Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Caladan Brood    03/04/2008    0 recensioni
Se potessi tornare indietro, se potessi ripetere i miei passi, sarebbero molti gli errori con cui dovrei confrontarmi. E anche se, con ogni probabilità, a molti non saprei ancor oggi porre adeguato rimedio, sono convinto che, almeno in quell’occasione, saprei come agire. Nulla sarebbe successo. Il 2005 mi sarebbe scivolato tra le dita, un semplice granello in più sul fondo della clessidra, uguale a tutti i precedenti… e ora non saremmo a questo punto.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Parte Prima
Il Sospettato


Capitolo 1
Il Signor Allen


Sabato 13 agosto 2005
Ore 04:00
Londra

La strada si dilungava avanti a loro senza nemmeno una curva, completamente deserta fatta eccezione per qualche rada automobile che di tanto in tanto si dirigeva nella direzione opposta incrociandoli brevemente. Il gomito puntato contro il finestrino l’agente Brooks osservava contrariato i fabbricati sfrecciare sotto i suoi occhi, nemmeno cercava di mascherare la propria insofferenza, ne sarebbe stata la prima volta che l’esternava durante quel viaggio.
«Perché abbiano mandano proprio noi per una cosa del genere è un mistero» riprese a lamentarsi mentre si rimetteva seduto compostamente, ormai stanco della scomoda posizione in cui si era costretto negli ultimi minuti.
«Telefonata anonima» quello alla guida, l’agente McNeice, rispose quasi meccanicamente «Spari e forti rumori in un magazzino degli East Docks…»
«Che mi meni per il culo?»
«È già la terza volta che lo chiedi, che vuoi che ti dica? Chiamala sfortuna»
«Riguardo alla fortuna non ci piove, ma perché proprio Scotland Yard per quello che potrebbe tranquillamente essere uno scherzo? Questo intendevo»
«Evidentemente è una cosa che hanno preso piuttosto sul serio»
«Diciamo pure che ormai, in questa città, stanno diventando tutti paranoici»
«Pensi che un mese fa avrebbero mandato un paio di poliziotti?» distogliendo per un attimo l’attenzione dalla strada McNeice rifilò una rapida occhiata al collega seduto al proprio fianco.
«Se non li usano per vaccate del genere tanto vale che gli facciano chiudere bottega… ma ormai in questa città al minimo soffio di vento si pensa a un uragano. Se non è uno scherzo, e mi ci gioco lo stipendio seduta stante, saranno un paio di barboni che fanno a botte per il posto migliore dove dormire»
«Dimentichi gli spari»
«Un paio di petardi» sbottò Brooks
«Ah beh, allora caso risolto, torniamo indietro»
«Fosse per me non sarei mai partito, svolta alla prossima a sinistra ormai non manca molto»
Dopo una leggera pressione sul freno McNeice cominciò a girare il volante.
«Qual è l’indirizzo preciso?» si informò subito dopo aver terminato la curva.
«Tò, guarda qua» l’altro accese la luce del lunotto anteriore e con un gesto annoiato gli mostrò un foglietto su cui era appuntata qualche riga.
«Ti è mai passato per la mente di leggermelo?» il collega rifilò una breve occhiata al pezzo di carta per poi ritornare subito alla strada avanti a lui.
«Sì, prendo nota»
Svoltarono alla seconda via a destra e dopo qualche centinaio di metri si fermarono in corrispondenza di un magazzino di medie dimensioni, all’apparenza sembrava tutto tranquillo.
Parcheggiarono sul lato opposto della strada e, una volta scesi dalla vettura, l’automobile stessa tra loro e lo stabile, rimasero a osservare la situazione che gli si presentava davanti.
«Te l’avevo detto, Steve, un fottuto scherzo» ricominciò Brooks «Mi sembrava strano che ci fosse in giro alle quattro di notte uno che effettivamente avesse sentito quello che ha detto di aver sentito. E poi, se veramente in quel magazzino stesse succedendo qualcosa di serio noi non saremmo qui, perché non sarebbe arrivata nessuna telefonata»
Fece a malapena in tempo a finire la frase quando un fortissimo rumore metallico venne dal fabbricato giusto davanti a loro. Qualcosa aveva urtato contro il pesante portone in lamiera con una certa violenza.
In tutta fretta l’agente McNeice rientrò nell’abitacolo dell’automobile. Con un ginocchio appoggiato sul sedile del guidatore si sporse fino ad aprire il portaoggetti dal lato del passeggero, impugnò la torcia che vi trovò dentro e subito uscì dalla vettura intento a capire come si accendesse quell’affare. Un attimo dopo illuminava la zona da cui era giunto il fracasso. L’enorme portone vibrava ancora. Di fronte a loro tutto sembrava normale, il rumore veniva dall’interno.
«Uno scherzo, Ian?» disse rivolto al collega che già aveva cominciato a ricredersi.
«Magari è solo uno scatolone che è caduto, colpa di un gatto forse» azzardò Brooks.
Per la seconda volta sentirono il medesimo chiasso di poco prima, qualcos’altro aveva sbattuto contro l’entrata del magazzino.
«Due gatti?» domandò subito Steve.
«Va bene, diamo un’occhiata» ora molto più aperto a nuove possibilità, Ian estrasse la pistola dalla fondina e cominciò ad attraversare la strada.
«Inizi a crederci adesso?» chiese in un bisbiglio McNeice lanciando in macchina la pila, ora spenta, mentre a sua volta estraeva la pistola e andava dietro al proprio compagno.
«Di sicuro più di prima» sussurrò l’altro.
In perfetto silenzio, si avvicinarono con circospezione al magazzino, ne fiancheggiarono un lato e arrivarono in prossimità di un’entrata secondaria. Ian fece per andare a controllare se fosse aperta ma quando era ancora a poco più di un metro dalla maniglia uno schianto assordante lo fece sobbalzare. Indietreggiò istintivamente di un passo chiudendo di riflesso gli occhi. Quando li riaprì ciò che vide lo lasciò di stucco. Riverso sopra la porta sfondata giaceva un uomo gravemente ferito. Senza il braccio destro all’altezza del gomito, mostrava una profonda ferita al collo e una ancor più grave al torace, probabilmente un colpo d’arma da fuoco di grosso calibro, il sangue che gli inzuppava i vestiti non permetteva di distinguere con chiarezza l’entità del trauma. Era ancora cosciente. Scotendo leggermente il capo nel tentativo di riprendersi cercava invano di rimettersi in piedi. Quando notò qualcuno alla propria sinistra si voltò immediatamente. Con occhi sgranati fissò per un attimo i due agenti che istintivamente fecero un ulteriore passo indietro per poi tornare a guardarlo sbigottiti. Presi totalmente alla sprovvista, sulle prime, non seppero come agire, quasi inebetiti rimasero a fissare la porta sfondata, per un tempo che sembrò loro infinito, fino a che un ulteriore, fortissimo rumore, proveniente da un punto della costruzione alle loro spalle non attirò la loro attenzione. Di scatto si voltarono a guardare cosa fosse stato ma non videro nulla. Qualcos’altro, dall’interno, era andato a sbattere contro le pareti del magazzino. Lo appurano con un breve sguardo e subito ritornarono a posare gli occhi sull’uomo ferito, o almeno era ciò che credevano avrebbero fatto. Davanti a loro non videro altro che la porta sfondata, nessuna traccia di quell’individuo.
