Mentre correva macinando strade e quartieri, i contorni di quanto
gli scorreva vicino andavano sfumandosi in un caleidoscopio di colori diversi.
Le lacrime, che cercava di ricacciare indietro a forza, offuscavano tutto.
Non sapeva dove stava andando o forse sì.
L’aveva tradito...lui…l’aveva
tradito.
L’ultima persona al mondo che avrebbe mai pensato potesse fare una
cosa simile.
-Ti dico che è andata così…io non so…senti, mi dispiace va bene?
Mi dispiace, non volevo…ma Hotch ascoltami…-.
Dall’altro capo del filo qualcuno tacque e ascoltò.
-Se lui viene da te, no ascoltami…lui verrà da te, tu devi…Hotch
mi senti??-.
Si sentiva confuso, non solo per quello che era successo a casa di
Gideon, che riteneva inaccettabile, ma lo era anche per le immagini senza senso
che cominciavano a turbinargli in mente, senza alcun ordine, senza alcuna
logica.
E tutto doveva avere una logica.
Tutto.
Soprattutto, sentiva di aver fatto qualcosa, aveva il sentore di
aver commesso qualcosa di terribile, qualcosa di cui avrebbe dovuto vergognarsi.
Ma cosa?
I suoi ultimi ricordi terminavano…non sapeva nemmeno quando...ah
sì in un parco, ecco la cosa che ricordava meglio: il parco. Ma perché si
trovasse lì e cosa ci facesse era un mistero…e tutte quelle immagini poi…Ed era
questa la cosa peggiore, il non sapere.
Lo faceva impazzire.
In Grafton street, affacciato alla
finestra, Hotch osservò un ragazzo alto e dinoccolato sostare all’inizio del
vialetto di casa sua, indeciso.
-È già qui!- sussurrò alla cornetta.
Mise giù.
Piuttosto indeciso sul da farsi, Reid si fermò sulla soglia del
vialetto di casa Hotchner.
Le luci erano accese, ma non era sicuro che Hotch fosse in casa.
Forse non sarebbe dovuto andare lì, forse non…
In quel momento una sagoma si profilò sul portico di casa: Hotch –
hai intenzione di rimanere lì per tutta la notte?-.
Reid sorrise suo malgrado.
Reid varcò la soglia di casa un po’ trepidante. Dal salotto spuntò
la moglie di Hotch con il bimbo in braccio e gli sorrise, nonostante lui
sapesse di non avere un aspetto del tutto …presentabile.
La donna poi sparì al piano di sopra dopo un cenno del capo di
Hotch.
-Vieni entra- gli disse Hotch facendogli segno di accomodarsi.
Reid prese posto sul sofà.
Si guardò intorno, a disagio.
Sapeva di non aver scelto un buon momento.
Probabilmente Hotch si stava godendo il meritato week end dopo la soluzione di un caso e l’ultima cosa che
voleva era essere disturbato da un collega in piena crisi.
E, a complicare il tutto, c’era quell’atmosfera di calda
ospitalità, quella sorta di tepore che s’insinua nelle case dove regna la
serenità così lontano dai suoi standard domestici.
-Io…-si schiarì la voce Reid dopo un po’.
Hotch lo interruppe –Gideon ha già chiamato. Sa che sei qui!-.
-Non voglio tornare da lui- esclamò Reid prontamente.
Hotch scosse la testa – ti è tornata la memoria?-.
Reid sobbalzò. Non si era aspettato che Hotch avesse intuito che i
ricordi gli stavano tornando –non proprio…-azzardò con cautela.
-Vieni con me, su vieni- gli disse Hotch incoraggiante,
tendendogli una mano.
-Qual è la cosa che ti ricordi meglio?- chiese Hotch dopo un po’.
-Il parco...io…mi ricordo il parco- esclamò subito Reid
sfiorandosi la tempia con una mano. Era tutto così confuso. Aveva la pistola e
poi non c e l’aveva più e l’orologio? Che fine aveva fatto l’orologio?
