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Autore: dapperunicorn    08/10/2013    9 recensioni
Harry e Louis sono amici da quasi sei anni, ed è da altrettanto tempo che Harry è innamorato di quest'ultimo. Il giorno in cui gli confesserà il suo amore, Louis avrà un incidente, che lo farà stare in coma per qualche mese. Al suo risveglio, non si ricorderà dei suoi ultimi cinque anni di vita. Sarà Harry, a doverlo aiutare attraverso i ricordi a ricostruirsi una vita quasi da capo.
[Larry]
Dal primo capitolo:
[...]
Doveva tornare dal suo amico. Dal suo migliore amico.
Fece dietrofront, ricominciando a correre imperterrito. Svoltò l’angolo così rapidamente che un’auto che stava sfrecciando non si accorse del ragazzo, e lo investì, provocando un tonfo.
Louis venne sballottato per qualche metro, poi sbatté la testa sull’asfalto. Si sentì pervadere da uno strano calore, e iniziò a sentire un dolore lancinante provenirgli dalla testa. Cercò di tenere gli occhi aperti, ma lentamente le forze lo abbandonarono. L’ultima cosa che sentì fu qualcuno che urlava di chiamare un’ambulanza. Poi, il buio.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Colonna sonora: Everywhere & I'm with you

Capitolo ventuno.
 
Harry fu improvvisamente investito dalla voce acuta colma di collera di Charlotte. In un primo momento si sentì intontito. Rimase qualche secondo fermo, mentre la voce della ragazza gli giungeva ovattata. Si riprese solamente quando sentì quella voce farsi voce più chiara a vicina. Aggrottò le sopracciglia e cercò di seguire il discorso che la mora stava facendo. Il tutto risultava piuttosto difficile, poiché le parole erano sconnesse e poco chiare, soprattutto a causa della rabbia.
Il riccio era pietrificato e sbigottito. Sapeva che la ragazza aveva sempre avuto un comportamento restio nei suoi confronti, ma di certo non era mai arrivata a urlargli contro, non in quel modo. La presenza attorno a loro di parte dei ragazzi della scuola lo rendeva solamente più nervoso. Indietreggiò di qualche passo, impotente. Si sentiva psicologicamente debole, e di conseguenza, impossibilitato a risponderle. Per i primi minuti chiuse gli occhi e lasciò che la ragazza gli dicesse tutto ciò che pensava, anche se ciò che capì fu davvero poco. Sentiva di meritarsi tutto ciò che stava accadendo, come punizione per aver iniziato a provare qualcosa di così grande e profondo per una persona che non avrebbe mai potuto avere.
«Guardami Harry, fallo!» Gridò Charlotte piena di rabbia. Il comportamento di Harry la infastidiva. Non provava nemmeno a difendersi. «Sei contento che Louis mi abbia lasciato? Non aspettavi altro, non è così?»
«Io... non...» Balbettò il riccio, alla ricerca di qualcosa da dire. Non aveva ascoltato nulla di tutto ciò che la ragazza gli aveva detto nei precedenti minuti. Il chiacchiericcio attorno a loro, unito alle urla della mora gli aveva impedito di concentrarsi sul contenuto delle sue parole.
Si strizzò gli occhi, guardando a terra. Per un attimo desiderò che tutti scomparissero, desiderò trovarsi da solo nella sua stanza, senza dozzine di occhi puntati su di sé, persone in attesa di una risposta. Una risposta che neanche lui possedeva. «Non...» Il tono di voce era basso e tremolante, appena percettibile.
«Harry, smettila di balbettare!» Scoppiò improvvisamente Charlotte, avvicinandosi a lui. Nonostante la notevole differenza di altezza, Harry si sentiva piccolo e indifeso e Charlotte manteneva perfettamente l’autorità tra i due. «La colpa è tutta tua... » Continuò non appena lui riuscì a puntare gli occhi chiari nei suoi. Il tono di voce era più basso, ma al contempo più duro. Le sue parole lo colpirono profondamente quando notò quanto fossero vere.
Era tutta colpa sua. Louis era scappato da lui, per colpa sua. Se non gli avesse rivelato nulla, non sarebbe successo niente, l’amico non avrebbe fatto alcun incidente e la loro amicizia non sarebbe cambiata. Avrebbe continuato a nascondergli i suoi sentimenti, ma probabilmente sarebbe stato più semplice così.
«Hai ragione Charlotte, è tutta colpa mia.» Riuscì a dire il riccio dopo un attimo di riflessione, in tono basso e ferito. Ferito e consapevole allo stesso momento.
La ragazza lo osservò attentamente, con il volto profondamente segnato dalla rabbia e la riflessione. Cercava attentamente di capire se il ragazzo che aveva davanti stava mentendo oppure o no. Pensava davvero di essere colpevole di tutto ciò che negli ultimi mesi era successo, oppure era un modo per farla stare zitta? Lo osservò per quelle che parvero ore, e nei suoi occhi vi lesse la verità. Non si sentiva semplicemente colpevole; la colpevolezza lo stava consumando dall’interno. Gli occhi erano come svuotati di ogni emozione positiva. Quegli stessi occhi che un tempo Charlotte invidiava per quanto fossero chiari e quanto sembrassero puri. In quel momento però riflettevano la profonda tristezza del ragazzo.
Harry osservò la mora fare un passo indietro, vacillando con un'espressione incerta dipinta sul volto. Rimase immobile ad aspettare che continuasse a colpevolizzarlo, in fondo era proprio quello che si meritava, di soffrire più di chiunque altro per pagare a ciò che aveva fatto alla persona che più amava.
 
