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Autore: anneboleyn94    10/10/2013    5 recensioni
Quando Harry Potter scompare all'età di sette anni, l'intero mondo magico si affanna per cercarlo e portarlo in salvo, ma alla fine anche Silente è costretto ad arrendersi all'evidenza: Il Bambino che è Sopravvissuto è perduto per sempre...
O forse no?
All'insaputa di tutti, Harry arriva ad Hogwarts per il suo primo anno sicuro del suo talento e delle sue ambizioni, ma ha ancora tanto da imparare sul mondo dei maghi, e la Guerra nonostante tutto incombe.
E questa volta potrebbero non essere solo i maghi a scendere in campo.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio, Severus Piton, Tom Riddle/Voldermort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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La fine delle vacanze invernali era arrivata come ogni anno troppo presto. Severus non poteva tuttavia lamentarsi, erano state due settimane tranquille. Non ci aveva sperato, soprattutto quando durante il primo pranzo dalla partenza del grosso degli studenti aveva intercettato le inconfondibili chiome dei gemelli Weasley tra quelli rimasti al castello. E invece aveva potuto rilassarsi e dedicarsi alle sue faccende senza dover correre dietro a ragazzini pestiferi. Anche Raptor non gli aveva dato problemi, del resto era poco probabile che tentasse qualcosa prima del riinizio delle lezioni e il ritorno alla consueta confusione che regnava nella scuola; ciononostante non gli era sfuggita la frequenza con cui lo sguardo del professore di difesa cadeva su Hagrid.

Si appoggiò alla finestra della torre est, e osservò il parco sottostante. Perché Silente si ostinasse ad affidare la sicurezza della pietra a quel babbeo del guardiacaccia, proprio non lo capiva, ma in dieci anni si era abituato alle stranezze del preside. Vide in lontananza le carrozze che riportavano gli studenti al castello. Poteva sentire il brusio delle loro chiacchere spensierate da quella distanza, o forse era solo la sua immaginazione.

Chissà se qualcuno di loro vedeva che cosa trainava le carrozze.

Trasse un profondo respiro e innalzò le sue barriere mentali, cercando di respingere i ricordi. Solo la sua abilità con l’Occlumanzia gli permetteva di rimanere lucido quando pensieri scatenati dai gesti più banali minacciavano di farlo sprofondare nella spirale del rimorso e dell’autocommiserazione. Come adesso. Ricordava perfettamente la prima volta che li aveva visti, il giorno che era tornato a Hogwarts col ruolo di professore.

Odiava i Thestral.

Vide la folla di ragazzi salire verso il castello, e si ricompose. Doveva tornare a fare il suo lavoro. E se c’era una cosa che aveva imparato presto, prima ancora di diventare professore in effetti, era che gli adolescenti sono prevedibili. Ogni studente è così sicuro di essere speciale, più furbo degli altri, da essere benedettamente ignaro di quanto le sue bravate appaiano monotone a un adulto.

C’erano delle eccezioni naturalmente. Non poteva certo dire in tutta coscienza che i due pestiferi gemelli pel di carota non fossero riusciti a sorprenderlo una volta o due. Ma alcune cose erano tristemente uguali anno dopo anno, e il rientro dalle vacanze era tra queste. Puntualmente, qualcuno dei suoi primini giungeva alla brillante conclusione che il giorno del rientro era perfetto per introdurre nel castello ogni genere di articolo illegale, visto che sicuramente nessuno si sarebbe degnato di controllarli. Anni di esperienza gli avevano insegnato che poteva evitare il tedioso compito di ispezionare ogni dormitorio scegliendo un solo studente come esempio per gli altri. Inutile dire che il fortunato di turno si ritrovava a svuotare vasi da notte per un mese, e quel giorno Severus non aveva dubbi sulla stanza in cui effettuare il sopralluogo.

