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Autore: shadow_sea    15/10/2013    5 recensioni
Lo scrittore principale di Mass Effect desiderava che il finale di ME3 si concentrasse sull’energia oscura, che stava per distruggere l’universo.
"The Reapers as a whole were 'nations' of people who had fused together in the most horrific way possible to help find a way to stop the spread of the Dark Energy. The real reason for the Human Reaper was supposed to be the Reapers saving throw because they had run out of time. Humanity in Mass Effect is supposedly unique because of its genetic diversity and represented the universe's best chance at stopping Dark Energy's spread" (Drew Karpyshyn).
Da qui, dalla forza devastante dell’energia oscura, tema appena sfiorato in ME2 e poi rapidamente abbandonato, trae lo spunto questa mia storia.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Garrus Vakarian, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shepard e Vakarian'
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Piccola dedica
Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito fin qui e mi hanno aiutato a superare momenti difficili. Ma determinante è stata la pacca sulla spalla, stile Grunt, di una Shepard dai capelli viola.
A lei dedico questo capitolo.



SULLA VIA DEL RITORNO


Where are we now?




L'aveva ingannata nuovamente.
Era già accaduto qualche mese prima, ma il malessere che provava per essersi trovata costretta a ricorrere alla menzogna era lo stesso che aveva già avvertito in passato. La professione di dottore portava spesso a mentire ai pazienti o ai loro familiari, notò con evidente fastidio.
Non era trascorso molto tempo da quando aveva rimproverato ingiustamente Shepard, spingendola a trovare nella rabbia un rinnovato desiderio di tornare ad essere la combattente che era sempre stata. Le morti di troppi amici avevano reso insopportabile il peso che portava sulle spalle e quel rimprovero immeritato, che le aveva rivolto, l'aveva spronata a continuare a lottare, aiutandola ad affrontare la fase finale della guerra contro i Razziatori.
Adesso le aveva mentito nuovamente, anche se per motivi diversi: era seriamente preoccupata per quella gravidanza, ma dirglielo a chiare lettere sarebbe stato controproducente.
Fissò pensierosa la porta dietro la quale Shepard stava riposando, prima di tornare a scorrere le notizie che il medico turian, in servizio sulla nave che aveva contattato poche ore prima, le aveva inviato sollecitamente.

Il periodo di gestazione era molto breve, di appena sei mesi, e l'esserino che lasciava il grembo della madre era molto più piccolo di un neonato umano. La conformazione fisica di quella razza rendeva ovvia quella soluzione, data l'esile circonferenza della vita e dei fianchi delle femmine.
Non era certa che Shepard riuscisse a portare avanti la gravidanza per un lungo periodo, ma il rapido sviluppo fetale dei turian giocava a favore del futuro figlio di Garrus.
Si riavviò una ciocca di capelli grigi, spostandoli dagli occhi, mentre emetteva un sospiro: era preoccupata per la mamma, non per l'esserino che portava in grembo.
Era preoccupata perché quel concepimento, difficilmente effettuabile in laboratorio, sia pure utilizzando studi genetici avanzati e tecniche farmacologiche rivoluzionarie, si era prodotto naturalmente, grazie a degli impianti che solo il cielo sapeva di cosa fossero realmente capaci.
Se i Razziatori erano arrivati addirittura a concepire la sintesi fra organici e sintetici, la combinazione del DNA fra razze destro e levo non doveva stupire più di tanto, ma lei era dubbiosa che l'organismo di Shepard sarebbe stato in grado di affrontare quella prova.
Quel tecnico quarian si era arrogato il ruolo di un dio, probabilmente a sua stessa insaputa, ma non sempre gli dei si dimostravano benevoli con i comuni mortali, rifletté pessimisticamente. No, non era pessimista per natura, era solo realista e quella situazione non le piaceva affatto. Era necessario che il viaggio di ritorno si svolgesse nel più breve tempo possibile.

Aveva chiesto a IDA e a Tali di progettare un'incubatrice, per essere pronta in caso di un parto prematuro e la confortava il pensiero che gli eventuali interventi dolorosi o le manovre invasive (prelievi, posizionamento di sondini e drenaggi) che avrebbe potuto dover sopportare il neonato sarebbero stati ampiamente controbilanciati dalle cure che tutto l'equipaggio gli avrebbe rivolto, pensò con un breve sorriso, immaginandosi più di uno di quei soldati alle prese con un esserino minuscolo.

