CAPITOLO
OTTO – UNA SERATA… INDIMENTICABILE
Ho
già capito chi sei, che cosa cerchi tu da me
che cosa vuoi di più da me
tu vuoi quel graffio al cuore che anch’io fortemente vorrei.
(Fuoco nel fuoco, E. Ramazzotti)
La
ruota del Nucleo girò rumorosamente facendo
spostare la porta di lato e Gwen entrò dentro quasi
saltellando allegramente.
Sembrava essere parecchio di buon umore quella mattina, forse una buona
notizia
o una piacevole nottata con Rhys.
“Buongiorno,
ragazzi!” salutò in tono pimpante, ma
tutto ciò che ricevette in cambio furono dei borbottii o dei
grugniti. “Che
allegria! Siete sempre così gioiosi?”
“La
gioia è solo una effimera illusione di chi fugge
dalla realtà”, sospirò Owen,
concentrato a pulire i suoi attrezzi da lavoro e
non facendo per niente caso a Gwen.
“Ci
siamo dati al pessimismo Leopardiano, Owen?”
In
quel momento la porta dell’ufficio di Jack si
spalancò e ne uscirono Ianto e il Capitano.
Quest’ultimo aveva uno strano
sorrisetto sardonico dipinto sulle labbra, l’altro invece
scese le scalette
camminando a gambe larghe, una smorfia sulle labbra. Soltanto Gwen
parve però
accorgersene e a fatica trattenne una risata.
“Stamattina
ho incontrato Andy”, sbottò allora la
ragazza, sedendosi con un colpo di reni su un tavolino e accavallando
le gambe.
“Oh
adesso mi spiego il tuo buonumore”, la prese in
giro Owen, uscendo dal suo laboratorio. “Rhys non ti basta
più?”
Gwen
gli lanciò un’occhiata omicida.
“Idiota”,
soffiò in direzione dell’amico, ma nemmeno la sua
battuta le rovinò l’allegria.
“Comunque, stavo dicendo…”,
continuò allora, giocherellando con un cubo di
Rubik. “Il dipartimento di polizia di Cardiff organizza una
festa stasera e ci
ha invitati”.
“E
a cosa dobbiamo questo onore?” chiese ancora Owen
che quella mattina sembrava grondare acido da tutti i pori quella
mattina.
“Be’,
dopotutto contribuiamo a tenere in ordine
questo posto”, fu la risposta della ragazza che
guardò in direzione di Jack
ricevendo solo una scrollata di spalle. “Vi va di
venire?”
“A
una festa con degli sbirri sfigati?!” esclamò il
dottore con fare sconvolto. “Non ci penso proprio”.
Gwen
sbuffò, ma dopotutto non si aspettava certo che
Owen accettasse di buon grado. “Tu, Jack?”
Il
Capitano rimase un attimo a guardarla prima di
rispondere. “Lo sai che la polizia non mi piace”.
“Ma
anche io ero una poliziotta!”
Altra
scrollata di spalle da parte di Jack.
“Tosh?”
chiese questa volta la ex poliziotta,
guardando in direzione di Toshiko e sperando di ricevere una risposta
soddisfacente almeno da lei. Essendo anche lei una ragazza, contava
nella
complicità che correva tra ragazze.
“Le
feste non fanno per me”, le rispose invece la
giapponese, togliendosi gli occhiali da vista. E questa volta il
buonumore di
Gwen finì leggermente intaccato. “Immagino di non
poter contare neanche su di
te, Ianto”.
“Ho
portato il mio completo migliore in tintoria la
scorsa settimana”.
Certo,
che avesse portato il suo completo migliore
in tintoria ci stava, ma non credeva assolutamente che ne avesse solo
uno.
“Certo
che siete proprio deprimenti”, concluse alla
fine Gwen, scendo dal tavolo. “Pensate solo al lavoro.
Potreste divertirvi una
volta tanto”. Poi tirò fuori dalla tasca qualcosa
di rettangolare e lo buttò
sul tavolino. “Vi lascio qui i biglietti nel caso cambiaste
idea”. E abbandonò
la stanza a passo di marcia.
Ianto
chiuse la comunicazione con la pizzeria da cui
erano soliti ordinare il pranzo e poggiò il telefono sul
tavolo più vicino. Poi
vide i biglietti per la festa di polizia di quella sera e li prese in
mano,
osservandoli con attenzione.
