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Autore: Belarus    14/10/2013    3 recensioni
Un Drago Celeste che nobile non è mai voluta essere, una fuga bramata da sempre e un mondo del tutto sconosciuto ad allargarsi ai piedi della Linea Rossa. Speranze e sogni che si accavallano per una vita diversa da quella che gli è da sempre stata destinata. Una storia improbabile su cui la Marina stende il proprio velo di silenzio, navi e un sottomarino che custodiscono un mistero irrivelabile tanto quanto quello del secolo vuoto.
#Cap.LXXXV:" «Certo che ci penso invece! Tornate a Myramera e piantatela con questa storia dello stare insieme! Io devo… non potete restare con me, nessuno di voi può. Sparite! Non vi voglio!» urlò senza riuscire o volere piuttosto trattenersi.
Per un momento interminabile nessuno accennò un movimento in più al semplice respirare e solo quando Aya fu sul punto di voltarsi per andare chissà dove pur di mettere distanza tra loro, Diante si azzardò a farsi avanti.
«Ci hai fatto giurare di non ripetere gli errori passati. I giuramenti sono voti e vanno rispettati.» le rammentò. "
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Teru-Teru Bouzu '
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Titolo: Teru-Teru Bouzu
Genere: Avventura; Romantico; Generale {solo perché c’è davvero di tutto}.
Rating: Arancione {voglio farmi del male, oui.}
Personaggi: Nuovo personaggio; Eustass Capitano Kidd; Pirati di Kidd.
Note: Primo capitolo della long, stranamente puntuale *-*. Come promesso da questo capitolo cominceranno ad apparire i vari personaggi dell'opera originale, proprio per questo ho modificato sopra il settore personaggi indicando di volta in volta chi vi sarà.
Da questo momento in poi ci saranno una serie di salti temporali più o meno espressi che ovviamente però indicherò in queste note d'anticipazione, quindi niente panico - semmai qualcuno se ne fosse fatto venire... -
Ringrazio inoltre quei tanti che l'hanno inserita tra le seguite e ricordate sin dal prologo, non sapete la soddisfazione che mi date *bacio* e ovviamente chi ha lasciato un commento ù_ù Ora... buona lettura e al prossimo lunedì!




CAPITOLO I






Erano già trascorsi più di tre mesi dalla sua fuga dall’arcipelago Sabaody e i suoi progetti parevano essere naufragati miseramente. Non che ne avesse di particolari o si fosse posta un qualche obiettivo ambizioso, l’unica cosa che riusciva a venirle in mente era il continuo desiderio di scovare quelle isole di cui tanto parlavano i millantatori che avevano scritto il libro di Ko-sama. Avrebbe persino voluto assistere alla scoperta dell’One Piece – pur non sapendo bene di cosa o chi si trattasse –, ma certe bramosie erano ancora sin troppo distanti dalle sue possibilità e per il momento si accontentava solamente di gironzolare tra un’isola e l’altra beandosi della diversità del mondo. Paradossalmente, a dispetto di quanto suo padre si preoccupava sempre di rimproverarle, i pericoli, specie quelli del Mare Blu, non la catturavano tanto quanto avesse sperato. Aveva girovagato per svariati villaggi, aiutato in alcuni negozi per racimolare qualche berry in più, parlato con locandieri, ubriachi, pescatori e non le era accaduto nulla di ciò che andavano blaterando da Marijoa sulla gente comune, anche se la situazione pareva star degenerando di minuto in minuto da quando era giunta nel mare meridionale. Fatto che a dir la verità, non le dispiaceva poi molto.
Yasuko, la figlia del pescatore che l’aveva raccattata nell’ultima isola in cui era riuscita ad approdare, era stata l’unica disposta a raccontarle come stessero le cose in quel mare senza chiedere troppe spiegazioni. Per un’intera notte era rimasta sveglia a riportarle ogni cosa e Aya era quasi certa fosse per colpa di quella nave pirata che era approdata al tramonto dalla parte opposta di Vielle, piuttosto che per il mero gusto di far due chiacchiere. Per di più, quel giorno quando si era svegliata, Yasuko l’aveva implorata di non andare troppo in giro, con lo sguardo più terrorizzato che le avesse mai visto da quando si conoscevano. Non si era resa pienamente conto di quella supplica finché non si era ritrovata nella via principale, a fissare un gatto con un mantello blu che si rigirava tra le zampe una katana. Pur trovandolo incredibilmente assurdo nel suo essere tanto naturale, aveva preferito rintanarsi in silenzio nella locanda, dopo avergli scoccato un’occhiata incantata, per chiedere se qualcuno dei pescatori stesse per prendere il largo verso un’altra isola.
