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Autore: Niallbestshirt    08/10/2013    3 recensioni
“Come ti chiami?” chiese la piccola bimba dai capelli rossi, tentando di costruire un castello di sabbia, non riuscendoci. “Mi chiamo Niall” rispose il biondino, distruggendole il mucchietto di sabbia accumulato. La rossa gli fece una linguaccia, riprendendo a fare piccoli mucchietti, e poi riprese a parlare. “Quanti anni hai?” “Così!” indicò il biondino, facendo un quattro con la mano. “Io così” la rossa fece un tre anche lei con la mano. Niall le diede un bacio e la rossa rispose con uno schiaffo. “Non si fa!” disse imbronciata. Lui si porto l’indice alla bocca “Shh!” e scoppiarono entrambi a ridere.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 15
 
NIALL’S POV

“Che significa?” chiese con le sopracciglia aggrottate e l’aria confusa. “Non sai leggere?” le chiesi sarcastico. Ero troppo nervoso, quel tipo che aveva almeno il doppio e passa della sua età la stava per violentare, quella donna che è apparsa e scomparsa nel nulla più totale. Non potrei essere più allegro. Ecco, ora anche i miei pensieri erano sarcastici. Non va bene. La presi tra le mie braccia non appena la vidi tremare. “Scusami, non volevo…” “Tranquillo, è ok, ti capisco, anche io lo sono.” “Nervosa?” “No, impaurita.” Mi strinse più forte, prendendomi i lembi della camicia che mi cingevano le scapole. Cominciò a singhiozzare, bagnandomi il petto con le lacrime ghiacciate. “Non volevo che andasse così, doveva essere una bella serata, dovevamo essere tutti felici per Hazza ed Em…” le accarezzai la schiena, prendendole un fianco con la mano sinistra. “Ehi…” le posai il pollice sul labbro, catturando una lacrima che esplose sotto il calore del mio polpastrello. “Io sono qui, per qualsiasi cosa, tu puoi chiedermi… io posso…” bloccai un urlo che mi morì in gola. No, cosa potevo fare? Niente. Nulla. Ormai lei era una Styles. Era di loro proprietà. Un attimo… proprietà? Ebbi un sussulto. “Cosa? Niall?” mi staccai da lei, e solo in quel momento entrambi ci accorgemmo del freddo glaciale di quella sera. Mi sbottonai la camicia bottone per bottone. “Cosa fai, fa freddissimo!” “Tieni.” Le porsi l’indumento con sguardo serio, quello che forse era più ferreo del vento che le stava per alzare la gonna. “Andiamo a casa.” Mi sussurrò nell’orecchio, sospirando caldamente.

