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Autore: remsaverem    04/04/2008    3 recensioni
Dopo il rapimento da parte di Raphael, Reid comincia a sviluppare une dipendenza da droghe.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jason Gideon, Spencer Reid
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Mentre correva macinando strade e quartieri, i contorni di quanto gli scorreva vicino andavano sfumandosi in un caleidoscopio di colori diversi

Mentre correva macinando strade e quartieri, i contorni di quanto gli scorreva vicino andavano sfumandosi in un caleidoscopio di colori diversi. Le lacrime, che cercava di ricacciare indietro a forza, offuscavano tutto.

Non sapeva dove stava andando o forse sì.

L’aveva tradito...lui…l’aveva tradito.

L’ultima persona al mondo che avrebbe mai pensato potesse fare una cosa simile.




-Ti dico che è andata così…io non so…senti, mi dispiace va bene? Mi dispiace, non volevo…ma Hotch ascoltami…-.

Dall’altro capo del filo qualcuno tacque e ascoltò.

-Se lui viene da te, no ascoltami…lui verrà da te, tu devi…Hotch mi senti??-.




Si sentiva confuso, non solo per quello che era successo a casa di Gideon, che riteneva inaccettabile, ma lo era anche per le immagini senza senso che cominciavano a turbinargli in mente, senza alcun ordine, senza alcuna logica.

E tutto doveva avere una logica.

Tutto.

Soprattutto, sentiva di aver fatto qualcosa, aveva il sentore di aver commesso qualcosa di terribile, qualcosa di cui avrebbe dovuto vergognarsi. Ma cosa?

I suoi ultimi ricordi terminavano…non sapeva nemmeno quando...ah sì in un parco, ecco la cosa che ricordava meglio: il parco. Ma perché si trovasse lì e cosa ci facesse era un mistero…e tutte quelle immagini poi…Ed era questa la cosa peggiore, il non sapere.

Lo faceva impazzire.




In Grafton street, affacciato alla finestra, Hotch osservò un ragazzo alto e dinoccolato sostare all’inizio del vialetto di casa sua, indeciso.

-È già qui!- sussurrò alla cornetta.

Mise giù.




Piuttosto indeciso sul da farsi, Reid si fermò sulla soglia del vialetto di casa Hotchner.

Le luci erano accese, ma non era sicuro che Hotch fosse in casa.

Forse non sarebbe dovuto andare lì, forse non…

In quel momento una sagoma si profilò sul portico di casa: Hotch – hai intenzione di rimanere lì per tutta la notte?-.

Reid sorrise suo malgrado.




Reid varcò la soglia di casa un po’ trepidante. Dal salotto spuntò la moglie di Hotch con il bimbo in braccio e gli sorrise, nonostante lui sapesse di non avere un aspetto del tutto …presentabile.

La donna poi sparì al piano di sopra dopo un cenno del capo di Hotch.

-Vieni entra- gli disse Hotch facendogli segno di accomodarsi.

Reid prese posto sul sofà.

Si guardò intorno, a disagio.

Sapeva di non aver scelto un buon momento.

Probabilmente Hotch si stava godendo il meritato week end dopo la soluzione di un caso e l’ultima cosa che voleva era essere disturbato da un collega in piena crisi.

E, a complicare il tutto, c’era quell’atmosfera di calda ospitalità, quella sorta di tepore che s’insinua nelle case dove regna la serenità così lontano dai suoi standard domestici.

-Io…-si schiarì la voce Reid dopo un po’.

Hotch lo interruppe –Gideon ha già chiamato. Sa che sei qui!-.

-Non voglio tornare da lui- esclamò Reid prontamente.

Hotch scosse la testa – ti è tornata la memoria?-.

Reid sobbalzò. Non si era aspettato che Hotch avesse intuito che i ricordi gli stavano tornando –non proprio…-azzardò con cautela.

-Vieni con me, su vieni- gli disse Hotch incoraggiante, tendendogli una mano.




-Qual è la cosa che ti ricordi meglio?- chiese Hotch dopo un po’.

