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Autore: Yoan Seiyryu    13/10/2013    5 recensioni
[ Mad Wolf (Ruby Jefferson) + accenni Outlaw Queen ]
Nella Foresta Incantata Regina desidera distruggere Snow White annullando quelle amicizie che rendono la figliastra forte ed audace. Decide di servirsi di Jefferson per compiere un gesto estremo nei confronti di una giovane ragazza dal Cappuccio Rosso che vive al villaggio di Nottingham. Jefferson, per offrire un futuro migliore a sua figlia Grace, accetta il patto con Regina ed è intenzionato ad eseguire gli ordini.
A Storybrooke Jefferson ricorda perfettamente il suo passato e tenta con ogni mezzo di far riemergere la memoria perduta di Ruby con cui è stato legato prima del sortilegio, ma affronteranno entrambi diverse problematiche prima di conoscersi davvero secondo la propria natura.
**
"E' ironico che sia tu a parlare di mentire, del passato, di conoscersi per ciò che si è [...] quando sei tu il vero mostro fra noi due"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Jefferson/Cappellaio Matto, Paige/Grace, Ruby/Cappuccetto Rosso, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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II 

Are you afraid?



 

Foresta Incantata
 
Il giorno del mercato era irrinunciabile. Jefferson vi portava Grace ogni giovedì alla stessa ora, non poteva mancare a quell’appuntamento settimanale, era una promessa che manteneva da quando sua moglie li aveva lasciati. Un tempo lei e Grace vi andavano insieme per comprare i pasticci di carne di cui la bambina andava pazza, Jefferson non voleva che quel rito si spezzasse poiché desiderava continuare sulla stessa strada per rendere felice sua figlia.
Per lei avrebbe sacrificato qualunque cosa, persino se stesso. Si diressero verso l’ingresso della città che sorgeva accanto al bosco, non la frequentavano spesso eccetto durante quel giorno, infatti Jefferson preferiva rimanere lontano dalle altre persone. Non aveva mai avuto grandi rapporti con qualcuno che fosse esterno alla propria famiglia, un po’ per il suo comportamento eccentrico, un po’ perché si annoiava spesso delle persone che gli giravano attorno e preferiva creare un ambiento sicuro lontano da tutti.
Grace gli teneva la mano, saltellando ogni tanto per non sporcare i lembi del vestito nelle pozzanghere che si erano formate la notte prima dopo un feroce temporale.
Jefferson era riuscito a guadagnare otto monete di rame grazie ai funghi che aveva venduto quella mattina al solito cliente del mercato, non era un bottino eccellente ma poteva accontentarsi per un po’.
“Papà, andiamo da quella parte!” esclamò Grace cercando di trascinarlo verso una delle bancarelle che aveva con sé giocattoli per lei interessanti.
“Non vuoi il tuo pasticcio di carne?” le chiese in un sorriso, stupito da quel cambio di desiderio.
Grace sollevò gli occhi al cielo, scuotendo il capo furbescamente.
“Ogni tanto bisogna cambiare le proprie abitudini: oggi niente pasticcio di carne, non prenderò nemmeno il  tè alle cinque, lo farò ad un altro orario”.
Jefferson inarcò un sopracciglio, mostrando un’espressione piuttosto sconvolta. Da quando si comportava proprio come lui?
“E per quale motivo dovresti farlo?”
“Se non si sperimenta non si saprà mai cosa ci piace davvero: è quello che dici sempre” le rivolse un sorriso caloroso, stringendogli di più la mano.
Grace era incredibilmente matura per la sua età, anche se Jefferson si ostinava a trattarla come una bambina ben più piccola. Per senso di protezione o solo per non accettare di vederla crescere. Era la sua piccola Grace e nulla sarebbe mai cambiato tra loro.
Alla fine vinse e la accontentò, conducendola al banco da cui era stata affascinata. Quando vi arrivarono sciolse la mano dalla sua e si gettò su un coniglio dall’aria buffa e dalle orecchie lunghe e bianche.