BECKY’S POV

Sentii la luce del mattino pizzicarmi gli occhi. Mi risvegliai avvolta in due coperte di lana, e la salda presa delle braccia di Niall intorno al corpo. Mi girai silenziosamente. Era a torso nudo, dato che io avevo ancora la sua camicia. Avvicinai una mano tremante vicino al lobo del suo orecchio, giocherellando con il piccolo dilatatore nero. Con l’indice scesi verso la mascella ben pronunciata e definita per la sua giovane età. Scesi ancora, notando i pettorali, contornati da piccole… cicatrici. Alcune tonde, forse fatte da sigarette e altre un po’ più allungate. Allontanai quei brutti pensieri dalla mente, come se la mia vita non fosse già abbastanza schifosa. Poco dopo notai un cerotto bianco sul braccio. Conoscevo quel tipo di cerotti, mio fratello aveva parecchi tatuaggi che avevano scatenato la rabbia di papà. Mia madre era ammirata dai tatuaggi di Haz, diceva che erano arte su pelle. Non resistetti alla curiosità, così lo sollevai da un angolino. Non contenta lo sollevai ancora, e poi ancora. Poi alla fine lo tolsi completamente, rimanendone incantata. Aveva proprio ragione mia madre, i tatuaggi erano arte su pelle. C’era uno stormo di rondini, che seguiva due uccelli più grandi. Univano i due becchi, dove stringevano lo ying e lo yang. Il bene e il male. La luce e il buio. Le parti che si completano. “Ti piace?” sollevai la testa, accorgendomi di quanto ero bassa quando catturai il suo sguardo. “È stato difficile farselo fare in questo periodo, dato che è tutto chiuso. Ma ho parecchi amici.” Mi fece l’occhiolino, tornando a guardare il tatuaggio. Accarezzai le piccole rondini con il pollice, e scesi ancora, seguendo le vene in evidenza sull’avambraccio, fino ad arrivare al polso dove trovai altre piccole cicatrici. “Come te le sei fatte?” aggrottai le sopracciglia, interrogandolo. Fece spallucce. “Non lo so sinceramente.” Chiuse gli occhi, abbandonandosi al mio tocco. Arrivai al palmo della mano, che in confronto alla mia era enorme. Intrecciò le sue dita alle mie, portandomi il braccio dietro la sua nuca. “Posso… darti un bacio?” “Niall io…” sentii un leggero tremore alla punta di ogni mia terminazione nervosa. Guardai in basso, e poi riguardai le sue iridi magnetiche. “Ho chiesto il permesso, non ti ho costretta.” Ribattè con durezza. Sospirai, soffiando sulle sue labbra, così vicine, ma allo stesso tempo così lontane. Ripensai a ieri. Black non mi aveva chiesto il permesso, Black stava per violentarmi. Lui mi stava chiedendo il permesso, per una cosa così innocente ed ovvia. Osservai le sue labbra, che erano invitanti. Mi avvicinai con una lentezza lancinante, fino ad unirci. E le farfalle nello stomaco, quelle che non sentivo da tanto, troppo tempo, cominciarono a rilasciare il loro dolce e inebriante veleno, che stordiva la mia testa con… felicità? Non ne ricordavo più gli effetti. Mi strinsi ancora di più a lui, sentendo il suo sapore. Volevo di più. E quando la sua lingua picchiettò contro di me nel bacio, non esitai a lasciarle il libero accesso. Era un bacio sentito, uno che cercavamo, entrambi, da molto tempo. Unii anche i nostri corpi, legandogli le braccia intorno al collo e immergendo le mie mani tra le sue ciocche bionde, intrecciandone alcune tra le dita, facendo provenire un grugnito di approvazione dalla sua gola. Un ronzio proveniente da destra mi incominciò a disturbare. Pensai che fosse un’ape, anche se era strano che di inverno ce ne fossero. Alzai una mano per scacciarla, ma ci misi un secondo a capire che era la vibrazione del mio cellulare. Lui mi lasciò un casto bacio all’angolo della bocca, permettendomi di rispondere. Tastai il comodino fino a sentire lo schermo freddo del mio cellulare. “Pronto?” “Becks, dove sei?” mi gridò Emma con voce isterica nelle orecchie, e non sapevo se lo era perché era felice, o perché volesse uccidermi dopo la scomparsa di ieri sera. “Sono a casa mia.” Risposi tranquillamente, non riuscendo a trattenere un sorriso. “Che diamine ti è saltato in mente ieri sera? Quel tipo ci ha detto che gli hai dato uno schiaffo e sei scappata con Niall! Tuo padre è andato su tutte le furie e…” “Non vi ha detto che mi stava per violentare e se non c’era Niall” accentuai il suo nome, catturandone l’attenzione. “Ci sarebbe riuscito?” “Cosa?” La mora alzò la voce di un’ottava, strillandomi nell’orecchio. Allontanai leggermente il telefono. “Si, hai capito” sbuffai. “Dobbiamo assolutamente vederci e parlarne. E dobbiamo anche parlare di altro.” Sentivo la felicità che le sprizzava da tutti i pori anche al telefono. “Più tardi, da me?” le chiesi. “Perfetto! E… Becky?” “Si?” “Buon Natale piccola” sorrisi ancora. “Anche a te Em.” Riagganciai, rimettendo il telefono sul comodino. Il biondino mi guardò con aria interrogativa. “Non ho voglia di spiegare nulla a nessuno. Voglio godermi questo momento, è droga.” “Sei felice?” sussurrò vicino al mio orecchio “…Si” esitai un po’ a rispondere, pensandoci. Era vera droga. Cominciò a lasciare una scia di baci umidi sulla mascella, che scendevano sul collo. Mugulai, mi piacevano quelle piccole cose. Con un dito, disegnò piccoli cerchi intorno alle mie clavicole. “Sono ali!” disse con la tenerezza di un bambino. Ci pensai. Sarebbe così bello volare. “Sai cosa farebbe felice me?” mugugnò. “Cosa?” “Dei pancakes!” battè le mani.