Si guardarono l’un con l’altro increduli, subito prima di sentire un ultimo rumore, molto meno potente rispetto ai precedenti ma perfettamente udibile, poi più nulla. Attesero ma a quanto sembrava dall’interno dello stabile non si coglieva più nulla. Qualunque cosa fosse successa era finita. La loro attenzione subito si rifocalizzò su quell’uomo scomparso da sotto i loro occhi. Senza bisogno di parole i due agenti si trovarono d’accordo nell’ipotizzare che fosse riuscito a trascinarsi all’interno del magazzino.
Si fecero coraggio e si apprestarono ad entrare. Pistola alla mano si avvicinarono alla porta sfondata. Brooks vi si piazzò davanti in modo da coprire il collega che entrò con rapidità fermandosi lateralmente all’uscio, a ridosso di uno dei muri portanti del fabbricato, tenendo sotto tiro buona parte dello stabile. Ian lo seguì all’interno un attimo dopo. Rimasero sorpresi dallo stato in cui si trovava il magazzino. La quasi totalità delle casse che ne costituivano per buona parte il contenuto era stata fatta a pezzi, i resti ingombravano il pavimento, le pareti erano crivellate di proiettili di vari calibri a tutte le altezze, sul grande portone in ferro erano ben visibili diverse consistenti ammaccature. Tutto faceva pensare ad uno scontro, e molto violento anche. Dopo aver visto quello sconosciuto gravemente ferito i due detective si aspettavano una scena simile ma nonostante tutto ciò che si trovarono davanti li lasciò interdetti. Almeno a prima vista non vi era alcuna traccia di sangue, come d’altronde non vi era alcuna traccia dell’uomo di poco prima. Basandosi su quanto avevano visto e sentito, si sarebbero aspettati di trovarsi di fronte ad un mattatoio non appena entrati, con loro grande sorpresa le cose stavano diversamente. Quasi contemporaneamente abbassarono lo sguardo a osservare il pavimento sotto i loro piedi e un attimo dopo si voltarono verso la porta sfondata. Nonostante l’illuminazione scarsa, proveniente dalle poche luci ancora funzionanti nel magazzino, non ebbero la minima difficoltà a notare che su di essa non vi era la minima traccia di sangue. La cosa li lasciò sconcertati ma, almeno in quel momento, non se ne curarono. Anche se la situazione ora non sembrava pericolosa, ciò cui avevano assistito in precedenza non li lasciava affatto tranquilli.
«Chiama la centrale» sussurrò Brooks mentre si allontanava dal collega per un rapido giro di perlustrazione. A passo lento, ben attento a far meno rumore possibile, iniziò a costeggiare uno dei muri portanti, sforzandosi di scorgere più particolari possibile nella semioscurità circostante, diretto a quella che, da lontano, aveva giustamente identificato come una terza uscita da quel fabbricato. Lungo tutto il suo tragitto non notò nulla degno di nota a parte ciò che avevano facilmente constatato una volta entrati. Quando era ancora a una quindicina di passi dalla sua meta calò notevolmente l’andatura, smise di guardarsi intorno, l’indice della mano destra andò a sfiorare il grilletto. Arrivò alla porta con passo felpato, quasi inudibile nonostante il silenzio che ora opprimeva il magazzino. La trovò spalancata, la serratura era saltata. Si piazzò davanti l’uscio con la pistola spianata, dopo pochi secondi azzardò un passo all’esterno per poi guardarsi immediatamente a destra e a sinistra. Lo stretto vicolo era totalmente sgombro e, nonostante fosse quasi completamente avvolto nell’oscurità, il detective non ebbe difficoltà a rendersi conto che era deserto. Dentro di lui cominciò a maturare la sensazione che chiunque fosse stato lì dentro avesse fatto in tempo ad andarsene sfruttando quel passaggio. Un pensiero che di certo lo rincuorava nonostante la domanda che si era posto un attimo dopo essere entrato continuasse a persistere. Dov’era quell’uomo senza un braccio? Rientrò nel fabbricato visibilmente sollevato. Tenendo la pistola a mezz’altezza e solo con una mano finì il proprio giro di perlustrazione ritornando ben presto accanto al collega. Quando lo affiancò questo nemmeno si disturbò a voltarsi verso di lui. Anch’egli con la pistola ancora in mano, appoggiata a una coscia, stava inginocchiato a pochi centimetri dalla porta sfondata. Imitandolo Ian si ritrovò ad avere la sua stessa visuale.
«Disteso qui c’era un uomo senza un braccio» constatò Steve senza accennare a voltarsi a guardare il compagno.
«L’ho visto anch’io» l’altro non poté che condividere il suo sconcerto.
«Dove cazzo è il sangue allora?»
Non ricevette risposta.
«E dove è stato ferito?»
«Magari non ha fatto in tempo a sanguinare» azzardò Brooks, anche se poco convinto di quanto stava dicendo.
«Con un’arteria recisa? Avrebbe fatto un lago nel giro di un attimo. Ma diamo per buono che non ci sia sangue all’interno del magazzino, sdraiato sulla porta quel tipo c’è rimasto almeno qualche secondo, tempo sufficiente per farle cambiare colore con tutte le ferite che si ritrovava»
«Non so che dirti Steve»
«L’hai trovato?»
«No»
«Niente?»
«C’è un’altra uscita» spiegò Ian «Chiunque ci fosse qui dentro potrebbe essere scappato di là»
«I rinforzi stanno arrivando»
Semplicemente limitandosi ad annuire Brooks non rispose. Dopo un’ultima occhiata alla porta sfondata si rimise in piedi, si guardò brevemente intorno.
«Faccio un altro giro di controllo»
«Io vedo se c’è qualcosa nel vicolo qui fuori» anche Steve si rimise in posizione eretta «Evidentemente non è rientrato»
«Non può essere fuori» il collega si fermò quando aveva già fatto un paio di passi verso l’interno dello stabile «Il primo svincolo per abbandonare il vicolo sarà ad almeno dieci yard, non può averlo raggiunto in così poco tempo e oltre a quello non c’erano altri posti in cui avrebbe potuto nascondersi»
«Lo so anch’io, ma se non è qui dentro…»
Pur non sembrando molto convinto Brooks non trovò niente di valido da obiettare:
«D’accordo»
Si voltò e riprese a camminare tra i resti delle casse che ingombravano il passaggio, facendo del suo meglio per non calpestarli. Ad ogni passo si convinceva sempre di più che lì dentro non avrebbe trovato la benché minima traccia di sangue. Solo in un’occasione scorse un chiaro schizzo sul pavimento, in ogni altra avrebbero potuto essere semplici macchie. Zigzagando con lentezza, la mano che impugnava la pistola ora rilassata lungo il fianco, il suo sguardo passò brevemente alle pareti, ancora non riusciva a capire cosa fosse successo, niente sembrava avere senso.