“Però,
non mi sembra una cattiva idea andare alla
festa”, disse, dopo un po’. “Qui
c’è scritto che sarà servito un buffet
e che
ci sarà una pista da ballo”.
“Ancora
peggio. Non so ballare”, rispose Owen,
seduto su una sedia a rigirarsi i pollici. Era indeciso tra il tornare
a casa o
il restare lì. Non c’era molto da fare quel giorno
a Torchwood, la Fessura non
aveva mostrato segnali di alcun genere e non c’erano stati
avvistamenti di
alieni o altro. Stava perdendo tempo lì. Però
anche tornare a casa non avrebbe
cambiato molto.
“Non
devi ballare per forza”, gli fece notare Ianto.
“E’ dai tempi del liceo che non vado a una festa in
cui si balla”.
Jack,
allora, distolse gli occhi da dei documenti
che stava leggendo e li puntò sul compagno.
“Io
all’ultimo ballo del liceo ci sono andato con
una certa Jessica”, ricordò il dottore.
“Ma poi mi sono fatto la sua migliore
amica nei bagni della scuola”.
Ianto lo guardò con una strana espressione, ma non disse
niente. si limitò a
riporre i biglietti sul tavolo e a girare sui tacchi.
“Ianto!?”
lo chiamò il Capitano, buttandosi contro
lo schienale della sedia. “Vorresti andarci?”
“Intendi…
alla festa della polizia?”
“Sì”.
Il
ragazzo non seppe che cosa rispondere. Come mai
Jack gli faceva quella domanda? Forse era una domanda a trabocchetto o
qualcosa… alla fine, comunque, optò per la
verità. “Be’, non mi dispiacerebbe.
Ma non è così importante”. Poi si
allontanò per andare a prendere le pizze.
Durante
il pranzo, Owen si cimentò nel raccontare
altri episodi dei tempi in cui andava al liceo, senza tralasciare
niente,
nemmeno quante ragazze si era fatto. Solo Gwen e Tosh lo stavano
ascoltando, la
prima divertita e l’altra piuttosto infastidita.
Jack sembrava perso nei suoi pensieri, mentre Ianto era troppo
impegnato a
divorare la sua pizza.
“E
poi qualcuno aveva fatto uno scherzo a questa
ragazza piena di brufoli, dicendole che io avevo una cotta per
lei”, fece una
pausa per mangiare un boccone di pizza, poi continuò.
“e ha avuto il coraggio
di chiedermi di uscire. Credo che abbia passato un’intera
settimana a piangere,
quando ha capito cosa le avevano fatto”.
“Sei
proprio uno stronzo”, commentò Gwen cercando di
trattenere le risate.
“Sì,
lo ero. Ma da allora lei ha imparato a fidarsi
meno della gente”.
Il
dottore si zittì e nessun altro prese la parola.
Dopo un po’, però, Jack scorse lo sguardo sui suoi
compagni e assottigliò lo
sguardo, perplesso. “Ianto, hai intenzione di mangiarti anche
il cartone?” Tutti
gli sguardi si puntarono su Ianto che a
sua volta alzò gli occhi con un pezzo di crosta in mano.
Aveva mangiato tutta
la sua pizza in poco tempo, cosa che faceva raramente perché
l’avanzava quasi
sempre, e ora si stava divorando anche le briciole.
“No,
è solo che ho fame”.
Il
Capitano non parve del tutto convinto, ma scrollò
le spalle e decise di lasciar perdere.
“Spero
che tu non sia troppo pieno. Andiamo a caccia
di Weevil”.
“E’
da un quarto d’ora che camminiamo e ancora non
ce n’è traccia”, si lamentò
Ianto, puntando la torcia attorno a sé, sulle
pareti sporche e piene di muffa. Era
divertente cacciare i Weevil,
ma non
quando bisognava infilarsi nelle fognature. Poi doveva riempirsi di
profumo per
non puzzare di merda.
“Ne
troveremo uno, vedrai”, cercò di incoraggiarlo
Jack che apriva la strada camminando davanti, mentre l’altro
seguiva lo
svolazzo del suo lungo cappotto grigio.
“Certo.
Non vedono l’ora di…”.
