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Autore: LokiSoldier    10/10/2013    1 recensioni
Vi siete mai chiesti cosa sarebbe successo se i protagonisti di X-Men e quelli di The Avengers si fossero incontrati? Cosa sarebbe successo se le loro più grandi minacce si fossero unite per uno scopo comune?
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ed eccoci qui per un nuovo capitolo! Innanzitutto volevo ringraziare chiunque abbia letto i precedenti e soprattutto chi ha commentato, è stato davvero un pensiero gradito; in secondo luogo vorrei augurarvi una buona lettura e sperare vivamente che vi sentiate a vostro agio leggendo queste mie strambe parole! ^^ 




Arrivare a Midgard era stato difficile, ma giungere in una grande metropoli, in quel momento, gli sembrava ancora più complicato. Quel paesino era qualcosa di assurdamente insignificante e i suoi abitanti erano terrorizzati da lui. Ci si era stabilito da un paio di giorni neutralizzando chiunque osasse attaccarlo. Le forze di polizia del posto erano state decimate e alla fine era stato deciso di non mandare più nessuno da lui. Alte cariche delle forze armate si erano riunite e stavano pensando a qualcosa che potesse allontanarlo o renderlo in qualche modo inoffensivo. Le loro riunioni si concludevano tutte con un “Speriamo di esserci ancora domani”.
Ogni piano, ogni idea, cadeva nel vuoto della distanza fra le loro capacità belliche e l’unica idea che appariva come ottima per poter annullare la sua potenza era togliergli dalle mani il bastone d’oro con il quale uccideva il prossimo. Certo, l’idea era ottima, ed anche giusta, ma come avrebbero mai potuto avvicinarsi tanto da strappargli il bastone dalle mani? E soprattutto: come potevano sapere che non avesse altri poteri ed altre capacità disconnesse da quell’oggetto? Per il momento, comunque, erano sollevati nel constatare come non avesse ucciso nessuno che non fossero i loro poliziotti. Solo quando dimostravano comportamenti ostili nei suoi confronti venivano neutralizzati e questo lasciava loro supporre che magari non avrebbe compiuto nessuna strage fra i poveri cittadini di quel paese sperduto fra i boschi.
Da un paio di giorni si era inoltrato nella foresta e si faceva vedere solo quando aveva bisogno di mangiare qualcosa. Nessuno aveva il coraggio di chiudergli le porte della locanda e nessuno aveva il coraggio di chiedergli il conto. Grosse quantità di cibo svanivano per sfamarlo e così anche gran parte dello stipendio dei poveri lavoratori. Nel bosco si era rifugiato ai piedi di un albero particolarmente grande e imponente e, gran parte del tempo, lo passava seduto al suolo, a gambe incrociate, pensando ad un piano per attuare i suoi progetti di conquista.
Innanzitutto aveva bisogno di giungere in una delle grandi metropoli del posto e, una volta giunto a destinazione, avrebbe rovesciato il trono o il governo imponendosi come unico Re e sovrano. Se Asgard non lo voleva, avrebbe trovato qualcun altro da sottomettere e da cui farsi obbedire e rispettare. Avrebbe trovato qualcun altro che riconoscesse la sua superiorità, che accettasse di farsi ordinare e governare da lui e, ben presto, tutti avrebbero realizzato di essere felici così. Di essere stati finalmente asserviti come bramavano, di aver trovato qualcuno che lui guidasse nella giusta via. Qualcuno che interrompesse quel loro continuo brancolare nella vana illusione del vivere secondo le leggi del libero arbitrio.
- Mhh… così è qui che ti rifugi tutto il tempo?
Una voce femminile risuonò nell’aere interrompendo il silenzioso meditare della creatura che, aprendo gli occhi, non si mosse. Si guardò attorno, col capo leggermente inclinato verso il basso, le braccia lasciate ricadere lungo il ventre con la lancia ben stretta fra le dita. Nessuna figura era visibile lì attorno eppure quella voce era vicina. Non era un collegamento mentale, non era uno scherzo della sua testa. C’era qualcuno lì e lui non riusciva a vedere nessuno.
- Mostrati – rispose a quell’affermazione con la voce tranquilla, bassa. Un ordine secco, preciso.
- Per farmi uccidere da te come quei poliziotti? Sono mica stupida, sai? – rispose con una risatina la voce. Adesso ne era ancor più sicuro di prima. Era lì! Fra i cespugli, dietro un albero, era lì… eppure non la vedeva… com’era possibile? Gli umani non erano capaci di cose del genere ne era più che sicuro. Non avevano capacità né poteri straordinari e per rimediare alla loro debolezza ricorrevano a strane e bizzarre macchine frutto del loro studio e della loro tecnologia. Ma lì, ne era certo, non c’era alcun macchinario che potesse nascondere quell’essere alla sua vista.