Sobbalzò ad un lieve rumore di passi alle proprie spalle. Con una veloce piroetta girò su se stesso alzando l’arma, quando vide che era solo il suo collega lo mandò a quel paese con un cenno del braccio sinistro. Con aria interrogativa rimase in attesa di sapere se il suo giro di perlustrazione avesse avuto successo, dopo aver visto un cenno di diniego invitò il collega ad avvicinarsi.
Insieme continuarono ad avanzare, entrambi intenti ad osservare il pavimento sotto di loro. Avevano percorso il magazzino quasi per intero quando Steve intravide una gamba sbucare da dietro uno degli innumerevoli resti delle casse. Con una rapida manata attirò l’attenzione del collega e indicandogli dove guardare lo mise al corrente della scoperta. Con perfetta coordinazione i due si divisero per portarsi ai lati del loro nuovo obiettivo. Steve restò fermo, Ian si portò dall’altra parte aggirando l’ostacolo che impediva loro di vedere chi appartenesse quella gamba. Avanzarono insieme ritrovandosi a tenere sotto tiro un ragazzo coi capelli biondi, seduto con la schiena appoggiata ad una delle poche casse di legno rimaste intere nel magazzino mentre cercava di tamponarsi una profonda ferita al collo con la mano destra.
«E questo chi è?» Ian accennò ad abbassare nuovamente la pistola.
«Felice che mi abbiate trovato signori» ribatté subito l’uomo a terra.
Senza replicare Brooks continuò a squadrarlo con aria perplessa, poi si rivolse al collega:
«Chiama anche un’ambulanza»
Steve si allontanò di qualche passo già col cellulare in mano lasciando il secondo detective solo.
«Pensa di darmi una mano, agente? O aspetta che muoia dissanguato» riprese l’altro. «Continui a tamponare» senza prestargli troppa attenzione Brooks ricominciò a guardarsi intorno.
«Se ne sono andati, può stare tranquillo» continuò il ragazzo
«Come?» Ian tornò immediatamente a fissarlo.
«Quelli che erano qui dentro. Sono scappati» l’uomo a terra indicò la terza uscita dallo stabile con un cenno del capo.
«E perché lei è ancora qui?»
«Mica erano amici miei» con disinvoltura il giovane si infilò la mano nella tasca dei pantaloni.
«Fermo dove sei!» ordinò subito Brooks nell’alzare nuovamente la pistola contro di lui.
«È solo un telefonino, colonnello» lo rassicurò l’altro mentre mostrava all’agente il cellulare che si era appena sfilato dalle tasche per poi cominciare ad armeggiarci con la sinistra «Da quando nella tasca dei jeans ci sta una pistola?»
«Che cosa vuole fare?»
«Una chiamata. Sono già in ritardo di due ore, vorrà strangolarmi ormai»
«Mi dia quel telefono» gli intimò Ian allungandosi verso l’apparecchio.
Il ragazzo per un istante staccò la mano destra dalla ferita al collo e assestò un deciso schiaffò alle dita dell’agente che subito ritirò il braccio, quantomeno sorpreso da quel comportamento.
«Da questa telefonata ne va della mia vita. A quest’ora sarà già isterica. Non ci metterò più di trenta secondi e lei potrà ascoltare, non vedo il problema» spiegò quello a terra ritornando a tamponare la ferita con la manica della camicia che nel frattempo gli era caduta sulla spalla.
Pigiò un tasto del cellulare e se lo portò all’orecchio aspettando qualche secondo.
Quando l’attesa finì lo stesso Ian avvertì chiaramente una valanga di insulti che venivano urlati attraverso il ricevitore, la voce all’altro capo della linea era chiaramente femminile.
Momentaneamente assordato dalle urla, il ragazzo allontanò immediatamente il telefono dall’orecchio. Cominciò a parlare solo quando la donna si fermò per riprendere fiato:
«Tutto bene cara. C’è stato un problemino ma si è risolto per il meglio, anch’io sono felice di sentirti»
Partì un’altra valanga di insulti.
«Credo che stanotte non tornerò a casa, pare che Scotland Yard voglia fare la mia conoscenza, ci sentiamo domani». Riattaccò quando era in fase di arrivo la terza raffica di ingiurie e subito lanciò il cellulare al detective.
«Ecco fatto. C’è voluto tanto?» chiese mentre ritornava a prestare la massima attenzione alla propria ferita.
Ian afferrò al volo il cellulare con la mano sinistra e se lo infilò in tasca, a quel punto si decise a rimettere la pistola nella fondina.
«Sua moglie?» tirò a indovinare mentre il suo sguardo si soffermava brevemente sul collega che solo allora stava ritornando verso di loro.
«Purtroppo…»
«Tutto fatto» li interruppe Steve «Stanno arrivando»
«Quanto ci metterà la cavalleria?» continuò il ragazzo.
«Questione di minuti immagino»
«Ottimo» l’altro ritornò a badare al proprio collo disinteressandosi dei due agenti.

Ore 16:00

«È tutto tuo Alex» quasi contento all’idea di non dover più avere a che fare con quel caso, Ian porse all’uomo avanti a lui il rapporto sugli avvenimenti della notte prima.
«È qualcosa di serio o ancora una volta il capo ci ha affibbiato un’indagine per deficienti»
«Con l’ultima avete quasi stabilito il record»
«Mi piacerebbe vantarmene, ma ci mancava solo che il povero idiota lasciasse una confessione scritta vicino al cadavere. L’ennesimo regalo del capitano, secondo me quello ce l’ha con noi»
«Tra l’altro, dov’è Raymond?»
«Pausa pranzo»
«Alle quattro del pomeriggio?»
«Ha detto che andava al bar un attimo ma dubito tornerà prima di un’ora» valutò Alex mentre sfogliava sommariamente le pagine del rapporto «Non servono due agenti per un interrogatorio»
«E a te tocca far quattro chiacchiere col ragazzo» ne dedusse Ian.
«Ragazzo?» leggendo la pagina del rapporto che riportava le generalità del sospettato, l’altro parve sorpreso «A quarant’anni anni?»
«Non gliene daresti più di trenta a guardarlo»
«Un tipo giovanile?»
«Abbastanza»
«L’hai interrogato tu?»
Ian confermò senza entusiasmo «Quando è ora di interrogare qualcuno Steve si dilegua»
«E fino ad adesso che hai scoperto?»
«Oltre al nome? Praticamente niente»
«Un tipo taciturno?»
«No, taciturno proprio no. Dispersivo, irriverente, vagamente arrogante, ma non taciturno»
«Siete stati voi ad arrestarlo?»
«Purtroppo sì»
«Ne sono successe di cose ieri notte» semplicemente valutando il volume del rapporto Alex ne trasse un’immediata conclusione «A vedere quant’è grosso già adesso passa la voglia di leggerlo»
«Vuoi un riassunto?»
«Spara»
Con dovizia di particolari Brooks illustrò gli avvenimenti così come se li ricordava, senza poter fare a meno di notare la faccia di Alex che con l’avanzare della sua storia si faceva sempre più perplessa. Quasi si aspettava di venir interrotto prima della fine ma, a sorpresa, Alex rimase in silenzio fino alla fine. Quando si accertò che il collega avesse finito si limitò a verificare:
«Ne sei sicuro?»
