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Autore: Black Spirit    14/10/2013    2 recensioni
Noi siamo i fuochi di mezzanotte.
Noi siamo le ombre.
Noi siamo i morti.
Noi siamo gli invisibili.
Noi solo noi.
Solo noi possiamo tornare.
O almeno loro.
Io sono solo il nuovo.
Io sono solo il novellino.
Io Duncan Nelson, il punk, il duro qui non so dove mettere le mani.
E lei...
Lei è una dodici.
Lei è speciale.
Lei è potente.
Lei è Gwen.
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Duncan, Gwen, Trent , Un po' tutti | Coppie: Duncan/Gwen, Trent/Gwen
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale
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Mi aveva consolato.

Gwen mi aveva consolato.

Nonostante piangessi per la morte della giovane donna che l'aveva uccisa, che l'aveva strappata alla vita che lei tanto amava, che l'aveva strappata alla persona che tanto amava, lei mi aveva consolato comunque.

E alla fine si era addormentata dolcemente sulla mia spalla.

Io l'avevo messa a letto e stavo per andarmene in camera mia quando un pensiero mi aveva assalito anzi attaccato.

E io che avevo fatto di buono per lei?
Niente.

Assolutamente niente.

Non le avevo detto nessuna parola di conforto mentre lei lo aveva fatto per me.

Non l'avevo aiutata in nessun modo mentre lei lo aveva fatto per me.

Non avevo fatto niente.

La cosa doveva venire cambiata in un modo o nell'altro.

Ma come?

Dovevo fare qualcosa per tirarle su il morale...

Ma cosa si può fare per qualcuno che ha perso tutto, compresa la vita stessa?

Mi misi a girare per la stanza alla ricerca di qualcosa che sembrasse tanto importante, tanto amato, tanto speciale che sarebbe riuscito a renderla felice anche solo per un momento.

E il mio sguardo si posò sul muro ricoperto d'immagini che tanto mi era piaciuto e che tanto avevo osservato.

Lì c'erano tutti i suoi ricordi, tutto ciò a cui teneva, tutto ciò che le piaceva era il posto perfetto per trovare qualcosa con cui farla sorridere, con cui renderla felice.

Mi misi a osservare le varie foto e a guardarle ad una per una.

C'era quella con lei e Scott, vestiti per andare a un gran ballo con lei in un bellissimo abito scuro con delle righe di tessuto bianco che esaltava benissimo le sue forme e lui in camicia bianca e pantaloni neri, in un enorme prato verde mentre si baciavano sotto un bellissimo cielo pieno di stelle.

Doveva essere la loro festa per il diploma, quello di cui mi aveva tanto parlato, quello in cui si erano messi insieme.

No, troppo sdolcinato.

C'era quella con lei con un bel vestito rosso a maniche corte che arrivava fino al ginocchio che sorrideva accanto a uno stupendo quadro raffigurante due mani intrecciate, guarda caso una pallidissima e una ricoperta di lentiggini e con in mano un grosso trofeo dorato.

Probabilmente aveva vinto una qualche competizione d'arte.

No, troppo difficile da riprodurre.

C'era quella con lei di molti anni più piccola era una bambina con la pelle chiarissima i capelli lunghi e scuri raccolti in una semplice treccia spettinata, vestita con una salopette di jeans blu e una maglietta senza maniche scura, arrampicata su un albero di mele insieme a una ragazzina dai capelli biondi e gli occhi azzurri con la stessa salopette della prima ma con un maglietta senza maniche azzurra, entrambe sorridenti con una mela in mano.

Doveva essere insieme a una sua amica d'infanzia...

No, troppo infantile.

C'era quella con Scott in smoking e lei con un bellissimo abito nero stretto in vita che si allargava subito dopo tempestato di brillanti su un lato, lui era in ginocchio con in mano uno stupendo anello di brillanti, l'anello che avevo notato prima al dito di Gwen insieme a quello d'oro, lui sorrideva e lei era in lacrime commossa ma felice.

La loro proposta di matrimonio...

No, non posso mica chiederle di sposarmi!
Mi lasciai cadere sul morbido tappeto e da quella prospettiva notai un immagine diversa dalle altre.

La presi e notai che era una cartolina, la girai e lessi il messaggio scritto sul retro.

Cara Gwen il Giappone è un posto incredibile!

Ma vorremmo tanto che ci foste anche tu e Scott qui con noi.

Ok, lo so che dovete organizzare il matrimonio ma perché non prendervi una piccola vacanza?
Noi saremmo più che felici di passare le restanti due settimane qui con voi!
Pensaci prima di dirmi subito no, ok?
Ci manchi, streghetta.
Un bacio,
Brigette e Geoff”

 

Girai la cartolina e guardai di nuovo l'immagine.

Si, era perfetto.

Presi un pezzo di carta dalla sua scrivania e con la prima cosa che mi capitò in mano, un gessetto arancione, le scrissi un breve messaggio.

Vieni in camera mia alle otto.

Duncan
P.S. Ho preso in ostaggio i tuoi vestiti se vuoi rivederli devi venire per forza”

Glielo lasciai sul cuscino e andai in tutta fretta alla mia camera, feci una doccia veloce e mi tinsi per bene la cresta ormai sbiadita, andai verso l'armadio e mi concentrai, lo aprì ma niente.

Guardai l'ora, le sette e mezza.

Cavolo non ho tempo da perdere!