Si diresse verso i sotterranei, senza fretta, per dare il tempo agli studenti di arrivare e cominciare a sistemare le loro cose prima di cena. Quando giunse alla Sala Comune, fu accolto dai ghigni divertiti dei due prefetti. Quello di Flint era particolarmente sentito, visto che quattro anni prima era stato lui a dover pulire i bagni per una settimana in seguito al suo abituale sopralluogo. Senza una parola, si diresse verso uno dei dormitori maschili e spalancò la porta.

Alzò un sopracciglio allo spettacolo che gli si presentò davanti. Tiger e Goyle non avevano perso tempo per iniziare a ingozzarsi: alzarono lo sguardo su di lui con le guance gonfie e la bocca sporca di cioccolato. Draco saltò come lo vide e si spostò per nascondere qualcosa alla sua vista, con un’espressione di colpevolezza talmente evidente che Piton si chiese se i suoi antenati non stessero vomitando nelle loro tombe sontuose.

«Voi due. Fuori» comandò imperioso, rivolto verso Tiger e Goyle. I due esitarono un secondo, voltandosi a guardare Malfoy come per chiedere conferma, afferrarono due scatole di cioccorane dal letto e uscirono. Severus li osservò con la coda dell’occhio, e quando la porta si fu chiusa alle loro spalle sorrise.

«Allora, Draco, stavi sistemando le tue cose?» domandò mellifluo. Come previsto, gli occhi dell’undicenne guizzarono verso il baule che stava maldestramente cercando di nascondere.

Severus fece un passo verso di lui. «Sono venuto per assicurarmi che sia tutto in regola. Che ne dici di semplificarmi il lavoro? C’è qualcosa nel tuo baule che non dovrebbe esserci?»

Il ragazzino lo squadrò nervoso, ma poi sembrò ricomporsi. Mise su una facciata arrogante e rispose calmo: «No, signore».

Il pozionista lo scrutò, diviso tra il sollievo nel vedere che un minimo di capacità recitativa la possedeva e il desiderio di levargli quell’aria di sfida con una fattura. Resistette all’impulso di massaggiarsi le tempie. Aveva sempre saputo che il figlio di Lucius si sarebbe rivelato una piaga.

«Ti avviso, Draco, se dovessi trovare qualcosa, anche solo una caccabomba, per ogni minuto di tempo che ho sprecato nella ricerca sconterai una settimana in più di punizione». Come previsto, l’aria sicura di Malfoy vacillò. «Allora Draco? Devo mettermi a cercare?»

Non c’era bisogno di ricorrere alla Legimanzia, i pensieri del ragazzo erano scritti nel suo viso appuntito e nelle guance insolitamente rosa. «Non c’è niente, signore» disse ciononostante, con appena un accenno di insicurezza nella voce. Scelta poco saggia.

Lentamente, con gli occhi fissi sul ragazzino per godersi al meglio la sua reazione, Severus sollevò la bacchetta e disse chiaramente: «Accio scopa di Malfoy». Il ragazzo sbiancò completamente, e quando una Nimbus sbucò da dietro il baule per andare a finire nelle mani del professore sembrò sul punto di farsela addosso.

«Fin troppo prevedibile» commentò Severus con un ghigno soddisfatto. «Direi che una settimana di punizione sia d’obbligo. Tu che ne pensi, signor Malfoy?»

«NO!» strillò Draco, con grande sorpresa del pozionista.

«Come scusa?» sibilò minacciosamente Piton. Voleva dargli l’opportunità di ritrattare, ma il ragazzino sembrava fuori di sé.

«No, no, non è giusto! Quella è la mia scopa e io ho il diritto di portarla qua. Non m’importa cosa dice il preside! E lei, lei dovrebbe essere d’accordo. Voglio dire, dovrei essere io! E invece ha fatto entrare in squadra quel francese! E lui può fare tutto, non è vero? Le regole non valgono per lui. No, lui è bravo a Quidditch, bravo in pozioni, bravo in tutto e nessuno sembra ricordare che lui è un pezzente e io sono un Malfoy! Sono un Malfoy e un Black, dovrei essere io a giocare nella squadra, dovrei avere il diritto di usare la mia scopa ogni volta che voglio. Io, non lui!»