«Sono certo di quello che ho visto» confermò Ian.
«La scientifica?»
«Niente. Hanno trovato tracce di sangue sul pavimento, in alcuni casi veri e propri schizzi, ma poca roba. Ogni angolo del magazzino era crivellato di proiettili, l’interno era pressoché distrutto, in un angolo del fabbricato c’era quello che si potrebbe definire un deposito armi, ma per quanto riguarda la presenza di cadaveri nemmeno l’ombra»
«Controllato l’esterno del magazzino?»
«Controllato dapertutto»
«Un poveraccio senza un braccio, con la gola tagliata e un buco nel torace non può andarsene tanto in giro e soprattutto non può farlo senza lasciarsi dietro un lago di sangue, dov’è finito?»
«Senza contare che a quanto pare la porta è pulita»
«Niente sangue?»
«Niente»
«Alzato il gomito ieri sera?»
«Mai bevuto in servizio» si difese subito l’altro
Rifilando al collega un’occhiata leggermente obliqua Alex parve quasi deluso da quella risposta: «Non sono Lockwood, Ian»
«Mai toccato un goccio tutta la notte» ammise l’agente Brooks.
«Allora abbiamo un problema, perché l’uomo senza un braccio non va d’accordo con quello che hanno trovato»
«Io l’ho visto, giuro che l’ho visto»
«Si sa niente di chi sia il sangue sul pavimento?»
«Ci stanno lavorando»
«Parlami delle armi»
Ian gli sfilò il rapporto di mano e dopo averlo sfogliato brevemente cominciò ad elencare:
«Quattro mitragliette Uzi, otto automatiche calibro 9, cinque pugnali, una specie di coltelli da caccia o qualcosa del genere, e quattro spade»
«Spade?»
«Strano non è vero?» Brooks si trovò completamente d’accordo.
«Credo sia la prima volta che ho a che fare con delle spade» Alex per un attimo rivangò nella memoria senza successo «Piuttosto fornito il magazzino comunque»
«Forse non sono state mai usate, solo uno dei pugnali era sporco di sangue»
«Il nostro sospettato?»
«Più che probabile»
«Le altre armi?»
«Niente» continuò Ian «Su tutte le altre lame nessuna traccia considerevole di sangue, non recente comunque. Tutti i proiettili che sono stati analizzati fino ad adesso hanno colpito solo l’aria»
«Che tipo di ferite si è fatto il nostro uomo?»
«Aveva un brutto taglio al collo, all’ospedale hanno detto che gliel’hanno chiuso con non so quanti punti»
«Ma niente di grave»
«Tutto sommato sì. La ferita non è andata lontana dalla giugulare, ma l’ha mancata»
«Che mi dici dei rumori che sentivate prima di entrare?» Alex passò oltre.
«Potevano essere di tutto» pur esitando lievemente, alla fine, l’altro sembrò abbastanza sicuro di quanto stava dicendo «Erano forti ma quelle pareti amplificano molto i suoni, avrebbero potuto essere dovuti a mille cose»
«Ad esempio?»
L’espressione di Ian si allargò in un ampio sorriso «Il caso è suo detective, lo dica lei a me»
«Riguardo alla porta sfondata?»
«Cos’è che non ti convince?»
«Per sfondare una porta col corpo di un uomo bisogna lanciarlo con una certa violenza, se poi la porta è pesante come quella che mi hai descritto…»
«Cos’è? Un modo carino per dirmi che ho avuto le allucinazioni?» intuì Brooks «Quell’entrata era parecchio malandata, magari i cardini erano deboli»
«Potrebbe essere una spiegazione» confermò Alex meditabondo, impegnato a valutare sommariamente i nuovi elementi di cui il collega lo aveva fatto partecipe. Non poté che giungere ad una conclusione: «Un caso del genere non reggerà mai, possiamo tenerlo dentro al massimo un altro paio di giorni poi lo dobbiamo rilasciare se non troviamo qualcosa di concreto. Con quello che sappiamo non solo potrebbe inventarsi una storia qualunque ma potrebbe addirittura riuscire senza difficoltà a passare per vittima»
«Ammesso che sia colpevole» lo corresse Ian.
«Tu credi sia innocente?»
«Non mi dà l’idea del tipo che va in giro a staccare braccia alla gente»
«Opinione personale?»
«Del tutto personale»
«Vediamo un po’ che idea me ne faccio io» concluse Alex riappropriandosi del rapporto «Ci si vede in giro Ian»
«Ciao Alex» salutò l’altro mentre osservava il collega percorrere il corridoio che lo avrebbe portato a destinazione.

Due minuti dopo

Entrò nella piccola stanza e si chiuse la porta alle spalle. Voltandosi riservò una breve occhiata all’uomo che gli stava di fronte per poi andare a sedersi al tavolo che costituiva l’unico arredamento della saletta. Vi appoggiò il fascicolo che ancora stringeva in una mano e tenendolo chiuso sotto il braccio destro rimase a guardare il sospettato con occhio indagatore.
«Con chi ho l’onore di fare la conoscenza?» cominciò.
«Dubito in quella cartella ci siano i risultati delle partite di oggi» osservò l’altro.
«Pensavo le avrebbe fatto piacere presentarsi da solo, signor Allen»
«Chissà come saranno andate?»
«Vediamo un po’ che c’è scritto qui» ricominciò Alex, facendo finta di non aver sentito, mentre apriva il rapporto che teneva sotto la mano. Lesse qualche riga poi riprese:
«John Allen, insegnante, coniugato, un figlio, trentanove anni. Complimenti, non ne dimostra più di trenta»
«Passo la vita in palestra» rispose l’altro senza entusiasmo, quasi più interessato alle pareti che così da vicino lo circondavano che alla persona che aveva davanti.
«Incensurato, neanche una multa per divieto di sosta» continuò Alex.
«E vorrei vedere! Nemmeno ce l’ho la macchina»
«Che cosa insegna, signor Allen?»
«Storia»
«Materia interessante»
«Vada a raccontarlo ai miei studenti»
«Allora» il detective fece passare qualche attimo prima di inziare «Cosa ci faceva un insegnate di storia in un magazzino abbandonato?»
«Si procurava questa decorativa ferita al collo» affermò il sospettato per poi cambiare immediatamente discorso «Sa mica che cosa ha fatto il Manchester oggi? Quel bastardo della guardia non me l’ha voluto dire. Che gli costava dico io?»
«Cosa ci faceva?» si ripeté Alex
«Nemmeno lei vuole dirmelo, vero?»
«Ha intenzione di andare avanti ancora a lungo?»
«Ma a quelli di Scotland Yard non piace il calcio?»
«Ha vinto» infine il detective si arrese «0-2. Adesso risponda alla domanda»
«Eccellente» si rallegrò l’altro «Ho puntato bene, chissà quanto ci ho guadagnato? Sa mica a quanto lo davano?»
«Risponda alla domanda»
«Forse era 2:1, o 3:2?»
«Sa di cosa è accusato, signor Allen?»
«Non saprei» il ragazzo non diede né l’idea di essersi posto il problema né di essere curioso di scoprire i capi di imputazione. Un sorriso stampato in faccia, tirò ad indovinare «Violazione di magazzino?»