“No, non sono preoccupata per il piccolo” si ripeté rassicurandosi, mentre tornava a fissare di sfuggita la porta del suo alloggio, attualmente occupato dal comandante.
La impensieriva la resistenza della barriera placentare, messa a dura prova da quella gravidanza. Erano state le caratteristiche miracolose di quell'organo, le cui capacità non finivano mai di affascinarla, ad aver permesso la sopravvivenza di entrambi, senza che si manifestassero eccessivi disturbi nella madre e nel feto. La sua efficacia nell'impedire che il sangue embrionale e quello della madre si mescolassero e la sua opposizione al passaggio di alcuni germi e sostanze tossiche era stata la chiave che aveva consentito ad entrambi di restare in vita e in uno stato di buona salute, almeno fino a quel momento.
Il suo compito fondamentale sarebbe stato quello di monitorare continuamente la placenta, controllandone dimensione, funzionalità e circolazione venosa e arteriosa da entrambi i lati. Ma si rendeva conto che sarebbe potuto non bastare: via via che l'embrione fosse cresciuto i rischi sarebbero aumentati e desiderava trovare un sistema per rinforzare quella difesa naturale, per migliorare le prestazioni di quell'organo indispensabile ed evitare che finisse ad essere costretto ad uno stress eccessivo.

- IDA, ho bisogno che mi aiuti a mettere a punto un sistema di filtraggio, che impedisca al feto di danneggiare la madre - mormorò sottovoce, sperando che il comandante non sentisse la sua voce.
- Potremmo prevedere di scaricare direttamente tutte le sostanze di 'rifiuto', evitando che sia la placenta a dover depurare i liquidi corporei dell'embrione - rispose IDA, che aveva assimilato tutta la documentazione che la dottoressa le aveva messo a disposizione.
- Come possiamo farlo?
- Tali potrebbe mettere a punto un impianto con quelle caratteristiche, seguendo le mie indicazioni.
- Un impianto... quindi un'operazione. Non mi piace l'idea di interventi invasivi, ma occupatevene subito lo stesso. L'incubatrice può aspettare - concluse la dottoressa, sentendosi sollevata.
Diede un'occhiata ai monitor collegati al corpo di Shepard, ordinò a IDA di contattarla se avesse rilevato valori allarmanti, poi si avviò verso la cabina di pilotaggio.

- Cosa diavolo c'è? - chiese Joker, vedendo Karin che si sedeva sulla poltrona alla sua destra - Ho già preso tutte le mie dannate medicine.
- Shepard è confinata nei miei alloggi e tu sei il secondo in comando - gli ricordò lei, appoggiandosi comodamente contro lo schienale.
- Oh, grazie per la precisazione. Non avevi nulla di meglio da fare o ti diverte mettermi sotto pressione?
- Spettano a te le decisioni sulla rotta, ma sarei felice se ci dirigessimo verso la Cittadella alla massima velocità possibile - chiarì la dottoressa, assolutamente impermeabile al malumore del pilota - Se anche ti passasse sotto il naso una nave carica di un migliaio di schiavi, sarei più tranquilla se fingessi di non vederla.
- Contaci: non mi ci vedo proprio a indossare i panni di salvatore della galassia e poi... prima arrivo sulla Cittadella, prima posso riportare questa dannata nave ai Quarian per riprendermi la Normandy.
- Bene - fu il commento sollevato della dottoressa, che si alzò per tornare al suo posto in infermeria.