“Ehi biondino, guarda qui!” richiamai la sua attenzione, per rompere il ghiaccio dopo quello strano momento, che sembrava troppo sbagliato… o troppo giusto. Presi il manico della padella, facendola oscillare, e con un balzo il pancake cadde… a terra. “Dannazione!” “Mi dicevano che eri una cuoca provetta!” disse trattenendo a stento le risate. Alla fine non ce la feci a tenere il broncio e mi unii al suono cristallino della sua risata, che venne interrotta dal campanello. Corsi a piedi nudi verso la porta, con ancora la camicia di Niall addosso. “Emma!” le saltai addosso abbracciandola. Lei mi prese a fatica, ricambiando lo stesso l’abbraccio. “Ehi rossa, fai attenzione, qui ho il tuo regalo!” poggiò la scatola a terra, che subito cominciò a muoversi. “Che diavolo è? Mi hai comprato un ragno? Lo sai che odio gli insetti!” strillai, ricordando quando, da piccola, Harry mi mise un nido di ragno tra i capelli. La scatola, come se vedesse, si diresse in cucina, vicino a Niall, seguita con curiosità da me e dalla mora. Si fermò davanti al pancake spiaccicato a terra, come se avesse visto una piccola miniera d’oro. “Che cos’è?” chiese lui, chinandosi verso la scatola, sollevandola. “Wow, piccolo, ora penso che tu ci veda meglio!” “È una femminuccia…” protestò Em, ma io ero ancora senza parole, con gli occhi che brillavano per la felicità. “Oddio, ma… è un cucciolo! Cioè… una cucciola! Grazie Em!” “Buon Natale, piccina” mi abbracciò ancora, baciandomi la fronte. “Come la chiamiamo?” chiesi battendo le mani. Guardai Niall, in cerca di una risposta, ma era troppo occupato a giocarci. “Ho capito, ci penserò più tardi! Em, vado a prendere il tuo regalo…” le urlai già salendo di corsa le scale. Lo avevo tenuto ben nascosto sotto il letto, preoccupandomene in segreto ogni giorno. Trovai la scatola… ma dentro non c’era niente. “Vieni qui, batuffolino…” cercai sotto il letto ancora, dietro ogni mobile ed angolo… niente. “Cerchi qualcosa?” le sue grandi mani mi cinsero i fianchi, solleticandomi l’orecchio. “Si… il regalo di Emma” mi ravvivai i capelli nervosamente. “Merda… si!” esclamai, non appena vidi il micio entrare dalla finestra. “Cavolo, che spavento!” presi il gattino in braccio, rimettendolo nella scatola, precipitandomi giù per le scale seguita a grandi passi dal biondo. “Ecco qua!” feci un sorriso a trentadue denti porgendoglielo. “Wow! Ma è un micetto!” lo prese dalla scatola avvicinandoselo al viso. “Ed è… morbidissimo.” “Em, dato che ho fantasia con i nomi, bhè… si chiama Curly*” “Sei dolcissima! Oddio… troppe cose tutte insieme…” “Ehi, non piangere! Buon…” il mio augurio fu interrotto da un leggero ringhiare. Il gatto si mise a soffiare, balzando dalle braccia della sua padrona sullo scaffale della cucina. “Penso proprio che dobbiamo andare…” prese il suo micetto e si avviò verso la porta. “Ma non dovevamo parlare?” “Parleremo quando qualche cane o gatto non tenti di distruggerti casa!” “Va bene… ci sentiamo eh!” “Ci conto!” si chiuse la porta d’ingresso alle spalle, lasciandoci tutti e tre da soli. Mi chinai vicino a Niall e alla cucciola, osservandola meglio. Aveva le orecchie lunghe e nere, e gli occhietti vispi. Correva ovunque, così veloce che sembrava inciampasse nelle sue stesse zampe. Aveva il pelo lucido e a chiazze nere e bianche. “Come la chiamiamo?” chiesi a Niall, ora che eravamo soli e poteva sentirmi. “Mi piace Hope. È un bel nome.” “Speranza. Non bisogna mai perderla, vero?”

MY CORNER

Ok, so che anche oggi ho ritardato…. Ma sto avendo dei problemi  tra i miei che sono separati e tra amici coglioni a cui sto sulle palle e mi hanno fatto male. E tanto per cambiare il mio capitolo fa sempre schifo :c solo che è di passaggio, perché nel prossimo succederà qualcosa… ma non vi spoilero nulla, anche perché ci sarà una piccola sorpresa :3 ora sono enormemente stanca, dato che mi alzo ogni giorno alle 6 per prendere due pullman (stupida scuola grr…) quindi vi saluto con un’enorme bacio della buonanotte a tutti!

Bacioni, Niallbestshirt

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