Il pozionista ascoltò il piagnisteo con un sopracciglio alzato, ma lo lasciò sfogare, chiedendosi se fosse normale essere così incoerenti a undici anni. Merlino, odiava insegnare. E come avesse potuto Lucius viziare in quel modo il figlio, Severus proprio non lo concepiva.

Come il marmocchio si fermò per riprendere fiato, Piton decise di intervenire prima che ricominciasse. Voleva finire in fretta, così non avrebbe perso la cena e avrebbe anche avuto il tempo di passare per il suo studio per rilassarsi prima di scendere in Sala Grande. «Finiscila con questa scenata, Draco. Dovresti vergognarti di te stesso, i tuoi genitori sarebbero orripilati se ti vedessero adesso. Quanto a Montblanc, è stata fatta un’eccezione perché la squadra aveva disperato bisogno di un valido cercatore. Dovresti essere contento per la tua casa che Henri sia così bravo. Questo non fa certamente di lui un privilegiato, te lo posso assicurare».

Il ragazzo, sembrò ricomporsi sentendo le sue parole, ma dopo l’ultima frase i suoi lineamenti si distorsero in una smorfia di derisione. «Si certo, come no. A lui gli fate passare tutto».

«Non fare il bambino, sai che non è vero».

«Si invece» sbottò Draco «Lei sta qua a farmi una predica solo perché ho portato il mio manico di scopa, come se fosse chissà che crimine, e nessuno dice niente a Montblanc che dall’inizio dell’anno tiene un serpente di un metro nel dormitorio! È assolutamente ingiusto!»

Continuò a blaterare, ma Piton non stava più ascoltando. Montblanc. Un serpente. Di un metro. Una volta nel suo ufficio avrebbe avuto bisogno di una burrobirra, altroché.

«A Montblanc ci penserò io» disse, interrompendo la sequela di recriminazioni del giovane Malfoy. «Ma ciò non cambia il fatto che sei in punizione. E spero che sia l’ultima volta per quest’anno. Ricordati che il cognome che porti con tanto orgoglio comporta anche dei doveri, tra cui il mantenere un certo contegno, e non frignare come un moccioso di quattro anni per una scopa da corsa. Falla sparire entro domani mattina». Senza aspettare la replica, uscì dalla stanza e girò a destra, verso l’altro dormitorio, seccato dal fatto che rischiava di perdere la cena.

Entrò nella stanza e fu lieto di vedere che Montblanc era da solo. Evidentemente gli altri erano già scesi.

«Voleva qualcosa signore? Stavo per scendere per il banchetto» disse il ragazzo. Severus osservò la sua posa, così diversa da quella di Malfoy. Il ragazzo era tranquillo, eppure Piton poteva vedere che si stava chiedendo il motivo della visita e stava elaborando delle ipotesi. Se anche sospettava che fosse per il serpente, non mostrò segni di nervosismo.

Non aveva ancora deciso se gli piaceva Montblanc. Era un vero prodigio e aveva senza alcun dubbio un brillante futuro davanti a sé, eppure nonostante l’indifferenza che mostrava, Piton non si lasciava ingannare. Il ragazzo era tutto fuorché modesto, e aveva fin troppa faccia tosta, ma se credeva di poter fare quello che voleva si sbagliava di grosso. «Signor Montblanc, per caso ha ancora la sua lettera di ammissione a Hogwarts?»

Per un istante, vide qualcosa negli occhi del ragazzino. Confusione, sorpresa, paura. Durò un secondo, ma il pozionista ne rimase affascinato. Era la prima volta che coglieva un’esitazione simile nel ragazzo. Non si era aspettato questa reazione, evidentemente Montblanc aveva intuito dove voleva andare a parare. Encomiabile, davvero.

«Mi scusi signore?» domandò Henri, come per prendere tempo.

«La lettera. Tirala fuori» ordinò Piton.