***
 
Charlotte voleva fermarsi. Non era stupida, aveva capito quanto Harry stesse soffrendo - per un motivo che ancora sconosciuto a lei -, ma al contempo voleva sfogarsi come non era riuscita a fare con Louis. Era sbagliato, profondamente sbagliato, ma non riusciva a incolpare qualcuno che non fosse il ragazzo davanti a sé. Era tutta colpa sua, che aveva avuto l’idea di raccontare a Louis della sua omosessualità, che gli aveva rivelato di amarlo. Come se quello che un tempo era il suo ragazzo avrebbe potuto sceglierlo a colei che aveva sempre amato, o così pensava e sperava. Rimase in silenzio qualche secondo, mentre i pensieri si accavallavano uno sull’altro, creandole ancora più confusione. Per un attimo pensò di smetterla e lasciarlo in pace, ma il pensiero di ciò che Louis le aveva detto in macchina riguardo al suo ricordo le tornò in mente, come un improvviso lampo che squarcia il cielo in una notte particolarmente buia. «Se non fosse stato per te... » iniziò, riuscendo a mantenere un tono di voce basso e pacato. «Se non fosse stato per te Louis starebbe bene.» Scoppiò qualche secondo dopo, con tutta la rabbia che nelle ultime settimane si era accumulata. «Non avrebbe fatto quell’incidente e avrebbe continuato ad amarmi. Mi hai rovinato la vita, te ne rendi conto? A me e lui.»
Qualunque persona riunita davanti all’entrata della scuola sentì ciò che Charlotte disse a Harry. Quest’ultimo sbiancò e rimase pietrificato, come colpito da un’improvvisa consapevolezza.
Sentì gli occhi riempirsi di lacrime e la vista farsi mano a mano sfocata, mentre un insistente bruciore si propagava per tutto il corpo, causandogli un lieve giramento di testa.
Charlotte rimase a guardarlo, con volto fermo e duro. Dire quella che credeva fosse la verità pensava che l’avrebbe fatta stare meglio, ma la realtà era ben diversa; l’unica cosa  che avrebbe potuto renderla felice era riavere Louis, ma era consapevole del fatto che non sarebbe mai potuto essere così, non dopo tutto ciò che era successo e quello che il ragazzo le aveva confessato.
Stava per cominciare a parlare, voleva che Harry aprisse bocca, si difendesse come poteva, non che continuasse con quel suo atteggiamento apatico e restio. Fece qualche passo avanti e si trovò a pochissimi centimetri di distanza dal riccio, che automaticamente fece un passo indietro. «Perché ti comporti così? Ribellati, difenditi dai miei accanimenti.» Ricominciò, prima di sentire pronunciare il suo nome. Si girò capendo subito chi fosse, e vide Louis davanti alla folla, che la guardava con espressione profondamente addolorata e contraria.
Notò che stava per dire qualcosa quando fu bloccato da una voce ancora più ferma e contraria della sua, che attirò l’attenzione di tutti, anche di Harry che fino a quel momento aveva persino fatto finta di non notare Louis. Non lo voleva vedere e soprattutto non voleva che lo proteggesse come aveva intuito avrebbe fatto, prima di essere fermato dalla voce del vicepreside, che - notando il raggruppamento di parecchi ragazzi nonostante il suono della campanella - era andato a vedere. «Che succede qui?» Domandò, notando strani comportamenti da parte dei ragazzi e avendo sentito le urla di qualcuno di loro. Nel frattempo obbligò Louis e gli ultimi rimasti a entrare nell’edificio, dopodiché spedì Charlotte ed Harry in presidenza, volendoli ammonire per il ciò che avevano causato e per il ritardo nell’entrare a scuola.
I due lo seguirono in silenzio, ognuno con i propri pensieri.
 
