Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: aelfgifu    11/10/2013    7 recensioni
Come è nata la strana amicizia tra Stefan Levin e una giovane scrittrice tedesca?
Genere: Introspettivo, Slice of life, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio, Stefan Levin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Tutti i miei cari'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ritratto estivo di ragazzo svedese

 

3. No man is an island (seconda parte)

 

Ho combattuto il silenzio urlandogli addosso

e levigato la tua assenza solo con le mie braccia

 

Tiziano Ferro, Sere nere

 

Oggi ho conosciuto uno strano ragazzo.

Oddio, strano.

Strano era il contesto, più che il tipo.

Pensa, un ragazzo di qualche anno più giovane di me, carino, biondo, alto, estremamente gentile e ammodo e dotato di un sorriso bellissimo. Era alla presentazione del libro. Là per là ho creduto di avere le traveggole: un tipo del genere alla presentazione di un libro? Ecco, senza volere sono stata discriminatoria, ho pensato che il posto di un bel ragazzo non è una libreria.

È stato davvero molto amabile, ha voluto una dedica sulla sua copia, mi ha invitato a prendere un caffè, mi ha chiesto dei racconti. Mi ha parlato un po’ della sua vita, ma si è mantenuto piuttosto sul vago.

È svedese. Dice che ci sono molte somiglianze tra lui e il Lennart della mia storia.

Sembra un tipo molto riservato ed è rimasto quasi sempre serio serio durante la nostra chiacchierata, ma quando gli ho chiesto se si occupava di libri per professione si è fatto una bella risata e ha detto che il suo è un lavoro di tutt’altro genere, un lavoro che comporta molti spostamenti. Ho pensato che forse fa il modello o l’attore, ma che ci fa un modello o attore svedese a Monaco? Le piazze europee sono Parigi, Londra, fuori d’Europa ci sono gli Stati Uniti, New York o Hollywood. Bah.

Magari è un gigolò!

Comunque, ha una risata calda e scampanellante, che fa bene ascoltare, come una bella canzone o una bella melodia. È un peccato che rida poco. I suoi occhi hanno un fondo di tristezza, come succede a chi ha sofferto un gran dolore: è una cicatrice che rimane lì, incisa nella carne, a lungo o per sempre. Sarà per questo che gli è piaciuto il libro, non solo perché è svedese come il mio Lennart? Capisce i personaggi che descrivo?

Tutti quelli che mi leggono, a un certo punto, vogliono sapere il motivo per cui parlo sempre di persone isolate, umiliate, non amate, discriminate, sofferenti. Lui non ha chiesto nulla, come se la cosa fosse totalmente ovvia.

Credo che abbia qualcosa in mente. L’invito a prendere un caffè deve essere stato il suo primo passo. Non so perché penso questo.

Non sarà un maniaco assassino?

Un maniaco assassino che ha puntato la qui presente Julia, figurarsi! Ridiamo, eh?

La verità è che mi ha spiazzata. Non riesco a giustificare razionalmente quello che ha fatto.

Probabilità che un ragazzo così leggesse i miei racconti: pari a zero.

Probabilità che un ragazzo così trattasse con tanta premurosa attenzione l’autrice di detti racconti: pari a zero.

Eppure è successo, e io sto qui a chiedermi, come è possibile? Come? Un fatto del genere non rientra nella categoria del due più due, del probabile, dell’atteso o del certo. E quando qualcosa scardina la legge della probabilità, io vado fuori di testa.

Devo capire.

E poi che vuol dire, un ragazzo così? Stai di nuovo generalizzando, Julia! Non devi generalizzare!

E continuo a non capire, continuo a non capire.

So solo che non finirà qui.

Non chiedetemi come lo so.

 

***

 

Che strano tipo sei, Julia Gutenbrunner.

Quanto sei alta? Un metro e cinquantacinque? Sei molto più piccola di me, non mi arrivi neanche alla spalla, per guardarmi negli occhi devi alzare la testa, proprio come io devo abbassarla per guardare te. Sedendoci a parlare davanti a una tazza di caffè abbiamo stabilito una par condicio, non credi? Eppure non dai la sensazione di essere piccola, apri la bocca e subito sembri altissima.

E poi sei timida.

Non pensare che non me ne sia accorto: quando mi hai visto sei rimasta colpita, e hai fatto finta di aver sete soltanto per poter dedicare la tua attenzione a qualcos’altro e dissimulare il tuo imbarazzo.

La mia presenza e il mio sorriso ti hanno messa in imbarazzo. Avevi le guance rosse mentre stappavi la bottiglietta, mentre versavi l’acqua nel bicchiere, mentre bevevi.

