto, o di mia mamma sveglia ad aspettarmi − così aveva detto lei. L'unica cosa che ricordavo erano le lacrime, che non volevano smettere di cadere sul cuscino, e quel dolore sordo e martellante che non ne voleva sapere di andarsene.
E per quanto mi sforzassi di pensare che non era così, sapevo che l'unico motivo di tutto quello star male era soltanto una persona; per quanto mi sforzassi di rifiutarlo, sapevo che negare l'evidenza era una cosa stupida e inutile, e non portava a niente. Nel caso più specifico, negare che provassi qualcosa per Harry Styles e che lui influenzasse il mio umore in maniera drastica, era una cosa stupida e inutile e che non portava a niente.
Ma sapevo, sentivo che lui non sarebbe mai cambiato e che non provava per me nemmeno una minima parte di tutto quello che sentivo quando mi incatenava con uno sguardo o mi regalava un sorriso; sentivo che, al contrario di me, non era maturato e non aveva cambiato mentalità per niente, e che trattasse le ragazze sempre nello stesso modo. E poiché io ero cambiata, non volevo perdere tempo dietro ad una persona che mi avrebbe soltanto fatto stare male, quindi credevo che interrompere i rapporti con un taglio netto fosse stata la cosa migliore.
Ma non riuscivo a vederlo a scuola e mantenere questo comportamento, perché per me lui era come una calamita, e bastava perdermi nei suoi occhi per dimenticare tutto il dolore che mi avrebbe fatto provare; così avevo pensato che sarebbe stato meglio evitarlo per un po', almeno fin quando mi fosse stato indifferente.
Non basterebbe chiuderti in casa per il resto della tua vita, per fartelo diventare indifferente.
Scossi la testa e mi fiondai di nuovo sotto le coperte, coprendomi il viso col cuscino; da fuori potevo sentire la voce di Liam che annunciava ai suoi che usciva di casa; per lui sarebbe iniziata un'altra giornata, totalmente uguale alle altre. Per me quello era il giorno della svolta.
*
Affondai il cucchiaio nella vaschetta del gelato, fissando lo schermo della TV, quando il campanello mi fece saltare. Osservai l'orologio: era troppo presto per essere mia madre che tornava dal lavoro, e poi lei avrebbe aperto con lei chiavi. Non mi aspettavo visite, e la tuta enorme che indossavo ne era la prova.
Mi alzai controvoglia, pronta a mandare a quel paese chiuque si fosse presentato alla mia porta; ma quando vidi quegli occhi azzurri familiari e quel sorriso che me ne faceva spuntare uno anche a me, i miei propositi scomparvero all'istante.
«Louis! Cosa ci fai qui?», chiesi un po' sorpresa, eppure non potei far a meno di sorridere.
«Posso entrare?», mi chiese lui, e io aprii meglio la porta per farlo entrare. Andammo in salone, mentre la TV ancora trasmetteva quella stupida serie che stavo vedendo per noia.
«Non pensavo fossi il tipo da vedere cose di questo genere», disse lui con una smorfia, cambiando canale.
Alzai gli occhi al cielo e repressi un sorriso. «Non sapevo cos'altro fare, ma per fortuna un gentiluomo ha bussato alla mia porta e mi ha sottratto a questo supplizio», feci ironica. Lui rise.
«Sono venuto perché oggi nessuno di noi ti ha visto a scuola, ed eravamo un po' preoccupati».
Voglio il soggetto. «Eravamo preoccupati chi?». Come se non mi facesse male abbastanza, dovevo affondare il coltello nella piaga.
«I ragazzi ed io. Niall, Zayn, Liam e Harry».
«Oh». Dubitavo che Harry fosse stato tanto preoccupato; probabilmente si chiedeva di più perché la sua prossima vittima non si facesse vedere in giro, ma evitai di dirlo.
«Allora?».
«Allora che?», risposi guardandolo storto e prendendo un'altra cucchiaiata di gelato. Gli porsi la vaschetta, e non se lo fece ripetere due volte.
«Perché non sei venuta?», fece con la bocca piena divorando il mio gelato.
«Non ne avevo voglia, mamma».
«Simpatica! − alzò gli occhi al cielo. − Ma domani ti voglio a scuola», concluse risoluto.
Presi un altro po' di gelato. «E invece non mi vedrai. Ho bisogno di evitare quel luogo per un po', non ho voglia di incontrare le stesse... Facce». Mi ero espressa malissimo, ma non credevo che avesse molti dubbi.