Il pesante ticchettio e incessante del vecchio orologio da parete di legno, posto proprio su di una parete della piccola biblioteca scolastica scandiva ogni secondo il lento passare del tempo. Charlotte non riusciva a staccargli gli occhi da dosso, in attesa che quella lunga ora di detenzione finisse presto. Focalizzare la sua attenzione sull’orologio era un modo per evitare di guardare Harry, posto qualche metro lontano da lei, con la testa china su un libro che non leggeva. Gli occhi non si spostavano, sembravano essersi bloccati.
La ragazza lanciò l’ennesima occhiata al riccio, sbuffando sonoramente e cercando di trattenersi dal dire qualcosa che avrebbe potuto peggiore la già fragile situazione che si era creata da quella mattina - o meglio - da quando l’incubo di Louis era iniziato, diventando l’incubo personale di tutti coloro che più gli volevano bene, loro due compresi.
«Sei contento di tutto quello che sta accadendo ora, per colpa tua?» Si lasciò improvvisamente scappare, cercando di non far estrapolare il flusso restante di parole. La voce si era adattata bene all'ambiente scolastico, diventando bassa e tranquilla, quasi apatica. Non aveva voglia di alzare la voce, voleva solo sfogarsi. Harry non alzò nemmeno lo sguardo. Rimase fermo e immobile, leggendo e rileggendo la stessa identica parola di quel libro, di cui probabilmente non sapeva nemmeno il titolo. «Perché non parli Harry, perché? Difenditi. Dimmi che sto sbagliando, che la colpa non è tua. Dì qualcosa, ti prego.»
Per i successivi secondi l’unica cosa che si sentì era il ticchettio dell’orologio, affiancato al respiro di Harry che si era fatto appena più udibile. «Hai ragione.» Disse semplicemente lui.
«Su cosa?» Domandò lei, che aveva appena sentito le sue parole, per quanto la voce era rotta dal dolore. Sembrava essersi sforzato di parlare, cosa che non aveva fatto prima di quel momento.
«Su tutto.» Riuscì a dire prima di fare una piccola pausa carica di significato. «La colpa è solamente mia. Se non avessi rivelato tutto a... Louis, niente sarebbe successo. E questo mi fa male, ogni giorno di più. Provo un dolore che non si può spiegare a parole. Colpevolezza, paura. Tutto.» Il riccio scandì l’ultima parola, osservando come la mora osservava il muro davanti a sé, mentre una strana sensazione di calore si stava instaurando dentro di lei. Era quello ciò che voleva sentire da lui, fin dall’inizio. Sapere che si sentisse così male la rendeva... felice, quasi. Sapere che lui stava soffrendo più di quanto non facesse lei l’appagava in un modo così malsano da sembrare crudele, disumano. Perché sì, era crudele essere felice perché una persona soffriva.
Harry certamente soffriva, ma almeno aveva Louis. Il modo in cui quella mattina lui stava per mettersi in mezzo e difenderlo, la innervosiva così tanto che l’unico rimedio era quello di far sentire il ragazzo davanti a lei ancora più male.
«E con Louis? Per quanto tempo ancora farete finta che tra voi non c’è nulla? Se lo state facendo per me - come se vi importasse - potete anche smettere.» Azzardò incurante la ragazza, sorpresa di come le parole le erano sfuggite in maniera così spontanea, come se non la facessero stare male. Forse, si disse, era più forte di quanto finora avesse immaginato.
Il riccio la guardò per la prima volta da mezz’ora a quella parte, prestando attenzione a non incrociare il suo sguardo. Quegli occhi scuri sempre così profondi ed espressivi, che ogni tanto aveva invidiato. Perché erano quegli occhi che Louis guardava con amore, e non i suoi. «Cosa vuoi dire?»
«Ma come, non te l’ha detto?» Domandò sfoggiando un sorriso triste e sarcastico al contempo. «Tu e Louis siete liberi di stare assieme, finalmente. L’ho lasciato.»
Le parole della ragazza lo sorpresero davvero. Non sapeva della loro rottura, e per un attimo il suo cuore batté forte, come fosse rinato. I battiti tornarono però immediatamente regolari, mentre nella sua mente si faceva per la prima volta spazio una nuova e triste consapevolezza, legata al suo rapporto con Louis.
«Dimmi una cosa.» Insistette la mora, ignara di ciò che stava passando per la testa di Harry. «Come ti sei sentito quando Louis ti ha baciato?»
La domanda di Charlotte lo fece rabbrividire, perché fino a quel momento non aveva mai realmente pensato alle emozioni che quel contatto gli aveva provocato. «Pensavo di provare felicità mista a sorpresa per quel gesto inaspettato; ed eccitazione, ovviamente. Quei sentimenti che solo qualcosa di così intimo potrebbe provocarti. Invece mi sono sentito confuso, usato, e solo.» Rivelò lui, con un leggero tremolio nella voce. Pensare che aveva aspettato anni per avere quel bacio ed essersi ritrovato provare tante emozioni negative lo turbava profondamente, più di quanto persino lui stesso pensasse.
Charlotte fu sul punto di parlare nuovamente, stupita da ciò che il ragazzo le aveva rivelato, quando la campanella interrumpe quello che rimase l’unico momento in cui i due parlarono sinceramente, senza discutere. Harry si alzò dalla sedia, mentre la ragazza seguiva i suoi movementi verso l’uscita, per poi rimanere nella stessa posizione per i successivi minuti, mentre rimuginava su tutto ciò che aveva scoperto pochi attimi prima.
 
