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Autore: Just Jude    08/10/2013    17 recensioni
"Cosa è uno dei tanti modi con cui conquisti le ragazze?" - borbottai staccandomi di scatto dalla sua presa.
"Oh no" - esclamò guardandomi - "Io con le ragazze ho chiuso!",
"Davvero?" - chiesi incredula - "Sei per caso diventato gay? Perché se così fosse non ci sono problemi" - continuai iniziando a tirare fuori un flusso smisurato di parole - "Insomma non ti giudiche .. Aspetta, dove sono finiti gli altri?" - urlai poi strabuzzando gli occhi non vedendo più nessuno di fronte a noi. Harry si girò di scatto, muovendo il suo sguardo a destra e a manca per poi passarsi una mano tra i suoi morbidi ricci : la sua bocca rimase completamente serrata mentre le sue mani si seppellirono nelle tasche dei suoi jeans scuri. Questa sua indifferenza mi dava davvero sui nervi, possibile che fosse così apatico?
*****
Ecco cos'ero: un pezzo di ferro, un piccola lamina metallica di fianco ad un magnete; per quanto resistenti possano essere le forze che si frappongono però, una calamita riuscirà sempre ad attirare a sé un pezzo di ferro, è matematico.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- So che è lunghissimo ma spero che ne valga la pena -
 

                             
Madly 8
 

Dedicato a Katysstories93
 

La notte precedente mi ero letteralmente seppellita nel sacco a pelo, coprendomi la testa con il cappuccio della felpa e tappando le mie orecchie con gli auricolari del mio Ipod : non avevo davvero nessuna intenzione di sentire il rumore delle dita di Harry pressarsi sullo schermo del suo telefono per rispondere ai messaggi di quella faccia da topo, nè tanto meno volevo vederlo sgattaiolare fuori dalla tenda e raggiungerla chissà dove. Quando mi svegliai, lui stava ancora dormendo: lo osservai per un attimo, chiedendomi a che ora fosse tornato e prestando attenzione al suo respiro leggero che smuoveva delicatamente un ciuffo di ricci che gli era finito sul viso. Notai che dal suo sacco a pelo spuntava il suo cellulare, un IPhone nero capovolto: lì per lì pensai che fosse scarico, immaginando che si fossero scambiati messaggi pungenti ed altre smancerie simili per parecchio tempo, ma poi, improvvisamente una lampadina si accese nella mia testa. Furtivamente allungai il braccio, ed in un baleno mi trovai il suo cellulare tra le dita: schiacciai un tasto a caso giusto per farne illuminare lo schermo e lessi l'ultimo messaggio che la biondina gli aveva scritto. 


« Mi ha fatto molto piacere conoscerti Harry, spero che ci rivedremo presto. A »