“Papà, mi piace tanto!” esclamò, lo aveva intravisto da lontano, per questo aveva cambiato idea.
Lo desiderava davvero, i suoi occhi erano illuminati dalla luce che tutti i bambini hanno a quell’età, quando vogliono qualcosa con cui giocare e divertirsi.
“Potrebbe essere il mio nuovo amico per l’ora del tè” sorrise inclinando la testa di lato per sembrare più convincente.
Jefferson si lasciò sfuggire una risata, scuotendo leggermente la testa.
“Mi hai convinto” si rivolse alla commerciante dunque, una donna anziana chiusa in un manto grigio e logoro che se ne stava dall’altra parte del bancone “quanto devo per questo?”
“Ottima scelta” mostrò loro un sorriso nero e vagamente raccapricciante, cosa che non piacque affatto a Jefferson. “Una moneta d’argento” allungò la mano per il pagamento.
Rovistò nella tasca per poter tirar fuori le otto monete di rame e mostrargliele, quasi a scusarsi di non avere quelle mancanti.
“Temo di non avere altro” disse a mezza voce, tenendo d’occhio Grace che stringeva calorosamente il coniglietto.
“Privarsi di tutti i propri averi per accontentare la propria figlia, è davvero commovente” disse la commerciante, rivolgendo un mezzo sorriso alla bambina “tuo padre deve volerti molto bene”.
“Grazie per la comprensione” disse allungandole le monete perché potesse prenderle.
“Non ho detto che l’avrei dato via ad un prezzo inferiore” le mani lunghe e irrigidite si mossero verso Grace per potersi riprendere ciò che non spettava a lei e posizionò di nuovo il coniglietto al suo posto.
Jefferson parve stupito di quel comportamento e si impuntò, rendendosi conto di quanto Grace tenesse davvero a quel giocattolo, si accontentava sempre di poco e per una volta che aveva piacere ad avere qualcosa di nuovo non poteva lasciarla senza nulla.
“Non me ne andrò di qui senza quel coniglio” l’espressione del viso si era indurita, avvertendo l’improvviso odio che provava verso quella vecchia e anche verso se stesso, per non essere all’altezza del compito di un padre.
“Papà, ti prego, non ne ho bisogno…” fu Grace a spezzare quella discussione che era nata tra i due, lo tirò per la manica della giacca di modo tale che potesse richiamare l’attenzione su di lui.
“Voglio che tu abbia quel coniglio” le sibilò con vigore, cercando di contrattare di nuovo con la commerciante che invece rimaneva ferma sulla sua posizione.
“Davvero, non mi serve. Andiamo via” insistette Grace, fino a convincerlo.
Jefferson sollevò il viso verso il resto del mercato, mordendosi l’interno della guancia, per evitare di insistere ancora o afferrare quel maledetto coniglio e portarselo via.
Se Regina non fosse andata a trovarlo qualche giorno prima in quel momento non si sarebbe sentito così sconfitto e vuoto. Lei gli aveva promesso una vita felice, in cui poter dare tutto a sua figlia. Ma aveva rifiutato e si era reso conto di quanto fosse patetico  comportarsi in quel modo. Vivere nell’umiltà dopo che aveva attraversato fasi migliori non era facile, soprattutto non sopportava l’idea di privare Grace di tutto ciò di cui potesse aver bisogno.
Si allontanarono entrambi, padre e figlia, dirigendosi lontano da quel banco che aveva condotto entrambi in un momento spiacevole. Grace si pentì di aver fatto quella richiesta senza riflettere sulla possibilità che suo padre non avesse abbastanza soldi.
Si diressero verso il banco dei pasticci di carne, tornando dunque alle abitudini consone del giovedì. Jefferson per un momento si sentì intorpidito all’idea di aver fatto della sua vita un’abitudine continua ed uscire dagli schemi era impossibile, vista la situazione che doveva mantenere sulle spalle.