«Oggi non esce nessuno da Vielle, magari domani… se ci saremo ancora tutti…» bofonchiò con un filo di voce il proprietario, costringendo la ragazza a sporgersi sul bancone a causa del frastuono.
Aya lo fissò stranita, mentre imperterrito continuava a tenere gli occhietti minuscoli fissi sul bicchiere scheggiato che lucidava con cura maniacale da una buona decina di minuti.
La sua mente impiegò qualche secondo per intuire che la presenza di quel gatto armato, l’arrivo della nave, le suppliche di Yasuko e il comportamento del locandiere non fossero fatti casuali e scollegati tra loro. L’urlo lacrimevole della cameriera la spinse a voltarsi verso il piano rialzato del locale, da cui continuavano a provenire risa e schiamazzi cacofonici. Osservò per qualche minuto, mentre il gruppetto di uomini si rigirava la ragazza da sedia a sedia facendole emettere strepiti sempre peggiori. La mano del proprietario si poggiò in un gesto repentino sul suo polso, prima di ritornare allo straccio che sino allora aveva brandito.
«Non guardare e vattene… veloce.» biascicò con voce smorta, sparendo subito dopo verso un tavolo su cui si consumava una candela già di mattina.
Storse appena il naso, fissando con disgusto l’uomo, mentre indifferente continuava a svolgere le proprie mansioni come se nulla stesse accadendo al piano superiore.
Il suo odio per Marijoa dipendeva anche dalle pratiche disumane che erano inflitte agli schiavi comprati nell’arcipelago o deportati in blocco dalla Marina. Li aveva visti punire, sfruttare, abbandonare e sacrificare come pezzi inanimati d’arredamento, credendo che simili atti dipendessero da quel folle ideale di purezza che i Draghi Celesti continuavano a tramandarsi di generazione in generazione, impedendo che i propri discendenti potessero essere in qualche modo “contaminati”. Si era illusa che certe disparità e indifferenze si fossero rintanate in cima alla Linea Rossa, imbrattando l’onore di coloro che in tempi ormai dimenticati avrebbero dovuto vegliare sul mondo intero. A quanto pareva però, era uso comune anche nei villaggi del Mare Blu abbandonare gli altri alla propria sorte senza la benché minima remora.
Abbandonò lo sgabello su cui si era accomodata pochi minuti prima, uscendo spedita in strada.
Aveva tutta l’intenzione di allontanarsi da Vielle prima possibile, sperando che quell’atteggiamento fosse comune al luogo e non all’intero emisfero.
Il gatto incontrato quella mattina si era privato del cappello, le scoccò un’occhiata ferina, distogliendo momentaneamente la propria attenzione dalla via principale. Aya lo ignorò muta, sentendo il proprio stomaco bruciare ancora a causa del nervosismo accumulato in quel breve incontro con il locandiere, proseguì imperterrita superando le due figure che risalivano dal molo sulla strada polverosa. Un brivido le sferzò la schiena costringendo a sollevare appena lo sguardo dai sassolini che finivano sul suo cammino, le iridi ambrate scivolarono lungo lo spicchio di mare verdastro molti metri più a sud. Rallentò drasticamente il proprio incedere. Ebbe la spiacevole sensazione che qualcuno l’avesse osservata.



Smise di ciondolare le gambe nude sul muretto in pietra del molo, quando un gran numero d’uomini dagli abbigliamenti più orridi che avesse mai visto risalì la passerella della nave con un gran vociare. Due pescatori dalla spiaggia le fecero nuovamente cenno, pregandola di abbassare gli occhi esattamente com’era accaduto con il grasso locandiere quella mattina. Rivolse un sorriso rassicurante a entrambi, piegando il capo sulla spalla, mentre il vociare si faceva più concitato e le imprecazioni più frequenti.
Gironzolando per Vielle, era riuscita a scoprire dove fosse attraccata quella nave di cui Yasuko le aveva parlato la notte precedente ed era già da un paio d’ore che se ne stava a fissarla con aria assorta, tra l’orrore di quei pochi abitanti che avevano trovato il coraggio di superare la soglia di casa.