- Mi avete preso, nella vostra immensa ignoranza, per un volgare assassino?
Una risata appena accennata uscì dalle sue labbra mentre alzava il capo e lo puntò dinnanzi a sé. Rimase estremamente colpito dal vedere di persona quanto fossero sciocchi e superficiali gli umani. Aveva sempre sentito che fossero diversi da loro asgardiani, che fossero semplici, quasi elementari forme di vita, eppure vedere come i loro ragionamenti fossero così rozzi ed effimeri era stato un colpo. Era bastato vedere un uomo vestito in maniera differente per allertarli. Era bastato dire qualcosa che loro non comprendessero per far sì che credessero non fosse in sé. Ed era bastato dire di possedere un’arma per essere attaccato. Poveri sciocchi… se solo avessero riconosciuto la sua supremazia da subito nessuno sarebbe stato ucciso.
- Non lo sei? Hai disintegrato senza batter ciglio quattro agenti di polizia – rispose la voce. Il tono non era accusatorio, più che altro si rivelò curioso, interessato. L’asgardiano mise su il suo sorriso più innocente, le labbra che si distesero e le pieghe attorno agli angoli degli occhi che definivano la sua espressione fintamente ingenua.
- Mi difendevo dai loro attacchi – disse innocentemente allargando appena le spalle e le braccia. – Se non mi avessero attaccato per primi, non sarebbe morto nessuno.
- Potevi difenderti senza contrattaccare; perché ucciderli se non per il gusto di farlo?
Il ragazzo chiuse gli occhi scuotendo appena il capo e levandosi in piedi.
- Per esempio. Se non li avessi uccisi avrei fatto intendere che chiunque avesse osato attaccarmi sarebbe rimasto impunito, e così non deve essere. Ogni oltraggio ha una sua punizione. Così è sempre stato e così è giusto che sia. – spiegò lui con una calma tale da far raggelare il sangue. – Nessuno più ha osato attaccarmi da ieri ed io non ho attaccato nessuno. Come vedi, tutto ritorna.
Un silenzio leggero scese nel bosco in quel momento, interrotto semplicemente dal fruscio delle foglie sugli alberi, dal suono del vento. Lontano, lo scrosciare di un ruscello che corre veloce nel suo letto.
Improvvisamente, a circa cinque metri dalla figura dell’asgardiano, ecco comparire dal nulla una ragazza. Una giovane dai corti capelli neri ribelli e scompigliati, la pelle olivastra ed una espressione incuriosita. Indossava un paio di stretti jeans azzurri ed una attillata felpa nera.
- Chi sei tu? – domandò con le mani nelle tasche e gli occhi ben fissi sul viso dell’altro.
Egli si eresse in tutta la sua altezza, la quale ad occhio e croce si aggirava attorno al metro e novanta, e gonfiò in fuori il petto levando ben dritto ed all’insù il capo fiero. – Io sono Loki, da Asgard, e sono venuto qui per farvi il più gran dono che qualcuno possa mai farvi –
- Un dono?
Sorrise egli mentre il sangue nelle sue vene ribolliva eccitato. Gli piaceva quella situazione, gli piaceva vedere negli occhi di quella giovane umana la curiosità, l’interesse. Non era contro di lui, né, avrebbe scommesso, al suo fianco, ma era affascinata dalle sue parole e per la prima volta qualcuno sembrava seriamente coinvolto in una conversazione con lui. Non leggeva paura nel suo sguardo, non vedeva titubanze o dubbi. Semplice interesse, curiosità. Come una bambina ignara del pericolo. – L’asservimento. Voi umani siete così… sciocchi. Anime perse nel buio delle vostre illusioni. Rincorrete sogni impossibili e inesistenti nella convinzione di poter essere padroni delle vostre vite. – si fermò tacendo per pochi istanti per poi riprendere il suo discorso. – Ma in realtà pascolate senza una meta, confusi, sperduti, spaventati da ogni novità perché non sapete verso cosa vi state dirigendo. Io posso guidarvi e far sparire il vostro timore. Posso regnare su di voi ed essere il vostro riferimento ed unica luce. Decidere per voi, come desiderate inconsciamente da sempre e regalarvi ciò che più desiderate al mondo: la sottomissione.