Con espressione indecifrabile, il ragazzo gli diede le spalle e prese a frugare nel suo baule. Severus approfittò della sua distrazione per osservare la stanza. Individuò subito quello che cercava. Il letto di Montblanc era sulla sinistra; davanti a lui, sul letto destro del letto, il ragazzo stava cercando nel baule, abbastanza lentamente da fargli pensare che stesse cercando di elaborare un piano. Il professore si spostò leggermente a sinistra, in modo da avere la visuale dell’altro lato del baldacchino, e scorse una teca di vetro che spuntava da sotto le lenzuola. Montblanc finalmente si risollevò. Gli porse la lettera, ma Piton non la prese. Invece, sussurrò perentorio: «Leggila».

Henri la riavvicinò a sé, e dopo avergli lanciato uno sguardo incerto cominciò a leggere il messaggio della vicepreside. Come ebbe finito rialzò gli occhi su di lui, in attesa. «Continua» ordinò Severus.

Perplesso, il ragazzo lesse ad alta voce l’elenco dei libri, interrompendosi di tanto in tanto per guardarlo, la confusione evidente nel suo viso. «Un telescopio. Una bilancia in ottone. Gli allievi possono portare anche un gufo, oppure un gatto, oppure un rospo. Oh» esclamò bloccandosi.

Severus osservò con leggero divertimento la nuova gamma di emozioni che passò per gli occhi del ragazzo. Comprensione. Sollievo (ma perché sollievo?), e nervosismo.

«Allora, Montblanc? Mi sembra che la lettera sia chiara. L’hai riletta tutta. Per caso hai trovato menzione alla possibilità di introdurre pericolosi serpenti nei dormitori?»

Il ragazzo lo guardò con aria colpevole. «No, signore» disse, spostandosi con aria casuale e andando a frapporsi tra il professore e la teca. «Ma lasci che le spieghi. Zar non è pericoloso. Lui…»

«Non voglio sentire spiegazioni. Congratulazione, sei nuovamente in punizione. Ora dammi il serpente».

«NO!» urlò il ragazzo non appena Piton si sporse per prendere il terrario.

Due volte in un giorno. Questo non era mai successo. Forse stava invecchiando. «Che cosa hai detto?» sibilò.

«Zar è mio amico, e non è affatto pericoloso! E poi questa regola non la rispetta nessuno, in stazione c’era un grifondoro con una tarantola appresso!»

«Montblanc, per oggi ho raggiunto la quota di piagnistei che posso sopportare. Non m’interessa se pensi che un serpente possa essere un tenero animaletto da compagnia. Non puoi tenerlo. Ora fatti da parte». Allontanò il ragazzo con un gesto brusco, senza tuttavia fargli male, e sollevò la gabbia del serpente, che come aveva detto Malfoy doveva essere lungo quasi un metro.

Fu un attimo. Si voltò per uscire, e quasi non si accorse che il vetro della teca era scomparso. Il serpente si lanciò verso il suo collo, pronto ad azzannarlo, e Piton cercò di prendere la bacchetta, consapevole che non avrebbe mai fatto in tempo…. E poi il serpente si fermò e si ritirò, voltandosi verso Henri che stava…

No.

No. Non era possibile. Sentì Montblanc sibilare, vide il serpente strisciare verso di lui e salirgli sulle spalle. Vide Henri accarezzare il rettile, proprio come…

No.

Guardò il ragazzo in viso, quasi aspettandosi di vedere i suoi lineamenti cambiare, i suoi occhi diventare ardenti e rossi. Ma gli occhi di Henri erano verdi come al solito. Verdi. Verdissimi.

Le sue gambe cedettero. Si sedette sul letto. Vide il serpente scendere dalle spalle del ragazzo, sentì lo sguardo di Henri su di sé, ma non gli prestò attenzione. Tenne i suoi occhi piantati sul pavimento, persi nella contemplazione di cose distanti.

Sciocco, sciocco Severus, spaventato da qualche sibilo emesso da un undicenne.

Stupido, stupido cuore, che perde un battito ogni volta che si trova davanti a un paio di banalissimi occhi verdi. No, non banali. Verde acceso, brillante, come il più mortale dei veleni, come la maledizione che tolse la luce a due paia di occhi molto simili.