Feci una smorfia di disappunto e misi immediatamente quell'aggeggio al suo posto:  non volevo affatto sapere cosa altro si erano scritti, avevo visto abbastanza per i miei gusti. Mi lasciai cadere sul sacco a pelo, mentre sul mio petto percepivo il peso opprimente delle parole che lei gli aveva rivolto : le sentivo rimbombare nella mia testa, farsi sempre più rumorose, sempre più assordanti, mentre, nel frattempo, non riuscivo a smettere di immaginarli insieme. Li vedevo davanti ai miei occhi, stretti tanto da non respirare, con la loro pelle a contatto mentre ciascuno assaggiava il sapore dell'altro; le loro labbra erano un tutt'uno, le loro mani si sfioravano, si rincorrevano e i loro corpi si fondavano insieme. Mi alzai di scatto: avevo bisogno di aria fresca, di camminare, di respirare profondamente; volevo pensare, stare da sola e liberarmi da quelle catene che iniziavano a lasciare i loro segni sulla mia pelle. Quei sentimenti che avevo cercato di reprimere, di ignorare, adesso stavano prendendo il sopravvento su di me, ed io non riuscivo a trovare la forza per ribellarmi alla loro presa: li detestavo, volevo che mi lasciassero in pace, li temevo, non volevo che mi schiacciassero, ma al tempo stesso li amavo, li desideravo e ne avevo bisogno perché mi facevano sentire viva, come se esistessi davvero e non fossi soltanto una piccola ombra sotto una grande luce. Mi incamminai verso il lago: i primi raggi del Sole iniziavano a riscaldare l'aria, ma io continuavo a percepirla come fredda e tagliente; mi accarezzai convulsamente le braccia nella speranza di darmi calore, mentre con respiri profondi, riempivo il mio corpo di ossigeno. Mi bloccai di fianco alla staccionata ed iniziai a fissare l'acqua che, col suo colore verdastro schiarito qua e là dalla luce, se ne stava completamente immobile; mi resi conto che il mondo tutt'intorno sembrava così calmo e silenzioso, mentre il mio cuore era in preda alla tempesta: lo sentivo sollevarsi e poi precipitare di botto, contrarsi e subito dopo distendersi, respirare e poi soffocare in preda alle crudeli torture di una realtà che vedeva il mio nome scritto nella lista degli sconfitti. Mi chiesi quanto altro sarebbe durato, per quanto altro tempo avrei avuto le orecchie piene delle sue parole, gli occhi illuminati dai suoi sguardi e le labbra assetate del suo sapore e di tutti quei baci mancati. Per di più, cosa avrei fatto? Avrei taciuto tutto oppure avrei trovato il coraggio di affrontarlo e dirgli la verità? Forse sarei diventata una buona attrice, forse avrei nascosto tutto seppellendi i miei sentimenti nel profondo di me stessa, convincendomi che per me lui era ancora l'ometto presuntuoso ed insopportabile che non si era minimamente opposto alla faccenda del campeggio: forse è meglio così - mi dissi pensando che una volta tornati a casa le nostre vite ci avrebbero catturato di nuovo e quindi cancellato tutti quei momenti. Ma se non fosse successo? Se per caso l'avessi visto per le strade di Congleton mano nella mano con qualche ragazza e mi fossi sentita morire? 
Forse dovrei dire la verità - pensai quindi - Forse dovrei trovare il coraggio; in fin dei conti come avrei fatto a stargli di fianco, parlargli e fare finta di niente, sapendo invece quanto desiderassi affondare le mie mani nei suoi riccioli oppure sentire il calore della sua pelle contro la mia? 
Mi portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio sinistro: sembrava tutto così facile a parole, ma in realtà, ero capace di mettere in pratica i miei pensieri? Sbuffai, quella situazione iniziava a starmi davvero stretta: non mi piaceva che qualcuno avesse così tanto potere sulle mie emozioni, odiavo quando la presenza di un'altra persona faceva fuoriuscire tutte le mie insicurezze e, dal momento che Harry era fin troppo capace di farmi sentire così, avrei voluto evitarlo. Già, forse avrei dovuto evitarlo, fingere che non esistesse, far finta che per me fosse solo il figlio diciassettenne della amica di mio padre, che fosse soltanto l'ometto e non Harry: si, dovevo decisamente evitarlo, tagliarlo fuori dal mio orizzonte, in fin dei conti non gli interessavo più di tanto o almeno non quanto la biondina con la faccia da topo, perciò stargli alla larga era sicuramente la scelta migliore. Improvvisamente delle scene del giorno precedente apparvero davanti ai miei occhi annodando il mio stomaco e pizzicando la mia pelle fino a rabbrividire: era stato un attimo, un secondo, un istante che però sembrò durare un'eternità e, se prima Harry stava per baciarmi, poi non aveva perso tempo per correre dalla sua amichetta. Sentii il mio cuore irrigidirsi, crollare e diventare sempre più pesante man mano che sprofondava all'interno di me stessa; non riuscivo davvero a crederci, ciò che stava accadendo era assolutamente e completamente folle, assurdo e paradossale: non ero il tipo che si illudeva, cercavo sempre di tenere i piedi per terra, eppure quella volta le cose erano andate in maniera diversa ed ora ne stavo pagando le conseguenze. Mi sentivo in trappola, stretta in una morsa da cui non sapevo minimamente come liberarmi: avrei potuto evitarlo, è vero, ma per quanto potessi sforzarmi non sarebbe stato così facile; in fin dei conti come avrei potuto dimenticare le sue parole, i suoi sguardi, e le sue mani morbide che accarezzavano le mie? In tasca conservavo ancora il fiore che mi aveva regalato il giorno prima, lo afferrai delicatamente per poi avvicinarlo al naso: si poteva ancora percepirne l'odore, il quale però, una volta dentro le mie narici andò dritto dritto ad annodare il mio stomaco. 
Lascia perdere tutto Victoria - mi dissi sedendomi lentamente contro la staccionata - Tieni il fiore ma dimentica il resto : i miei occhi minacciavano di aprire le fontane a breve ed io volevo solo che i miei sentimenti la smettessero di tormentarmi. Nella mia testa c'era un enorme matassa di cui non riuscivo proprio a trovare il bandolo, fatta di eventi e scene già vissute che però si susseguivano secondo un ordine tutto loro mentre la sua voce continuava a ripetere il mio nome e subito dopo pronunciava un freddo 'mi dispiace' esattamente come aveva fatto il pomeriggio precedente. Ripensandoci, mi sentii in un certo senso umiliata: raramente mi esponevo e ancora più raramente prestavo attenzione a qualcuno, eppure quella volta le carte in tavola si erano stravolte, il gioco mi era scappato di mano ed ora, con la piega che le cose avevano preso il giorno prima, mi sentivo come una bimbetta che si lagna perché dopo un solo sguardo dice di essere innamorata. Ma io ero innamorata? Forse la mia era solo una cotta estiva, una di quelle che passano dopo una settimana, o forse no: in ogni caso - mi chiesi - come potrei fare per chiarirmi le idee? Sbuffai: odiavo pormi domande del genere, perché puntualmente non ne conoscevo la risposta o forse non volevo pronunciarla e così finivo sempre per sentirmi estremamente inadeguata. Basta, era ora di piantarla sia con quella faccenda che con quella maledetta vacanza: volevo tornare a casa, risalire sul mio piedistallo e rintanarmi in un angolo per uscire solo quando le acque si fossero calmate. Fu per quel motivo che, quando sentii mio padre discutere con Cecile su cosa fare quel giorno, persi completamente le staffe: mi alzai di scatto e con passo celere li raggiunsi in un baleno. 
"Basta" - urlai - "Basta, basta e ancora basta: non ne posso più di questo posto nel bel mezzo del nulla. Il gioco è bello quando dura poco ed io non voglio più giocare anzi voglio tornare a casa e soprattutto, rivoglio indietro la mia vita". 
Ero in preda al panico, le mani mi tremavano e la voce si era fatta incredibilmente pungente: era una richiesta d'aiuto la mia, avevo raggiunto davvero l'apoteosi e desiderai profondamente che qualcuno si avvicinasse a me per tranquillizzarmi e convincermi che non stavo impazzendo ma che in realtà tutto sarebbe andato per il meglio. Il risultato però non fu quello sperato: mio padre, che proprio non si aspettava una reazione tale da me, rimase dapprima paralizzato, impalato di fronte ai miei occhi cercando la cosa più giusta da dire, probabilmente per farmi cambiare idea o semplicemente per rimproverarmi per il mio modo di fare, ma, poi si limitò ad un semplice e secco  'domani mattina torneremo a casa' e, così sparì con Cecile alla ricerca di un aggeggio per far funzionare l'auto. Improvvisamente ciò che mi era sembrato così giusto da fare, apparve ai miei occhi come completamente sbagliato: mi pentii della mia impulsività, mi pentii della mia reazione e delle mie parole, desiderando, tra l'altro, di sparire come una fa una nuvola trascinata dal vento. Mi lasciai cadere sull'erba, poggiai la schiena contro la corteccia di un albero e, una volta stese le gambe, chiusi gli occhi attendendo che i raggi del sole colpissero il mio viso.  Sbagliai: l'unica cosa che mi colpì fu il disappunto ed il risentimento di mio fratello, il quale sbucando dalla tenda, corse ad affrontarmi senza mezzi termini.