Sei una donna adulta, eppure ti è bastato un mezzo sorriso di uno sconosciuto per sconvolgerti. È stato il secondo regalo che mi hai fatto; il primo, ovviamente, è stato questo strano Lennart che è il mio ritratto preciso – le uniche differenze sono che lui studia e io gioco al calcio, lui ha ventiquattro anni e io ventotto. Per il resto, tutto uguale: l’aspetto, le abitudini, il carattere, quello che ha vissuto. Lì per lì ho pensato che sapessi chi ero e ti eri ispirata a me per il tuo personaggio; ma una volta faccia a faccia non mi hai neanche riconosciuto, avrei potuto essere chiunque per te, uno studente come Lennart, un responsabile dell’Ikea per la Germania del Sud, un killer professionista. Un killer professionista, perché no? Sai che uno dei miei soprannomi è il giovane dio della distruzione?

Hai fatto il mio ritratto senza conoscermi. Meglio, mi conoscevi senza sapere il mio nome e cognome, né la mia storia.

Posso rivederti, Julia?

“Che fai, ti sei incantato?”

La voce irritata di Schneider mi riporta alla realtà. Sono fermo davanti alla porta degli spogliatoi, perso nelle mie fantasticherie, e impedisco anche agli altri di entrare.

“Sempre a sognare, eh?” sghignazza Sho.

“Allora? Hai due possibilità, o ti sposti o apri la porta” gli fa eco Karl. Che rompiscatole questo Schneider, grande attaccante, ragazzo di tempra eccezionale, affidabile sotto tutti i punti di vista (metterei senza timore la mia vita nelle sue mani, se ce ne fosse bisogno), ma che rompiscatole galattico riesce a essere, alle volte.

Gli rispondo con un gesto evasivo, spalanco la porta con veemenza e mi faccio di lato:

“Prego!”

Karl è il primo a entrare, e mentre entra mi rivolge uno sguardo tra l’incuriosito e lo sfidante. Io gli rispondo ammiccando, con una specie di sorriso sotto traccia che riuscirebbe a sfuggire a tutti, ma non a lui.

“Beh” mormora.

“Chiedo venia alla vostra maestà imperiale” sogghigno.

“Uah, uah” questo è Shunko “Quando ci si mette è fenomenale, peccato che se ne stia sempre così zitto!” e mi molla una pacca sulla spalla dall’alto del suo metro e ottantuno, con quella mano enorme che si ritrova, salvo poi scappare subito dentro di corsa perché sa che se esiterà un secondo di più gli restituirò la pacca con gli interessi.

Ecco i miei colleghi, Julia, i miei amici. Sono dei bravi ragazzi, nonostante il mestiere che facciamo, un po’ gladiatori, un po’ giullari, intrattenitori di grandi folle, giovani uomini che il culto popolare ha piazzato in una specie di pantheon neo-pagano nel quale tutti crediamo con fervore.

Chissà che cosa ne pensi tu di noialtri calciatori? Ho paura di quello che potresti pensare.

Che scemo, eh? Sì, ho paura di te.

E nonostante abbia paura di te: posso rivederti?

 

***

 

Una lettera

 

Al mio signore, la sua amica augura felicità e salute.

 

Mio signore.

 

Oggi qui è un giorno vento-piovoso,

immagini di oceani e fiumi e torrenti e laghi e ruscelli e pozzanghere

mi si ammucchiano allegramente in testa,

tu non sei qui (casa tua è altrove),

io – rigiro in bocca le parole della mia lingua

prima di mandarle, come devono, all’avventura.

 

Ad ogni modo, che ridicolo strumento per provare ad avere voce,

per dire, chiaro e tondo, ecco: scegli sempre prima che arrivi

il momento di scegliere, perché arriverà il momento:

e sotto qualunque specie ti apparirà,

apparirà e sparirà nello stesso respiro,

e l’unico modo per non perderlo sarà averlo saputo prima.

 

E detto questo, amico mio, mio signore,

poso la penna, chiudo la lettera e m’inchino

a te così – e ricapitolando, rifacendo i conti

sulle dita di una sola mano, i conti non tornano,

né sarò io a farli tornare –

te così distante.

JG

 

***

 

Note al testo. 1) Per quanto riguarda l'epigrafe: di solito vado sulle epigrafi colte, ma stavolta mi hanno ispirato due versi di Tiziano Ferro (eh sì, sono abituata a mescolare impunemente cultura "alta" e popolare!). 2) Inauguro qui una forma di fiction che potremmo intitolare “poetry fic” o meglio "poem fic", ovvero un racconto ispirato dalla presenza di una o più poesie. Qui abbiamo una poesia di Julia, rivolta – inconsapevolmente – a Stefan. Il senso di questi versi è: quando capita un avvenimento decisivo nella nostra vita, occorre saperlo riconoscere, senza farsi destabilizzare dal fatto che il detto avvenimento possa sembrare assurdo, inverosimile o anche troppo bello per essere vero.

 

Ringraziamenti. Grazie ad Agatha, Capitanhyuga, Eldarion e Sakura chan per i loro bellissimi commenti! Speriamo di non deludervi con la prosecuzione della storia...

 

Disclaimer. Stefan Levin, Karl-Heinz Schneider e Shunko Sho appartengono al maestro Takahashi, Julia è mia.

 

 
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: aelfgifu