«Cosa ha fatto stavolta Harry?». Centro.
«Si è comportato da Harry, tutto qua», mi limitai a rispondere alzando le spalle. Non mi andava di far vedere al suo migliore amico quanto mi facesse male il suo atteggiamento.
«Ehm, magari più specificamente?», chiese strizzando gli occhi, quasi volesse un aiutino per indovinare la figura che stavo disegnando.
«È il tuo migliore amico, no? Sai il cervello che si ritrova», feci io con una smorfia. La sua espressione mi fece capire che ancora non ci era arrivato, e risi.
«Andiamo Louis, tratta le ragazze malissimo, mi sono stancata, mi da fastidio», dissi mangiando un po' di gelato.
«Ma scusa, tu non fai lo stesso?», chiese accigliato. Bingo!
«Non più», mi limitai a sussurrare. Lui si avvicinò di più a me, e mi cinse le spalle con un braccio.
Lo guardai, confusa. «A me puoi dirlo, Madison. So che provi qualcosa per lui, e so che il suo atteggiamento ti fa star male. Ma credimi, non è come sembra».
Scossi la testa, decisa. «È esattamente tutto come sembra. E io non provo niente per quello lì», e storsi la bocca nel dirlo.
Lui rise, manco avessi fatto una battuta divertentissima. «Raccontala a qualcun'altro, questa». Alzai gli occhi al cielo, non avrei saputo cosa dire.
Si alzò dal divano e si avviò alla porta. «Allora ci vediamo domani a scuola. E giuro che se non ti vedo ti vengo a prendere con la forza», mi disse sorridendo e dandomi un bacio sulla guancia. Uh.
«Certo certo, poi vedremo», e chiusi di scatto la porta. Mi avviai su per le scale, mezza sorridente mezza confusa.
Si preoccupava per me e avrebbe fatto di tutto per vedermi a scuola e perché fossi felice. E nessuno aveva mai fatto questo per me.
Ma ciò non cambiava che io il giorno dopo non avrei messo piede in quella scuola, nemmeno sotto tortura.
Presi a fare pulizia nella mia camera, giusto perché non avevo niente da fare; il sole tramontava in fretta e l'aria si faceva sempre più fredda, portandomi a rabbrividire ogni tanto. Scossi la testa, ripensando alle parole di Louis; cosa voleva dire che non era come sembrava? Harry si era portato a letto quasi tutte le ragazze dell'istituto, non c'era molto da confondersi; e il fatto che io prima facessi lo stesso era assolutamente vero, ma in fondo io avevo capito quando era il momento di smetterla, no?
Si poteva dire che io avevo messo la testa a posto, mentre Harry continuava a non fregarsene minimamente di ciò che faceva, e questo mi faceva saltare i nervi.
Mi faceva saltare i nervi perché provavo qualcosa per lui, ok? Ormai non c'era più niente da nascondere. Provavo qualcosa per lui, ed era per questo che il giorno dopo non mi sarei fatta vedere, e nemmeno quello dopo ancora. Finché questa cotta non mi fosse passata.
 
POV Harry
Appoggiai la testa sul banco, gemendo. Avevo appena parlato con Louis, e quello che mi aveva detto non mi aveva per niente risollevato il morale. E pensare che stava andando tutto così perfettamente, se non ci fosse stata quella Corinne a mettersi in mezzo... Strinsi le mani sui bordi del banco, per trattenere la rabbia. Avevo voglia di spaccare tutto, e un'altra punizione di sicuro non era il massimo in quel momento. Decisi che dovevo iniziare a controllare un po' questi miei istinti rabbiosi.
«Cos'ha Styles, non si sente bene?». La voce del professore mi arrivò attutita, e mi limitai a scuotere la testa senza fiatare. Un po' d'aria era quello che mi ci voleva, non sopportavo più l'atmosfera claustrofobica della classe.
Alzai lo sguardo, cercando di cacciare la voce più roca che potessi. «Non è che potrei uscire un po'?».
Il professore mi guardò, impietosito. «Certo, credo che una boccata d'aria sia la cosa migliore». Presi velocemente la tracolla e mi catapultai fuori, con un sospiro di sollievo.