“Shhh!”
lo zittì allora il Capitano, portando un
indice alle labbra e tendendo le orecchie in ascolto. Anche Ianto si
mise
sull’attenti e gli parve di udire, a pochi metri da loro, il
tipico ringhio
basso dei Weevil. “Mi sa che ce n’è uno
nei paraggi”, bisbigliò, appiattendosi
contro il muro. Poi prese a camminare, sempre strisciando contro la
parete,
finché non arrivò a una svolta nel cui mezzo
c’era proprio un Weevil intento ad
annusare qualcosa.
“Ehi!
Fermo là”.
L’alieno
si guardò attorno come in preda al panico,
cercando una via di fuga. Jack approfittò di quel momento
per saltargli
addosso. Cercò di dargli una scossa, ma quello lo
disarmò con una potente
manata e lo fece cadere a terra. Allora Jack lo prese per le gambe e lo
buttò
anche lui, salendogli a cavalcioni. Ma il Weevil non demordeva e si
difendeva
con tutte le sue forze. In poco tempo riuscì a mettere in
difficoltà il suo
assalitore e a invertire le posizioni. Proprio quando il Capitano si
prese un
pugno sulla mascella, Ianto afferrò il mostro per le spalle
e lo allontanò da
lui, lanciandolo contro il muro. Gli assestò un paio di
pugni facendolo
svenire.
Poi si voltò verso Jack e lo aiutò ad alzarsi.
“Bel
lavoro”, gli disse il Capitano sorridendo,
piegato in due per riprendere fiato.
“Tu
hai fatto il grosso del lavoro”, rispose Ianto,
avvicinandosi a lui e pulendogli con un dito il sangue che usciva da
una ferita
al labbro. Tanto in poco tempo sarebbe guarita. Jack gli prese il dito
sporco
in mano e leccò via il sangue in modo molto suadente, senza
mai interrompere il
contatto visivo col ragazzo che si sentì i brividi correre
lungo la schiena e
una piacevole sensazione nel basso ventre.
Cercò
di allontanarsi velocemente ma ciò gli causò
un leggero capogiro e gli parve che tutto il corridoio attorno a lui
avesse
preso a girare. Jack, accorgendosene, lo afferrò per le
spalle e lo guardò
preoccupato. “Stai bene?”
Ianto
alzò gli occhi stanchi su di lui. “Sì,
è stato
solo un attimo”.
“Sicuro?”
“Certo!
Sto bene”. Il ragazzo gli sorrise per
rassicurarlo e poi andò verso il Weevil svenuto. Jack non
fece altre domande
anche se era chiaro che Ianto non stava bene. Era da un po’
di giorni che
sembrava avere dei capogiri e rischiava di svenire. E poi gli si
leggeva nello
sguardo che qualcosa gli dava fastidio. Avrebbe dovuto insistere di
più, fare
qualcosa però…
“Forza!
Andiamo via”.
I
due uomini risalirono in superficie, Jack con il
Weevil buttato su una spalla e Ianto che questa volta apriva la strada.
Raggiunsero
il Suv in completo silenzio e posarono l’alieno nel
bagagliaio, legato come un
salame.
Poi si accomodarono anche loro, il Capitano al posto di guida e il suo
compagno
accanto a lui dal lato del passeggero. Stava per allacciare la cintura,
quando
il più vecchio gli prese una mano e, avvicinatosi, lo
baciò. Ianto, anche se
non se lo era aspettato minimamente, lo lasciò fare e
socchiuse la bocca per
fargli spazio. Dopotutto non era raro che Jack lo baciasse
così, senza alcun
motivo, come se una vocina nella sua testa glielo ordinasse. O come se,
dai
suoi baci, dipendesse la sua intera esistenza.
Ma non si fermarono lì. Jack riuscì a slacciargli
la cravatta senza che l’altro
nemmeno se ne accorgesse, Ianto la vide soltanto volare contro il
parabrezza.
Poi cominciò ad armeggiare coi bottoni della sua camicia,
scorrendogli la mano
fredda sul petto.
Poi si ritrovarono sdraiati sul sedile posteriore, senza neanche
ricordarsi di
come ci erano arrivati, Ianto sotto e Jack sopra di lui. Si baciavano,
si
accarezzavano, si godevano ogni centimetro dei loro corpi e poco
importava se
si trovassero in un parcheggio dove, anche se a quell’ora
poco affollato,
correvano il rischio di essere visti. Non tralasciavano nessun
preliminare, non
lo facevano da quando… be’, da quando si erano
messi insieme, ufficialmente.