No.

Ringraziando l’esistenza dell’Occlumanzia, si concentrò sulle sue difese, respingendo quei pensieri deliranti. Dopo aver ripreso controllo di sé, un’altra emozione lo invase. Furia.

Quel ragazzino. Quel marmocchio col moccio al naso aveva osato….

Si alzò di scatto e con soddisfazione vide Montblanc arretrare. C’era paura adesso negli occhi del ragazzo. «Sarai espulso per questo» sibilò Piton.

«No, non sono stato io!» strillò il ragazzo «Non so come sia successo, il vetro è semplicemente scomparso!»

«Semplicemente scomparso?» ripeté il pozionista, furioso come non mai. Afferrò il braccio del ragazzo e lo tirò a sé, piantando gli occhi dentro i suoi, incurante dei suoi disperati tentativi di liberarsi. Entrò nella mente del ragazzo, spazzando via le sue deboli barriere. Registrò distrattamente che Henri sembrava sapere esattamente cosa stava facendo, ma ci avrebbe pensato più tardi. Le emozioni del primino non lo stupirono, gliele aveva lette in faccia pochi istanti prima. Non ebbe molta difficoltà a trovare quello che stava cercando, il ricordo era ancora fresco.

Vide sé stesso afferrare il terrario. Vide il serpente uscire. Sentì la sorpresa di Montblanc e le parole che aveva urlato: “No Zar, fermati”. Sentì il sollievo del ragazzo quando il rettile ubbidì, la preoccupazione per lui, Piton, pallido e sconvolto. Sentì Montblanc mormorare: ”il vetro. Cosa diavolo è successo al vetro?”. Poi però un’ondata di magia potentissima lo scagliò lontano dall’undicenne, mandandolo a finire contro la parete e interrompendo il contatto visivo.

«STIA FUORI DALLA MIA TESTA!» urlò Henri, pallido e spaventato.

Severus si rialzò in piedi. Notò che il ragazzo aveva la bacchetta puntata contro di lui, la stessa bacchetta che prima stava sul comodino. Non era stato Montblanc a far sparire il vetro. Ma allora come? «Metti giù la bacchetta» sussurrò.

«Lei non aveva il diritto» urlò Henri, senza dargli ascolto.

«Avevo tutto il diritto!» gridò Piton, sentendo la rabbia montare nuovamente. «Il tuo serpente mi ha aggredito, e tu non hai idea del guaio in cui ti trovi. Abbassa la bacchetta ora, e ci sarà ancora una possibilità per te di restare in questa scuola».

Per un’istante, credette che il ragazzo avrebbe osato lanciargli contro un incantesimo, ma poi parve calmarsi e tornare a ragionare. Abbassò la bacchetta, e Severus tirò mentalmente un respiro di sollievo. Le cose erano decisamente degenerate. Si sentiva indolenzito nel punto dove aveva sbattuto, e si accorse con una fitta di rimorso che si stavano formando dei lividi sul polso di Henri. «Fai scendere il serpente lì» disse con calma, visto che il dannato rettile era tornato ad acciambellarsi attorno alle spalle del ragazzo.

«Non provi a fargli del male» sussurrò Henri, supplicante.

Si trattenne dal sbuffare. «Montblanc, il tuo animaletto per poco non mi azzannava» gli fece notare.

«Solo perché lei lo stava portando via» replicò il ragazzo. «L’ha percepita come un nemico».

«Sentimento ricambiato. Non ho intenzione di avvicinarmi finché quel coso sarà a piede libero» prese il terrario e lo riparò, poi si rivolse verso Henri «Fallo entrare prima che la mia pazienza si esaurisca. Non gli farò del male, per ora».

Il ragazzo esitò, ma infine prese il serpente con delicatezza e lo appoggiò al suolo. Sibilò qualcosa e l’animale entrò nel terrario. Henri si risollevò in piedi, in attesa.

«I tuoi compagni sanno che sei rettilofono?» chiese Severus dopo qualche minuto di silenzio carico di tensione.