Appena entrata nella stanza trovò Shepard che era uscita dall'alloggio e stava giocherellando nervosamente con l'apparecchiatura per le ecografie.
- Puoi usarla ogni volta che vuoi: non fa del male né a te, né al bambino - la tranquillizzò con un sorriso gentile, continuando a fissare quel viso tanto familiare, nel tentativo di decifrare cosa la impensieriva.
- Sì, Karin, lo so - le rispose lei, meccanicamente, persa in qualche riflessione del tutto estranea alla sua gravidanza.
- Sto valutando se sottoporti o meno a un piccolo intervento fra pochi giorni. Forse un impianto renderebbe più semplice la convivenza fra te e il bambino che porti in grembo - la avvisò la dottoressa fissandola bene in volto - Ma lo eseguirò solo se si renderà necessario. E' la tua serenità ciò di cui avete entrambi bisogno, prima di tutto. E non posso riempirti di sedativi nelle tue condizioni - concluse con fermezza, sperando che il comandante non sottovalutasse i rischi legati alla sua salute.
Sbuffò irritata. Avrebbe voluto che Shepard si confidasse, che le parlasse chiaramente. Immaginava cosa la turbava ma, se non aveva voglia di confidarsi, non poteva imporglielo.

- Vorrei che Kelly fosse qui. Non posso aiutarti se non mi dici cosa ti preoccupa - confessò alla fine, con un'apprensione che non si prese il disturbo di celare.
- Garrus potrebbe essere morto per questo figlio che non abbiamo mai neppure cercato di avere - mormorò lei in risposta, sottovoce, guardando lo schermo nero e silenzioso dell'ecografo.
- Non puoi rimproverarti per un abbassamento nei valori della tua pressione sanguigna - la rimproverò, immaginando che si stesse riferendo allo svenimento avuto sul ponte della Normandy.
In realtà era quasi certa che se Shepard fosse stata appena un po' più prudente e si fosse sottoposta a degli esami ciclici, come le aveva raccomandato più volte, fin dall'inizio del viaggio, lei avrebbe potuto diagnosticare ben prima quella inaspettata gravidanza.
- Non posso? - le chiese il comandante, fissandola bene negli occhi - Suppongo che se mi fossi fatta visitare, come avrei dovuto, avresti capito che ero incinta e mi avresti dato dei consigli utili per tempo.

- No. Non credo che avrei mai pensato a una gravidanza - le rispose, assumendo quell'espressione fintamente rilassata che aveva imparato ad utilizzare quando si trovava a mentire ad individui condannati da un male incurabile, se era certa che non avevano la forza di accettare la loro sorte inevitabile.
- Sapevo che Garrus non avrebbe mai acconsentito ad avere rapporti non protetti con te, e non per paura di poter diventare padre - affermò con sicurezza, questa volta sincera.
- No, non lo ha mai fatto - assentì lei, chiedendosi se, una volta conclusa quella maledetta missione, avrebbero mai fantasticato sulla possibilità di metter su famiglia. Scosse la testa per liberarsi da quel pensiero che le faceva solo del male: adesso non avrebbe più potuto conoscere la risposta a quella domanda.
- Shepard, non puoi abbandonarti all'idea che Garrus sia morto. Non lo sai con certezza. Io credo sia lì fuori, da qualche parte, e che stia tentando di tutto pur di tornare da te - la cercò di consolare la dottoressa, instillando in quella frase tutta la sincerità possibile.
Il comandante restò in silenzio, senza neppure accorgersi che la sua mano era corsa a stringere fra le dita i ciondoli appesi alle due catenine che portava al collo.
- Posso andare in giro per la nave? - chiese poi, mentre la Chakwas tornava a sedersi vicino al tavolino per studiare un altro paio di file che riguardavano i neonati turian.
- Sì, certo. Però non agitarti - si raccomandò.
- Shepard? - la richiamò, mentre stava già varcando la porta - Preferirei se tornassi a riposare qui, nella stanza dell'ufficiale medico, invece che nella cabina assegnata al comandante - aggiunse poi, con una certa inquietudine.
Lei fece un breve cenno di assenso ed uscì nel corridoio.

°°°°°

Gattaca




Si sarebbe voluta dirigere verso la cabina di pilotaggio, ma sapeva che, se fosse andata lì, ben difficilmente avrebbe trovato la forza di rialzarsi dalla poltrona posta al fianco di Joker. I suoi occhi avrebbero preso a scrutare inutilmente i cieli attorno alla Tonbay e non poteva farsi prendere dai rimpianti e affogare in speranze destinate a non avverarsi.
Cercò un comunicatore sul lungo corridoio che stava percorrendo e, appena lo individuò, chiese a IDA dove avrebbe potuto trovare James. Si fece dare le indicazioni necessarie per raggiungere la palestra e si incamminò con la testa piena di pensieri grevi e opprimenti ed il cuore terribilmente pesante.