Ma avrebbe trovato una soluzione, avrebbe reso felice Grace ad ogni costo.
Quando giunsero davanti al posto prestabilito, si resero conto che lì non si trovava la stessa signora che vendeva i pasticci di carne ogni giovedì. Al suo posto vi era una ragazza giovane dai lunghi capelli neri che le ricadevano davanti le spalle in morbidi boccoli. Gli occhi azzurri erano grandi ed erano così luminosi che ci si sarebbe potuto specchiare dentro.
Fu però ciò che lei indossava a scuotere Jefferson dal torpore in cui era caduto: il mantello rosso che le circondava le spalle e la schiena.
Quel mantello di cui parlava Regina e che indicava proprio la ragazza da far cadere in trappola. Dunque ora si trovava davanti ad uno scherzo del destino. La sua rovina o la soluzione?
“Buongiorno Signore!” i suoi pensieri furono interrotti dalla voce calda e forte di lei che si protese verso di loro, appoggiando le mani sul banco per fare leva con le braccia “e buongiorno anche a te, signorina” sorrise con calore alla bambina che aveva davanti.
Grace ricambiò con il medesimo sorriso, ammirando la bellezza della ragazza che non tardava ad arrivare ai loro occhi.
“Buongiorno” rispose timidamente Grace, scuotendo la mano del padre perché facesse lo stesso.
“Credevo che questo banco fosse di Granny” fu l’unica cosa sensata che uscì dalle labbra di Jefferson, indeciso se pensare ad una drastica soluzione o ad una chiacchierata normale.
La ragazza annuì solerte.
“Infatti, io sono sua nipote. Mia nonna non sta molto bene, ha preso un forte raffreddore e ho preferito che rimanesse a casa per riguardarsi. Così oggi ci sono io, vi dispiace?” spiegò e domandò ad entrambi, mostrando un finto broncio.
Grace scosse velocemente il capo, non voleva assolutamente offenderla, era così carina che non poteva fare a meno di guardarla con sincera curiosità.
“Speriamo allora che non la mangi il lupo” aggiunse Jefferson scrollando le spalle.
Quella città era spesso soggetta agli attacchi di un lupo che si aggirava durante le notti di luna piena e faceva strage degli innocenti che avevano la sfortuna di incontrarlo.
Ma Jefferson sapeva che quello stesso lupo lo aveva davanti agli occhi. Certo avrebbe risolto un problema anche per la città se l’avesse uccisa.
Lei non gradì molto quella battuta che doveva risultare divertente ma finse di sorridervi, per poi tornare assolutamente seria.
“Allora, cosa preferite assaggiare?” domandò cambiando discorso.
“I pasticci di carne, sono i miei preferiti” disse Grace intromettendosi in quello scambio di sguardi che non riuscì a percepire.
La ragazza parve mostrarsi ostile nei confronti di lui, mentre Jefferson cercava di studiarne il comportamento.
“Ottima scelta, solitamente li preparo io” le fece l’occhiolino, incartando i pasticci richiesti in un sacchetto perché fosse comodo da trasportare “visto che sembrate essere clienti speciali, vi offrirò anche una fetta di torta di mele” così facendo si affrettò a consegnarla a Grace che sgranò gli occhi con entusiasmo.
“Una scelta apparentemente pericolosa, la torta di mele” si intromise Jefferson, per saggiarne ancora la consistenza interiore. Qualcosa in lui lo spingeva a sapere e a conoscere di più di quella ragazza che era diventata una minaccia per Regina stessa.
Lei strinse gli occhi a due fessure, cercando di comprendere il motivo per cui quell’uomo pareva volerla mettere alle strette.
“Che intendete dire?” domandò, fingendo di non aver colto il riferimento.
“Sappiamo tutti che la nostra amata Snow White è stata avvelenata con una mela” si limitò a ricordarle, stringendosi nelle spalle.
