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Autore: Maharet    13/10/2013    2 recensioni
La scomparsa di una persona cara é sempre un duro colpo, soprattutto se l'incertezza sul suo destino impedisce di guardare avanti. Sono passati cinque anni dalla scomparsa di Alec, e ormai solo le due persone a lui più vicine non si rassegnano a crederlo morto. Ma a volte nemmeno la morte riesce a recidere legami così forti, e forse la speranza di Magnus e Jace non é del tutto vana...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non ci credo che sono arrivata alla fine di questa storia... Non é la mia preferita, né la più lunga, ma é la mia prima long da tantissimo tempo, e già averla terminata é una grossa soddisfazione. Grazie a Terry, perché senza di lei forse non sarebbe mai nata. E a Min, a cui mai più farò leggere una storia in anteprima, perché poi mi abbandona quando la pubblico :P

Jace era seduto al solito tavolo – quello che era stato per anni il tavolo suo e di Alec, e che era diventato da qualche tempo il tavolo suo e di Magnus – rigirandosi nervosamente tra le mani il biglietto che era comparso quel pomeriggio sul tavolo della cucina, interrompendo un’interessante scambio di opinioni tra lui e Clary circa l’opportunità o meno che lei si lasciasse sdraiare su quello stesso tavolo per fare l’amore. Quando, in uno sbuffo di fumo viola, il biglietto era comparso proprio accanto a loro sua moglie aveva soffocato una smorfia divertita e glielo aveva allungato, senza nemmeno tentare di leggere il suo contenuto.

Lo shadowhunter aveva letto distrattamente il messaggio, la semplice richiesta di un incontro come ce n’erano stati tanti prima di allora, ma da quel momento una strana inquietudine aveva preso possesso di lui. E si era ritrovato lì con una mezzora abbondante d’anticipo, ad ignorare gli sguardi adoranti della cameriera e chiedersi cosa lo rendesse così nervoso.
Dopo quella sera a Central Park non aveva più sentito Magnus, ed iniziava a convincersi che anche la telefonata di cui gli aveva parlato non fosse altro che lo scherzo di qualche burlone, che la mente speranzosa dello stregone aveva voluto credere reale. Il suo amico era stanco, glielo aveva letto negli occhi al loro ultimo incontro. Stanco di illudersi ogni volta, per poi ricadere nel baratro della disperazione. Riusciva a capirlo, perché provava anche lui le medesime sensazioni. Ma l’idea che lo stregone potesse aver deciso di arrendersi, lasciandolo solo a continuare la sua folle ricerca, lo tormentava.

La porta si aprì con uno scampanellio allegro che stonava parecchio con il suo umore di quella sera, ed il Sommo Stregone di Brooklyn fece il suo ingresso nel locale. Sollevò lo sguardo quasi di riflesso, e stava per riabbassarlo sulla tazza che stringeva tra le mani quando qualcosa attirò la sua attenzione. Il braccio destro di Magnus era teso dietro di lui, e la sua mano era intrecciata a dita candide di cui ancora non riusciva a scorgere il proprietario. Temette, solo per un istante, che qualcuno avesse preso il posto del suo parabatai nel cuore dello stregone. Poi il ragazzo entrò nel locale.

Si ritrovò in piedi senza neppure sapere come, mentre la sua tazza rotolava dimenticata sul tavolo e cadeva rumorosamente sul pavimento, schizzando caffè ovunque. Gli occhi dell’accompagnatore di Magnus avevano impiegato un solo istante ad incrociare il suo sguardo, quegli occhi blu che non avrebbe mai potuto dimenticare, nemmeno se fossero passati mille anni anziché cinque. Lo vide esitare per un istante, stringendo più forte la mano del suo compagno, come se temesse la sua reazione. Jace rimase immobile a fissarli mentre si avvicinavano, ed un sorriso pigro stirò lentamente le sue labbra.
  • Ora mi direte che dovrò ricominciare a sorbirmi le vostre smancerie, per caso?
La sua voce tremava appena, ma Alec ebbe il tatto di fingere di non averlo notato, mentre scioglieva le dita da quelle dello stregone e gli porgeva la mano, quasi impacciato. Jace soppesò ridacchiando la mano tesa e scelse di ignorarla, facendo un passo avanti ed abbracciando quel vampiro che aveva il volto del suo migliore amico.
  • Ho aspettato con ansia questo giorno, parabatai…
Alec aveva ricambiato l’abbraccio con una forza che era certo non possedesse prima, ma a quelle parole si irrigidì e si ritrasse, sottraendosi alla sua stretta. I suoi occhi erano cupi e colmi di dolore, mentre sfuggiva il suo sguardo.
  • Io non sono più il tuo parabatai, Jace. Quando sono diventato un nascosto il giuramento è stato infranto…
Jace cercò lo sguardo di Magnus, ma lo sguardo triste e preoccupato dello stregone era rivolto ad Alec. Sollevò una mano smaltata di viola e la posò sulla sua spalla, in un muto tentativo di conforto. Solo in quel momento lo Shadowhunter realizzò che nulla avrebbe mai più potuto essere come prima. Alec non faceva più parte del mondo in cui viveva, e molti dei suoi antichi compagni l’avrebbero probabilmente guardato con ostilità e sospetto per via della sua nuova natura. Ma realizzò anche che non gliene importava nulla.
  • Tu rimarrai sempre il mio parabatai, Alec. Qualsiasi cosa dica il resto del mondo.
Il vampiro sollevò lo sguardo incredulo su di lui, ed il caldo sorriso che illuminò il suo volto gli confermò che forse, miracolosamente, aveva detto la cosa giusta. Magnus posò sulla sua spalla la mano libera, valutò con sguardo felino il tavolo inondato di caffè e diresse entrambi verso un’altra parte del locale.
  • Vogliamo sederci, miei cari? Credo che questa sia decisamente un’ottima occasione per scegliere un nuovo tavolo, qui da Taki’s. Dopotutto, stasera inizia un nuovo capitolo delle nostre vite!
E osservando il suo parabatai sorridere per la prima volta da troppo tempo, sollevando una mano per posarla su quella del suo compagno. Jace sentì, dal profondo del cuore, che quello era un nuovo inizio per tutti loro.
   
 
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