"Sei contenta adesso?" - urlò distanziandosi da me di qualche passo - "Sei così egoista che non riesci neanche a concepire l'idea che le altre persone possano volere cose diverse dalle tue",
"Che stai dicendo?" - chiesi balbettando mentre nel frattempo raccoglievo le mie forze per alzarmi: la mia testa era già sufficientemente sotto pressione per reggere anche un litigio con Jonah.
"Sto dicendo che domani torneremo a casa e tutto finirà" - sbottò mio fratello tirando fuori una rabbia che non credevo gli appartenesse,
"Già, tutto finirà" - ripetei a voce bassa, perdendo il mio sguardo in un punto indefinito di fronte a me e sentendo uno strano vento circondare il mio corpo,
"Proprio ora che sembravamo una vera famiglia" - aggiunse fulmineo incamminandosi diretto chissà dove e tenendo lo sguardo basso.
Colpita e affondata: le parole di Jonah furono per me il colpo di grazia, avevano centrato il mio punto debole facendomi sentire ancora più colpevole e sbagliata. Per un attimo volli maledirmi, mordermi la mia stupida lingua ed impedirmi di parlare ancora: era come se non riuscissi mai a farne una giusta, puntualmente ciò che dicevo si rivoltava contro di me ed io non sapevo davvero come reagire. Ma non era finita lì, no: la resa dei conti era appena cominciata ed io dovevo ancora pagare per i miei comportamenti sbagliati. Di punto in bianco Harry aprii la tenda, precipitandosi di fuori: sicuramente aveva sentito ciò che io e Jonah ci eravamo detti e perciò, aveva deciso di vedere con i suoi occhi cosa stesse accadendo. Fece qualche passo per poi bloccarsi di scatto: io, che continuavo a torturarmi con le parole di mio fratello, avevo alzato lo sguardo nella sua direzione fulminandolo completamente. La sua presenza mi mise ancora più a disagio, era come se bruciassi tra due fiamme: da un lato c'era Jonah le cui parole mi fecero desiderare di rimanere lì pur di vivere l'illusione di essere circondata da una vera famiglia; ma dall'altro lato c'era Harry, con i suoi riccioli morbidi ed il sorriso da bambino, nei cui occhi vedevo costantemente riflesse le immagini di ciò che era accaduto tra noi e questo mi spingeva ad andare via, correre lontano e fuggire dai miei sentimenti dei quali avevo perso il controllo. Già, esattamente, avevo perso la lucidità: bastava un suo sguardo per risvegliare in me sensazioni contrastanti che finivano per creare un uragano di emozioni il cui unico risultato era un maledetto battito accelerato, una stupida morsa allo stomaco, mille domande e un fiume di parole che riversavo su di lui per allontanarlo ma che in realtà significavano l'esatto opposto. Mi guardò, lo sentii : percepivo i suoi occhi fissi su di me, la sua attenzione sul mio corpo e sui miei movimenti e questo mi fece sentire come un girasole al tramonto, completamente fuori luogo. Tentai di resistere, di dimenticare che fosse lì a pochi passi da me in attesa di un mio cenno, ma avevo l'impressione che l'aria che respirassi fosse fatta del suo profumo e così alzai il mio sguardo puntandolo nella sua direzione: lui, di tutta risposta, mantenne il contatto visivo, come se in un certo senso volesse sfidarmi ed io sentii il sangue nelle mie vene prendere fuoco improvvisamente.
"Che hai da guardare idiota?" - sbottai - "La tua amichetta ti starà aspettando, perché non corri da lei?". Mi meravigliai io stessa di quanto avevo appena detto: era come se tutto il risentimento che avevo covato dentro me per tutta la notte avesse deciso di fuoriuscire come fa la lava da un vulcano in eruzione.
"Ma che stai dicendo Vicki?" - rispose gesticolando nervosamente e sgranando gli occhi,
"Non fingere Styles, sappiamo entrambi di cosa sto parlando!" - ribattei con fermezza: questo suo mostrarsi incredulo, facendo finta di non capire mi mandava ancora più in escandescenza; era come se mi trattasse come una stupida  bimbetta, una di quelle che poteva far cadere ai suoi piedi con uno dei suoi tanti sguardi ammiccanti. 
Ti sbagli Styles - mi dissi - Ti sbagli di grosso su di me: continuai a fissarlo, ferma immobile di fronte a lui, tenendo semplicemente i miei occhi nei suoi e congelando ogni centimetro del suo corpo con il mio disappunto. Forse volevo solo vendicarmi, fargli percepire la mia delusione per il suo comportamento e vedere i suoi occhi abbassarsi a confronto con i miei mentre la sua pelle rabbrividiva sotto i colpi delle mie parole; forse volevo solo che capisse come mi sentivo e, che mi prendesse le mani tra le sue e mi dicesse che mi ero sbagliata e che con un banalissimo 'non é come sembra' mettesse a tacere l'uragano al mio interno.
"Stai impazzendo Vicki" - esclamò contornando tutto con una risata amara, la quale giunse alle mie orecchie come un rumore fastidioso ed assordante, distruggendo qualsiasi residuo di pazienza fosse rimasta dentro di me. Fu un attimo, un misero e minimo attimo ed io persi il controllo: feci uno scatto in avanti e con fare minaccioso mi fermai ad un passo da lui, conficcando i miei occhi nei suoi, i quali invece non mi avevano mollato un attimo; le sue labbra erano completamente serrate, il suo respiro era lento ma ne percepivo il calore sul mio viso e la pelle morbida del suo collo assecondava il flusso di ossigeno che attraversava il suo corpo.
"Magari sto impazzendo Styles" - sbottai fulminandolo con ogni sillaba - "Ma almeno non faccio il doppio gioco come fai tu" - aggiunsi mostrando tutto il mio disprezzo per il suo vile modo di fare. Harry, di tutta risposta, continuò a fissarmi ancora per un po', come se le mie parole non avessero significato, come se non lo scalfissero affatto, mentre io lo maledivo mentalmente in ogni lingua perchè riusciva sempre a tirare fuori il lato peggiore di me: per un attimo desiderai che mi rispondesse, che mi affrontasse e che non se ne stesse lì, fermo ed immobile, a subire le mie parole, ma, subito dopo realizzai che se avesse detto qualcosa, le posizioni si sarebbero invertite e sarei quindi stata io a subire le sue parole le quali avrebbero tormentato la mia mente e graffiato la mia pelle. Improvvisamente però, qualcosa cambiò, i suoi occhi si schiarirono fino a diventare color menta, la sua espressione da duro scomparve e lasciò spazio ad un viso bambinesco illuminato da due iridi magnetiche: le mani, che erano sepolte nelle tasche dei jeans, risalirono lungo il tessuto e con un gesto energico andarono a circondare la mia testa, racchiudendo tra di loro il mio viso. Istintivamente abbassai lo sguardo, non volevo affatto che leggesse la verità nei miei occhi nè tanto meno che percepisse l'effetto che avevano i suoi gesti su di me; la sua pelle calda allentò la presa sul mio viso, accarezzando leggermente le mie orecchie e i miei capelli come per rassicurarmi, poi lo sollevò delicatamente fino a far incontrare i nostri sguardi e, mentre il tempo aveva smesso di scorrere, mi parve che anche il mondo intorno a me iniziasse a perdere sostanza, diventando un semplice ammasso di colori sbiaditi. Percepii il mio cuore battere con un ritmo incostante, come se volesse bucarmi il petto e liberarsi del mio corpo e, per un attimo, ebbi il timore che l'ometto potesse sentirne il rumore; nel frattempo Harry si inumidì le sue labbra carnose e, cercando di pronunciare qualche parola che però rimase intrappolata tra le sue corde vocali, iniziò ad avvicinarsi a me sempre più. 
- 5 centimetri: il calore delle sue mani sul mio viso mi procurò una serie di lunghi brividi che percorsero tutta la mia schiena e le mie braccia;
- 4 centimetri: riuscivo a distinguere il profumo della sua pelle, lo sentivo accarezzare le mie narici, scivolare lentamente nel mio corpo e mescolarsi al sangue nelle mie vene;
- 3 centimetri: i suoi occhi cambiavano colore man mano che la distanza tra noi si accorciava, riflettendo perfettamente le emozioni che si contrastavano al suo interno. Vidi il timore schiarire le sue iridi fino a farle diventare color salvia ed un attimo dopo un impeto di coraggio prendere il sopravvento e scurirle fino ad un perfetto verde smeraldo;
