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Autore: rolly too    12/10/2013    4 recensioni
Dino sta per mettersi sotto alle coperte e il telefono squilla.
Allunga una mano sul comodino per recuperarlo, lo urta e il cellulare quasi cade, ma con un movimento a metà tra l'intenzionale e il casuale riesce a recuperarlo.
«Sì?»
«Dino-san? Ti disturbo?»
«Tsuna?»
Fa un breve calcolo mentale: in Giappone sono più o meno le sette della mattina. Questo vuol dire che c'è qualcosa di urgente di cui parlare, se il piccolo boss dei Vongola gli telefona a quell'ora.
«È successo qualcosa?»
«Mi chiedevo, ecco... Se sai qualcosa di Hibari-san.»
«Kyoya?»
Non capisce cosa c'entri adesso Kyoya. Soprattutto, non sa cosa esattamente dovrebbe sapere su di lui.
«Sì, insomma, se sai dov'è.»
Genere: Azione, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Kyoya Hibari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fermi in stazione davanti al tabellone dei treni, Dino teme che Kyoya possa impazzire e fare una strage.
Il treno ha collezionato novanta minuti di ritardo e deve ancora arrivare, e Kyoya ha già avuto una mezza crisi isterica quando ha scoperto che il biglietto non sarebbe stato rimborsato.
«Fare una strage non farà arrivare prima il treno.» lo informa Dino, mentre inizia a dirigersi verso il binario. «Anzi, lo farebbe tardare ancora di più.»
Kyoya sembra ponderare la cosa, perché anche quando gli passa davanti un controllore con tanto di divisa non fa nulla. O forse è consapevole che potrebbe anche andare a dirgli qualsiasi cosa, sembrerebbe solo uno psicopatico che parla una lingua sconosciuta.
Quando il treno arriva Kyoya borbotta e sbuffa, perché lo trova sporco e sono costretti a viaggiare seduti in direzione opposta rispetto al senso di marcia del treno, ma dopo un po' si mette tranquillo e passa tutto il viaggio a guardare fuori dal finestrino.
Quando arrivano a Venezia ed escono dalla stazione, e si trovano davanti ai canali e alle barche, Kyoya si ferma.
Dino lo vede che si guarda in giro, un po' smarrito, come se non fosse bene in grado di gestire la vista di una città simile.
«È bella, vero?» gli domanda con un sorriso.
Kyoya non risponde e non dà nemmeno segno di averlo sentito. Semplicemente, guarda.
A Dino sembra un bambino davanti a una giostra incredibile, anche se Kyoya in realtà non si muove e non dice nulla. Ma sembra che non sappia dove guardare, che tutto lo attiri.
Dino inizia a scendere le scale della stazione, e Kyoya lo segue in silenzio.
In realtà, non è che Dino conosca la strada e sa bene che a Venezia è facile perdersi, ma vuole che Kyoya veda la città, così per prima cosa inizia a seguire le indicazioni per piazza San Marco.
«Perché mi hai portato qui?» domanda Kyoya, mentre insieme s'infilano nei vicoli della città.
Dino si ferma, si gira verso di lui e lo guarda.
«In che senso?»
Kyoya sembra pensarci.
«Io ti ho detto che volevo venire qui e tu mi ci hai portato.»
«Sì.»
«Perché?»
Dino sorride, e avrebbe voglia di sbuffare ma si trattiene.
Sa che Kyoya non capisce le sue premure, che per lui tutto quello non ha il minimo senso. Aspetta che il ragazzo lo raggiunga, in modo che gli sia accanto e non dietro, e quando Kyoya è accanto a lui gli sorride.
«Perché potevo accontentarti e volevo farlo. Consideralo un regalo.»
Vuole renderlo sereno.
In un certo senso, lo vede come un esperimento, e sta funzionando.
Da quando è in Italia, Kyoya è molto più tranquillo, e Dino è quasi convinto che sia perché lui lo tratta bene e non lo ignora. Alla fine, Kyoya ha solo bisogno di qualcuno che si preoccupi per lui, ne è convinto.
Kyoya non gli risponde e continua a camminare.
Nemmeno Dino parla più, preferisce che sia l'altro a farlo. Lo vede pensieroso, e non vuole disturbarlo.
Sopra a un ponte, Kyoya si ferma a guardare il canale sotto di loro e le case che si affacciano direttamente sull'acqua. Sembra ignorare del tutto Dino, e l'altro lo lascia fare.
Mentre è fermo lì, con gli occhi fissi sull'acqua, Kyoya parla.
«Non potrò più tornare in Giappone.» dice. «Per anni.»
Dino gli si avvicina, poggia le mani sul parapetto del ponte e fissa l'acqua a sua volta.
«Potresti, se tua madre ti prendesse con sé.»
«Non lo farà.»
No, anche Dino è convinto che non lo farà.
«Possiamo comunque provare a metterci in contatto con lei, se tu lo desideri.»
«Non era quello ch volevo dire.»
Dino resta in attesa che prosegua, ma Kyoya non sembra intenzionato a dare altre spiegazioni, e a Dino tocca scervellarsi per cercare di seguire i pensieri del ragazzo.