«Omicidio» lo corresse il detective.
«Omicidio?» semplicemente limitandosi ad aggrottare le sopracciglia John parve lievemente sorpreso.
Alex continuò a fissarlo, immobile. L’altro scoppiò a ridere.
«Straordinario!» Allen ancora stava ridendo «E in un magazzino vuoto chi avrei ucciso, i topi? Facevate più bella figura a mettermi dentro per terrorismo, tanto visto l’andazzo di queste ultime settimane non se ne sarebbe accorto nessuno»
«Non occorre aggiungere altro» lo interruppe Alex «Forse un paio di giorni in cella le faranno passare la voglia di scherzare»
Chiuse il fascicolo che teneva tra le mani e, alzatosi, si avviò verso la porta.
«Aspetti generale» lo fermò John quando ormai aveva già varcato la soglia.
«Altre battute di spirito, signor Allen?» chiese l’altro ritornando sui suoi passi, quando si era voltato nuovamente verso di lui.
«Non mi dispiacerebbe essere fuori entro stasera»
«Pensa di collaborare?»
«C’è ben poco da dire»
«Cominciamo da quel poco» lo incoraggiò Alex dopo aver richiuso la porta, mentre si rimetteva a sedere.
«Che vuol sapere, generale?»
«Sergente» l’investigatore anche quella volta si sforzò di essere paziente «Sergente Kent»
«Benissimo. Che vuol sapere sergente?»
«Che ci faceva in quel magazzino?»
«Non è un bel quartiere quello in cui mi sono venuto a trovare ieri notte…»
«Risponda alla domanda, signor Allen»
«Abbia fede sergente, ci sto arrivando. Come dicevo, non è un bel quartiere, si possono fare brutti incontri… e io ho fatto un brutto incontro»
«Chi?»
«Una banda di qualche tipo, credo. Erano in parecchi, mi hanno preso di peso e trascinato dentro quel magazzino, quando sono arrivati i poliziotti sono stati più furbi di me e se la sono svignata»
«Che ci volevano fare con lei?»
«Rubarmi il portafogli, riempirmi di botte, tagliarmi la gola… forse l’ultima è la più probabile, vero?» John indicò con un eloquente gesto della mano destra la vistosa fasciatura al collo.
«Chi pensa fosse quella gente?» il detective pareva quasi annoiato dalle risposte.
«Non ne ho idea. Ma voi siete qui per questo»
«Questi misteriosi rapitori avevano delle armi immagino»
«Un po’ di tutto in verità. È stato un omone un po’ troppo espansivo con un coltellaccio a procurami la ferita»
«E quando, come dice lei, se la sono svignata hanno lasciato tutto nel magazzino»
«L’hanno fatto?»
«Le abbiamo trovate»
«Se la gente è stupida non è certo colpa mia» l’altro liquidò la questione con un’alzata di spalle.
«Tra quelle armi non ce n’è una sua vero?»
«Perché dovrebbe?»
«Abbiamo le sue impronte, signor Allen, non sarebbe difficile accertarsene, perché non me lo dice e basta»
«Io ho già risposto, sergente, se non mi crede controlli»
«Sarà fatto di certo» affermò Alex. Fece una breve pausa poi ripartì:
«Come ci è arrivato a quel magazzino?»
«Ieri sera sono rimasto fino ad una certa ora a casa di un amico…»
«E immagino questo amico abiti giusto dalle parti degli East Docks»
«No, abita a Bank»
«Dunque la domanda rimane, come ci è arrivato fin lì da Bank?»
«Dopo mi sono visto con un altro amico, abbiamo bevuto un po’ e… sinceramente non mi ricordo bene come ci sono arrivato fino a lì»
«Chi era questo amico?»
«Victor Parker, abitiamo insieme»
«Pensavo fosse sposato».
«E purtroppo è la verità» ammise John quasi controvoglia.
«E allora perché ha detto che abitate insieme?»
«In quella casa siamo in sette, più nostra figlia ovviamente, un totale di otto, è lunga spiegare come siamo arrivati a questo punto»
«Questo Victor confermerà la sua versione se gliela chiedessimo?» Kent non volle approfondire ulteriormente l’argomento, si sarebbe accertato della veridicità di quanto gli era stato appena detto in un secondo momento.
«Di sicuro»
«Non avevo dubbi»
«Non mi crede?»
«La chiami pure deformazione professionale»
«Ho forse detto qualcosa, fino adesso, che potesse dar l’idea che stia mentendo?»
«Dalle analisi dell’ospedale il suo tasso alcolemico non superava di molto il limite di legge» il sergente ignorò quelle ultime parole mentre sfogliava le pagine del rapporto «Dovrebbe ricordarsi come ci è arrivato fino a lì ieri notte»
«Non reggo l’alcool»
«C’avrei scommesso»
«Non mi sembra molto convinto, sergente»
«E infatti non lo sono»
«Io le sto dicendo come sono andati i fatti. È nel mio interesse collaborare, non ho molta voglia di passare un’altra notte in cella»
«A proposito di fatti» il detective continuò per la sua strada «Sto rileggendo giusto adesso il rapporto dei due agenti che l’hanno arrestata… molto interessante»
«Non potranno che confermare la mia versione»
«Grossomodo sì, a parte inconfondibili rumori di lotta e di spari che venivano da dentro il magazzino, confermati sia da chi ha fatto la chiamata sia dagli agenti, l’interno dello stesso semidistrutto e una porta sfondatala da un uomo senza un braccio, con una ferita peggiore della sua al collo e una ancora più grave al torace»
«Come prego?» John stavolta parve visibilmente stupito.
«Rumori di lotta, spari, magazzino semidistrutto…»
«Si si, non sono sordo. Ma non ha senso. Non c’è stata nessuna lotta. I cretini che mi avevano preso in ostaggio hanno fatto a pezzi il magazzino, crivellato di colpi di pareti, Dio solo sa perché, tanto per dimostrare la loro stupidità, questo è vero, ma non c’è stata nessuna lotta, nessuna porta sfondata e soprattutto nessuna gola tagliata, o comunque lei abbia detto»
«Braccio» lo corresse Alex «Braccio tagliato»
«Senta sergente» l’altro tentò di avvalorare la propria tesi «Non pensa che da una ferita grave come un braccio amputato uscirebbe parecchio sangue?»
Kent non rispose limitandosi a guardare il suo interlocutore.
«Adesso, non so se la realtà sia veramente come nei film ma da un braccio tagliato, là, di sangue ne esce una certa quantità, non sono certo schizzi che passerebbero inosservati. Voi avete trovato roba del genere?»
«No, signor Allen» ammise Alex senza problemi «Ed è solo per questo che non è già stato accusato formalmente»
«E poi, una persona con tutte quelle ferite come ha detto lei, non solo non avrebbe potuto fuggire con rapidità ma probabilmente sarebbe morta di lì a poco, avete trovato cadaveri?»
