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Autore: deniefn    11/10/2013    1 recensioni
[Song Fic]
[Song Fic]" - Chi sono io? Nessuno.
Sono solo una povera vittima del suo amore, il narratore della storia, colui che vuole ricordarla e farla ricordare alla gente scrivendo di lei su fogli di carta"
Genere: Generale, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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boccadirosa new L'ombra era avvolta da un lungo mantello e quindi mi era impossibille scoprirne il sesso. 
Ma quell'ombra, allo stesso tempo, era l'unica luce nelle piccole strade di Sant'Ilario in quanto si orientava grazie ad un piccolo lume.
Incutendomi molta curiosità e non avendo più sonno, decisi di seguirla.
Scesi di fretta e furia per non perdere il bagliore di quella luce e iniziai a camminare velocemente.
Le stradine erano veramente buie ed io camminavo senza sapere cosa ci fosse davanti a me. Ed ecco che improvvisamente inciampai addosso a qualcosa che sembravava vivo. 
<< Grr chi diavolo è a quest'ora?! >> brontolava una voce anziana. Mi allontanai di colpo e cercai di scorgere il volto.
Intanto il vecchio, un po goffamente, accese un fiammifero. Inizialmente non lo riconobbi, poi vedendolo meglio capì che era Don Maurizio, l'ubriacone della città. 
<< Don Maurizio, cosa ci fa qui a quest'ora della notte? >>
Gli porsi una mano per aiutarlo ad alzare ma fui colto alla sprovvista dal suo peso e, invece di sollevarlo, caddi a mia volta insieme a lui.
<< Ah mio caro, sei proprio fatto di marzapane >> borbottava Don Maurizio.
Sapevo che era un insulto, ma in quel momento mi veniva da ridere: sia per la situazione, sia per il suo tono di voce, privo di razionalità.
<< Dove abita Don Maurizio? >>
<< Eee Giovincello, non iniziamo a fare un interrogatorio >>
<< Vabbene.. >> risposi cercando di soffocare le risate.

Dopo 20 minuti di camminata, ascoltando le frasi e i racconti senza senso di Don Maurizio, rangiungemmo una locanda che aveva come proprietaria una donna, sulla 40ina, al quale ero molto affezionato.
Il perché? Semplice. Era un'amica molto affiatata di mia madre. Si volevano molto bene e passavano quasi tutte le giornate insieme; quindi durante la mia infanzia fu quasi come la mia seconda mamma. 
Poi la mia prima.. ci lasciò per andare in un posto migliore. Avevo solo 15 anni.
Facendo troppo male il suo ricordo, io e questa signora ci distaccammo. Ma comunque il mio affetto nei suoi confronti c'era sempre.
Alla vista di me e Don Maurizio scoppiò in una risata rumorosa: << Figliulello mio, esci con Don Maurizio adesso? >>
Le raccontai tutto e le chiesi se per la notte avrebbe potuto pernottare lì.
Lasciata la locanda, mi avviai verso casa.
Niente luce, ma non importava: almeno ero riuscito un po a distrarmi da.. quel pensiero.
Arrivato a casa, mi preparai una camomilla e verso le 5 ero di nuovo a letto.

Perdendo la cognizione del tempo, fui svegliato dall'uomo che ogni giorni, all'ora di pranzo, si veniva a prendere i sacchetti della spazzatura. Passava sotto le case con un piccolo carro trainato da un povero asino.
Maledizione, avevo saltato il lavoro. Si, lavoro. Presso un contadino che coltiva la maggior parte delle verdure che vengono consumate nel paese.
Ma siamo molto legati quindi mi perdonerà. Si, sono una persona abbastanza amata eppure sono un tipo solitario.
Decisi di pranzare fuori: scelsi un piccolo ristorante all'angolo tra Via S, Lorenzo e Via Chiabrera. Il proprietario era mio cugino.
Fu solo quando mi sedetti al tavolo che notai che era proprio difronte al "RISTORANTE L'ARAGOSTA". Mi si gonfiò una vena sulla fronte.
E in più, ecco lei seduta. Mi si gonfiò una seconda vena.
L'unico posto, l'unica persona che non volevo vedere. Che ironia della sorte: in quel momento mi sentivo molto preso in giro dal destino.
Cercai di calmarmi e di distrarmi leggendo il menù:
PRIMO
Spaghetti con Aragosta
SECONDO
Aragosta  con frutti di mare