«No, non lo sa nessuno».

«Saprai di certo che è una dote molto rara. Serpeverde era un rettilofono».

Il ragazzo scrollò le spalle. «Non era l’unico grande mago con questo dono» si lasciò sfuggire, prima di mordersi le labbra, pentito.

Di nuovo arrabbiato, Piton chiese, sarcastico: «Ah si? E chi per esempio?» sfidandolo a rispondergli, a pronunciare quel nome….

«Merlino».

Lo aveva sussurrato a voce così bassa che per un secondo Severus pensò di esserselo immaginato. Di sicuro non era la risposta che si era aspettato. «Dove hai sentito che Merlino fosse un rettilofono?» chiese, stupito.

«Io… l’ho letto in un libro».

«Una lettura sicuramente interessante» commentò ironico. «E la tua abilità da dove viene?»

«A quanto ne so, avevo un antenato rettilofono. Ho preso da lui. Non tutti i rettilofoni erano maghi celebri come Serpeverde o Merlino».

Severus annuì, pensieroso. Poteva essere la verità? Non sapeva molto sull’argomento, ma era una spiegazione plausibile. Si chiese però se Montblanc avesse percepito il nome che aleggiava nell’aria dall’inizio della conversazione, se avesse dedotto quali pensieri gli erano passati nella mente. Ipotesi assurde, fantasiose. Terribili. Scosse il capo. Si chiese se dovesse parlarne con Albus. Sicuramente il preside avrebbe voluto sapere che c’era un altro rettilofono in Gran Bretagna. Guardò il ragazzo. Uno dei suoi serpeverde, che aveva il compito di proteggere. A Silente non sarebbe piaciuto scoprire dell’abilità di Montblanc, soprattutto se avesse saputo del suo interesse per il terzo piano. Si chiese se anche Albus avrebbe avuto il suo stesso pensiero. Non era come se non ci fossero donne abbastanza fanatiche per fare una cosa del genere, bastava pensare a Bellatrix. Ma il Signore Oscuro non aveva certo alcun interesse a riempire l’Europa di suoi bastardi, e non era il tipo che indugiava in certi… passatempi. Il solo pensiero lo riempì di disgusto. No, probabilmente stava solo diventando paranoico, e Montblanc aveva detto la verità e la spiegazione per il suo dono era davvero così semplice, così scontata. E se lo avesse detto ad Albus, sarebbe venuto meno ai suoi doveri di capocasa per niente. No, non avrebbe parlato con il preside, non prima di aver indagato sulla faccenda.

«Non puoi tenere il serpente».

Henri si tese nuovamente e parve sul punto di rimettersi a urlare, ma poi sembrò calmarsi. Di nuovo, Piton si chiese se il ragazzo non stesse già studiando per diventare un occlumante. «Non è pericoloso, posso parlargli, posso controllarlo» disse il ragazzo.

«Ci sono comunque delle regole…»

«Ma io ci parlo! Zar è mio amico, il mio confidente, non un semplice famiglio. Non le permetterò di portarlo via».

Severus guardò l’animale, acciambellato a terra e apparentemente tranquillo. Con un sospiro, chiese: «Quanto diventerà grande?»

«Sei metri credo. Forse un po’ di più».

La risposta sincera lo stupì, ma si ricompose subito. Aveva già notato che Henri era uno diretto, e aveva il potere di spiazzare il pozionista, abituato com’era a districarsi tra le sottili allusioni e i giochi di mezze verità tipici dei serpeverde. Non che Montblanc mancasse di sottigliezza. Sembrava usare sincerità come tattica e sorprendentemente, funzionava.

«Ti renderai conto che non potrai tenerlo, sarà più lungo del tuo letto».

«Non crescerà mica stanotte! Quando succederà troverò un’altra soluzione, ma per ora non creerà problemi, glielo prometto».

«Molto bene» cedette Severus. «Ma non dovranno esserci incidenti, e voglio che tu tenga la tua abilità segreta. Lo dico per te» aggiunse, guardandolo dritto negli occhi «Rischi di attirare attenzione indesiderata».