- 2 centimetri: il suo respiro riscaldava la mia pelle, lo sentivo giungere sul mio viso, scivolare giù per il mio naso e poi lungo le guance, accarezzare le mie labbra, solleticare il mio collo e colorare l'aria tra di noi;
- 1 centimetro: le sue labbra erano separate dalle mie da una distanza talmente minima che riuscivo a sentirne già il calore, mentre nella mia mente ripercorsi la giornata precedente passando dai momenti divertenti del picnic fino alla scena del tramonto. Fu proprio quando stavo per ricordarne il finale che qualcosa catturò la mia attenzione orientandola verso la moltitudine di sensazioni che in un attimo si impadronirono di me: le sue labbra sulle mie ebbero su di me l'effetto di una cascata di acqua gelida, era come se riuscissi effettivamente a sentire le gocce scivolare lungo il mio corpo; ma dopo un attimo, la nostra pelle morbida a contatto mi diede l'impressione che in realtà la mia stesse andando a fuoco, come se fosse immersa in un mare fiamme che sfumandosi da un intenso blu cobalto in un rosso aranciato, risalivano lungo il mio corpo rendendone iridescente ogni singolo centimetro. La mia testa era ormai volata su un altro pianeta lontano anni luce dalla Terra, il mio corpo stava perdendo consistenza, trasformandosi soltanto in un vortice di emozioni, mentre il mondo che mi circondava iniziava a sbiadirsi ed assopirsi, ad allontanarsi da me e a perdere significato: le uniche cose che la mia attenzione riusciva a cogliere erano quelle labbra morbide, che delicatamente riscaldavano le mie e quelle mani che, scivolando sulle mie spalle e lungo le mie braccia, si erano intrecciate con le mie dita. In quell'attimo parve tutto perfetto, come se ciò che era accaduto nei giorni precedenti in realtà risalisse a secoli prima e fosse quindi, soltanto un vago e lontano ricordo; nel mio petto, sentivo il mio cuore continuare a battere con un ritmo accelerato, a volte mi sembrava di sentirlo sollevarsi, muoversi all'interno di me a suo piacimento e poi precipitare di botto nel vuoto, il mio respiro era quasi impercettibile come se temessi di poter rovinare tutto con un po' più di ossigeno e avevo l'impressione che nel mio stomaco ci fossero una serie di onde che si infrangevano dolcemente contro gli scogli. 
A riportarmi sulla Terra ci pensò uno strano rumore che somigliava di gran lunga alla voce di Jonah e che in un baleno frantumò il silenzio che si era impossessato dell'atmosfera: istintivamente mi guardai intorno, ma poi,  improvvisamente mi ricordai che dopo la nostra discussione mio fratello si era allontanato, diretto chissà dove e così, una sorta di inquietudine si fece largo in me. Harry ed io iniziammo a cercarlo ovunque, scrutando ogni angolo ed urlando il suo nome ad intervalli regolari di un minuto circa, ma di Jonah non vi era neanche l'ombra: ad ogni passo desideravo sempre più che mio fratello saltasse fuori, che sbucasse dietro ad un albero urlando qualche stramberia pur di spaventarmi ma, ogni volta che chiamavo il suo nome e l'unica risposta era il silenzio, sentivo il mio corpo tremare in preda all'angoscia. Sbuffai, se un attimo prima il mio cuore stava per scoppiare di gioia, ora si stava sgretolando in preda all'ansia: e se si fosse perso? E se fosse in pericolo? Delle piccole lacrime affiorarono nelle mie palpebre, ma cercai di contenermi strofinando il dorso della mano sugli occhi: ripensai alla nostra discussione, a tutte le volte in cui gli avevo risposto male o l'avevo insultato gratuitamente e mi sentii una vera stupida, soprattutto per aver sottovalutato i suoi sentimenti semplicemente perché aveva solo dodici anni. Di punto in bianco però, Jonah urlò il mio nome ed io percepii il mio cuore fare un balzo all'interno del mio petto: la sua voce apparve lamentosa e questo fece crescere la mia preoccupazione a livelli stratosferici, mentre nel frattempo continuavo a cercarlo convulsamente, dirigendomi verso il punto del sentiero da cui sembravano provenire le sue parole. 
"Jonah" - urlai vedendolo - "Che ti è successo?" : in una piccola discesa di fianco al sentiero, lo trovai steso sull'erba, con la pancia rivolta verso l'alto ed una smorfia di dolore disegnata sul viso. Sulle sua braccia c'erano vari graffi leggermente sporchi di sangue, mentre le sue ginocchia erano davvero martoriate: le vidi gonfie, livide, sporche di erba e terra, con la pelle lacerata in alcuni punti e il sangue che, pur continuando ad uscire da qualche ferita, seccandosi aveva catturato alcune foglie o dei piccoli fili di erba. 
"Non riesco a muovere la gamba" - piagnucolò cercando di sollevare il busto,
"Stai fermo" - gli ordinai inginocchiandomi al suo fianco e provando a ripulire le sue ferite per quel che mi fu possibile - "Ma che diavolo ti è saltato in testa?" - gli chiesi poi, sfogando tutta la mia preoccupazione: avrei voluto dirgliene quattro, insultarlo  per avermi fatto spaventare e minacciare di vendicarmi ma qualsiasi parola era completamente offuscata dalla contentezza che per lo meno fosse ancora tutto intero.
"Non lo so, ero nervoso, stavo camminando e sono scivol.. mi fa male" - rispose Jonah concludendo il tutto con una sorta di urlo da femminuccia che fece tremare i miei timpani. 
"Dobbiamo tornare al campeggio, i tagli vanno disinfettati" - esclamò Harry con tono serio, tenendo lo sguardo fisso sulle ginocchia di Jonah il quale continuava a sollevarsi e fare strambi movimenti ma con scarsi risultati: anche le mani, infatti, erano graffiate e sporche di terra e sangue ma, ciò che più destò la nostra preoccupazione fu la sua gamba che sembrava essere completamente fuori uso. Fu per questo motivo che, senza pensarci due volte, Harry si chinó al suo fianco, fece passare un braccio attorno al suo busto ed uno nell'incavo delle ginocchia sollevandolo prontamente e, mentre Jonah non la smetteva di piagnucolare in preda al dolore, ci incamminammo verso le nostre tende. Una volta giunti a destinazione, notai che mio padre e Cecile ci stavano cercando, vidi la preoccupazione disegnata sui loro volti e, il solo pensiero che tutto quello che era accaduto fosse colpa di un mio stupido capriccio, mi fece venir voglia di sotterrarmi all'istante. Mi sentii incredibilmente colpevole, avevo rovinato tutto: ora mio padre ce l'aveva con me, l'idillio della famiglia felice si stava sgretolando e le ginocchia di mio fratello erano in condizioni pessime e per quale motivo? Perché avevo messo su una delle mie tante scenate da bambina melodrammatica.
Complimenti Victoria - pensai abbassando lo sguardo - quando ne farai una giusta?
Tra meno di un minuto mio padre sarebbe esploso, mi avrebbe chiesto cosa era successo ed io non sapevo davvero cosa avrei dovuto dirgli: nel giro di un secondo provai ad elaborare mille versione plausibili ma ognuna sembrava sempre così banale e stupida che pensai addirittura di vuotare il sacco dicendo cosa fosse effettivamente successo. 
"Eravamo andati a fare una passeggiata ma Jonah é scivolato" - affermò di punto in bianco Harry, il quale aveva evidentemente percepito il disagio che si celava nei miei occhi ed aveva deciso di giungere in mio aiuto,
"Stavo correndo e sono inciampato" - aggiunse Jonah per rendere il tutto più credibile, mentre io, tirando un sospiro di sollievo e ringraziando tutti gli dei possibili ed immaginabili, mi chiesi il motivo di un tale gesto da parte loro: in fin dei conti, avrebbero potuto dire la verità oppure tacere, no? Invece avevano deciso di mentire, di inventare una scusa per nascondere il vero motivo che aveva causato tutto pur di proteggermi e questo pensiero mi procurò una strana ma piacevole sensazione. Istintivamente mi girai verso di loro e li guardai per un attimo, come per ringraziarli: Harry, di tutta risposta, mi fece l'occhiolino sorridendomi dolcemente; invece Jonah, seduto su un piccolo sgabello mentre Cecile disinfettava le sue ferite, indicò ciascuno di noi tre mimando poi un'esplosione con le sue esili mani ed io, vedendolo, non potei fare a meno di ripetere il suo movimento. Quel gesto era il nostro gesto: l'avevamo inventato da piccoli e soltanto noi ne conoscevamo il significato; era una sorta di segnale, come un messaggio in codice che ci scambiavamo ogni volta accadeva qualcosa per rassicurarci e dirci 'siamo una famiglia, ci siamo dentro insieme' e, mai come in quel momento, pensai che fosse esattamente in quel modo.