-Nient’altro?- chiese Hotch mettendo la freccia.
-No io non..- si sforzò Reid. Era inutile, non ricordava.
-Stavamo indagando su un pericoloso serial killer che decapitava i
frequentatori del parco-.
-E l’avete preso?- domandò per riflesso Reid. Non voleva che la
sua situazione personale avesse potuto influire sulle indagini.
Hotch annuì. Non era stato semplice però con lui e Gideon fuori
gioco…d’altra parte non esistevano, nel
loro mestiere, casi semplici.
-Allora?- continuò imperterrito Hotch svoltando a sinistra.
-Non mi ricordo Hotch, non mi ricordo. E’ inutile che continui a
chiedermelo. Non ricordo. Maledizione, non ricordo-.
-Non puoi o non vuoi?-inquisì Hotch.
Reid lo fissò stupito. Come poteva pensare che non volesse
ricordare? Lui lo voleva, lo vole...E poi una fitta
alla testa lo trafisse letteralmente. Che male.
Vide se stesso, sudato, ansimante, consegnare l’orologio del padre
a un tizio col giubbotto di pelle nera.
Poi lui che si frugava in tasca, alla ricerca di qualcosa…Oh no…era
era…
E di nuovo, qualcuno che gridava con quanto fiato aveva in gola
davanti a una porta chiusa. Ma perché gridava così?
E chi c’era dietro quella porta? Perché tanto preoccupazione,
ansia, paura in quella voce?
-Devi aver pazienza…- stava dicendo Hotch –ritorneranno…nel
frattempo…-.
-Forse sono già qui- sussurrò Reid.
Hotch si voltò a fissarlo, prima di riportare la propria
attenzione sulla strada.
Reid chiuse gli occhi e inspirò profondamente.
Niente. Tutto buio.
Si erano bloccati di nuovo.
-Non voglio tornare da Gideon. Mi stai portando lì vero?- chiese
Reid dopo un po’.
-Ti porterò ovunque vorrai, ma prima ascoltami- gli risposte
Hotch.
Reid ascoltò, anche se c’era una voce nella sua testa. Una voce,
un suono, qualcuno che singhiozzava.
-Gideon è stato l’unico tra di noi a venire a cercarti- stava
dicendo Hotch.
Ma Reid era distratto dalla voce, da quei singhiozzi soffocati e
strazianti di cui non aveva memoria.
Chiuse gli occhi.
Perché qualcuno piangeva così? Cosa poteva aver portato tanto
dolore?E perché non smetteva?
Voleva che smettesse, che la finisse. Perché non smetteva?
“Non tu, non tu...gli
altri sì, ma tu no!”.
Chi poteva essere?
E poi finalmente tutto tornò.
Gideon era lì, con lui, nella casa in cui aveva vissuto da bambino
e in cui non tornava più da anni.
L’aveva trovato.
Era lui quello che gridava e piangeva tenendolo tra le sue
braccia.
E anche allora, ricordava, in quello stato di dormiveglia e semincoscienza, aveva desiderato che la smettesse e avrebbe
voluto dirgli che non era colpa sua quello che era successo. E che era stato
lui, Reid, a volerlo. Che andava bene così, o forse no, che niente andava bene…ma
lui non c’entrava nulla…
-Reid?- domandò Hotch preoccupato –tutto bene?-.
Reid annuì.
Ora ricordava.
Quando l’auto di Hotch accostò lungo il vialetto di quel quartiere
residenziale, una figura che sedeva sui gradini della casa si tirò su.
Reid scambiò una breve occhiata con Hotch e gli sorrise.
Il giovane scese dall’auto e Hotch avviò il motore.
Reid percorse con passo veloce il vialetto di casa.
Gideon gli andò incontro.
Gli ultimi passi Reid li fece quasi correndo.
E si gettò tra le sua braccia, ancora prima che Gideon potesse
cominciare a scusarsi.