I suoi sembravano i discorsi e le chiacchiere di un folle, di un fanatico forse, ma la convinzione nella sua voce ed il tono solenne e sacro delle sue parole impediva alla giovane di credere che egli fosse pazzo, malato. Era la creatura più lucida e seria che avesse mai conosciuto e nulla delle sue parole sembrava essere irrealizzabile per lui. Appariva così convinto e così acceso in quel suo parlare che nessuno avrebbe potuto mai credere fossero menzogne le sue.
- E perché per te c’è una scelta oltre l’essere sottomesso? Perché noi dovremmo stare al sicuro nel vivere sotto la tua guida, mentre tu devi correre il rischio dell’andare avanti in totale libertà ed autonomia nel buio cammino del libero arbitrio? – domandò lei nascondendo del sarcasmo sotto le sue parole.
- Qualcuno deve pur caricarsi di questo fardello -.
 
 
*
 
 
- Ammiro davvero la sua costanza Professore ma, seriamente, sono stufo di doverla vedere ogni mese per discutere di questa storia. Se cerca di convincerci per sfinimento, mi creda, può arrendersi anche adesso. E’ una grazia che decida di accettare le sue convocazioni ogni volta, ma le garantisco che non potrò continuare così per sempre.
Il governatore richiuse i fascicoli che aveva sul tavolo e si alzò dalla poltrona afferrando la sua valigetta da terra. La verità è che aveva timore a rifiutare i suoi regolari colloqui con quell’uomo ma è una cosa che non avrebbe mai ammesso con nessuno, specialmente con quell’…essere.
- Allora riconosca che state sbagliando atteggiamento e rimedi ai suoi errori e non dovrà più vedermi ogni mese – disse pacato l’uomo con una serietà quasi innaturale. I suoi occhi incontrarono quelli del politico che, con uno sbuffo sonoro estrasse il suo cellulare dalla tasca della giacca gessata.
- Se ne vada, per favore! La riunione di oggi è finita e, come sempre, non cambieremo idea! –
Rassegnato il Professore chiuse gli occhi per un attimo voltandosi infine con la sua sedia a rotelle. Senza essere fiaccato dai continui rifiuti, ma determinato nella sua missione, si incamminò verso l’uscita della stanza la cui porta si spalancò senza che nessuno la sfiorasse sotto lo sguardo raggelato e semi composto del Governatore.
Da quando era stata istituita la legge per i Mutanti, il Professore si avviava verso la sede del Governo regolarmente per cercare di convincere i politici di quanto fosse sbagliata la loro idea. Secondo questa legge, infatti, ogni mutante doveva rivolgersi ad un apposito ufficio e farsi registrare. Un vero e proprio censimento ove si registrava e catalogava ogni specie di potere. Venivano catalogati per utilità e pericolo e, coloro i quali avevano i poteri più potenzialmente inarrestabili o minacciosi venivano accuratamente tenuti d’occhio e sorvegliati. Alcuni venivano addirittura costretti a vivere in determinati stabilimenti ove i loro poteri potessero essere tenuti sotto controllo.
Tutto questo discriminava enormemente i “mutanti” che iniziarono pian piano a nutrire odio e rancore verso gli umani che li temevano o ancora di più li schifavano. Per rimediare a questa situazione il Professor Xavier – o Professor X – cercava di contattare quanti più mutanti possibili per far capire loro che gli umani hanno solo paura perché non sono dotati delle loro capacità e che erano da compatire e non da odiare. Cercava di riunirli sotto la sua Scuola, il suo Istituto, dove permetteva a questi ragazzi di conoscersi e di essere se stessi senza timore d’essere giudicati o maltrattati. La legge non vedeva di buon occhio questa sorta di organizzazione, ma per lo meno non sembrava essere una riunione fatta per organizzare piani di rivalsa verso di loro e questo li rassicurava in parte. Credevano nella buona fede del Professore che cercava solo di rendere tranquilli i ragazzi e di evitare che si vendicassero dei torti che dovevano subire dalla legge.
D’altro canto, non tutti i mutanti erano così propensi al perdono ed alla comprensione, e odiavano profondamente il modo in cui vedevano trattati e ignorati dalla società. L’odio e il rancore era troppo potente in loro e spesso finiva per portarli dalla parte di un altro gruppo di mutanti. Un gruppo unito dalla rabbia e dall’astio, un gruppo pericoloso e indigesto capitanato dal potentissimo Magneto. La legge non osava neppure avvicinarsi a loro e finché non compivano malefatte non intervenivano per cercare di fermarli. Loro ignoravano qualsiasi censimento e spesso ricorrevano alla forza per farsi rispettare. Questa lotta intestina fra uomini e mutanti avrebbe rischiato –prima o poi – di tramutarsi in una guerra portentosa e terribile e il Professore cercava di fare tutto il possibile per evitare che ciò avvenisse.