«Nemmeno, signor Allen. Niente sangue, se non in scarse quantità, né corpi, né arti mozzati, solo un magazzino semidistrutto e una porta sfondata»
«Dunque non vedo il problema, non avrei mai potuto ripulire tutto e far sparire i corpi nei tre secondi prima che i vostri due agenti entrassero»
«Senza contare che per quanto avesse potuto pulire la scientifica avrebbe comunque trovato qualcosa»
«Sì, lo guardo anch’io CSI»
«L’evidenza sembra confermare la sua versione dei fatti, signor Allen, su questo non c’è dubbio, ma la sua versione e quella degli agenti che l’hanno arrestata non coincidono»
«L’unica spiegazione che mi viene in mente è che abbiano avuto un’allucinazione, o qualcosa del genere» John allargò le braccia quasi in segno di resa «Forse è lo stress di questi giorni, con la storia degli attentati, avete i nervi a fior di pelle, è capibile. Forse alcuni di voi, in situazioni pericolose, vedono il pericolo anche dove non c’è. Non sono uno psichiatra, non so come funzionano queste cose»
«Ho parlato con uno di loro, è convinto di ciò che ha visto»
John fece silenzio qualche secondo, evidentemente soppesando le parole, o semplicemente indeciso su come proseguire.
«Non so che dirle, sergente» rispose poco dopo «Cosa certa è che i suoi uomini in un modo o nell’altro possono essersi sbagliati, le prove, invece, non sono soggette a interpretazioni»
«Chi può dirlo?»
«Se a Scotland Yard si fidano più dei testimoni oculari che delle prove di laboratorio siete messi male»
Il sergente non replicò, l’altro riprese:
«Dunque… che pensa di fare?»
«In che senso, signor Allen?»
«Mi lascia andare?»
Parzialmente indeciso il sergente non rispose subito. Pensieroso, valutò la situazione nella sua interezza. Poteva trattenerlo ancora un paio di giorni, volendo, ma senza nessuna prova fisica a carico in definitiva se ne restava solo con un uomo che la notte prima se ne girava per le strade degli East Docks e la testimonianza di due agenti che avevano visto un ferito di cui non si era trovata la minima traccia. Il sangue ritrovato avrebbe potuto non essere tutto del loro sospettato ma anche quello aveva poca importanza. Non ce n’era abbastanza da giustificare anche solo sommariamente la presenza dell’individuo senza un braccio che i suoi due colleghi spergiuravano di aver visto. Avrebbe dovuto rilasciarlo in tutti i casi.
«Sì, signor Allen, credo che potrei anche lasciarla libero di andare, se avrà la pazienza di rispondere ancora a qualche domanda»
«Qualunque cosa pur di uscire da questo buco» con una rapida occhiata John si guardò nuovamente intorno «Ma con i claustrofobici come fate in questi sgabuzzini?»
«Attenda qui qualche minuto, per favore, non ci metterò molto» lo ignorò Alex mentre si alzava per avviarsi alla porta.
«Prima che se ne vada, posso fare una piccola richiesta, sergente?» lo fermò John.
«Mi dica, signor Allen» riprese l’altro voltandosi nuovamente verso il proprio interlocutore.
«Potrebbe procurarmi una televisione portatile?»
Kent subito fece per uscire ma il sospettato riprese:
«Non chiedo mica un 20 pollici, una di quelle tascabili»
«Ho idea che dovrà sopravvivere senza» il sergente si voltò nuovamente verso di lui.
«Un lettore cd?»
Alex scosse la testa.
«Un giornale almeno, chissà quanto tempo mi lascerà qui ad ammuffire?»
«Un caffé è il massimo che posso offrirle»
«Deprimente. Vada per il caffé. Si potrebbe avere anche qualcosa da mangiare?»
Spazientito il sergente Kent uscì sbattendo la porta. Nuovamente solo in quella stanzetta John Allen non si scompose minimamente a quella reazione.
«Che permaloso» constatò tra sé e sé.

Ore 21:30

«L’ho torchiato per forse tre ore, niente» il sergente non poté far altro che ammettere l’evidenza mentre rileggeva per l’ennesima volta la copia del rapporto di ciò che era successo la notte prima.
«Forse dice la verità» replicò Raymond.
«Questo lo escludo»
«Motivo?»
«Chiamala una sensazione»
«In tre ore è mai andato in contraddizione?»
«Mai»
«Hai controllato se la sua storia veniva confermata?»
«Il suo amico di Bank, un certo O’Brian, ha confermato la presenza del nostro amico a casa sua nell’arco di tempo tra le otto e le dieci, l’altro, Victor Parker, ha detto di essere stato con lui fino a poco dopo l’una»
«Questo Parker ha dato una spiegazione valida sul perché il suo amico sia arrivato fino a quel magazzino?»
«A quanto pare aveva bevuto come una spugna» pur impegnato a spulciare le pagine del rapporto, alla ricerca della parte che gli interessava, Kent non tardò nella risposta «All’agente che ha telefonato ha confessato di non ricordarsi un granché di quello che è successo da mezzanotte in poi»
«E tu gli credi?»
«Non ho nessun modo per accertarmene, anche se un’amnesia post sbornia mi sembra un po’ troppo comoda come scusa»
«Forse è la verità però»
«La storia che mi ha raccontato Allen fa acqua da tutte le parti»
«Ma è plausibile» gli fece notare Ray.
«Vedo che tendi a credere di più al nostro mite insegnante di storia piuttosto che a tuoi due colleghi»
«Se avessero visto giusto quel magazzino assomiglierebbe a una macelleria adesso»
«Si sono inventati tutto?»
«Non lo so. Dico solo che l’evidenza parla abbastanza chiaro, in quel magazzino non c’è stato spargimento di sangue»
Alex ci pensò un attimo prima di rispondere:
«Continua a non convincermi…»
Si interruppe al suono insistente del proprio cercapersone. Gli diede un’occhiata e subito riprese:
«Stanno per rilasciarlo, ci vediamo dopo». Cominciò a correre lungo il corridoio che gli si parava davanti e tempo un minuto arrivò all’entrata della centrale. John Allen stava firmando il foglio d’uscita.
«Signor Allen» Alex attirò la sua attenzione.
«Sergente Kent» l’altro alzò brevemente lo sguardo verso l’uomo che l’aveva chiamato per poi ritornare a quanto stava facendo «Sentivo già la sua mancanza. Vuole accertarsi che non sgozzi la prima vecchietta che incontro per strada appena fuori?»
«Accompagnarla all’uscita è il minimo che possa fare dopo questo spiacevole malinteso»
«Oh, mi fa piacere» John sfruttò il banco che gli stava davanti per svuotare la busta che gli avevano consegnato e riprendere il possesso dei propri effetti infilandoseli nelle tasche «E io che pensavo mi volesse rilasciare nella speranza che, prima o poi, io faccia un passo falso»
«Strano modo di pensare per uno che non ha mai avuto a che fare con la giustizia»
«Guardo molta televisione» ribatté John mentre già cominciava a dirigersi verso l’uscita.
«Ha sempre una risposta pronta per tutto, signor Allen?»
«Faccio del mio meglio»
«Ed è anche per questo sospetto di lei»
«Come?»
«Di solito quelli che hanno la risposta più pronta sono i colpevoli e in tre ore le sue non hanno mai tardato più di due secondi»
«Che posso dirle?» John aprì la porta e varcò la soglia insieme al sergente «I silenzi imbarazzanti mi mettono a disagio»
Si fermarono entrambi non più di un metro oltre la porta. Osservando il suo sospettato, col passare dei secondi, Alex notò che si guardava intorno in cerca di qualcosa.