Trascorremmo il pomeriggio, Jonah Harry ed io intendo, seduti sulle sponde del lago, lanciando dei sassolini e gareggiando di tanto in tanto su chi li tirava più lontano: li osservavo mentre sfioravano la superficie dell'acqua per poi balzare in avanti ed infine piombare giù, sparendo tra i colori del lago. La mia mente vagava libera tra mille pensieri e riflessioni e così, improvvisamente mi resi conto di come le cose possano metterci anni, o giorni come nel mio caso, per ingarbugliarsi ed intricarsi per poi risolversi in un secondo. Insomma, avevo covato i miei sentimenti per dei giorni, avevo cercato di controllarli e soffocarli ma il mio cuore poi era esploso e, se un attimo prima stavo schiacciando Harry con il mio sguardo, l'attimo dopo eravamo così vicini che i nostri respiri erano diventati una cosa sola. Sentii lui e Jonah ridere e questo, mi procurò una strana ma gradevole sensazione: non mi ero mai accorta di quanto potesse essere piacevole vederli divertirsi insieme, vedere i loro occhi sfavillare e i loro sorrisi sbocciare sui loro visi; mi resi conto di aver trascorso la maggior parte del mio tempo a criticare ogni singola sfaccettatura di quella vacanza piuttosto che divertirmi insieme agli altri. Pensandoci, mi sentii sciocca perché sapevo che una volta tornati in città sarebbe stato molto difficile trascorrere del tempo insieme e così, il rimorso per aver sprecato quell’opportunità si impossessò di me andando ad annodare il mio stomaco. Improvvisamente, una mano sulla mia riportò la mia mente sulla Terra: con la coda dell’occhio vidi le dita di Harry scivolare lungo le mie e lambirne il contorno. Istintivamente mi chiesi cosa sarebbe successo una volta tornati a Congleton: insomma, avremmo ripreso ad ignorarci o ci saremmo visti almeno come due amici? In quel momento, mi resi conto di quanto mi spaventasse l’idea di tornare a casa: la realtà del campeggio apparve ai miei occhi come estremamente perfetta a confronto con la normalità, la quale racchiudeva in sé troppi punti interrogativi per i miei gusti e così, mi pentii di aver imposto a mio padre di tornare a casa. Decisi quindi di parlargli, volevo quanto meno scusarmi per il mio comportamento immaturo e così, dopo averlo raggiunto, gli proposi di fare un giro. Ci incamminammo lungo il sentiero di fianco al lago mentre, nel frattempo, uno strano silenzio era piombato tra di noi ed io, alla ricerca di una frase con cui rompere il ghiaccio, tenevo lo sguardo fisso sui sassolini che facevo balzare in avanti con dei piccoli calci. Gli chiesi quindi se fosse preoccupato per la caviglia di Jonah e lui disse di temere che si fosse rotta e, giusto per rincarare la dose, mi ammonì dicendo che avrei dovuto badare a mio fratello. Non risposi, in fin dei conti aveva ragione e poi, se solo avesse saputo come effettivamente erano andate le cose credo che mi avrebbe uccisa; per di più sapevo che in realtà non ce l’aveva davvero con me, piuttosto era preoccupato per Jonah.