“State alludendo alla possibilità che potrei aver usato una mela avvelenata per la torta?” la sua espressione si trasformò radicalmente, diventando più dura e meno dolce di come era all’inizio “In ogni caso, si può sperare sempre nel bacio del vero amore”.
Jefferson sorrise all’angolo della bocca, divertito da quella risposta e dalla pazienza che dimostrava nel non rispondergli a tono.
“Il vero amore: sciocchezze che si imparano da bambini, quando si matura ci si rende conto di quanto le storie non siano altro che storie” non avrebbe voluto dirlo davanti a Grace, ma gli sfuggì dalle labbra con sincera naturalezza.
“Una visione tetra, davvero. Però il principe James è riuscito a risvegliare Snow White con quel bacio che denigrate, quindi la vostra tesi cade inevitabilmente” si affrettò ad aggiungere, incrociando le braccia al petto in segno di sfida.
“Per quell’attimo esso era sincero, ma tra qualche anno come potremo sapere se lo stesso amore sarà vivo ancora dentro di loro?” fece ricadere la testa di lato, cercando in lei una risposta.
“Non esistono amori più veri di altri, esistono amori forti e duraturi che sono in grado di superare persino il tempo e lo spazio” disse lei, pronunciando quelle parole con sicurezza.
Peter aveva rappresentato una parte importante della sua vita, ma non avevano costruito nulla per poter creare un amore di quel tipo. Non poteva bastare un bacio rubato, un sogno nel cassetto a fare  di loro qualcosa di completo. In più vi era quel particolare che ogni volta la faceva sprofondare nell’odio verso se stessa, per avergli causato un male irreversibile.
Grace tirò la manica del padre, perché la smettesse di far innervosire quella ragazza che le piaceva tanto.
Lui comprese e scrollò le spalle, tornando ad assumere un certo contegno.
“E’ stato un piacere scambiare qualche parere con voi, ma ora dobbiamo proprio andare. Vero Grace?” si rivolse alla bambina che annuì, così lasciò alcune monete di rame sul banco ma prima di andare via aggiunse “Ovviamente porgete i nostri saluti a Granny, speriamo che si rimetta presto”.
La ragazza dal mantello rosso parve turbata da quello sguardo così strano e liquido, avrebbe voluto comprendere meglio il suo comportamento ma non era il momento per farlo.
“Grazie, riferirò. Buona giornata ad entrambi” si rivolse infine a Grace per sorriderle ulteriormente.






 
**
 
 
 
Storybrooke, durante il sortilegio

 
7:15 del mattino. Erano accadute tante cose da quando Emma Swann aveva fatto la sua rumorosa irruzione nella cittadina di Storybrooke, tra cui il risveglio di David Nolan, quello che sembrava essere l’affascinante marito di una donna decisamente fortunata ad averlo sposato, nonostante la sua memoria fosse stata intaccata e non ricordasse nulla.
Ruby aveva indagato sulla questione, soprattutto perché aveva notato in Mary Margaret un certo interesse. I due avevano tutta l’aria di essere interessati l’uno all’altra e come poteva essere diversamente? Mary Margaret aveva trascorso molto tempo in ospedale, facendo compagnia a David mentre era ancora in coma. Una storia avvincente, se solo lui non fosse già impegnato con una donna di cui non ricordava assolutamente nulla.
Come ogni giorno li aspettava da Granny’s, puntualmente alle 7:15 si presentavano lì per potersi scambiare sguardi di sottecchi, colpevoli di una passione che non avrebbero dovuto dimostrare.
“E’ così avvincente…” sussurrò Ruby tenendo i gomiti appoggiati al bancone e le mani sotto il mento.
“A cosa ti riferisci?” le domandò Granny prima di passarle un piatto con una fetta di torta da consegnare ad un tavolo.
Ruby sorrise prima di indicare con la testa Mary Margaret che si era seduta velocemente su una sedia, correndovi non appena entrata, per fingere di trovarsi lì già da un po’.