Perché ora non si trattava più di semplice sesso,
non erano solo i loro corpi a
unirsi. Era… tutto.
Il
ragazzo si aggrappò con una mano ai capelli del
Capitano, mentre questi gli mordicchiava il collo, e premette il naso
contro la
sua spalla, assaporandone il profumo, quel profumo che possedeva
soltanto Jack,
quel profumo che non se ne andava nemmeno quando odorava di sudore o di
fognature. Ma lui non odorava mai di sudore o fognature, quel profumo
era
sempre lo stesso, inebriante, invadente, eccitante…
Si lasciò sfuggire un sospiro. Non avrebbe resistito ancora
a lungo. E Jack,
come se lo avesse capito, in poco tempo fu dentro di lui,
completamente, senza
lasciargli il tempo di prepararsi. Non lo faceva mai, lui era
così: veloce e
intenso.
Ianto cercò di tenere al minimo i gemiti. Accarezzava il
petto del Capitano mentre
questi si muoveva su e giù, delicatamente per non fargli
male.
Infine,
raggiunsero l’orgasmo nello stesso momento e
fu come… come aver trovato qualcosa che cercavano da tanto
tempo.
Jack si lasciò cadere sul compagno, una mano poggiata sulla
sua spalla e la
testa sul suo petto. “Ti amo, Ianto Jones”, gli
soffiò all’orecchio. Ianto
avrebbe tanto voluto piangere, piangere per la gioia, quella gioia
talmente
forte da essere addirittura opprimente, quella gioia che ti schiaccia
sotto il
suo peso.
Tutto
andava bene, ora. Era con Jack, in quell’auto,
c’erano soltanto loro due e tutto andava bene. Il loro mondo
era racchiuso lì
dentro.
Alla
fine ci erano andati a quella festa alla
centrale di polizia. Gwen ancora non aveva capito come avevano fatto a
cambiare
idea in così poco tempo, ma non era questo che contava. Non
sapeva perché, ma
nutriva grandi speranze per quella serata, come se qualcosa di speciale
sarebbe
dovuto avvenire.
La
verità era che Ianto aveva solo espresso un
piccolo desiderio di andarci e Jack, inspiegabilmente, aveva
acconsentito ad
accompagnarlo. Quel giorno il Capitano era stato particolarmente dolce
e
accondiscendente nei suoi confronti e, per quanto il ragazzo tentasse
di non
farci caso, non poteva fare a meno di pensare al perché e di
sentirsi anche
piuttosto contento.
Poi
aveva deciso di unirsi anche Toshiko, tanto per
conoscere altra gente, aveva detto. E infine si era convinto anche
Owen, ma
solo perché gli amici lo avevano provocato dicendogli che
era asociale e che si
vergognava.
E
così avevano varcato la porta della centrale sotto
gli occhi di tutti. In fondo, non accadeva tutti i giorni che il team
di
Torchwood si unisse alla gente comune. Tutti bene o male conoscevano
quell’organizzazione e l’aura di mistero che vi
alleggiava e c’era chi ne era
piuttosto attratto e chi preferiva invece non porre troppe domande. Ma,
quella
sera, più di qualche occhio cadde sui cinque personaggi che,
in qualche strano
modo, si presentavano diversi dagli altri, e non tanto per i vestiti o
per il
modo di parlare, quelli erano assolutamente normali, ma per gli sguardi
che
avevano, per le espressioni, il modo di porsi, di affrontare quella
determinata
situazione quotidiana. Stonavano in mezzo a tutti quei poliziotti in
borghese
con i loro rispettivi compagni. O forse erano gli altri a stonare.
“Allora,
Gwen, non mi presenti ai tuoi amici?”
chiese un ragazzo biondino e piuttosto magro, avvicinandosi a Gwen e ai
suoi
compagni di lavoro.
“Oh,
ciao, Andy. Loro sono Jack, Ianto, Toshiko e
Owen. Ragazzi, lui è Andy”, presentò
Gwen, contenta come una bimba il giorno di
Natale.
“E
così sei tu il famoso Andy!” esclamò
Jack,
esuberante come sempre, stringendo la mano al poliziotto.
“Famoso?”
“Certo.
Sentiamo tanto parlare di te”, continuò ad
infierire il Capitano, non badando affatto alle gomitate di Gwen.