Quello è sicuramente un punto che devono migliorare; Kyoya è criptico, fin troppo a volte. Deve insegnargli a spiegarsi, a non aver paura di mettere insieme più di due frasi, ma ha come la sensazione che sia chiedere troppo, per il momento.
Per quanto ci pensi, non riesce a capire cosa intenda Kyoya, così decide che è meglio fare un discorso generale.
«Lo so che cinque anni sono tanti.» gli dice. «Ma almeno hai un posto dove restare. Se fossi riuscito a scappare, dove saresti andato? Avresti dovuto nasconderti e chissà che vita avresti fatto. Qui hai una casa, e puoi restare finché vuoi. Magari in questi anni deciderai che l'Italia ti piace e ci vorrai restare.»
Kyoya non risponde. Scosta lo sguardo dall'acqua e riprende a camminare. Scende le scale del ponte e guarda a destra e a sinistra e davanti a sé, come a decidere dove andare, poi prosegue dritto.
Dino lo rincorre, inciampa sull'ultimo scalino e maledicendosi finisce a terra, ma si rimette in piedi e riacciuffa Kyoya per il polso.
«Di qua.» gli dice con un sorriso, indicandogli la destra. «Ti sto portando in un posto che sono sicuro ti piacerà.»
Kyoya gli rivolge un'occhiata scettica, però cambia direzione e lo segue.
Dino ancora non riesce a capire bene che cosa ne pensi del discorso di qualche istante prima, ma alla fine decide che Kyoya sembra tranquillo, quindi forse per una volta ha detto la cosa giusta al momento giusto.
Quando arrivano in piazza, e si trovano davanti alla cattedrale di San Marco, Dino si pente solo di non avere una macchina fotografica per poter immortalare il volto di Kyoya.
Guarda come se non avesse mai visto niente di simile, e anche se il suo volto è serio e impassibile come sempre i suoi occhi sono pieni di curiosità e guizzano da una parte all'altra della struttura, come se non sapesse da che parte guardare.
Dino gli indica il campanile.
«Da lassù si vede tutta Venezia. Vuoi salire?»
Kyoya si limita ad annuire.
Segue Dino e si mette in coda senza protestare, anche se Dino vede che cerca in tutti i modi di stare più lontano possibile dalle altre persone, e quando salgono nell'ascensore Kyoya si schiaccia nell'angolo, dietro a Dino, lontano da tutti.
Nonostante questo, nel momento in cui arrivano lassù, Kyoya sembra dimenticare la folla che è salita con loro, e si avvicina alle grate delle finestre. Vi si aggrappa con le dita e guarda fuori, ignorando completamente tutto il resto.
Restano lì più di due ore, perché Kyoya si sposta da una finestra all'altra e si rifiuta di scendere, come un bambino capriccioso su una giostra che gli piace, così alla fine Dino decide di assecondarlo.
Scendono dopo più di due ore, e Kyoya si dirige verso la cattedrale senza nemmeno guardare se Dino lo sta seguendo oppure no.
Ma Dino lo segue, e presto gli si affianca e mentre Kyoya esplora la chiesa da cima a fondo, si limita a guardarlo. Vorrebbe stare lì per sempre. Mentre Kyoya studia gli ori e i dipinti e sembra davvero sereno, per una volta, quasi gli sembra di aver dimenticato gli Olivieri, la guerra, i Vongola.
Quasi quasi dimenticherebbe anche i Cavallone, se questo volesse dire avere Kyoya così tranquillo accanto a sé, senza problemi, solo con il pensiero di stare insieme e stare bene.
Perché lui in compagnia di Kyoya sta bene più che mai, e sa che anche se Kyoya non è in grado di ammetterlo nemmeno con se stesso è così anche per l'altro, che ha ormai accettato almeno la sua presenza, e non lo allontana bruscamente, non sempre, almeno, e quest'idea lo rende felice più che mai.

Quando arrivano in hotel Dino ha male ovunque, i piedi implorano pietà ed è più stanco e sfinito che mai.
Hanno camminato tutto il giorno, e Kyoya l'ha fatto impazzire su e giù per i ponti per vedere tutto quello che gli piaceva. Dino, comunque, non si pente d'averlo portato a Venezia, anche se sa che ha le vesciche sotto ai piedi e che il sole di quella città non ha fatto bene alla sua pelle.
Ma se ha fatto male a lui, ne ha fatto ancora di più a Kyoya, che, pallidissimo com'è, ora ha il volto rosso di sole, e in quel rosso il grigio dei suoi occhi risalta più che mai, e Dino non riesce a smettere di guardarlo, incantato da quel colore come un idiota.
Dopo la cena, Dino implora Kyoya di lasciargli fare la doccia per primo. L'altro si limita ad annuire, così Dino va a gettarsi sotto all'acqua fredda, in cerca di un po' di sollievo.
Quando esce, quasi rigenerato, trova Kyoya steso in diagonale sul letto matrimoniale della stanza, con lo sguardo puntato sul soffitto.
Dino gli si siede accanto e gli sorride.