“La loro storia è avvincente, sono adorabili e al tempo stesso non possono lasciarsi sfuggire quello che provano” sospirò in modo melodrammatico, scuotendo il capo con disapprovazione.
Granny chinò gli occhiali da vista per poterla guardare da vicino e schioccò la lingua in un moto di fastidio.
“Smettila di farfugliare queste sciocchezze e finisci di servire ai tavoli” la rimproverò, senza però evitare di notare quanto Mary Margaret fosse davvero in fervente attesa della persona che desiderava incontrare, anche solo per quel breve istante.
Ruby roteò gli occhi al cielo e si strinse nelle spalle, afferrando il piatto per poterlo consegnare al cliente.
“Come sei poco romantica, nonna” così facendo si allontanò dal bancone e poté notare da quell’altra posizione gli scambi tra David e Mary Margaret, così a lungo sopiti che quasi si meravigliarono di rincontrarsi.
Ma il sorriso di Mary Margaret si spense quando si rese conto che fuori dal locale vi era Kathryn, la moglie di David, quella da cui sarebbe ritornato a casa ogni sera, giorno dopo giorno.
Si spense immediatamente, chinando la testa sulla tazza di latte caldo, rimuginando sulla situazione. David, rendendosi conto di ciò che era accaduto, uscì da Granny’s in fretta.
Ruby decise di accomodarsi al tavolo dell’amica, per poterla consolare, almeno quanto possibile.
“Proprio non riesci a togliertelo dalla testa, vero?” le domandò con calore.
Mary Margaret scosse il capo in segno di diniego, anche se non voleva darlo a vedere, si era risentita per quell’accaduto.
“So che non dovrei pensare a lui, Emma continua a ricordarmi che è un errore, ma non posso farci niente. E’ come se non potessi fare a meno di incontrarlo… puoi capirmi?” le sue parole erano veritiere e non nascondeva la profonda illusione di poter avere un futuro felice con lui. Combattuta dai sensi di colpa, qualcosa in lei era più forte di tutto ciò che aveva intorno.
“Temo di no, mi innamoro piuttosto facilmente e perdo l’entusiasmo poco dopo” sbuffò Ruby alzando le spalle  “invece cosa mi puoi dire del Dottor Whale? Non ti vedi più con lui?”
Mary Margaret sospirò, riportando le mani sulle gambe per giocare lentamente con i lembi della gonna.
“Non credo sia molto interessato a me, non sono il suo tipo, anche se continua a chiedermi di uscire” lanciò un’occhiata veloce all’orologio e si alzò subito dalla sedia “santo cielo è tardi! Devo correre a scuola, a presto Ruby!” le sorrise e si allontanò.
Ruby si inumidì le labbra rosse, colorate con il rossetto che non mancava mai di mettere. Si alzò anche lei e si avvicinò al bancone per poter dire a Granny che sarebbe tornata presto, doveva riportare il libro che Paige si era dimenticata da lei il giorno prima, per le sessioni di studio pomeridiane.
Incredibile ma vero, Ruby le dava ripetizioni di letteratura inglese per arrotondare lo stipendio e magari riuscire a mettere da parte i soldi per trasferirsi a Boston. Uscì dal locale recuperando la borsa e dirigendosi verso la scuola di Storybrooke per consegnarle ciò che le mancava. Ogni tanto si costrinse a voltarsi indietro, aveva la sensazione di essere osservata, ma non poteva esserne davvero certa, forse si trattava solo di autosuggestione.
Scrollò le spalle e si diresse verso l’entrata della scuola, sedendosi su una panchina in attesa dello scuolabus che non mancò di arrivare puntuale. Quando questo arrivò  Paige vi scese in fretta, indossando la divisa perfettamente pulita e con lo zaino sulle spalle, e si diresse verso l’entrata senza darsi un’occhiata intorno.
“Paige!” Ruby la richiamò alzandosi in piedi e facendo lo stesso con la mano per poter essere vista.