“Davvero?”
Il povero Andy aveva un’espressione
proprio perplessa e incredula. Sembrava che questo fatto fosse per lui
piuttosto improbabile. “E che cosa si dice di me?”
“Andy!”
intervenne Gwen allora per non peggiorare la
situazione e lanciò un’occhiata omicida a Jack
dietro di lei. “Dov’è la tua
accompagnatrice? Perché non me la presenti?”
Il
ragazzo abbassò lo sguardo e si guardò i piedi
come imbarazzato. “Ecco io… veramente…
non sono venuto con nessuno”.
“Vuoi
dire che sei qui da solo?!” esclamò la
ragazza, esagerando l’espressione sconvolta. “Ma
come?”
Ogni
altra risposta o protesta venne interrotta in
quel momento dall’arrivo di Rhys che teneva in mano due
bicchieri di champagne.
“Ragazzi, volete anche voi qualcosa?” chiese,
più per essere educato che non
perché volesse veramente andare a prendere qualcosa agli
amici di sua moglie
che, doveva confessarlo, non gli andavano molto a genio.
“Sì,
vorrei uno di quei drink con l’oliva dentro, se
non ti dispiace”, rispose Jack, guardando Rhys con sguardo
quasi provocatorio.
A volte si divertiva a prenderlo in giro o a farlo esasperare. Ianto
alzò gli
occhi al cielo. “Te lo porto io”, si
offrì, più che altro per fuggire da tutta
quella pantomima.
Raggiunse
il tavolo del buffet destreggiandosi come
un equilibrista tra le varie persone, cercando di non scontrarsi con
nessuno, e
tirò un sospiro di sollievo. E, completamente dimentico
della bibita per Jack,
si mise a mangiare tutto quello che gli capitava a tiro.
Forse non era stata una buona idea venire lì,
pensò, mettendo in bocca un
pezzettino di formaggio. C’erano troppe persone, la stanza
era troppo affollata
e a lui non erano mai piaciuti i luoghi troppo affollati, come non gli
era mai
piaciuto stare in mezzo a tanta gente.
Si infilò in bocca due o tre noccioline. Ma che cosa aveva
sperato di ottenere?
Una serata piacevole e romantica con Jack?
Sospirò tra sé e sé addentando un
cetriolo.
“Ehi,
hai parecchia fame oggi”, sentì esclamare una
voce dietro di lui. Si voltò trovandosi davanti Tosh che gli
sorrideva
cordiale, come sempre.
Ianto
abbassò lo sguardo sul cetriolo che teneva in
mano. Non gli erano mai piaciuti i cetrioli, però quello era
buono. Poi si
accorse di aver finito anche tutto il piatto delle noccioline.
Forse doveva andarci piano col cibo.
Finì
di mangiare quel cetriolo e si allontanò senza
dire niente. Raggiunse di nuovo Jack, trovandolo circondato da un
gruppetto di
donne che lo guardavano affascinate e divertite mentre lo ascoltavano
raccontare
uno dei suoi aneddoti stravaganti. Ma probabilmente non capivano molto
di
quello che diceva, troppo impegnate a fare altro. Una si era
addirittura
slacciata il primo bottone della camicia.
A
Ianto venne voglia di trascinarlo via per un
orecchio. Non ci aveva messo molto a fare amicizia. Possibile che
riuscisse ad
attirare tutti quei sguardi in così poco tempo?
“Ne
hai ancora per molto?” gli chiese in tono
piuttosto acido e infastidito.
Jack
si voltò verso di lui e lo guardò con cipiglio
incuriosito. Poi appoggiò le mani sulle spalle di due donne
e, guardandole
provocante, sospirò: “Scusate, ma
c’è qualcun altro che richiama la mia
attenzione”. E, prendendo Ianto per la vita, lo
baciò sotto gli sguardi di
tutte quelle signore che rimasero piuttosto attonite e sconvolte.
Miriam
uscì dalla toilette e si avvicinò al
lavandino. Aprì il rubinetto dell’acqua
lasciandola scorrere sulle mani e nel
frattempo si dette un’occhiata allo specchio. La matita nera
sotto l’occhio
stava andando via, forse era meglio metterne ancora un po’. E
magari sistemare
il rossetto. Doveva ammettere che si stava piuttosto divertendo quella
sera.