Camminai un po' per i corridoi, incerto su dove i piedi mi stessero portando. Mi sentivo svuotato, avevo perso la voglia di sorridere, di divertirmi, e non riuscivo a pensare a nient'altro se non a Madison. Diavolo, ero stato sul punto di dirle che mi piaceva, che si, forse l'amavo, ma avevo rovinato tutto. E per quanto fosse stata Chantal a combinare pasticci con la sua boccaccia, ritenevo fosse comunque colpa mia: se non avessi avuto quella mentalità così perversa e stupida da trattare tutte le ragazze in quel modo probabilmente la Cheerleader non l'avrei mai incontrata, mi sarei innamorato di Madison e a questo punto avremmo anche potuto stare insieme senza problemi. Ma è proprio vero che non si finisce mai di pagare per gli errori commessi in passato.
Non mi sarei arreso così facilmente; avevo capito che era lei la ragione del mio sorriso, era lei che non facevo altro che pensare costantemente, non potevo rinunciarci così. Avevo bisogno di parlarle, e se nemmeno quel giorno si fosse presentata a scuola l'avrei trovata e le avrei detto quello che mi trattenevo da ormai troppo tempo. Corsi verso l'aula in cui sarebbe dovuta stare a quell'ora, ma con una rapida occhiata capii che non era venuta manco quel giorno.
Bene. A mali estremi, estremi rimedi.
*
Camminai velocemente verso casa sua; per fortuna con una scusa ero riuscito a convincere il professore a farmi andare a casa, e adesso avevo campo libero. Cercavo di preparami mentalmente il discorso che avrei dovuto farle, ma mi sembrava tutto così sciocco e banale. Le parole mi verranno al momento, pensai convinto.
Arrivato davanti alla porta non avevo il coraggio di bussare, e le mani mi tremavano. Deglutii, e mi decisi a premere il campanello; era da stupidi essere arrivati fin lì e tirarsi indietro all'ultimo minuto. Aspettai per diversi minuti, ma nessuno mi venne ad aprire; così ribussai, fin quando fui certo che in casa non c'era nessuno.
Dannazione! E adesso dove la trovo?
Ormai sconsolato mi allontanai da lì, ma non ero diretto verso casa; non avevo voglia di spiegare a mia madre cosa fosse successo. Così camminai un po' per le strade, tra la folla di signori che si recava a fare la spesa o a lavorare. Il vento continuava a scompigliarmi i capelli, e senza voglia ci passavo una mano per tentare di farli stare fermi. Verso mezzogiorno mi diressi verso la scogliera, non avendo niente da fare. Amavo guardare il mare, soprattutto d'inverno, quando non era altro che una distesa d'acqua gelata mossa dalle onde; il vento freddo sapeva di sale, e mi faceva ghiacciare fin dentro le ossa, facendomi sentire bene. Era quello che mi serviva in quel momento.
Ma, quando arrivai ad una delle tante panchine disseminate là intorno, mi accorsi che non ero da solo. E non c'erano tante persone che venissero qui in questo periodo. Mi avvicinai lentamente, mentre il cuore batteva talmente forte che sembrava volesse uscire dal petto; mi torturai le mani, sudate, mentre il mio cervello sembrava andato in black-out.
Chi è quello stupido che aveva detto che le parole sarebbero arrivate al momento?
Quando fui a pochi passi da lei si girò, perforandomi coi suoi occhi brillanti; c'era qualcosa di diverso in loro, una luce strana, ma si girò immediatamente avanti e mi impedii di capire cosa fosse. Mi sedetti in silenzio vicino a lei, e avevo paura che riuscisse a sentire il mio cuore martellare contro la cassa toracica.
«Ciao Mad», ruppi il silenzio. Le onde continuavano a infrangersi davanti a noi, portando un po' di gocce salate sui nostri visi. Si asciugò lentamente la fronte, continuò imperterrita a fissare davanti a sé.
«Cos'è, non parli?», chiesi acido. Era il mio atteggiamento peggiore questo, ma non potevo fare a meno di trattarla in questo modo vedendo come mi ignorava. Era il mio stupido orgoglio che me lo faceva fare.
«Non ho niente da dirti», rispose bruscamente senza degnarmi di un'occhiata. Feci una smorfia.
«Beh, io si, e mi piacerebbe che facessi meno la stronza e mi guardassi in faccia», mi uscii di getto.
Si girò di scatto, come se le avessi dato uno schiaffo. «Non chiamarmi stronza, Styles. Sei proprio l'ultimo che può farlo», mi sputò in faccia con rabbia. Frena, frena. Cosa significa?
Sgranai gli occhi. «E con questo che vuoi dire?». Non avevo dubbi sul fatto che non mi rispondesse; si aggiustò frettolosamente i ciuffi dietro le orecchie, che il vento non faceva altro che portare davanti agli occhi, e si sistemò meglio sullo schienale della panchina. Sospirai.