Paige si voltò verso la voce che la chiamava e quando incontrò gli occhi accesi di Ruby si precipitò verso di lei, con il peso dello zaino che la faceva oscillare da una parte all’altra.
“Ruby, cosa ci fai qui?” le domandò con un gran sorriso.
La ragazza si chinò, tirando fuori il libro per lasciare che lo prendesse.
“Sono venuta a portarti questo, dopo tutta la fatica che abbiamo fatto non vorrai andare a scuola senza compiti?” domandò retoricamente, prima di rimproverarla con lo sguardo per averlo dimenticato da Granny’s e non avervi posto attenzione.
Paige sorrise furbescamente, tirando su le spalle, come a volersi dichiarare innocente.
“Sei venuta fin qui per riportarmelo, grazie” si alzò sulla punta dei piedi per poterle sfiorare la guancia con un bacio.
Ruby se lo lasciò dare, prima di rialzarsi e posare le mani sui fianchi. La campanella della scuola suonò e a quel punto le fece segno di andare per evitare che entrasse in ritardo.
Si salutarono e Ruby rimase a guardarla mentre varcava la soglia. Paige sembrava felice e a differenza di molti altri bambini della sua stessa età non era pretenziosa e si accontentava di ciò che aveva, senza desiderare nulla di particolare. Eppure aveva un velo di tristezza negli occhi, come se avesse la consapevolezza che le mancasse qualcosa, qualcosa di importante.
Quando Ruby si voltò incontrò lo sguardo di Jefferson, circondato da occhiaie nere e profonde, come se non dormisse da giorni.
Aveva il collo coperto e vi nascondeva parte del mento, le mani erano infilate nelle tasche dei pantaloni e si incamminava verso di lei a piccoli passi.
Ruby rimase immobile, non aveva idea del motivo per cui si comportasse in quel modo, forse la sensazione di esser stata seguita era reale e non frutto della sua immaginazione.
“Tu passi molto tempo con lei” interloquì, rompendo il silenzio.
Ruby non mosse nemmeno un muscolo, altamente concentrata su di lui. Ora che lo notava più da vicino i suoi occhi erano arrossati, forse aveva pianto o forse era semplicemente molto stanco.
“Le do ripetizioni di letteratura inglese. Perché?” domandò non senza essere scostante e turbata da quell’interesse per Paige.
Jefferson sorvolò la sua figura per poter guardare la scuola ed immaginare di intravederla alla finestra.
“Sono curioso, dovresti saperlo. Mi piace porre domande e ricevere risposte, per quanto non sempre esse siano corrette” così facendo fece un passo avanti.
Ruby di rimando si costrinse a farne uno indietro.
“Come mai sei qui?” gli domandò incrociando le braccia, per potersi proteggere da ogni tipo di eventualità.
Jefferson corrugò la fronte, coprendo la distanza tra loro, per potersi fermare poco davanti a lei.
“Hai paura di me” sussurrò a denti stretti prima di avvicinarsi al suo viso e all’orecchio “in effetti non hai tutti i torti ad averne” un sorriso si delineò sulle labbra quando ritornò al suo posto.
Ruby aggrottò le sopracciglia, questa volta non si tirò indietro ma rimase imperterrita a fissare i suoi occhi chiari e freddi.
“Sei davvero strano, Jefferson” sciolse l’intreccio delle braccia e gli si affiancò “accompagnami da Granny’s, non mi piace la solitudine”.
Lui non sembrò affatto stupito da quella proposta, magari avrebbe potuto avere maggiori informazioni su Paige, desiderava sapere oltremodo se stava bene e se la nuova famiglia la trattava con ogni riguardo.
“Alcuni credono che io sia matto e la solitudine al contrario non mi dispiace. Mi dà il tempo per riflettere” accolse l’offerta di riaccompagnarla al locale di Granny e si incamminarono insieme sulla strada che li avrebbe condotti fin lì.