“In realtà” – cominciai titubante – “ volevo scusarmi con te: mi sono comportata come una vera sciocca; ho fatto di tutto per farti pesare questa storia del campeggio quando in realtà avrei dovuto semplicemente divertirmi con ..” – aggiunsi esitando – “ con la mia famiglia!”.
Mio padre, che se ne stava con le braccia poggiate sulla staccionata che delimitava il lago e gli occhi fissi sulle piccole ondine che si creavano nell’acqua, non rispose: credo che le mie parole lo spiazzarono di gran lunga, in fin dei conti, chi avrebbe mai immaginato che sarei arrivata a definire la nostra combriccola come una famiglia? Sono certa però, che al tempo stesso gli fecero piacere, d’altronde era proprio l’obiettivo che desiderava raggiungere con quella vacanza, no?
“Vicki, so benissimo che tu e tuo fratello vorreste una famiglia unita intorno a voi ma ..” – disse per poi interrompersi : sapevo che detestava affrontare quell’argomento, per lui era come ammettere di aver fallito come genitore – “ A volte l’amore non basta per reggerne una in piedi”.
Le sue parole apparvero così fredde e pungenti alle mie orecchie che quasi rabbrividii; negli anni avevo capito che mio padre si sentiva responsabile del divorzio, benchè una coppia fosse composta da due persone, e dentro di me avevo sempre voluto trovare le parole giuste da dirgli per fargli capire quanto in realtà facesse per me e Jonah.
“Ma è sufficiente per costruirne una” – esclamai di getto – “Insomma, guarda noi: in questi giorni abbiamo avuto le nostre divergenze eppure abbiamo sempre trovato un modo per sistemare tutto; è così che si fa in una famiglia, giusto?”.
Ciò che dissi, suonò strano persino alle mie stesse orecchie: affermare che eravamo una famiglia equivaleva a crederci ed io per un attimo mi chiesi se le mie parole avessero un effettivo significato per me o fossero solo di circostanza. Poi però, senza neanche attendere troppo a lungo, mi tornò in mente l’abbraccio che Cecile mi aveva dato, le risate di Harry e Jonah mentre giocavano a calcio o quando mio padre insegnò loro a pescare ed infine ripensai a Harry che quella mattina aveva preso in braccio mio fratello perché non poteva camminare e capii che non c’era bisogno che un uomo ed una donna fossero sposati per creare una famiglia, era necessario solo amarsi. Mio padre, invece, non rispose ma si limitò ad accarezzare i miei capelli portandone una ciocca dietro l’orecchio e sorridendomi: sapevo che le mie parole l’avevano riempito di contentezza, glielo leggevo nei suoi occhi color cioccolato, soprattutto perché suonavano tanto come un ‘ce l’hai fatta! Sei riuscito a convincermi che stare tutti insieme non è affatto male!’. Mi abbracciò per poi baciarmi dolcemente il capo ed io ebbi immediatamente l’impressione che tutti i tasselli del puzzle fossero finalmente andati al loro posto; era come se tutto ciò di cui avessi bisogno avesse, in poco anzi pochissimo tempo, preso forma intorno a me segnando l’inizio di un nuovo capitolo della mia vita.
“Ho visto che tu e Harry avete fatto amicizia” – disse poi accennando un piccolo sorrisino sornione – “ Devo sapere qualcosa?” – concluse per poi ammiccare.
Risi leggermente per poi arrossire : sapevo che si divertiva a farmi questo genere di domande giusto per stuzzicarmi, ormai avevo capito che ci provava gusto a vedere cosa riuscisse ad architettare la mia testa pur di cavarmela e così, senza troppi giri di parole, con un ‘nulla in più rispetto a ciò che già sai’ mi tirai fuori da quella situazione a dir poco scomoda. Avevo mentito? No di certo: in fin dei conti, cosa c’era tra me e Harry? Forse eravamo solo conoscenti, forse era nata una semplice amicizia tra di noi o forse qualcosa di più; forse, chissà.
 