Il ragazzo annuì, e il volto gli si distese in un mezzo sorriso.

Distrutto, Severus lasciò il dormitorio. Gli parve di udire un «grazie» esalato dal ragazzo, ma non se ne curò. Al diavolo la cena e la burrobirra! Quella sera aveva bisogno di un FireWhisky.

 

 

Non appena Piton ebbe lasciato la stanza, Harry si buttò sul letto e prese a sbattere la testa contro il cuscino.

Stupido. Stupido. Stupido.

Ma come aveva fatto Piton a scoprire Zar? Probabilmente i suoi compagni di dormitorio avevano fatto la spia. Nott, o magari Zabini. Ma non aveva importanza ora. Poteva prendersela solo con se stesso, avrebbe dovuto gestire meglio la situazione. Aveva fatto il nome di Merlino! Stupido, stupidissimo. Come se non fosse abbastanza grave che Piton avesse scoperto che era rettilofono! E lui gli aveva quasi detto da dove veniva il dono. Avrebbe scoperto la verità? Sarebbe stato in grado di risalire nei secoli fino ai fasti della famiglia Montblanc, e da lì scoprire del suo famoso antenato? Lavr c’era riuscito, ma lui aveva risorse di cui il pozionista sicuramente non disponeva. E il segreto più importante, quello era al sicuro. Non c’era verso che Piton scoprisse il collegamento tra i Montblanc e Lily Evans.

E che importanza aveva in fondo se anche Silente in persona avesse scoperto che discendeva da Merlino? Non era una cosa che doveva nascondere per forza. Aveva scelto il cognome Montblanc proprio per rivendicare il suo lignaggio, dopotutto.

Rincuorato, si sollevò a sedere. Rimaneva ancora una questione da chiarire. Aprì il terrario, e lasciò che Zar si sistemasse sul letto.

"Zar, cosa è successo prima?" chiese accarezzando la testa del serpente.

      "Non permetterò a nessuno di portarmi via dal padroncino" replicò l’animale, sollevandosi alla sua altezza.

Harry si lasciò sfuggire un sorriso. "Beh, è commovente sapere che ci tieni a me, soprattutto considerato che ogni volta che parliamo mi tratti come un idiota." Sospirò. "Vorrei solo capire come hai fatto ad uscire dal terrario. Devo aver fatto una magia accidentale, ma come è possibile che non me ne sia reso conto?"  

    "Il padroncino avrebbe dovuto liberarmi quando l’uomo ha minacciato di portarmi via. Visto che il padroncino non è stato abbastanza sveglio, ci ho pensato da solo".  

    "Pensato da solo? Che intendi dire?" domandò il ragazzo, smettendo di accarezzarlo.                                                                                                                                                                                                                                                    
"Ho tolto il vetro

"Ma non puoi averlo fatto! Insomma, non puoi mica usare la magia… o sì?"

"Perché pensi che non possa?"
lo derise il serpente.


Harry non rispose. Ci doveva essere un’altra spiegazione. Aveva letto diversi libri sui serpenti magici. Venivano chiamati così perché erano più intelligenti di quelli comuni, e alcuni avevano delle capacità particolari. Sapeva per esempio che il veleno degli Agares come Zar aveva le stesse proprietà di quello del basilisco. Ma fare delle vere e proprie magie?

   "Il padroncino sembra sorpreso".

   "I serpenti non possono… voglio dire, come fai ad usare la magia?"

           "Il padroncino come fa?" rigirò la domanda il rettile.

A Harry venne da rispondere che ovviamente lui era un mago, ma si bloccò, capendo cosa gli stesse realmente chiedendo il suo famiglio. Se gli umani, gli elfi, i goblin potevano usare la magia, perché lo scioccava tanto l’idea che anche Zar potesse? Merlino sapeva che l’intelligenza non gli mancava. Eppure…D’un tratto si ricordò lette diverse anni prima.

