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Autore: _sunflower    09/10/2013    2 recensioni
Non sarei mai voluta arrivare a questo punto, al punto di scrivere un diario. La sola idea mi faceva sentire ancora peggio e invece tutti continuavano a dire che si notano dei miglioramenti affrontando i propri problemi nero su bianco. Ho voluto credere loro pur non capendo il motivo, ma l’unico problema che mi pongo adesso è “Cosa dovrei scriverti? Perché sto male?” Beh, allora mi dovrò impegnare perché pare che mi segnerai la vita.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caro diario,
 
subito dopo la telefonata di Andrea in cui mi chiedeva se volessi uscire ho cercato di alzarmi, di andare a fare una doccia grazie alla quale avrei almeno tentato di rendere la mia vista minimamente piacevole, ma non ce l’ho fatta. Anche il solo pensiero di dovermi poi divertire mi trasmetteva una strana angoscia, e non era dovuta al fatto che fossi ubriaca, distrutta mentalmente e con un bisogno sproporzionato di sonno. Le calde coperte gettate malamente sul letto a due piazze che occupava quasi interamente la camera da letto e che ospitava anche una numero assurdo di cuscini, tutti di colori diversi, la delicata e appena scorgibile luce del sole che attraversava prima la spessa, ma di minute dimensioni, finestra posta sul muro che avevo di proposito lasciato bianco, di un bianco immacolato e quasi spaventoso e poi la leggere tenda colore degli autobus della mia città posandosi delicatamente ai piedi dell’oggetto che aveva dolcemente ospitato tutte le mie lacrime e le mie crisi; tutto ciò mi tranquillizzava e non a causa dell’animo da pigra e nemmeno perché volessi svegliarmi più pimpante di prima, era perché ogni volta che chiudevo gli occhi sognavo di non riaprirli più, la sera andavo a letto e speravo con tutte le mie forze di non dover più provare la sensazione di non dover esistere, di non avere proprio il permesso di respirare ed occupare un posto nel mondo. Ma non avevo mai avuto il coraggio di commettere qualche cosa capace di soddisfare il mio malato desiderio, anzi, il mio bisogno, Perché sì, lo consideravo un bisogno.
Comunque sia, oramai non avevo le forze e la voglia di vivere, mi stancava anche solo l’idea di un possibile felice futuro, qualche volta mi permettevo di sognare, di immaginare una vita parallela in cui essere grata della mia vita, ma anche questo mi stancava, oltre che regalarmi una insana amarezza.
Ho sempre pensato ai pony come degli sfortunati cavalli destinati a soffrire vedendo costantemente coloro che sarebbero voluti diventare, consapevoli che sarebbero dovuti rimanere piccoli, inutili e poco considerati. Io ero nella stessa solo situazione, ero in trappola. E da quella stretta e dolorosa trappola potevo addirittura godermi la vita dei miei “simili” e sognare di averne una come la loro, potevo anche cercare di ottenerla con il solo risultato di una potente e forte capocciata contro una delle numerose assi che mi negavano la felicità. Ho capito troppo tardi che queste assi che ho maledetto per tutto il corso della mia vita, non sono altro che parte di me. Sono io che impedisco a me stessa di essere un umano degno di nome, perché dovrei avere delle altre qualità che non so per quale scherzo della natura non possiedo e viceversa. Ma tutte queste qualità di cui parlo non hanno dei nomi, sono solo pensieri e impedimenti creati nella mia mente ma che comunque non possono essere cancellati utilizzando la loro fonte come gomma.
E allora eccomi qui, seduta per l’ultima volta sul freddo e liscio pavimento del bagno. Adesso credo che questa pagine debba ottenere un intestazione differente.
 