(Soundtrack)
Era particolarmente buio nella tenda quella notte, ma, riuscivo ugualmente a vedere qualche piccolo bagliore lunare che si irradiava nell’oscurità arrivando a sfiorare il tessuto sulle nostre teste. A volte, immaginavo come potesse essere la Luna in quel momento: la vedevo nella mia testa, tonda e candida, in contrasto col manto nero del cielo; la immaginavo spuntare tra le fronde degli alberi e splendere sul lago rendendone le acque argentee e luccicanti, mentre nel frattempo il silenzio della notte risuonava nell’atmosfera. Intorno a me tutti dormivano, ma io no, non ci riuscivo: me ne stavo raggomitolata nel sacco a pelo, con il viso per metà coperto e gli occhi chiusi; ascoltavo il respiro di Harry e Jonah diffondersi nell’aria mentre seguivo il flusso scombinato dei miei pensieri. Quella giornata era stata davvero piena di colpi di scena e, benché io dovessi ancora  elaborarli completamente, non la smettevo di rievocare quei momenti nella speranza di provare ancora una volta quelle sensazioni: ripensavo a quel piccolo bacio con Harry e sentivo il mio cuore agitarsi freneticamente, quasi come se volesse uscirmi dal petto, per poi rallentare di botto e diventare pesante non appena compariva davanti ai miei occhi l’immagine di Jonah steso sull’erba con la pelle malmessa e sporca di sangue. Vederlo in quel modo – mio fratello intendo – mi fece davvero uno strano effetto, era come se in un certo senso mi sentissi responsabile; al tempo stesso però, cercavo di scacciare quei pensieri il più possibile, concentrandomi su ciò che era successo con l’ometto e sperando di trovare ancora il suo sapore sulle mie labbra. Mi chiesi di nuovo cosa sarebbe cambiato una volta tornati a casa: insomma, mio padre e Cecile ci avrebbero detto della loro storia oppure avrebbero fatto finta di nulla per un altro po’? Ed io e Harry invece, avremmo ripreso a litigare o ci saremmo semplicemente ignorati? Ingoiai nervosamente : quelle domande apparivano come un macigno per me, che se ne stava immobile all’interno del mio petto e che mi schiacciava sempre più. Cercai di distrarmi, di concentrarmi su qualche altra cosa e così, tornai indietro  nel tempo, rivivendo ogni singolo giorno lì a Fish Pond; mi tornarono in mente i miei battibecchi con l’ometto, tutte le volte in cui lui mi aveva stuzzicata ed io di tutta risposta l’avevo chiamato idiota, ripensai a quando aveva pagato Jonah per trascinarmi via da Josh oppure alla notte in cui gli avevo messo il ghiaccio nei pantaloni e non riuscii a trattenere un piccolo sorriso perché, col senno di poi, nella mia mente apparivamo entrambi come due figure alquanto buffe e bizzarre. Mi chiesi, quindi, cosa in lui potesse aver attirato la mia attenzione e, subito pensai che i suoi occhi sinceri ed il suo sorriso da bambino circondato da quelle adorabili fossette fossero la cornice perfetta per una fotografia la cui chiave di tutto era semplicemente la gentilezza.
“Sei sveglia Vicki?” – sussurò Harry di punto in bianco: la sua voce apparve particolarmente profonda e, sentendola, rabbrividii probabilmente perché mi colse di sorpresa. Sussurrai a mia volta un piccolo ‘si’, girandomi nella sua direzione: benché fosse buio, riuscivo ad intravedere gran parte dei suoi lineamenti ed ovviamente i suoi riccioli che, in quel momento, erano più scombinati e ribelli del solito, ma risultavano assolutamente perfetti ai miei occhi.
“Non riuscivo a dormire e così mi chiedevo se..” – cominciò titubante mentre ad ogni sua parola cresceva in me una estrema curiosità – “ se ti andava di guardare le stelle.” – concluse portandosi su un fianco: percepii i nostri sguardi incontrarsi ed il mio cuore perdere un battito; andava sempre così ormai ma, ancora non avevo fatto l’abitudine al fatto che i suoi occhi avevano uno strano effetto su di me, era come se riuscissero ad inchiodarmi al terreno, ad immobilizzarmi e catturare tutta la mia attenzione come se in quell’istante non esistesse altro. Non risposi e, anche se desiderai dirgli che non poteva farmi proposta migliore, mi limitai semplicemente a scuotere la testa in segno di approvazione e così, in un baleno, mi trovai fuori dalla tenda, con gli occhi leggermente abbagliati dal chiarore della Luna, il freddo che accarezzava la mia pelle e le mie dita incrociate tra quelle di Harry. In breve tempo  arrivammo in un piccolo prato che terminava nel lago: lì la notte pareva aver avvolto tutto nel suo mantello e si poteva ancora sentire, qua e là, il verso di qualche cicala . Proprio a pochi passi dalla riva, due alberi dal tronco possente e robusto intrecciavano le loro fronde, mentre l’erba, leggermente umida, aveva un profumo che giungeva come delizioso alle mie narici: lo sentii sollevarsi e diffondersi nell’aria non appena stendemmo a terra la nostra coperta rossa, sulla quale poi ci sedemmo. Portammo le gambe contro il petto, come per proteggerci dall’aria pungente della notte e, in silenzio, ci soffermammo ad osservare il panorama di fronte ai nostri occhi, mentre le nostre dita ogni tanto si sfioravano. Il lago era completamente immobile, le sue acque verdastre ormai erano quasi diventate nere e se ne stavano ferme come se fossero paralizzate; in lontananza, invece, la Luna sembrava nascondersi dietro una fitta massa di alberi e proiettava debolmente il suo riflesso argenteo sulle acque, mentre le stelle, sparse nel cielo, si rispecchiavano completamente nel lago, dando l’impressione che fosse ricoperto da tante piccole candeline lucenti. C’era un certo imbarazzo tra me e Harry, lo percepivo, ma pensai che per certi versi fosse plausibile, in fin dei conti non facevamo che avvicinarci incredibilmente e poi, un attimo dopo, trascinarci ad una distanza abissale l’uno dall’altra ed infatti, anche quella volte le cose sembravano essere andate come al solito. Ci eravamo baciati, è vero, ma tutto quello che era accaduto dopo aveva, in un certo senso, fatto passare quel gesto in secondo piano ed ora, era come se fosse successo qualche anno prima costringendoci quindi, a ricominciare tutto da capo. Pensai, perciò, a qualcosa con cui rompere il ghiaccio e così, decisi di ringraziarlo per ciò che aveva fatto per Jonah; lui rispose che l’aveva fatto con piacere ed io sapevo che era la verità perché dai suoi atteggiamenti si capiva perfettamente che aveva un debole per quella piccola peste. Con la coda dell’occhio osservai i suoi movimenti, notai che spesso contraeva la mascella probabilmente per il freddo, mentre i suoi occhi erano completamente catturati dal riflesso della luce nell’acqua: era pensieroso, si notata da un miglio di distanza e, per di più, il persistere di quel silenzio mi preoccupava, insomma era forse un messaggio in codice? Pensai che forse si fosse pentito di ciò che era accaduto tra noi quella mattina, che forse questo era proprio il suo modo per dirmi di lasciar perdere tutto e così, mi sentii terribilmente sciocca per aver pensato che le cose tra di noi potessero cambiare. In quel momento, tutti i nostri sguardi, le parole che ci eravamo detti e persino quel maledetto bacio mi sembravano così lontani nel tempo, quasi come se non fossero mai accaduti e, nel frattempo, percepii il mio cuore affogare nel mare dei miei sentimenti che, a quanto pareva, si muovevano sempre nella direzione sbagliata. Avrei voluto alzarmi, stringermi nella mia felpa e fingere di avere sonno pur di sgattaiolare via: non avrei resistito a lungo a quel silenzio opprimente e a quella sua sorta di indifferenza, soprattutto dopo essermi esposta così tanto con lui; dovevo scappare e anche in fretta, prima che i demoni nel mio petto si sarebbero risvegliati ed avrebbero ripreso a divorare ogni singola parte di me. Improvvisamente però, proprio quando ero sul punto di alzarmi, avvertii il calore del suo respiro spandersi delicatamente sul mio viso e, benché in quel momento desiderai dire qualcosa, le mie parole sembravano essersi completamente esaurite.
“Vicki” – sussurrò Harry mentre accarezzava la mia guancia con la punta del suo naso – “Credo che tu mi piaccia!”.
Non risposi, non avrei neanche saputo cosa dire, ma istintivamente chiusi gli occhi lasciando che un vortice di sensazioni circondasse il mio corpo e lo sollevasse catapultandolo su un altro pianeta. Le sue parole giunsero su di me come il mare in piena: si impressero nella mia mente, divennero parte integrante del sangue nelle mie vene e travolsero il mio cuore trascinandolo al largo, in balia delle onde ed inebriato dal profumo delle acque che in quel momento avevano lo stesso odore della pelle dell’ometto. Harry , nel frattempo, aveva preso a lambire ogni singolo centimetro della mia guancia con le sue labbra: le sentivo posarsi sulla mia pelle e riscaldarla istantaneamente, per poi scendere pian piano sempre più giù, fino a raggiungere il mio orecchio ed infine scivolare lungo il collo ed arrivare fin sopra la spalla. La mia mente era completamente vuota, sgombra da qualsiasi pensiero o ricordo, a tal punto che probabilmente in quel momento dimenticai perfino come si parlasse: riuscivo solo a percepite il respiro di Harry su di me, il calore delle sue labbra sulla mia pelle e le sue dita che pian piano cercavano le mie. Istintivamente, mi girai quanto bastò per far incontrare le nostre bocche, le quali senza troppi preamboli, si unirono apparendo intenzionate a recuperare il tempo perso, mentre l’ometto accarezzò lentamente le mie braccia, stringendo le mie spalle ed avvicinandomi di scatto a lui. Il contatto con la sua pelle, mi procurò una valanga di brividi lungo quasi tutto il corpo, mentre il suo respiro, che ormai era diventato un tutt’uno col mio, scivolava attraverso le mie narici per poi tuffarsi nel profondo di me stessa: lo sentivo mescolarsi con il mio sangue e circolare libero all’interno del mio corpo, riscaldandolo quasi fino a farlo diventare incandescente. Sapevo cosa stava per accadere, potevo intuirlo, ma non mi opposi: in un’altra situazione, gli avrei poggiato le mani sul petto per allontanarlo da me e sarei fuggita a gambe levate, ma non quella volta; no, quella volta era diverso, quella volta c’era Harry lì con me ed io, intesi questo mio consenso come una risposta alla domanda che frullava costantemente nella mia testa. Forse la mia non era solo una cotta estiva, forse era qualcosa di più, forse era una sorta di bocciolo: sì, era decisamente un bocciolo, un piccolo e fragile germoglio, sul punto di sbocciare e tramutarsi in un gran bel fiore, mostrando al mondo il suo turbinio di colori. Ripetutamente, feci scivolare con delicatezza le mie mani lungo la sua schiena, riducendo ulteriormente ,di tanto in tanto, la distanza tra di noi, per poi portarle sulle sue spalle ed incrociarle attorno al suo collo, permettendo così alle mie dita di affondare nei suoi riccioli soffici. Improvvisamente mi resi conto che in quel momento i miei sensi non riuscivano a percepire nulla che non fosse Harry: i miei occhi, chiusi, erano pieni delle nostre immagini, dei nostri sorrisi e dei nostri gesti; le mie mani erano incollate alla sua pelle, ora accarezzandola ed ora stringendola, come se temessero che potesse sparire da un momento all’altro; la mia bocca, assetata del suo sapore, era resa incandescente dal contatto con la sua; nelle mie orecchie risuonavano le sue parole, la sua risata e la sua voce mentre pronunciava dolcemente il mio nome; ed infine, le mie narici erano inebriate dal profumo dei suoi capelli, che accerchiava il mio naso per poi scivolarvi dentro e tuffarsi nel profondo di me stessa. Potevo sentire le nostre labbra diventare una cosa sola ed il mio cuore battere a più non posso, prendendo a muoversi nel mio petto secondo un ritmo completamente nuovo. Le mani di Harry continuavano a muoversi lungo il mio corpo, quasi alla ricerca di un contatto sempre più profondo e, questa volta, lambirono i miei fianchi e risalirono poi lungo la mia schiena: le sentii giocherellare con i miei capelli, intrecciarsi tra di loro e districarli dolcemente, finché le sue braccia non cinsero il mio busto, stringendolo come se temesse che potesse dissolversi nell’aria e, eliminando qualsiasi distanza tra noi. Di punto in bianco, mi ricordai di tutte le volte in cui ci eravamo trovati separati da una distanza inferiore rispetto a quella che la mia mente riteneva normale, e di quando avevo pensato che forse neanche un chilometro di distanza da Harry mi avrebbe evitato l’orticaria che mi provocava la sua presenza, mentre in quel momento, mi sembrava che anche un centimetro fosse uno spazio fin troppo grande tra noi due. Sentii le sue labbra lasciare una moltitudine di baci delicati lungo tutto il collo, mentre nella mia testa ripercorrevo tutti i giorni trascorsi con lui: le varie scene prendevano forma nella mia testa senza che io potessi averne il controllo, si intersecavano e sovrapponevano tra loro intensificando le sensazioni che in quel momento si erano impossessate di me stessa; il contatto con l’ometto aveva letteralmente mandato in tilt il mio sistema, rendendolo capace di percepire soltanto le emozioni date dalla estrema vicinanza dei nostri corpi. In quell’istante, il mondo parve sparire, perdere significato e consistenza ed infine dissolversi nel nulla, mentre i nostri corpi sembravano sollevarsi ed iniziare a fluttuare in balia di un mare di emozioni e sentimenti che ci stavano avvicinando ed unendo sempre di più. In un baleno quindi, ci ritrovammo stesi, con la pelle a contatto e stretti quasi da non respirare: fu così che, immersi nel buio della notte ed illuminati soltanto dalla leggera luce della Luna, proprio come i nostri respiri, anche i nostri copri si fusero diventando una cosa sola. 