La tecnologia dei Razziatori, utilizzata sulla nave quarian, aveva portato ad alcune modifiche che interessavano anche piccoli dettagli di secondario interesse. L'apertura delle porte, per esempio, risultava così silenziosa da poter passare del tutto inosservata, tanto che il suo ingresso nella grande sala, il cui pavimento era ricoperto da quello spesso e robusto tappeto in uso nei locali adibiti agli allenamenti sportivi, passò del tutto inosservato.

Si fermò di botto, stupita di fronte alla scena che le si presentava davanti agli occhi.
Jack stava prendendo a pugni un grosso sacco, identico a quello che i pugili terrestri usavano durante gli allenamenti, e James le stava dando alcune istruzioni.
- No. Ti ho detto: uppercut sinistro, cross, gancio sinistro, e ripeti per tre volte. Sì, così va bene... ma non scordarti di respirare, mica sei sott'acqua - la stava incitando, mentre la ragazza saltellava seguendo i movimenti del sacco, che ondeggiava leggermente.
- Ok, ora ti insegno un'altra combinazione: cross, gancio destro, jab - elencò poi il ragazzo, impadronendosi del sacco per mostrarle i colpi.
- Ripeti anche questa serie, per tre volte - le raccomandò, prima di accorgersi del comandante, che si trovava in piedi a fianco della porta.

- Cercavi me? - le chiese avvicinandosi, mentre Jack si bloccava di colpo e cominciava a svolgere rabbiosamente le bende che portava intorno alle mani e ai polsi, prima di scaraventarle sul pavimento in un nodo aggrovigliato.
- In realtà volevo parlare a entrambi - rispose Shepard, stupita di averli trovati assieme. Aveva avuto intenzione di cominciare a parlare con James, perché il colloquio con la ragazza sarebbe risultato decisamente più impegnativo.
- Risparmiaci le tue condoglianze - la apostrofò infatti Jack in tono chiaramente irritato, uscendo dalla stanza quasi di corsa, ma non senza averla prima fissata con aperta ostilità.
- Non riesce a perdonarsi - le confidò James, rimanendo a fissare la porta ormai chiusa - Non ce l'ha davvero con te, ma le viene più facile incolpare te, piuttosto che affrontare se stessa. So cosa prova: ci sono passato anche io... - aggiunse poi, mentre cominciava a fare le sue solite flessioni alla sbarra.

- Mi dispiace - ammise semplicemente, sapendo che con James non ci sarebbe stato bisogno di troppe parole - Sono passata per sapere come stai, anche se la domanda è ovviamente stupida. Lo so come ti senti - concluse fissandolo in viso.
- Beh, nemmeno tu sarai di splendido umore, suppongo...
- Già...
- Neppure l'addestramento N7 deve aiutare molto in questi casi. Vero?
Shepard scosse la testa in silenzio: quel dolore non poteva essere lenito da nessun tipo di addestramento e di certo non si riusciva a farci l'abitudine.
- E' buffo constatare come la parziale distruzione della Normandy sia quello che ci aiuta maggiormente a superare questi primi giorni - osservò pensosamente James, facendo una breve pausa fra una flessione e un'altra.
“E' vero” si rese conto lei, sorpresa “Se fossi nella Normandy avrei costantemente davanti agli occhi Garrus. Lo rivedrei a mensa, sul letto, sotto la doccia o intento nelle sue calibrature. Lo rivedrei mentre si veste o si spoglia, con un fucile fra le mani, mentre sorride o si rabbuia o quando mi fissava, pensando che non lo stessi osservando” rimuginò, mentre le scappava un mezzo singhiozzo di cui si vergognò immediatamente.
- Mi dispiace - si scusò di nuovo, mordendosi le labbra e desiderando sprofondare sotto il pavimento. Non era andata da lui in cerca di conforto, ma per offrirglielo.
- Lo so che ti dispiace e so che ti senti in colpa anche se non dovresti. E' inevitabile - provò a rassicurarla, lasciandosi cadere dalle sbarre e guardandola con quei suoi occhi dolci e gentili.