«Sigaretta?» domandò porgendogli il pacchetto già aperto dopo essersene presa una.
«No, grazie, non fumo più»
«Complimenti, come ci è riuscito?» continuò Kent tenendo la propria, ancora da accendere, con due dita della mano sinistra.
«Non è certo stata una scelta volontaria, piuttosto di farla smettere di tormentarti faresti qualunque cosa»
«Sua moglie immagino?»
«E chi se no?» lo sguardo di John finalmente si era fermato su un tratto di strada alla sua destra.
«Da quel che ho visto e che mi dice tra lei e sua moglie dovete fare una bella coppia»
«Se è una battuta non fa ridere»
«Avrò mai il piacere di conoscerla, la sua consorte?»
«Oh, se vuole farsi del male, sergente, sta arrivando giusto adesso» il sospettato indicò con un cenno del capo alla sua destra.
Focalizzandosi in quella direzione Alex rimase in attesa. Da come Allen gliela aveva descritta si aspettava qualcosa che molto si avvicinasse ad una vecchia bisbetica ma nell’oscurità della via che stava osservando, avvalendosi della sola luce dei lampioni per distinguere qualche particolare, ciò che vide fu tutt’altro. Tenendo il lato sinistro della strada si stava avvicinando a loro una giovane donna, ben presto Kent si trovò a fissare rapito quella che non avrebbe definito in altro modo se non una bella ragazza. Doveva essere dieci, quindici centimetri più bassa del suo consorte, snella e slanciata, a prima vista neanche trentenne, come il suo compagno del resto. I lunghi capelli ricci le ricadevano sulle spalle facendo da splendida cornice a un volto dai lineamenti minuti ed estremamente graziosi. I leggeri vestiti estivi, anche se non attillati, lasciavano quantomeno intendere le forme mirabili.
«Una strega, signor Allen, ha proprio ragione» constatò Alex sottovoce quando l’altra era ancora a una decina di metri da loro.
«Non si faccia ingannare dal visino angelico, lo è davvero» dissentì l’altro.
«Ah, se lo dice lei…»
«E comunque non ho mai detto che fosse brutta» precisò John osservando quasi divertito la sua compagna che si avvicinava, con lo sguardo fisso su di lui, evidentemente infuriata. Ancora prima che potesse aprire bocca la anticipò:
«Ti presento il sergente Kent, cara, non vedeva l’ora di conoscerti. Sergente Kent, le presento la mia adorabile consorte, Kate Mason, non oso neanche immaginare cosa sarebbe la mia vita senza di lei, meglio non nutrire false speranze»
«Lo perdoni, sergente, non merita la minima attenzione il cretino. È un piacere conoscerla» replicò la donna stringendo la mano all’investigatore mentre con l’altro braccio assestava un buon sinistro al marito.
John fece un passo indietro rimanendo leggermente piegato su se stesso per assorbire il colpo, poi, nel rimettersi di nuovo in posizione eretta ricominciò:
«Lo vede, generale, e poi non dica che non avevo ragione»
«Il piacere è mio, signora» ricambiò Alex.
«È stato rilasciato?» domandò lei indicando il proprio compagno.
«Non sono state formulate accuse contro di lui»
«Cosa ha fatto?»
«A quanto pare niente»
«E di cosa era…»
«Evitiamo di farci notte, principessa» la interruppe John prendendola per un braccio mentre già cominciava ad allontanarla da Kent «Il detective ha altro da fare e di certo la sua massima aspirazione di vita non deve essere farsi ammazzare di chiacchiere da te»
«Arrivederci sergente, è stato un piacere» salutò la ragazza mentre rifilava ripetuti calci alla gamba del marito «Lo scusi di nuovo, ma come le ho detto, è un cretino»
«Arrivederci signora. E… signor Allen, un’ultima cosa, se non le dispiace»
John lasciò andare la compagna, che cominciò ad incamminarsi nella direzione da cui era venuta, e ritornò dal sergente leggermente zoppicante.
«C’ha ripensato?»
«Non lasci la città, se non le dispiace»
«Qualunque cosa per lei, generale»
«A presto, signor Allen»
«Non se la prenda a male, sergente, ma l’idea di rivederla non mi alletta proprio così tanto»
«Io invece ho come un sesto senso»
«Addio sergente» salutò John voltandosi «Lei torni al suo lavoro, io torno alla mia croce»
Si allontanò e raggiunse a passo svelto la moglie lasciando solo Alex che rimase a guardarlo mentre se ne andava. Lo tenne d’occhio finché non poté più vederlo poi la sua attenzione si fermò su un punto indefinito oltre la strada. Si portò la sigaretta alla bocca, estrasse dalla tasca una scatola di fiammiferi, ne strappò uno e sfregandolo sul muro che gli stava a fianco lo accese. Lo avvicinò alla sigaretta ma un improvviso colpo di vento glielo spense. Borbottando il proprio disappunto ritornò a mettere mano alla scatola di fiammiferi. Non fece in tempo a riaprirla, però, che vide la fiamma di un accendino a pochi centimetri dalla sua bocca. Ne approfittò. Dopo la prima boccata si girò alla sua destra, Raymond era a un passo da lui.
«Se n’è andato» dedusse subito il collega
«Con la moglie» confermò Alex «Giusto un minuto fa»
«È sposato?»
«Dovevi vederla, ti sei perso uno spettacolo»
«Bella?»
«Riduttivo»
«Anche lui è un bell’uomo, mi sembra giusto»
«Già» concordò Alex con poca convinzione.
Lo stesso Raymond si accese una sigaretta, poi riprese:
«Il capitano mi ha appena chiamato, ci vuole di sopra il prima possibile per aggiornarlo sulla situazione»
«Vorrai dire che vuole me al piano di sopra per aggiornarlo, tu riguardo a questo caso ne sai quanto lui»
«Quando l’ho preso in mano non mi è sembrato niente di particolarmente interessante, poi, durante la “pausa pranzo”, leggendo il rapporto…»
«Hai notato il particolare del poveraccio senza un braccio»
«Insolito non credi?»
«Tutta questa storia è assurda»
«Sì, lo è»
«E il nostro sospettato adesso se n’è andato»
«Pensi ne sarebbe capace?»
«Come dici?» Alex, sulle prime, non capì a cosa alludesse il collega.
«Pensi sarebbe in grado di ridurre una persona in quello stato?»
«A quanto pare non l’ha fatto, dunque il problema non si pone»
«Su nessuna delle armi è stato rilevato niente di interessante, non si sono trovati né corpi né arti amputati, non si è trovato sangue, questo lo so, ma ipoteticamente parlando… credi sarebbe in grado di farlo?»
Alex non rispose immediatamente:
«Non lo so. Nel complesso credo di no, certo non dà l’idea di essere un assassino ma quell’uomo è strano. Sai qual è stata la prima cosa che mi ha chiesto una volta iniziato l’interrogatorio?»
«Quale?»
«Cosa avesse fatto il Manchester»
«Piuttosto noncurante della propria situazione» Ray non trattenne un leggero sorriso.