Caro/a sfortunato/a,
 
inizio col dire che mi spiace. Non ho idea di chi tu sia, non so se ti conosco, se per te significo qualcosa, anche se dubito. Ma mi spiace veramente perché comunque ciò che ti trovi davanti non è proprio il massimo della bellezza; anzi, se conosci qualcuno di masochista scattami una foto, o, se sei bravo, raccogli un foglio e una matita e inizia e disegnare, perché tanto non mi muovo, tranquillo. Inizierò a parlare al maschile perché è più facile e se sei una ragazza beh, mi spiace, ma non potevo pianificare proprio tutto.
Ok, credo che con la parte iniziale di questa bianca ma sgualcita pagina di quaderno abbia già spiegato le motivazione della mia azione. Perché credo che sia stata la prima cosa a cui hai pensato, il motivo di questa scelta che merita o insanità mentale, oppure un profondo odio verso se
stessi. Ti dico che cercare una lametta adatta non è stato semplice, nemmeno alzare le maniche e
cercare di rendersi conto di ciò che stavo facendo. È per questo che ti sto scrivendo, perché forse ancora non ho capito bene ciò che succederà, ma tu già lo sai e questo mi spaventa a morte. Proprio ora devo trovare il carisma?           
Spero vivamente che la mia lettera sia stata soddisfacente. Lo so che non ho nemmeno per sbaglio nominato Giorgia (ok, adesso l’ho fatto), ma lei non ha propriamente a che fare con tutto questo. È solo colei che mi ha fatto accettare questi pensieri. Ovviamente ci sono da tutta una vita nella mia testa, ma solo dopo essermi accorta di non sapere gestire la felicità ho capito di non potermela permettere, di non poterla meritare. Quindi se Giorgia verrà in possesso di questa lettera, o perlomeno del suo contenuto, vorrei che sapesse che no, non è colpa sua. Sarebbe ridicolo se il senso di colpa non l’avesse nemmeno sfiorata. Ammetto che starei meglio (anche se non sarebbe vitalmente possibile) perché so per esperienza personale che trascorrere giornate, settimane e anni interi con la consapevolezze di aver combinato un disastro enorme e non poter nemmeno aggiustarlo non è facile. Ma Giorgia no, non ha combinato nessun casino, anzi, mi hai aggiustato. Credo che io dagli inferi non dovessi nemmeno uscire, sarei dovuto rimanere lì con tutti i miei amici sbagliati e destinati ad una vita ultraterrena. Ho sempre amato il fantasy.
Prima dei soliti saluti vorrei chiarire una cosa: è meglio per tutti quanti se questo appartamento non ha più un proprietario, se i miei genitori possono dire di essere solo felicemente sposati, se Giorgia può dimenticarmi e orgogliosamente dichiarare di non essersi ancora innamorata, di non aver provato dolore a causa di questa brutta bestia di cinque parole su cui poi gira il mondo. Perché poi non importa se si vive nella stessa casa e ci si lava i denti con lo stesso spazzolino, ma si ama, è qualcosa che non si può controllare, ognuno ama qualcuno, chi in modo diverso da altri. Anche i preti amano (e non mi riferisco a Dio), anche i senzatetto, che sostanzialmente non conosco nessuno, si saranno sicuramente innamorati del giovano ragazzo sempre di corsa che va a bere il caffè sempre allo stesso bar e bacia con passione sempre lui, sempre il cameriere che se ne frega se ha la mani sporche di caffè, vuole sentire la felicità sotto le sue dita e le intreccia in un semplice legame con delle lunghe compagnie di cellule morte che sono i capelli. Poi ci sono le persone sbagliate come me che non provano sentimenti positivi, si accorgono solamente delle cose brutte e non è semplice trovare la persona in grado di farle cambiare idea, io non l’ho trovata e sinceramente ho capito che anche se fossi riuscita a guarire, avrei distrutta la vita ad un'altra persona e questo sarebbe stato troppo egoistico anche per me, che ho sempre procurato dolore alle persone, ma senza alcun fine, non so qual è la cosa peggiore, ma rimarrà un punto interrogativo che non si può cancellare da queste righe ma che non esisterà più nella mia mente che pian piano andrà disintegrandosi.
 
Beh, grazie per aver letto (sei hai letto) e spero che con questa lettera riesca a morire in pace. Vorrei solo questo.
Grazie. Grazie a te, ammetto che ti ho solo usato come fossi un fazzoletto con cui pulire il rosso pavimento che ora sarà secco e non più splendente, ma grazie.
Grazie ad Andrea e ai suoi amici di cui non ho imparato i nomi, ho usato anche voi per cercare di cambiare, ma è stato un tentativo fallito, scusatemi.
Grazie ai miei genitori, che mi avete dato la vita, mi dispiace se con questa notizia che spero riceverete presto vi abbia fatto vergognare, ma voi andate fieri di me, per favore almeno in questo, ho avuto il coraggio di affondare in profondità il metallo.
Grazie a Giorgia, credo che tu sia come le corda per una chitarra, una lampadina per una lampada, come l’acqua per un calorifero, come il tappo per una bottiglia. Più che essere necessari sono ovvi. Appena penso a me stessa mi vieni in mente tu, è qualcosa di immediato e incontrollabile; poi sì, sono inutile senza di te, ma io lo sono sempre, sempre. E credo che te ne accorgerai quando dopo in mio funerale non cambierà la vita di nessuno. Nemmeno la tua, fidati, anzi ti prego.
 
 
Amore e libertà a tutti.  
  
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