«Dovresti mettere un po' di crema sul viso.» gli fa notare.
Kyoya non risponde e non dà segno d'averlo sentito.
Dino gli scosta i capelli dalla fronte senza nemmeno toccargli la pelle.
«Non ti brucia?» domanda.
Gli occhi di Kyoya sembrano due diamanti, in quel rosso. Perché non riesce a smettere di fissarlo?
Kyoya solleva la mano, la posa sulla guancia di Dino e poi fa per spingerlo via, ma quel tocco non fa che aumentare il desiderio di Dino.
È solo un ragazzino, idiota, si rimprovera. Ma è lì, steso accanto a lui...
«Che fai, mi cacci?» ridacchia Dino, senza accennare a muoversi.
«Mi stai fissando di nuovo. Stupido erbivoro.»
«Te l'ho detto e te lo ripeto che io ti guardo finché mi pare e piace.»
«Ma a me dà fastidio.»
«E allora tu non ci pensare.»
Kyoya sbuffa e fa una faccia contrariata, poi rimane in silenzio.
Parla dopo un tempo lunghissimo, tanto che Dino inizia a pensare che si sia addormentato.
«Io non ti capisco.»
«Che cosa non capisci, Kyoya?»
In realtà, a Dino sembra di essere abbastanza cristallino. Anzi, di esserlo troppo. A quanto pare si sbagliava, visto che Kyoya dichiara una cosa del genere.
Ma Kyoya non sembra intenzionato a dare altre spiegazioni, come sempre, e Dino non sa bene cosa pensare.
Ci riflette diverso tempo, poi decide di parlare, visto che Kyoya non è intenzionato a proseguire.
«Io sono molto semplice da capire, Kyoya. Quando voglio bene a una persona, voglio che sia felice e faccio quello che posso per fare in modo che lo sia davvero.»
Kyoya si limita a fissarlo. Lo guarda negli occhi, senza distogliere lo sguardo nemmeno per un secondo.
Dino deglutisce, perché vederlo così è una tentazione forte per lui, anche troppo.
«Posso baciarti?»
Non sa nemmeno perché l'ha chiesto anzi, non se n'è reso conto finché non ha sentito la propria voce. Adesso è la fine; Kyoya l'ha risparmiato anche troppe volte, ormai.
«D'accordo.»
Rimane a lungo immobile, in silenzio.
Kyoya gli ha appena dato il permesso di baciarlo o se l'è sognato? O forse è proprio tutto quello un sogno, forse non è a Venezia ma nella propria camera, e quando si sveglierà avrà un problema da risolvere nei pantaloni.
Oh, sì, dev'essere proprio così. È un altro di quei suoi sogni imbarazzanti in cui lui non riesce a controllare il proprio desiderio, e si immagina avvinto al corpo di Kyoya, e quando si sveglia deve correre sotto alla doccia ghiacciata per placare l'eccitazione. È sicuramente così.
Solo che Kyoya continua a guardarlo, come se non capisse tutta quell'attesa.
Quindi forse non è un sogno, forse è solo tutto molto strano. E se è stato proprio l'altro a dargli il permesso, allora...
Dino posa le labbra su quelle di Kyoya.
Ha subito la tentazione di approfondire quel bacio, ma non lo fa. Si allontana lentamente da lui e lo guarda negli occhi.
«Baciarmi ti ha reso felice?» domanda Kyoya.
Dino annuisce, guardandolo.
«Moltissimo.» risponde, sincero.
Kyoya fa una lunga pausa, senza distogliere lo sguardo da quello di Dino.
«Come si fa a capire quando si è felici?»
Dino gli rivolge uno sguardo dolce e gli sfiora appena la fronte con la punta delle dita, in una carezza che nemmeno lo tocca davvero, ma lo stomaco gli si è stretto a quella domanda. Come si fa a dover chiedere una cosa simile?
«È difficile da spiegare.» mormora, pensieroso.
Vede lo sguardo di Kyoya incupirsi, perciò prosegue:
«Ci provo, d'accordo?»
Kyoya annuisce.
«Sei felice quando... mmh... quando va tutto bene. Quando non c'è niente che ti preoccupa, quando stai così bene che non potresti stare meglio.» prova a dire. Gli sembra che non renda l'idea, ma non sa come altro esprimersi.
«Quando sono felice, mi sento come se non ci fosse niente di brutto.»
Kyoya resta pensieroso a lungo.
«Non capisco.» dice alla fine.
Dino lo sa, che non capisce. Sa che non può capire la felicità se non è mai stato felice, ma per risposta gli sorride e gli dà un bacio sulla fronte.
«Un giorno capirai anche tu.» gli dice.
«Sì.» risponde l'altro, prima di infilarsi sotto alle coperte e dargli le spalle. «Vedi di non disturbarmi mentre dormo, o ti morderò a morte.»
Dino sbuffa, prima di stendersi accanto a lui, a debita distanza.
«Certo.»


Grazie a tutti per i bellissimi commenti, scusate se non ho risposto singolarmente a ognuno di voi.
Dal prossimo, vi annuncio che le cose si movimenteranno.
Baci,
rolly too
   
 
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