***
 
Al suono della campanella Louis, avvolto fino ad un attimo prima in uno stato apatico, si alzò velocemente lasciando la classe prima di chiunque altro per raggiungere in fretta la porta di entrata dell’edificio scolastico, in attesa di vedere Harry. Aveva passato tutto il giorno a rimuginare su ciò che era successo quella mattina, prendendosela con sé stesso per non essere riuscito a fare nulla per fermare le parole di Charlotte, che avevano sicuramente ferito Harry. Mai quanto avesse fatto lui, però.
Appena arrivò all’uscita, si guardò attorno alla ricerca di un qualunque indizio da ricondurre all’amico, finché lo vide in lontananza, con quella solita andatura particolare. Rimase qualche secondo ad osservarlo mentre si allontanava per le strade londinesi, poi decise di seguirlo. Aveva bisogno di parlargli, e lui doveva ascoltarlo, a qualunque costo. «Harry!» Disse alzando il tono di voce in modo di farsi sentire. Un paio di persone oltre al suo amico si girarono, ma lui non diede importanza a nessun altro. In quel momento c’erano solamente lui e Harry, il ragazzo per cui provava qualcosa che andasse al di la di una semplice amicizia. Solamente guardarlo gli scaturiva emozioni mai provate finora, la loro non poteva essere solo amicizia.
«Possiamo parlare, per favore?» Domandò in tono che suonò involontariamente supplichevole. Attese poi impaziente una risposta dal riccio, mentre lo stomaco andava in subbuglio. Quella - si disse - sarebbe stata la sua ultima possibilità per riaverlo indietro, non come semplice amico però.
 







Spazio autrice:

Salveee. Ci ho pensato a lungo oggi, e ho deciso di ignorare bellamente il fatto di aver fatto quasi due mesi di ritardo. Facciamo finta che sia passata una sola settimana... Il capitolo è leggermente di passaggio e non è uno dei migliori che ho scritto, ma sorvoliamo anche su questo, okay? Il prossimo sarà il penultimo :c uno dei due finali. Con la scuola non so proprio quando potrò scrivere e postarlo, ma se calcoliamo che questo l'ho finito in un paio di giorni, il prossimo non dovrebbe arrivare tanto tardi, credo. Comunque voi non prendetemi tanto per parola, che è meglio. Perdonate il mio enorme ritardo, e al prossimo capitolo! :)

 
  
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