Credeva che si sarebbe annoiata e che avrebbe dovuto sopportare battute
dal
pessimo gusto e donne che spettegolavano su ogni persona. E invece no,
gli
amici e i colleghi di David erano piuttosto simpatici.
Finì
di lavarsi le mani e strappò un po’ di carta
dall’aggeggio posto accanto al lavandino. Si
sistemò il trucco e si rassettò un
poco la gonna. Si voltò, pronta a tornare alla festa, quando
rimase paralizzata
sul posto nel vedere la figura che le stava in piedi davanti. Uno
strano essere
alto, magro, con uno smoking addosso, la testa ovale. Non aveva
né gli occhi né
la bocca, ma due lunghe corna in cima al capo su cui stavano due grosse
pupille
bianche.
Doveva essere una maschera, per forza.
“Chi… chi
sei?” chiese Miriam, con la bocca completamente secca per lo
spavento appena
preso. “Perché sei vestito
così?”
Ma
la creatura continuava a non rispondere. Se ne
stava lì in piedi a osservarla come se la volesse analizzare
per bene.
“Sei
venuto con qualcuno? Vuoi che…”,
continuò la
ragazza, correndo con lo sguardo alla porta. Forse se si muoveva
velocemente
riusciva a fuggire. Ma cosa mai poteva essere? Sicuramente un uomo con
la
maschera, ma perché conciarsi così? Voleva
uccidere qualcuno? Era un serial
killer? O semplicemente voleva divertirsi alle spalle di qualcuno con
un
orribile scherzo.
Mosse
un primo passo in laterale per fuggire via, ma
quel mostro, improvvisamente, allungò una mano e la
infilò dritta nel petto di
Miriam, squarciandola come fosse fatta di cartapesta. La ragazza non
fece in
tempo nemmeno a tirare un ultimo respiro che quello le estrasse il
cuore
staccandolo da tutti i suoi tubi e canali e se lo portò alla
bocca, addentandolo.
Miriam cadde a terra come una bambola rotta, il sangue che sgorgava dal
suo
petto e dalla bocca.
Il
capo del dipartimento era stato il primo ad
accorrere, attirato dalle grida della moglie che aveva trovato il
cadavere di
una ragazza riverso sul pavimento del bagno e grondante sangue.
Quando vide che cos’era successo, cercò di tenere
i curiosi il più lontano
possibile. Anche il team di Torchwood aveva raggiunto il luogo del
crimine,
entrando subito all’opera. Owen, approfittando della
confusione che si era
creata, ebbe qualche minuto per esaminare il corpo.
“Non
ha altre ferite oltre a questa sul petto. E
oltretutto il taglio non sembra essere stato fatto da un bisturi,
sembra più
uno squarcio, la pelle è strappata. E le hanno portato via
il cuore”. Alzò lo
sguardo su Jack, come attendendo istruzioni.
“Sappiamo
chi è la vittima?” chiese Toshiko.
“Si
chiama Miriam”, rispose Ianto, appoggiato allo
stipite della porta, completamente impassibile. ”Forse
è la fidanzata di quel
poliziotto biondo con la maglietta dei Rolling Stones”.
“David!
Oh no!” esclamò Gwen, portandosi le mani
alla bocca.
In
quel momento sopraggiunse anche Andy. “Allora, è
un caso per Torchwood?” chiese in tono sprezzante.
“Potrebbe
esserlo”.
“Non
fare la vaga con me, Gwen!” quasi gridò in
direzione della ex collega.
“Cosa
vuoi che ti dica, Andy! Ero giù con te, non so
cosa sia successo!”
Un
altro poliziotto, allora, ordinò anche a loro di
allontanarsi da lì per lasciare le prove il più
intatte possibile. Il capo era
già andato a cercare di calmare gli altri. Non aveva
intenzione di dire
dell’omicidio, tanto la notizia sarebbe trapelata in ogni
caso. Quelli che
avevano raggiunto il bagno avevano visto la scena, o quantomeno avevano
capito.
Si ipotizzava che l’assassino fosse ancora lì,
magari uno dei presenti o qualcuno
che si era infiltrato senza invito, perciò fino a nuovo
ordine sarebbero dovuti
rimanere tutti lì e non allontanarsi per nessun motivo.