Forse sarebbe scoppiata in lacrime e avrebbe cercato un po' di comprensione su quelle spalle così ampie, che sembravano fatte apposta per incoraggiare e proteggere, anche da se stessi, ma non ne ebbe il tempo, perché fu in quell'esatto istante che Jack fece nuovamente irruzione nella stanza e, ascoltata la frase di James, osservò gelidamente - Credo che sentirsi in colpa sia il minimo, anche se è assolutamente inutile, a questo punto.
Fece alcuni passi verso i suoi due compagni e seguitò - In poche ore hai decimato il tuo equipaggio, comandante - la accusò.
- Per essere una che si vanta di tenere ai propri uomini, direi che ti sei comportata in modo imperdonabile, con una avventatezza che non si può giustificare - concluse, quasi sputandole addosso quelle parole, che sembravano intrise di veleno.

- E io direi che ora può bastare, Jack. Hai davvero passato la misura - fu il commento duro e del tutto inatteso che si propagò dai comunicatori posti al centro delle quattro pareti della stanza - E poi... chi ti dà il diritto di sputare sentenze velenose? Non sai neppure di cosa stai parlando! Tu non ci sei stata fin dall'inizio. Io sì.
- Dov'eri tu quando il comandante lasciava andare la regina dei Rachni, rischiando di rimettere in libertà una delle peggiori catastrofi che la galassia avesse mai dovuto affrontare? - specificò Joker con evidente rabbia - Dov'eri quando si impadroniva a forza della Normandy perché il Consiglio ce l'aveva sottratta? E dov'eri quando, invece di abbandonarmi alla mia stupidità, mi costringeva a salvarmi, rinunciando alla sua vita? E non sei tu ad aver rischiato il tutto per tutto, alleandoti con Cerberus solo perché era quella l'unica organizzazione che combatteva contro i Razziatori - osservò sarcasticamente - Fosse stato per la tua lungimiranza ora saremmo tutti morti e defunti.
- Difficile immaginare una persona che abbia quasi sempre agito superando i limiti di avvedutezza e prudenza che sono alla base di un comportamento ragionevole e razionale - osservò ancora il pilota, mentre Shepard non sapeva se sentirsi sollevata per quell'intervento inatteso o preoccupata dalla piega di quei discorsi.

- Ricorderai però che ha riattivato un geth sulla Normandy, mettendo a rischio l'intera nave, che ha riscritto gli eretici e che è entrata nel portale di Omega 4 per seguire l'equipaggio rapito, senza neppure fermarsi a chiedersi se fossimo veramente pronti.
- A parte il fatto che decidere di liberare una pazza tatuata dalla Purgatory non sembra essere una delle mosse più prudenti che si possano prendere in esame - aggiunse poi, sempre in tono decisamente irritato - non ti sarai dimenticata la distruzione di un portale galattico, che ha condannato a morte trecentomila batarian. E la cura della genofagia? Tuttora a me non sembra una decisione molto sensata, con tutto l'affetto che posso nutrire per quel testone di Wrex. E di certo non è stata saggia la decisione di entrare nel consenso geth, come se si trattasse di partecipare a una semplice scampagnata fra amici.
- E a mio giudizio - intervenne IDA - neppure l'ultimo gesto del comandante, quello con cui ha distrutto tutte le IA della galassia per essere certa di sterminare i Razziatori, può essere considerata un'azione molto meditata.

- Diavolo, Lola - commentò a quel punto James - Dopo aver sentito snocciolare l'una dopo l'altra tutte le tue imprese, mi chiedo come mai non sei rinchiusa in una cella imbottita, involtata in una camicia di forza - concluse, fissandola con aria assorta.
- Perché siamo stati fortunati. Forse anche troppo - rispose il comandante - Ma questa volta no - aggiunse avvilita - No, di certo non lo siamo stati - ripeté, uscendo rapidamente dalla porta della palestra per tornare verso l'infermeria.

