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Autore: Frank Ottobre    09/10/2013    6 recensioni
Sempre lo stesso incubo, sempre lo stesso sapore.
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
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                                                                                                                             Capitolo 8
 
Solo, in quella stanza, piangevo ai piedi del letto.
Avevo chiuso la porta a chiave, non volevo la compagnia di nessuno.
Il campanello suonò e poco dopo sentii la voce dei due poliziotti.
Rimasi in silenzio, rallentando il respiro irregolare causato dal pianto, cercando di ascoltare quello che stavano dicendo.
<< Al sicuro >>  questa fu l’unica cosa che riuscii a comprendere. Quelle due parole non mi trasmettevano sicurezza per niente; è un po’ come quando si dice ad una persona di calmarsi e questa si agita ancor di più.
Rimasi ancora in quella stanza per almeno un’ora.
Una stanza vuota e piena allo stesso tempo. Spoglia di mobili e cianfrusaglie, ma colma della mia inquietudine.
<< Darren, sei li dentro? >> si sentì da dietro la porta. Era l’agente Turner.
<< Sì >> risposi senza aggiungere altro.
<< Perché, li tutto da solo? >>
<< Non sono solo per scelta mia, ma a causa vostra>> risposi alterando il tono.
Silenzio.
L’agente si allontanò dalla porta e si sentirono i suoi lenti passi scendere le scale, provocando un cigolio insopportabile.
Mi avvicinai alla finestra che avevo alla mia destra, in cerca del calore del sole che trapassava il vetro.
Era una giornata come tante, tranne per me.
Mentre ero ancora ad osservare dalla finestra sentii una voce chiamare il mio nome.
<< Darren, è pronto! >>
Non risposi. Non volevo scendere, ma proprio in quel momento sentii brontolare il mio stomaco.
Aprii la porta, che era chiusa con ben tre giri di chiave, e mi incamminai di sotto.
Erano tutti seduti ad un tavolo.
L’agente Turner fece un cenno con la mano per invitarmi a prendere posto vicino a lui.
Non c’era molto da mangiare, infatti si potevano mangiare solo dei panini, davvero modesti, che non avrebbero saziato nessuno.
Dunque sedetti vicino all’agente e mi feci un panino.
A tavola c’era un silenzio, diverso dal solito. Era un silenzio non di imbarazzo o altro, ma un silenzio che non aspettava altro che essere rotto.
Ogni tanto, mentre addentavo il panino, lanciavo delle occhiate a mia zia.
Inaspettatamente il silenzio venne interrotto.
<< Allora, agenti, per quanto dovremo stare in questa casa? >> disse proprio zia Amy.
L’agente Sullivan, voleva rispondere, ma non ci riuscì, poiché stava mandando giù un boccone troppo grande.
<< Di preciso non sappiamo ancora. Attendiamo nuovi ordini dalla centrale >> Rispose l’agente Turner.
Io ascoltavo attentamente.
La nonna, ad un certo punto, si alzò di colpo dalla sedia, quasi facendola cadere.
<< Penso che me ne andrò a letto per un po’ >> disse mentre si pulì la bocca dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua.
Non poteva rinunciare al suo riposino quotidiano.
Zia Amy  fece cenno che l’avrebbe seguita, del resto non aveva chiuso occhio quasi da ventiquattro ore.
Restammo in tre.
Io a dormire non ci stavo minimamente pensando e nemmeno i due poliziotti, dato che dovevano tenerci d’occhio.
Finii il mio panino, molto lentamente.
<< Allora ragazzo, ti hanno detto, vero? >> sussurrò timidamente l’agente Turner.
Io capii subito di cosa stava parlando e feci un cenno con la testa.
<< Mi dispiace molto, Darren. >> aggiunse. Ero sorpreso, un uomo così robusto e tutto d’un pezzo ora aveva un abbozzo di lacrima che  scendeva lentamente sul suo viso scuro.
Provai tenerezza, sapevo che quelle parole erano vere.
<< Li conoscevi? I miei genitori? >> domandai
<< No, non ho avuto il piacere. Tua zia mi ha parlato un po’ di loro in questi anni. L’unico che li conosce almeno quanto lei è il commissario Gordon. >>
<< Il commissario Gordon? Come? >> domandai incuriosito.
<< Lavorava dalle tue parti. Allora era un semplice poliziotto e ha seguito le vicende di quegli avvenimenti molto a lungo. >>
<< Avvenimenti? >> domandai ancora.
<< Sì, il caso della tua famiglia non fu l’unico e nemmeno l’ultimo. >> rispose mostrando disagio.
<< Chi è stato? >> posi l’ennesima domanda, sembrava di essere ad un interrogatorio e il signor Turner era il sospettato.
<< Vedi è questo il problema. In più di dieci anni non abbiamo trovato neanche una traccia, un indizio, niente di niente, solo corpi e molto sangue. >> rispose provando dolore dato che la polizia non era stata capace di raccogliere niente di utile.
Dopo quelle parole l’agente si accorse della mia espressione sconfortata.
<< Non ti preoccupare, Darren, ci siamo noi >> disse con un sorriso rassicurante.
Apprezzai le sue parole e ricambiai il sorriso.
L’agente Sullivan, intanto, era caduto nel sonno più profondo che avessi mai visto, russava addirittura.
Pensai ancora. La mia curiosità non aveva limiti.
<< Ma come ha fatto a trovarci, soprattutto come è possibile che sul corpo di mio fratello ci fossero le mie impronte? >>
<< Anche questo è difficile da spiegare, quell’uomo, se così si può definire, è davvero astuto. Riguardo alle impronte… beh, non sono una novità. >> ora il suo sguardo fissava il pavimento.
<< Non sono una novità? >> ripetei le sue parole. Non avevo capito.
<<  E’ il suo marchio, il suo biglietto da visita. >>
<< Cioè? >> di nuovo non capii cosa intendesse il poliziotto.
<< In tutti i precedenti casi che lo hanno riguardato, sulle vittime c’erano le impronte… di quello che sarebbe stato il suo nuovo obiettivo. >> ritornò a guardarmi e poi si appoggiò allo schienale in ferro della sedia.
<< E’ una cosa orribile! >> urlai non facendo caso all’agente Sullivan ,che comunque non si svegliò e riprese a russare.
Di nuovo ci fu un momento di silenzio.
<< Un secondo, quindi io sono il suo obiettivo? >> domandai scioccato.
<< Vuole finire quello che ha iniziato e ora manchi solo tu… >> rispose stringendo forte il braccio della sedia.
<< Come ha fatto a mettere le mie impronte sul quel corpo? >>
<< Non lo sappiamo… >> rispose mostrando rabbia.
Mi fermai ancora a capire meglio.
In un attimo, un brivido mi fece sobbalzare e pensai…
<< E’ impossibile che quest’uomo possa essersi intrufolato in casa, vero? >> domandai disperato.
<< Vi abbiamo sorvegliati ventiquattr’ore su ventiquattro. Non è entrato in quella casa. >>
Tutto d’un tratto qualcuno bussò alla porta.
  
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