-Il parco...io…mi ricordo il parco- esclamò subito Reid sfiorandosi la tempia con una mano. Era tutto così confuso. Aveva la pistola e poi non c e l’aveva più e l’orologio? Che fine aveva fatto l’orologio?

-Nient’altro?- chiese Hotch mettendo la freccia.

-No io non..- si sforzò Reid. Era inutile, non ricordava.

-Stavamo indagando su un pericoloso serial killer che decapitava i frequentatori del parco-.

-E l’avete preso?- domandò per riflesso Reid. Non voleva che la sua situazione personale avesse potuto influire sulle indagini.

Hotch annuì. Non era stato semplice però con lui e Gideon fuori gioco…d’altra parte non esistevano, nel loro mestiere, casi semplici.

-Allora?- continuò imperterrito Hotch svoltando a sinistra.

-Non mi ricordo Hotch, non mi ricordo. E’ inutile che continui a chiedermelo. Non ricordo. Maledizione, non ricordo-.

-Non puoi o non vuoi?-inquisì Hotch.

Reid lo fissò stupito. Come poteva pensare che non volesse ricordare? Lui lo voleva, lo vole...E poi una fitta alla testa lo trafisse letteralmente. Che male.

Vide se stesso, sudato, ansimante, consegnare l’orologio del padre a un tizio col giubbotto di pelle nera.

Poi lui che si frugava in tasca, alla ricerca di qualcosa…Oh no…era era

E di nuovo, qualcuno che gridava con quanto fiato aveva in gola davanti a una porta chiusa. Ma perché gridava così?

E chi c’era dietro quella porta? Perché tanto preoccupazione, ansia, paura in quella voce?

-Devi aver pazienza…- stava dicendo Hotch –ritorneranno…nel frattempo…-.

-Forse sono già qui- sussurrò Reid.

Hotch si voltò a fissarlo, prima di riportare la propria attenzione sulla strada.

Reid chiuse gli occhi e inspirò profondamente.

Niente. Tutto buio.

Si erano bloccati di nuovo.

-Non voglio tornare da Gideon. Mi stai portando lì vero?- chiese Reid dopo un po’.

-Ti porterò ovunque vorrai, ma prima ascoltami- gli risposte Hotch.

Reid ascoltò, anche se c’era una voce nella sua testa. Una voce, un suono, qualcuno che singhiozzava.

-Gideon è stato l’unico tra di noi a venire a cercarti- stava dicendo Hotch.

Ma Reid era distratto dalla voce, da quei singhiozzi soffocati e strazianti di cui non aveva memoria.

Chiuse gli occhi.

Perché qualcuno piangeva così? Cosa poteva aver portato tanto dolore?E perché non smetteva?

Voleva che smettesse, che la finisse. Perché non smetteva?

“Non tu, non tu...gli altri sì, ma tu no!”.

Chi poteva essere?

E poi finalmente tutto tornò.

Gideon era lì, con lui, nella casa in cui aveva vissuto da bambino e in cui non tornava più da anni.

L’aveva trovato.

Era lui quello che gridava e piangeva tenendolo tra le sue braccia.

E anche allora, ricordava, in quello stato di dormiveglia e semincoscienza, aveva desiderato che la smettesse e avrebbe voluto dirgli che non era colpa sua quello che era successo. E che era stato lui, Reid, a volerlo. Che andava bene così, o forse no, che niente andava bene…ma lui non c’entrava nulla…

-Reid?- domandò Hotch preoccupato –tutto bene?-.

Reid annuì.

Ora ricordava.




Quando l’auto di Hotch accostò lungo il vialetto di quel quartiere residenziale, una figura che sedeva sui gradini della casa si tirò su.

Reid scambiò una breve occhiata con Hotch e gli sorrise.

Il giovane scese dall’auto e Hotch avviò il motore.

Reid percorse con passo veloce il vialetto di casa.

Gideon gli andò incontro.

Gli ultimi passi Reid li fece quasi correndo.

E si gettò tra le sua braccia, ancora prima che Gideon potesse cominciare a scusarsi.

  
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