Pirati, quello era stato ovvio sin dalla prima occhiata. In fondo non c’era alcuna possibilità che la Marina decidesse di cambiare look alle proprie navi da guerra o che qualche mercante sano di mente vagasse per il mare meridionale su qualcosa di talmente pacchiano. Tolto il Jolly Roger che continuava a impennarsi sull’albero maestro, sopra la postazione di vedetta, quella nave sarebbe stata visibile da qualsiasi distanza, fossero state anche miglia. Più Aya la osservava, più le sembrava di aver innanzi il capitano, senz’altro un tipo con uno spiccato gusto per l’orrido o il sanguinario, probabilmente avverso a qualsivoglia neutralità, chiassoso, irruento e incredibilmente indifferente all’opinione altrui. Pur supponendo che quelle fossero caratteristiche comuni a tutti o quasi i pirati – almeno così le avevano ripetuto i marines a Marijoa –, quell’uomo doveva superarli tutti di gran lunga. C’era solo da chiedersi se fosse un eccentrico spaccone su cui non scommettere mezzo berry o uno di quelli con una taglia a penzolare perennemente sulla testa.
Già da qualche tempo le era venuta la malsana idea di imbarcarsi su qualche nave del genere, una capace di solcare il Grande Blu e allontanarsi dagli isolotti dove continuavano a rifornirsi i pescatori. Il desiderio di scoprire cosa ci fosse oltre quella linea di flutti, di cosa parlassero davvero i millantatori dei racconti di Ko, cosa innervosisse tanto la Marina da spingerla a far guerra a quegli individui, si era ingrossato giorno dopo giorno scuotendole lo stomaco a ogni occhiata rivolta a quella massa d’acqua. Il terrore di finire in balia di qualche idiota suicida però, l’aveva sempre frenata in quelle rare occasioni in cui altri pirati avevano incrociato la sua strada. Persino in quel momento continuava a essere combattuta.
«Abbassa lo sguardo mocciosa o farai una brutta fine!» sibilò minaccioso un uomo qualche metro più in là.
Aya gli rivolse una mezza occhiata, continuando indifferente a scrutare la nave cupa che veniva caricata di barili sotto gli ultimi raggi del sole.
«Che fai cerchi rogne?» abbaiò insistente tirando fuori un coltellaccio arrugginito dalla salsedine.
«Sto solo guardando, non c’è bisogno di agitarsi tanto.» borbottò annoiata, sistemandosi meglio sul muro.
Era la terza volta in un solo giorno che qualcuno le diceva cosa fare, per di più con quel tono perentorio e autoritario, appartenuto a sua madre, che aveva creduto di non sentire mai più. Non l’era mai piaciuto dover prendere ordini – quella era forse l’unica cosa che la faceva rassomigliare agli altri Draghi Celesti –, avrebbe anche potuto accettarli qualora fossero stati utili ad aiutarla in quel mondo a lei sconosciuto. Il motivo per cui però le veniva imposto di abbassare lo sguardo supponeva dipendesse da qualcos’altro.
«Al nostro capitano non piace chi s’impiccia degli affari altrui!» adesso ne aveva anche la certezza.
Un mezzo sorriso amaro le increspò le labbra rosse, senza però dissuaderla dal proprio intento.
«Non mi pare di essermi impicciata, altrimenti non me ne starei qui ferma a guardare, sono certa che il tuo capitano sia abbastanza intelligente da notare la differenza.» soffiò fuori paziente.
I pescatori sulla spiaggetta abbandonarono senza troppe remore le reti sulle imbarcazioni, dirigendosi di corsa verso la parte opposta del molo cercando riparo dalla catastrofe ormai prossima.
«Brut-Capitano Kidd!» l’uomo non si curò neanche di terminare la propria imprecazione.
Altri pirati dalla nave si volsero nella sua stessa direzione, osservando per qualche secondo la strada di terra battuta che risaliva il fianco dell’isola sino alla collina su cui sorgevano negozi e locande. Aya gettò una mezza occhiata alle ombre scure che si protendevano frastagliate sino al muretto che fungeva da angolo su cui stava abbarbicata ormai da parecchio. Lasciò vagabondare il capo sull’altra spalla, solo quando i passi si fecero sin troppo pesanti. Le parve di ricevere una nuova scossa lungo la schiena, sin troppo simile a quella provata quella mattina all’uscita dalla locanda.