 

 «Baby don’t forget my name when the morning breaks us.
Baby please don’t look away when the morning breaks us.»





- My Corner -
TADAAAAAAAN: ecco a voi il nono, nonchè penultimo capitolo :D
Lo so, ci ho messo trenta secoli ma ho ripreso a studiare e ho avuto un po' di problemi ma ora eccomi qui di nuovo, yeee xD
Allora, cosa ne pensate di questo nuovo capitolo? Credevate che sarebbero andate così nel cose tra la nostra Vicki ed il famoso ometto?
Finalmente c'è stato questo tanto atteso bacio : vi è piaciuto? Siete contente? :D
La fine invece come vi sembra? Quella, devo ammettere, che è stata davvero molto difficile da scrivere perchè temevo di scadere nel volgare, cosa che assolutamente non voglio : ho perciò deciso di non entrare troppo nel vivo di alcune situazioni, lasciando intuire cosa fosse successo tra loro due. Spero sia di vostro gradimento! 
Il prossimo capitolo sarà, purtroppo, l'ultimo e devo ammettere che mi dispiace: mi sono affezionata alla storia XD Però la citazione finale può farvi intuire cosa accadrà : idee? :D
Spero di pubblicarlo il prima possibile, ho già iniziato a scrivere qualcosa e cercherò di darmi da fare v.v
Volevo ovviamente ringraziare tutte le persone che hanno trovato il tempo di leggere e soprattutto recensire la mia storia (OS compresa) : siete state tutte gentilissime e dolcissime *_* Mi scuso se ancora non ho risposto alle vecchie recensioni, provvederò il prima possibile e, colgo l'occasione per dire che al più presto recensirò tutte le storie che mi avete chiesto di leggere!
Se siete arrivati qui allora lasciate una recensionciiina please *_*
A presto sunshines!
Baci baci

Jude



                                                   
 
 

  
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