Ecco una terza vena. Mi sentivo come una formica presa di mira da tanti bambini: io ero la formica e il destino, la sorte, la sfortuna e tutte le cose brutte erano i bambini.
Presi solo la pasta al sugo e un po di vino.
Sebbene continuassi a guardare il vaso di fiori difronte a me, era come se riuscissi a scrutare ogni suo movimento, ogni suo sorriso, ogni suo sospiro. Ma la voglia di contemplarla era troppo forte. Allungai lo sguardo verso di lei: nell'arco di un secondo riuscii solo a vedere che i lunghi capelli erano raccolti da una treccia.
Feci passare un altro minuto ed allungai un altro piccolo sguardo.. durato questa volta due secondi. Il suo rossetto rosso, il suo vestito color porpora. Guardava la strada e il venticello le accarezzava la pelle. Un altro minuto, uno dei più lunghi della mia vita. Quando mi voltai per guardarla, il suo sguardo era rivolto verso me. Fu così che notai una piccola cicatrice sotto l'occhio sinistro.
Quando distolsi lo sguardo da quella piccola imperfezione che forse la rendeva ancora più perfetta, fui colpito dal suo sorriso.
Proprio in quell'istate arrivò mio cugino con il piatto di pasta in mano. Preso dalla vergogna per quella impercettibile attenzione, rosso in viso, presi subito il piatto di pasta, ignorando completamente mio cugino. Presi una forchettata della pietanza.
<< Ma da quando non si saluta più, cuginetto mio? >> Un secondo dopo, cominciai a dimenarmi dal dolore: la pasta scottava. Un dolore atroce. Sputai. 
<< Cosa c'è? Non è di tuo gradimento? >> 
Con la bocca dolorante, riempì velocemente un bicchiere di vino e bevvi tutto d'un fiato. Mentre bevevo, posai i miei occhi su di lei e.. rideva. Rideva di me. Che vergogna. Altro che formica, ora ero proprio un moscerino. Tutte le sfortune del mondo mi avevano preso di mira. 
Chi figura di niente. 
<< Dovresti chiamarlo INFERNO di Sugo! Non Pasta al Sugo! >>
<< Suvvia cuginetto, da quando in quà si serve la pasta fredda? Ahahah >>
Mio cugino si addiceva proprio a quel lavoro: oltre ad essere il proprietario era anche il cuoco e infatti era cicciottello con le guancie e il naso rosso. Lunghi baffetti neri e capelli coperti da un malconcio cappello bianco da chef.
Consumai il mio pasto, soffiando almeno una 20ina di volte prima di ingerire. 
Lei era sempre lì e scambiava delle chiacchiere con un signore seduto al tavolo affianco. Provai un sentimento da poco conosciuto.
Una specie di rabbia, di fastidio, di invidia.. gelosia, ecco. Come facevano gli altri ad essere così tranquilli  spensierati difronte ad un angelo.. o ad un demonio?

Ferito ancora una volta, lasciai i soldi sul tavolo, salutai da lontano mio cugino e, con molta freddezza e distaccamento, mi allontanai da quel luogo. Ancora una volta i nostri occhi s'incontrarono e giuro che, come per magia, il sentimento di poco prima era svanito. Completamente scomparso. Dio.. ma come faceva?
Una volta calmatomi, raggiunsi la terra dove lavoravo. Mi aspettavo di trovare il contadino arrabbiato, almeno un po, invece si rilevò preoccupato. Lo rassicurai inventando di non aver sentito il gallo cantare e mi scusai.
Ormai per le strade si erano fatte due opinioni diverse riguardo a Bocca di Rosa: quella maschile, altamente positiva; quella femminile, sorprendentemente negativa. 
Girava voce che avesse passato la notte con due uomini diversi, ma i nomi erano ancora ignoti.
Eppure io non riuscivo ad odiarla. Da quando era arrivata lei, il paese era come se fosse sempre in fiore. Si, con lei era arrivata la primavera.
Tornato a casa, non pensai altro che al suo sorriso rivolto a me. Quei denti impercettibilmente sporgenti. Le sue forme.. tutto il mio io la bramava.

I giorni successivi, ebbi sue notizie tramite i pettegolezzi e le novità degli altri. Si diceva che avesse camminato per le strade di Sant'Ilario con il sindaco Vittorio Pertusio; che avesse innaugurato un nuovo negozio; che fosse stata ospite d'onore in un matrimonio.
Tutti l'adoravano. Con lei tutti erano felici. Non so com'era possibile, ma era così.
Donne e mogli erano un altro paio di maniche: la odiavano, la disprezzavano e l'ignoravano.
Infatti Bocca di Rosa, da quanto sentito, non aveva amiche eccetto la S. Rossi ( la donna più facile della città) ma quest'amicizia non faceva che rovinare ancor di più la sua reputazione.
  
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