La
polizia si stava già dando da fare interrogando i
presenti pur non contando di scoprire qualcosa. Anche Torchwood stava
facendo
la propria parte, a modo proprio. Owen e Ianto chiedevano agli invitati
se
avessero notato qualcosa di strano, studiando i loro volti per capire
se in
realtà qualcosa di strano era presente in loro, mentre Gwen,
Jack e Tosh erano
impegnati a guardare in giro.
La
giapponese era entrata in quello che pareva
essere un ufficio. Sicuramente ci lavoravano parecchi agenti, a
giudicare dalla
presenza di quattro scrivanie e del disordine che vi regnava. Rimase
qualche
secondo sulla soglia a guardarsi intorno. Poi si addentrò
tra i tavoli a
controllare, tanto per essere sicura che non ci fosse niente che non
andava.
Jack era convinto che si trattasse di un alieno, ma lei sperava che
fosse solo
un terribile serial killer. Almeno per una volta non sarebbe toccato a
Torchwood risolvere tutto.
Ad un tratto, però, i suoi tacchi inciamparono in una
sostanza appiccicaticcia,
come una chewing gum. La ragazza tornò sui suoi passi e
scoprì la suola sporca
di nero. Si inginocchiò a terra e osservò la roba
scura che macchiava il
pavimento. Sembrava uno strano liquido, come una piccola macchia di
petrolio.
Invece, quando lo toccò, scoprì che era solido,
anche se molle. Prese una
provetta dalla borsa e ne raccolse un po’. In seguito sarebbe
andata al suv per
inserirlo nel computer e controllare di cosa si trattava.
“Allora,
di cosa si tratta questa volta?” chiese
Rhys con uno strano sorrisetto divertito sulle labbra. “Un
alieno che mangia
cuori? Un vampiro?”
“Rhys!
Non esistono i vampiri!” gli ricordò Gwen in
tono quasi sconvolto. Non capiva che cosa ci fosse di così
divertente; una
ragazza era appena morta e c’era un alieno che minacciava
tutti loro. O forse
era un serial killer. Il che era peggio. O magari no.
“Questo
lo dici tu”.
La
ragazza sbuffò e richiuse violentemente
l’armadietto che aveva aperto. Quella ricerca si stava
prospettando
inconcludente. Che cosa speravano di trovare lì? Conosceva
quasi tutti i
poliziotti che lavoravano in quella centrale, non sospettava di nessuno
di
loro.
“Oh
mio Dio! Chi è che legge queste riviste?!”
esclamò ad un tratto suo marito, sfoggiandole davanti una
rivista con una
ragazza in bikini sulla copertina. “Scommetto che
è di Andy”.
“Rhys,
per favore, smettila. Non siamo qui per
ficcare il naso nelle cose degli altri”, lo
redarguì lei.
“A
me invece sembra proprio di sì”.
“Signore,
che ci fa qui?”
Jack
si bloccò in mezzo al corridoio e si voltò
verso l’uomo che l’aveva chiamato. Era il capo
della polizia e non sembrava
avere un’aria molto felice.
“Cercavo…
ehm… il bagno”. Sorrise affabilmente il Capitano
con l’espressione più
innocente possibile.
“Non
è su questo piano. E comunque nessuno le ha
dato il permesso di muoversi”.
L’altro
alzò gli occhi al cielo. Possibile che la
polizia dovesse essere così noiosa? E soprattutto,
perché doveva rispettare
tutte queste regole? Grazie al cielo Gwen non era così.
“Sì,
d’accordo”, rispose. “Vado”. E
fece il saluto
militare, senza smettere di sorridere. Almeno era riuscito a
controllare quel
piano. Per fortuna la centrale non era molto grande; contava in Gwen e
Tosh.
“Jack!”
Jack
si infilò in bocca una nocciolina, quando sentì
una voce trafelata chiamarlo da dietro le spalle. Si voltò,
incontrando la
figura di Toshiko che gli veniva incontro con il portatile in mano.
“Avevi
ragione. È un alieno!” quasi urlò la
ragazza,
ricordandosi all’ultimo momento di non parlare troppo forte
perché la sala da
ballo era piena di persone. Gli altri membri del Torchwood si
radunarono
attorno ai due. “Ho esaminato la sostanza che ho trovato e
guarda un po’ cos’è
uscito…”.
Il
Capitano lesse velocemente i dati al computer e
ad un tratto impallidì di colpo. “Non è
possibile”.