«Mi ha preso in giro fino a che non l’ho minacciato di rimandarlo in cella»
«E lui?»
«Ha deciso di cambiare parzialmente registro perché doveva essere fuori prima di sera»
«Perchè?»
«Non l’ho chiesto, ma in qualche modo credo c’entrasse la moglie, a quanto ho visto ha un bel caratterino»
«Nel rapporto Ian ha scritto che poco dopo averlo trovato nel magazzino il nostro sospettato ha telefonato alla moglie, quando ancora aveva il collo che grondava sangue. Vuoi vedere che a casa Allen i pantaloni li porta la signora?»
«Non credo» il sergente quasi non ebbe dubbi.
«E che te lo fa credere?»
«Non mi sembra il tipo, tutto qui»
«Ti sei fatto una buona impressione su di lui»
«Sopra la media»
«Pensi non abbia detto la verità, giusto?»
«È quello che credo, sì. Ovviamente potrei sbagliarmi ma pensa questo: Lui dice di essere stato preso in ostaggio da un certo numero di uomini che volevano fargli chissà cosa e che sono scappati quando hanno sentito, non si sa come, arrivare i due agenti. Ora, tralasciando il perché di questa fuga e perché abbiano lasciato le armi nel magazzino, in seguito ad una simile esperienza, una persona normale dovrebbe rimanere scioccata o quantomeno turbata, lui non ha fatto una piega. Ha parlato di quello che gli era successo senza tanti problemi, scherzandoci sopra. Si è rimediato una ferita al collo che all’ospedale hanno chiuso con un numero imprecisato di punti di sutura e il giorno dopo era lì che ne rideva»
«Forse è semplicemente uno che non si impressiona facilmente» ipotizzò Ray.
«Alla faccia del facilmente»
«Comunque, chi pensi sia allora il nostro signor Allen? Una spia dei russi?»
«Ma quanto sei deficiente»
«No, parlando seriamente, chi credi sia?»
«Non lo so»
«Dici che il capo considererà il caso chiuso?»
«Che caso?» colpendo debolmente la sigaretta con l’indice Alex lasciò cadere la cenere accumulatasi nell’arco delle ultime tre boccate «Al momento non abbiamo nessuna prova fisica, nessun cadavere e nessun reato degno di questo nome. Abbiamo solo un sospettato, sospettato di cosa poi non si sa»
«Se la metti così non penso il capitano sprecherà molto tempo su questa storia»
«Ma se lo convinciamo del contrario…»
«E perché dovremmo fare una cosa del genere?»
«Tu non sei curioso, Ray?»
«Curioso di cosa?»
«Di sapere da dove saltasse fuori il poveraccio senza un braccio, per esempio, e soprattutto dove sia finito»
«Ma se fino ad un secondo fa eri sicuro che non fosse mai esistito»
«Non l’ho mai detto. Ho solo constatato che non ve n’è traccia»
«Quel tipo probabilmente non è mai esistito. Ian e Steve sono una coppia di ubriaconi, non è un mistero per nessuno. Non sono ancora riusciti a pescarli con le mani nel sacco ma è un dato di fatto che bevono in servizio. Chissà quante birre si saranno scolati ieri notte prima di andare in quel magazzino!»
«L’alcol non provoca allucinazioni del genere»
«Ma abbinato alla stanchezza? E poi non dimenticare che l’alcol non è l’unica passione dei due ragazzacci»
«Ian mi ha detto che erano perfettamente sobri»
«Perché c’erano dubbi?» Ray ritornò alla carica «Se l’avesse ammesso si sarebbe scavato la fossa con le proprie mani, anch’io avrei detto che ero perfettamente sobrio, anche e soprattutto se, in verità, non fossi riuscito a riconoscere un cane da un drago»
«Pensala come vuoi, io rimango curioso. John Allen è un personaggio interessante, vorrei saperne di più. Assecondami, in fin dei conti se riusciamo a convincere il capitano ad assegnarci a questo caso e tu hai ragione saranno un paio di settimane di ferie, ci sputi sopra?»
«Questo mai» rispose solenne Ray gettando ciò che restava della sigaretta lontano, in mezzo alla strada.
«Andiamo dal capitano» Alex si girò verso la porta da cui era uscito qualche minuto prima seguito subito dal suo collega.

Stesso istante

«Sei un idiota»
«Ehi, principessa, piano con le offese. Avrei voluto vedere te al mio posto»
«Dovevi chiamarmi alle due» cominciò Kate «Invece l’hai fatto alle quattro, sai che significa due ore di ritardo?»
«La piccolina era in pensiero per suo marito» John la cinse al collo con un braccio attirandola a sé «Che dolce!»
«Ma nemmeno per idea!» la ragazza si affrettò a svincolarsi dall’abbraccio del compagno «Poi, farsi arrestare! Perlomeno potevi tentare di squagliartela, ti saresti risparmiato un giorno di galera»
«Ma se mi sono divertito come un matto»
«Dì piuttosto che non ce l’hai fatta»
«Dove volevi che andassi con la ferita al collo che mi ritrovavo»
«Laterale immagino» la moglie per un attimo studiò la vistosa fasciatura al collo del compagno.
«Un paio di centimetri più in là e a quest’ora suonavo l’arpa su una nuvola»
«Com’è andata?»
«Tu che ne pensi?» si limitò a rispondere lui.
«Non vuoi raccontarmi niente?»
«Sono ancora sotto shock, dammi tempo»
«Avanti coi dettagli» gli ordinò lei.
Rallentando considerevolmente il passo l’espressione sul volto di John per un momento parve beata:
«Sai questa come si chiama, principessa?» cominciò.
«Come?» ringhiò lei.
«Vendetta»
«Non farti pregare»
«E invece penso proprio che lo farò»
«Ci godi, non è vero?»
«Che mi dici della piccola?» John cambiò discorso.
«Chissà perché sei passato improvvisamente a nostra figlia?»
«Vendetta, mia cara, vendetta. Che mi dici della piccola?»
«Ha sedici anni» gli fece notare la moglie, pur consapevole dell'inutilità di quella precisazione.
«Non sottilizziamo, rispondi alla domanda» continuò lui sorvolando sull’obiezione.
«Ovviamente stamattina ha chiesto perché non fossi in casa»
«E spero che tu non gli abbia detto la verità»
«Quale verità? Tuo padre è in prigione perché è un perfetto idiota? No, ci siamo inventati una scusa che reggesse ieri notte, dopo la tua telefonata»
«Allora, nonostante le apparenze, sotto tutti quei capelli c’è anche un cervello, bene!»
«Avessi perlomeno la decenza di cambiare battuta di tanto in tanto…»
«Dì piuttosto che la verità fa male»
Per tutta risposta ricevette una gomitata ben assestata all’altezza delle reni ritrovandosi così a fare i conti con un acuto dolore al fianco sinistro.
«Ma che ho fatto di male nella vita?» si lamentò.
Lei non rispose, anche se non poté far a meno di accennare un sorriso che si premurò suo marito non vedesse. Discesero le scale della metropolitana mentre John continuava nelle sue lamentele, l’uno in fianco all’altra.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Caladan Brood