- Cos'è successo? - le chiese la dottoressa, fissandola con evidente disapprovazione, non appena la vide entrare nella stanza - Ti avevo raccomandato di rimanere serena e tranquilla, ma sembra che ti ostini a fare l'esatto contrario di quanto ti dico.
- Mi sento sul punto di crollare, Karin - le rispose sinceramente, abbandonandosi sulla sedia.
- Ma sai che non puoi farlo - le rispose la dottoressa, sorridendo con incoraggiamento. La fissò per qualche istante, sperando che quella donna decidesse di aprirsi con lei. Alla fine scosse la testa, si alzò dalla sedia, prese un datapad ancora vuoto e glielo mise fra le mani.
- Comincia a scrivere il rapporto che dovrai presentare al Consiglio - la spronò - e cerca di essere convincente. Al bambino non farebbe bene nascere dietro le sbarre - concluse, prima di farle l'occhiolino, sapendo che avrebbe capito che stava solo scherzando. Voleva solo che si distraesse e pensasse a qualcos'altro: un noiosissimo rapporto sarebbe andato più che bene.

°°°°°

Shepard non si rese conto di quanto tempo fosse rimasta a mettere ordine nei pensieri per scrivere un resoconto sensato e convincente. Il tempo, su una nave spaziale, non scorreva come accadeva di solito, sui pianeti o sulle stazioni spaziali. Dette un'occhiata distratta all'orologio senza registrare l'informazione e si mise a rileggere con attenzione quanto aveva scritto fino a quel momento.

I nemici incontrati nel sistema Far Rim, nel seguito denominati Divoratori di stelle, appaiono essere una grave minaccia per l'intera galassia. La loro presenza nella Via Lattea è dovuta allo sfruttamento dell'energia emessa dalle stelle. Sono in grado di accelerare il naturale processo di invecchiamento degli astri, per diminuire drasticamente il tempo necessario alla raccolta dell'energia, provocandone una morte prematura.
Un altro pericolo, forse maggiore, è rappresentato dall'ingente emissione nello spazio di un'energia simile, per caratteristiche e comportamento, all'energia oscura. Livelli eccessivamente alti di questa energia tendono inevitabilmente ad esercitare una forza repulsiva fra corpi celesti, causando un loro allontanamento, così come abbiamo rilevato all'interno del sistema Far Rim.
Nell'allegato F1 è riportato il confronto fra le misurazioni delle distanze nel sistema di Dholen effettuato durante la missione appena conclusa e quelle note ai tempi della mia precedente missione su Haestrom. Da alcune simulazioni effettuate da IDA sembra probabile che, in tempi brevi, il pianeta più esterno andrà alla deriva, mentre non è ancora certo cosa accadrà ai restanti.

La natura inorganica del nemico, presumibilmente basato sull'energia, anziché sulla materia, ne rende difficile la caratterizzazione nei termini che vengono comunemente utilizzati. Sono infatti del tutto invisibili agli apparati visivi degli esseri organici e attualmente non si dispone di alcuna strumentazione in grado di rilevarne la presenza.
Tuttavia i biotici sono in grado di localizzarli, con una capacità che risulta strettamente correlata alla potenza individuale dei propri poteri, sfruttando l'alone di energia che avvolge ogni singola entità, a meno che l'entità stessa non decida di occultarsi.
Allo stato attuale risulta che i Divoratori di stelle siano in grado di azzerare l'emissione di energia, rendendosi così del tutto invisibili anche ai biotici, solo mantenendosi completamente inattivi. Non appena un'entità effettua una qualsiasi azione, l'alone di energia ne rivela la presenza.

Abbiamo motivo di ritenere che la loro forma elementare sia di 'dimensioni' ridotte, più o meno della grandezza di una palla da biliardo, ma che siano in grado di 'combinarsi' fra di loro in modo da dare origine a entità di 'dimensioni' molto maggiori, anche notevolmente più grandi dei Razziatori. Crediamo che queste entità complesse abbiano capacità molto maggiori dei singoli individui che li compongono, in analogia a quanto accadeva per le piattaforme geth.
E' anche ragionevole supporre che, similarmente ai Rachni, siano guidati da un'intelligenza collettiva, capace di guidarne il comportamento con una velocità e precisione molto superiori a quella di qualsiasi essere organico.
La rapidità di esecuzione e la capacità di coordinamento non appaiono inferiori a quelle di un esercito geth.