- Si è smosso qualcosa? – domandò una donna dai corti capelli bianchi e vestita con comodi pantaloni di pelle e canotta nera guardando l’uomo calvo seduto sulla sedia a rotelle, appena giunto fuori dall’edificio. Xavier la osservò con un sorrisetto tranquillo, scuotendo appena il capo.
- Sono cocciuti, ma non posso arrendermi. Non possono negare il pericolo di una possibile guerra a causa delle loro decisioni. Non sono stupidi, solo spaventati. Non sanno come comportarsi, cercano di tenere tutto sotto controllo. – spiegò l’uomo avanzando per la via al fianco della donna dalla splendida pelle scura.
- Dovranno arrendersi prima o poi… non potremo difenderli tutti in caso di una guerra – sospirò la giovane donna avanzando al fianco dell’uomo.
Xavier annuì grave.
- Piuttosto c’è qualcos’altro che mi sfugge e mi preoccupa. Sai quel tipo di cui parlano i giornali? Quello che ha disintegrato quei poliziotti e che sembra essersi nascosto nei boschi? – cambiò argomento il Professore mentre la sua fronte andava aggrottandosi e lo sguardo concentrarsi.
- L’assassino col pantano di pelle?
- Proprio lui. Mi è… nascosto –
- In che senso, Professore? – domandò quindi la donna volgendo il capo verso di lui e aggrottando le sopracciglia, confusa.
- Non riesco a percepirlo, a leggere la sua mente. Mi è preclusa. Anche Cerebro ha perso contro la sua resistenza. E’ frustrante… e sconvolgente. Temo che sia un pericolo assai più grande della guerra fra umani e mutanti, Tempesta –
Le sue parole furono come una cascata d’acqua gelata dritta sulla testa per la donna che spalancò le labbra carnose sentendo un brivido percorrerle la spina dorsale. Il Professore aveva poteri incredibilmente vasti, le sue abilità da telepate erano qualcosa di infinitamente forte e nessuno poteva sfuggire alla sua mente. Non c’erano segreti per lui, non c’erano menzogne o angoli di memoria che non potesse scoprire o setacciare. La sola idea che esistesse qualcuno che potesse nascondere i propri pensieri a lui… qualcuno che usasse i suoi poteri per uccidere e che il Professore non poteva scoprire o fermare metteva la pelle d’oca.
- Questo è… terribile – disse Tempesta riprendendosi da quella sorpresa mentre dentro di sé lo stomaco si contorceva dall’ansia e dalla preoccupazione. – Quindi è davvero un mutante? – domandò sospirando alla volta dell’uomo.
- Così sembrerebbe… e se è così allora anche Magneto sarà interessato a lui e non possiamo permettere che ci arrivi prima di noi. Se dovessero unirsi… beh, potrebbe essere catastrofico. –
- Ma credi davvero che potremo avere qualche possibilità di portarlo dalla nostra? Non sembra essere molto pacifico… ha ucciso a sangue freddo delle persone… per quanto mi riguarda credo che sia ovvio il suo schieramento
- Forse hai ragione Tempesta, ma questo non vuol dire che non dobbiamo provarci. E poi potremo sempre cercare di capire quali sono i suoi poteri. – aggiunse pacato cercando di razionalizzare e mantenere la calma anche per la sua collega ed amica. – Partiremo oggi. Nel pomeriggio.
Tempesta lo fissò sorpresa.
- Noi due? –
- Noi due, Ciclope e Jean. –
- Non Logan? –
- Oh no, si farebbe ammazzare prima ancora di arrivare a destinazione, è troppo impulsivo e quell’arma troppo pericolosa. Non è molto portato al patteggiamento
I due risero cercando di smorzare appena la tensione. 



 
Angolo dell'autrice:
Bene, ed anche questo capitolo è terminato! ^^
Spero davvero che vi sia piaciuto e che vi sentiate coinvolti ed interessati dalla lettura
che non sia per voi una noia od un peso xD
Spero di aggiornare presto con un nuovo capitolo e soprattutto che la cosa importi a qualcuno u.u'
A presto! **

Ps: Se ve lo siete chiesto... sì, la ragazza che parla con Loki non è nessuno di conosciuto, l'ho inventata io! ;)
  
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