“Che
cosa?” chiese Ianto.
“Si
tratta di un Wheepul”.
“Un
che?!”
“Sono
tra le creature più letali che ci siano
nell’universo”.
“Li
hai già visti?”
“Sì,
ma credevo che non ce ne fossero più. Ti
strappano il cuore dal petto con le loro stesse mani. Non conoscono
emozioni né
niente, sanno solo cos’è la carne. Non puoi
scappare di fronte a loro, puoi solo
ucciderli o… morire”.
“Ti
strappano il cuore?!” esclamò Rhys sconvolto.
Pareva che avesse afferrato soltanto quello della spiegazione.
“Come sarebbe a
dire che ti strappano il cuore? E per cosa?”
“Per
mangiarselo”, rispose Jack come fosse la cosa
più ovvia del mondo.
“Ehi,
non sentite puzza di bruciato?” chiese ad un
tratto la voce di un giovane poliziotto, fermo al centro della stanza.
Ad
un tratto, come se quella fosse stata una parola
d’ordine, comparve di nuovo la stessa creatura che aveva
ucciso Miriam in
quella maniera brutale. Era identico, alto, con lo smoking, senza occhi
né
bocca, le corna in cima alla testa.
Qualcuno
urlò ma nessuno ebbe il coraggio di
muoversi.
“State
tutti fermi!” ordinò Jack gridando forte per
farsi udire da tutti. “Non muovetevi se volete
salvarvi”.
Ma
il poliziotto che aveva parlato prima, ignorando
completamente il suggerimento, cercò di filarsela via di
corsa, terrorizzato
come probabilmente non lo era mai stato in vita sua. Il Wheepul
però non gli
lasciò alcuno scampo: con un gesto quasi impercettibile, gli
infilò la mano nel
petto e gli estrasse il cuore.
Soltanto
allora si scatenò il panico più completo;
la gente cominciò a correre via spaventata, le donne
urlavano, qualcuno cercava
di riportare la calma, ma invano. Tutti si addossarono alle porte, le
quali
però parevano bloccate.
Il
Capitano, notando che il Wheepul era parecchio
confuso, estrasse la pistola e, con un colpo ben mirato, gli
sparò in testa,
spargendo ovunque il suo cervello. O quello che vi era contenuto.
“Be’,
direi che poteva andare peggio”, commentò
Gwen, alla fine della serata. Dopo quella brutta avventura con
l’alieno, i
partecipanti alla festa avevano deciso di tornarsene a casa e di
dimenticare
quell’esperienza. Due morti e un attacco alieno avevano tolto
a tutti la voglia
di festeggiare. Peccato però che fossero crollati tutti a
dormire prima di
poter raggiungere le proprie auto, colpa di un po’ di
champagne e qualche
pillola di Retcon.
“Avremo
mai una giornata normale?” chiese Tosh, già
indovinando la risposta.
“Sai
il lavoro che facciamo. La normalità ormai non
esiste più da noi”.
In
quel momento li raggiunse anche Ianto, sedendosi
accanto a Jack che lo guardò per qualche secondo e gli prese
la mano.
“Tutto
bene?” gli chiese, senza farsi udire dagli
altri.
“Sì,
sto bene”, rispose
il ragazzo. Non vedeva l’ora, però, di tornarsene
a casa e farsi una bella
dormita.
MILLY’S
SPACE
Buonasera,
bella gente! Non mi dilungo troppo perché sto
per uscire.
Vi
ricordo solo di andare a visitare la mia pagina
Facebook (Milly’s Space), ci trovate un sacco di cose carine,
e di lasciarmi
qualche recensione. Noto con dispiacere che sono diminuite. Spero
ciò non sia
dovuto al calo di interesse per questa storia, alla quale io tengo
molto. Se così
fosse ditemelo apertamente, accetto anche le critiche, lo sapete : )
Bacioni
e alla prossima.
M.
PUFFOLA_LILY:
io
comica?? Ahaha, semmai lo era mia mamma xD Non ti preoccupare, presto
si
scoprirà qualcosa del passato di Ianto e hai ragione, non
sarà affatto
piacevole. Io però vorrei sapere di più anche del
passato di Jack. Spero che
Davies faccia una serie anche su di lui ^^ io non saprei dove metterci
le mani,
sinceramente. Spero di risentirti, un bacio. Milly.