Ci provai di nuovo e questa volta funzionò e riuscì a trovarmi davanti ciò che volevo.

Indossai velocemente la maglietta nera col teschio e i jeans lunghi che avevo fatto apparire e subito dopo infilai le mie fedeli Converse rosse.

Le sette e quaranta.

Preparai quel poco che mi sarebbe servito per la “sorpresa”.

Le sette e cinquantacinque.

Uscì e inizia ad aspettare Gwen.

Passarono i cinque minuti mancanti e lei arrivò, indossava una maglietta nera a mezza manica aperta sulla schiena e dei pantaloni dello stesso colore, insieme a un paio di ballerine di pelle nera.

Non sorrideva.

“Dammi i miei vestiti, Duncan”
Ghignai.

“Tutto a tempo debito, ora vieni con me”

Andai verso la porta e mi concentrai.

Dovevo riuscirci al primo colpo.

Feci un respiro profondo e aprì la porta.

E funzionò.

Ci ritrovammo su una spiaggia, la spiaggia della cartolina.

“Che ci facciamo qui?”

Le sorrisi.

“Non la riconosci?”

Lei si guardò intorno e la sua espressione non cambiò.

“No”

Un po' deluso le feci segno di avvicinarsi e lei lo fece.

“Aspetta e vedrai allora”

Dopo un paio di minuti iniziarono i fuochi d'artificio e lei capì.

La sua espressione si illuminò e la sentì sussurrare due nomi.

“Brigette e Geoff...”

La vidi sorridere.

Non il sorriso che aveva con Scott.

Ma qualcosa di simile.

Il sorriso della foto sull'albero.

Il sorriso della foto nella mostra d'arte.

Il sorriso che per la prima volta riservava a me.

Mentre lei guardava felice il cielo io presi il borsone che avevo preparato poco prima e stesi la coperta rossa che avevo portato con me, mi sedetti tranquillamente e poco dopo lo fece anche lei.

Restammo ad osservare i fuochi per un po'.

Finché io non presi il coraggio a due mani e iniziai a parlare cercando in tutti i modi possibili di non piangere e stringendo con tutta la forza che avevo i palmi che iniziavano a farmi sanguinare i palmi.

“Ho una cosa da raccontarti...”
Lei si girò verso di me e mi guardò negli occhi.

“Parla”

Le feci un mezzo sorriso.

“Tu mi hai detto come sei morta. È il momento che io ti racconti come sono morto”

Lei mi fece segno di continuare a parlare.

“Io e Courtney ci eravamo conosciuti un anno fa. Lei era il mio capo e cercava di rendermi in tutti i modi una persona migliore, la cosa mi piaceva e alla fine mi innamorai di lei. Stavamo insieme già da nove mesi quando lei iniziò a cambiare, diventava più fredda, più dura, più crudele, diventava una persona diversa. Io alla fine decisi di lasciarla, ma quando lo feci a lei... La cosa non piacque. Iniziò a urlare a dire che non dovevo permettermi di parlarle in quel modo, che io non ero niente in confronto a lei, che non dovevo permettermi di parlare. Stavo per andarmene ma lei mi colpì alla testa e io svenni, mi risvegliai ore dopo nel suo appartamento legato mani e piedi al suo letto. Lei disse che ora l'avrei pagata cara, che avevo fatto la cosa sbagliata, che avevo giocato con la persona sbagliata e prese un enorme coltello. Courtney studiava medicina conosceva i punti vitali di una persona e sapeva quali avrebbe potuto ferire senza uccidermi... Li colì tutte le volte che pote, poi mi ricuciva le ferite solo per riaprirle subito dopo. Durò per giorni, che diventarano settimane, finché lei non mi riportò a casa mia, nella mia stanza e mi disse che ora era lei a mollarmi, che ora era lei ad essersi stancata di me. Mi disse questo e poi mi pugnalò per l'ultima volta. Mi pugnalò al cuore proprio come avevo fatto io con lei”

Avevo finito il mio racconto e sentivo un peso enorme sollevarsi dal mio petto e semplicemente sparire.

Gwen mi fissò con gli occhi sbarrati per almeno dieci minuti.

Poi senza dirmi niente mi strinse a se come avevo fatto io con lei poco tempo prima.

E io iniziai a piangere.

Nonostante mi fossi ripromesso di non farlo piansi.

Piansi e tutto il dolore accumulato fluì via insieme alle mie lacrime.

Piansi e Gwen mi lasciò piangere, stringendomi a se con forza e piangendo insieme a me.

Quando finalmente smisi lei mi lasciò andare.

Mi guardò negli occhi e poi fece una cosa che mi spiazzò.

Fece una cosa che mi rese più felice che mai ma che mi fece sentire in colpa come non mai.

Lei mi baciò.

Io chiusi gli occhi e assaporai quel bacio.

Ne assaporai ogni momento ma quando riaprì gli occhi lei era sparita.

Era sparita sussurrando una semplice frase.

“Domani inizierà il tuo allenamento, si pronto”

Era sparita lasciandomi lì con i fuochi d'artificio che iniziavano a scemare.

Era sparita lasciandomi lì.

Lasciandomi lì.

Lasciandomi lì con i miei sensi di colpa.

Lasciandomi lì con i miei sensi di colpa e le mie farfalle nello stomaco...
Farfalle che era la prima volta che sentivo.

Farfalle di cui sapevo bene il significato.

Farfalle che solo Gwen era riuscita a causare.

  
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