L’uomo che si fermò parve spaventosamente somigliante a quello immaginato osservando la nave, ma Aya non se ne stupì più di tanto. Aveva sempre avuto quella strana attitudine nel comprendere gli altri ancor prima di averli incontrati, aspetto che nonostante la sua giovane età e la carenza di guai che l’era stata imposta, non aveva sempre avuto i suoi vantaggi.
Era più alto di quanto si fosse immaginata però, indipendentemente dalla massa di capelli fiammeggianti che gli ricoprivano il capo. Sicuramente bellicoso, considerata l’espressione con cui aveva divorato il volto del proprio compagno, senza dubbio indifferente all’opinione altrui se trovava il coraggio per portare una pelliccia come quella. Non c’era fibra di quel corpo che non gridasse “pirata!” e non uno di quelli da mezzo berry.
«Che cazzo hai da strillare, si può sapere?» ringhiò gutturale, fermandosi a qualche passo di distanza.
«Questa mocciosa si stava impicciando dei nostri affari!» gracchiò esibendosi in un ghigno malsano.
Considerata l’espressione con cui Aya lo vide puntargli il moncherino contro, quell’affermazione doveva sopperire al loro breve scambio di battute senza lasciarle alcun diritto di replica, probabilmente avrebbe dovuto persino rassomigliare a una qualche condanna a morte. Dal silenzio che seguì quelle poche parole, verosimilmente, avrebbe anche dovuto provare terrore, ma anche quella, per sua sfortuna, era una sensazione a lei sconosciuta.
«Conosco un tipo che si chiama Kidd… Eustass “Capitano” Kidd o almeno credo sia questo il nome!» soffiò fuori con naturalezza, portando lo sguardo sul capitano con la pelliccia.
Quello parve per qualche secondo serrare le nocche chiare attorno al calcio dorato della propria pistola, un sibilo quasi metallico sferzò l’aria tanto in fretta da apparire quasi tangibile.
«Ce l’hai davanti donna.» ghignò laconico, inclinando appena il capo nell’osservarla.
Aya si trattenne dall’urlare quella che senz’altro sarebbe stata un’espressione di gioia inappropriata innanzi a un pirata rinomato per la propria aggressività e con una taglia tanto esorbitante, ma il sorriso fiorì oltremodo prepotente sulle sue labbra, mentre incosciente scendeva dal muretto e gli si accostava.
Aveva sentito parlare di quegli uomini in ogni villaggio in cui aveva soggiornato, persino per qualche ora, non c’era luogo del Grande Blu ove non si vociferasse della nuova generazione capace di sfidare i grandi del Governo Mondiale, di quello era certa. Erano l’incubo della Marina, il cancro che contaminava ogni rotta per il Nuovo Mondo, l’eredità di Gold Roger. Li chiamavano “Supernove” o almeno così aveva sentito dire.











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Note dell’autrice:
Unica cosa che tengo a rammentare prima delle traduzioni, è che Aya provenendo da Marijoa sconosce la maggior parte del mondo ove si muove adesso. Inutile dire che le poche informazioni che ha appresso dipendono dalla larga diffusione o da quel poco esistente prima che Ko fosse acquistata come schiava e condotta a Marijoa. Le sue supposizioni sono spesso quindi parziali, erronee o del tutto infondate, per di più, essendo cresciuta in un ambiente tanto “viziato” spesso tende a ignorare l’istinto e a tenere la bocca chiusa. Non è sciocca né tantomeno frivola, sia chiaro, semplicemente imparerà con il tempo, un po’ come fanno i bambini crescendo.
Traduzioni:
- “Yasuko”: Nome giapponese che vuol dire “Cercatrice di Pace”, rispecchia ovviamente alcune caratteristiche – senza dubbio irrilevanti ù_ù – del personaggio.
- “Vielle”: Nome dell’isola nel Mare Meridionale dove Aya incontra per la prima volta Kidd. Deriva dall’omonima parola francese {viva la madrelingua! *-* e viva Oda che ha una passione per il francese} il cui significato sta per “Gironda”. Trattasi di uno strumento musicale che nella mia fervida immaginazione dovrebbe rievocare la forma dell’isola.






  
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