Alcuni testi greci e romani riportano la teoria che i demoni siano la sorgente stessa della magia… Se questo sia stato progettato volontariamente è opinabile. Considerata la natura di questi esseri, è probabile che la loro magia si sia riversata sul mondo spontaneamente, senza che uno di essi abbia consciamente deciso di donarla ai mortali.

Quando era arrivato a Hogwarts era rimasto sorpreso nello scoprire di essere più potente dei suoi compagni. Le difficoltà incontrate dagli altri studenti nell’eseguire magie che a lui apparivano facili lo avevano lasciato attonito. Era innegabilmente migliore di loro, ma non si mai chiesto da dove venisse il suo potere. Dopotutto, era il discendente di Merlino, e l’unico a essere mai sopravvissuto all’Anatema mortale; ma ora si chiese se non ci fosse dell’altro, se sarebbe stato così potente se Lavr non lo avesse mai salvato dai Dursley. L’idea lo metteva a disagio. Si sentiva quasi un parassita.

Si riscosse da quei pensieri. Era solo un’ipotesi in fondo, e se anche fosse stato vero, non cambiava quello che era, non sminuiva le sue capacità.

“Si, invece” disse una vocina dentro di lui “perché significherebbe che quella che credevi la tua essenza è solo frutto del caso

   "E' per via di Lavr?" sussurrò il ragazzo, sapendo la risposta eppure sperando con tutto se stesso di sbagliarsi.

"Il Dio emana potere".

Non era una negazione, ma nemmeno una conferma esplicita. Harry sospirò. Avrebbe affrontato il discorso con Lavr quando lo avrebbe rivisto, e nel frattempo avrebbe evitato di rimuginare sulla faccenda.

   "Aspetta un secondo" realizzò ad un tratto. "Hai usato altre volte la magia per uscire dal terrario?" 

    Il serpente ridacchiò.

   «Oh Grindewald!» esclamò Harry, lasciandosi nuovamente cadere sul letto e coprendosi il viso con le mani. "E se ti vedessero?"

"So come evitarlo"

"Ma non mi dire" commentò il ragazzo, sarcastico "Avrei dovuto lasciare che ti portassero via. Visto che dici che sono il tuo padroncino, non dovresti obbedirmi?"


Zar sembrò pensarci su. "No. Obbedirò al padroncino quando lui sarà degno".

   "Come pensavo" si rassegnò il ragazzo. Guardò l’ora. La cena stava quasi per finire. Si chiese se visto che era tardi per andare a mangiare non fosse il caso di approfittare dell’assenza dei suoi compagni per vendicarsi della soffiata a Piton, ma dismise l’idea. Non era certo che Zabini o Nott avessero fatto la spia. Guardando la stanza vuota, però si accorse che c’era qualcosa per terra. Si avvicinò. Era l’agenda di Philippe, probabilmente era caduta durante il confronto con Piton. La raccolse e fece per rimetterla nella borsa del compagno, ma la curiosità lo trattenne. Aveva notato che Philippe teneva l’agenda sempre con se, e spesso la consultava con fare furtivo.

Sentendosi leggermente in colpa, l’aprì. Le pagine erano bianche, ad eccezione di alcune colorate di rosso. Harry le sfogliò, chiedendosi il significato. Sembrava esserci una pagina colorata per ogni mese. Con la fronte aggrottata, rimise l’agenda al suo posto.

Nota importante: Harry non sa che Voldemort era rettilofono. Nei libri si vede chiaramente che sono poche le informazioni sul signore oscuro note al grande pubblico, per così dire. Penso che solo la cerchia più stretta dei mangiamorte ne fosse a conoscenza, oltre naturalmente a Silente e alcuni membri dell'ordine. Veles lo sa,  e in uno dei primi capitoli l'ha detto a Lavr, ma il demone non ha mai sentito l'esigenza di riferirlo a Harry, perché pensa che non abbia niente a che fare con lui e non gli ha mai parlato molto di Voldemort. Penso fosse importante chiarirlo, soprattutto per il futuro :) Alla prossima.

  
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