Ruby avvertiva una sua stranezza di fondo, accompagnata da un’incomparabile tristezza. Doveva aver perso molto, ma non aveva ancora idea di cosa. C’era qualcosa in lui di particolare e di diverso da tutti gli altri e questo la affascinava.
“Si può riflettere anche nei momenti adatti, lasciando lo spazio giusto  per gli amici. Una sera di queste dovresti venire al Rabbit Hole, ci si diverte sempre” tentò di invitarlo, anche se forse in modo leggermente maldestro.
Jefferson lasciò sfuggire una risata dalle labbra.
“Non avresti potuto scegliere luogo più adatto per introdurmi alla tua cerchia di amici. Non so se verrò, ma grazie per l’invito” le parole crebbero di tonalità, per poi sprofondare nella rudezza di suoni bassi e gravi.
Ruby non aveva compreso l’allusione che aveva fatto, a volte Jefferson si comportava davvero in modo strano e non aveva idea del motivo.
Non ebbe tempo di pensarci, perché all’improvviso lui arrestò il passo, appoggiando frettolosamente una mano sulla fronte.
“Va tutto bene?” Ruby si parò davanti a lui per controllare la situazione.
“Tranquilla, è il solito giro di testa che…” si appoggiò con una mano al tronco di un albero che vi era sulla via del ritorno, ma non bastò, perché crollò a terra come un peso morto.
Jefferson!
Il suo nome fu ripetuto ampiamente e più volte dalle labbra di lei, che preoccupata si chinò per tentare di risvegliarlo. Era evidentemente svenuto e la sua espressione era contratta.
In quel momento la macchina di Robert Locksley si fermò sul ciglio della strada, aveva intravisto la scena e di conseguenza aveva ingranato la marcia per poter raggiungere in fretta i due.
Abbassò il finestrino e si affacciò da esso per poter parlare a Ruby.
“Carichiamolo in macchina, sarà meglio portarlo dal Dottor Whale” e così facendo scese per poter aiutare la ragazza.
A Ruby non piaceva affatto Locksley. O meglio, sua nonna non faceva altro che criticare il suo comportamento, pareva fosse affetto da cleptomania e non era sempre bene rimanere in sua compagnia. Graham spesso lo cercava per metterlo dietro le sbarre ma non tutte le volte era riuscito a coglierlo con le mani nel sacco. In ogni caso era un uomo affascinante e meritava di esser guardato, a Ruby dunque non dispiacque così tanto rimanere in sua compagnia durante il tragitto verso l’ospedale.
Non aveva idea del motivo per cui Jefferson avesse perso i sensi così all’improvviso, le sembrava piuttosto strano che potesse essere un semplice calo di zuccheri, il Dottor Whale certamente avrebbe chiarito la situazione. 









// Nda: 

Salve a tutti! Prima di tutto ringrazio le ragazze che hanno recensito il primo capitolo di questa storia, sono molto felice che questo primo impatto sia piaciuto e spero di non deludere andando avanti. 
Come avete notato sto cercando di seguire la linea della serie tv riguardo gli episodi di Storybrooke, anche se poi inizieranno ad esserci determinate differenze nei capitoli seguenti. 
Immaginate Ruby che dà ripetizioni a Paige? Pare che durante le ripetizioni parlino d'altro, infatti Paige non sta migliorando i suoi voti a scuola, ma anche lei che chiede ripetizioni a Ruby... chi non vorrebbe passare un pomeriggio con una ragazza così interessante? 
Inoltre avete anche potuto vedere l'introduzione di Locksley che sicuramente avrete capito di chi si tratta, ho cercato di dargli un taglio storybrookiano e spero di non aver fatto casini.
Riguardo i flashback questo sarà l'ultimo che richiamerà l'episodio 17 della serie, d'ora - ovviamente - ci saranno scene del tutto diverso. 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e grazie ancora a tutti coloro che leggeranno! 
A domenica prossima, 

Yoan 
   
 
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