«Madison, devo parlarti. − non dava segni di starmi a sentire, ma decisi di continuare. − Riguarda la sera del ballo...».
Mi interruppe bruscamente. «Smettila Harry. Non devi chiedere a me il permesso di fare qualcosa, e poi io sono l'ultima che può giudicarti, no?».
La fissai negli occhi, rubando quell'attimo in cui il suo sguardo si era scontrato col mio mentre mi rivolgeva la parola. Cercai di farle capire tutto il mio sconforto, tutto il mio dispiacere; lei non distolse lo sguardo.
«Ma ho bisogno di parlare lo stesso. Perché mi sento in dovere di spiegarti, di farti capire che io non ho assolutamente promesso niente quella sera a Chanel, che sono quel ragazzo tranquillo con cui stavi ballando e non quel mostro che ti immagini», sussurrai, mentre il rumore delle onde copriva la mia voce. Un velo passò davanti al suo sguardo e lo offuscò; i suoi occhi si fecero lucidi, e per un momento tornai a sperare, ero convinto che mi credesse. Che si sarebbe risolto tutto.
Ma con un battito di ciglia quello sguardo dolce e comprensibile era sparito, e leggevo soltanto disprezzo e disgusto. Mi sentii male.
«Io non sto immaginando niente Harry, ti sei fatto un mucchio di film mentali. Passati tutte le ragazze che vuoi, non mi interessa. Non me ne frega niente di te, speravo fosse chiaro. − si alzò di scatto, guardando davanti a sé. − Complimenti, sei stato anche capace di rovinare il mio unico momento di tranquillità», fece con una smorfia, prima di allontanarsi.
Girai la testa, e la seguii con lo sguardo; camminava spedita senza voltarsi indietro, e dai suoi movimenti sembrava anche parecchio stizzita. Mi guardai le mani, chiuse in grembo; aveva ragione, mi ero fatto un film. Avevo immaginato che provasse un minimo di attrazione per me, che in qualche modo le potessi interessare. E invece mi aveva sbattuto in faccia quanto di me non gliene fregasse niente, e non avevo letto un minimo di insicurezza nel suo sguardo.
Qualcosa di bagnato cadde sulla mia mano, ma non ci feci caso.
Pensavo davvero che tutto questo sarebbe servito a qualcosa, ci credevo davvero che avessimo chiarito. Non sopportavo l'idea di starle lontano, già dalla prima volta che l'avevo vista avevo capito che non sarebbe stato come tutte le altre volte. E invece me l'ero lasciata scappare così, senza fare niente per fermarla.
Un'altra goccia d'acqua mi scivolò lungo il viso, per poi cadere sulle mani.
Un senso di sofferenza mi assalì, e mi sentii svuotato. Non riuscivo a immaginare la mia vita senza di lei, era fuori discussione, avrei preferito di tutto meno che quella situazione in cui mi trovavo adesso, e che mi stava distruggendo lentamente. Alzai lo sguardo verso il mare, e mi diressi verso la ringhiera che mi separava dallo strapiombo. L'acqua giù non era altro che un vortice tumultuoso, che si ritraeva e si infrangeva contro gli scogli, creando un casino pazzesco. E per un momento, solo per un momento, pensai a come sarebbe stato lasciarmi andare e non soffrire più.
Ma poi mi ritrovai a singhiozzare come un bambino, sulla strada ghiacciata, e a pensare a quanto mi stessi rovinando la vita con le mie stesse mani.




my space.
Ebbene si, non sono morta come molte di voi pensavano, sono ancora viva e sto aggiornando il dodicesimo capitolo.
Quest'estate non ho davvero potuto pubblicare, come vi avevo detto, perché non avevo internet, ma mi rendo conto che le vacanze estive non finiscono il 7 ottobre, quindi vi chiedo scusa. La verità è che ho perso completamente la voglia di pubblicare e anche di scrivere, per fortuna questa storia l'ho terminata l'anno scorso o adesso non stavo qui a pubblicarla.
Che dire del capitolo? A me piace parecchio, soprattutto il POV di Harry, anche se ai due sembra che non ne vada una giusta in questo momento. Prometto che le cose si aggiusteranno presto lol
Spero che ci sia davvero qualcuna che segua ancora la mia storia, una storia senza lettori è inutile.
Se è rimasto ancora qualcuno fatemi sapere cosa ne pensate :)
Per qualunque cosa potete trovarmi qua:

  
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