La capacità offensiva dei Divoratori di stelle si esercita in due modi diversi e in qualche modo contrastanti. Un'entità aliena è in grado di assorbire istantaneamente, e totalmente, l'energia del corpo, organico o inorganico che sia, con cui entra in contatto, decretandone la morte istantanea o la cessazione immediata del suo funzionamento.
E' altresì capace di esplodere, generando una detonazione sferica di raggio variabile, forse correlato alla dimensione dell'entità che la causa. Queste esplosioni provocano ingenti danni, con effetti assimilabili a quelli ottenuti dalla deflagrazione di fonti di energia oscura.

I Divoratori di stelle sono risultati estremamente sensibili all'elemento zero. Se le armi standard e quelle ad energia non risultano minimamente efficaci, abbiamo potuto rilevare che armi a particelle o laser, arricchite con nuclei di eezo, fanno letteralmente scoppiare le entità nemiche, con esplosioni che si propagano a catena, laddove altre entità siano sufficientemente prossime ai bersagli colpiti.

Sulla base dei documenti inviati ad alcuni membri del mio equipaggio, sembra che i Divoratori provengano da un'altra galassia, ma non si dispone di informazioni che possano precisare di quale galassia si possa trattare. Anche l'ipotesi che si tratti di una galassia spenta potrebbe essere essenzialmente suggerita dal modus operandi di questa razza, che sembra interessata al solo procacciamento di energia a scapito della sopravvivenza stessa dei sistemi stellari.
Questo disinteresse verso la sorte di interi settori dello spazio potrebbe essere giustificato dalla loro capacità di operare in più galassie contemporaneamente. Se questa supposizione fosse corretta, si potrebbe ipotizzare la presenza di un portale nella Via Lattea, in grado di rendere possibile un viaggio spaziale fra la nostra galassia e la loro.
Anche la localizzazione di questo eventuale portale è però attualmente ignota.

“Sono tutte informazioni preziose e finora completamente ignote. Ma valgono il prezzo pagato?” si chiese dubbiosa. Non si preoccupava del giudizio dei Consiglieri: era lei stessa a ritenerlo troppo alto.
Si appoggiò allo schienale della sedia e allungò le braccia, sciogliendo i muscoli irrigiditi, rifiutando anche solo l'idea di scrivere il secondo rapporto, in cui avrebbe dovuto riportare le varie fasi degli scontri a fuoco e le perdite subite. “Non oggi”, pensò alzandosi dal tavolo “Non me la sento di affrontare anche questo” confessò a se stessa.
Si appoggiò contro il vetro della finestra, guardando lo spazio nero che avvolgeva lo scafo, cercando di evitare di chiedersi inutilmente dove potesse trovarsi suo marito o se fosse ancora in vita.

L'ora di cena arrivò e trascorse senza che ci facesse caso. Prese coscienza di quanto fosse tardi solo quando la porta si aprì e Jack le comparve davanti reggendo fra le mani un vassoio colmo di piatti.
- Sarebbe bene se mangiassi qualcosa, suppongo - affermò, poggiandolo sul tavolo e sedendosi di fronte a lei.
- Hai usato veleni rapidi o mi toccherà morire fra atroci sofferenze? - la sfotté timidamente.
- Dovresti chiedere a Tali: io non c'entro con questa roba. Come fai a ingoiarla? - chiese poi, facendo una smorfia di disgusto.
“Penso a Garrus” fu la risposta immediata che però non pronunciò, limitandosi ad una breve risata nervosa.

- Non avrei dovuto portarmi appresso quell'inetto - osservò improvvisamente Jack, rompendo il silenzio che si era creato nella stanza, mentre prendeva uno dei due bicchieri che erano appoggiati sul vassoio e lo riempiva con un vino rosso scuro.
- No. Sono io che non avrei dovuto portarlo su Gotha - osservò a sua volta il comandante, appoggiando la forchetta sul tovagliolo e scostando uno dei piatti con aria disgustata.
- In effetti... - commentò Jack fissandola in tralice - gli avevi assegnato un compito superiore alle sue capacità - concluse con un ghigno strano che sorprese il comandante.
- Dici? - chiese dubbiosa.
- Cazzo, no! Ti sei rimbecillita? - chiese a sua volta Jack, continuando a ghignare - James mi ha detto che gli avevi ordinato di sparare dei fuochi d'artificio... Anche un perfetto idiota avrebbe potuto farlo!
“Ma ci si resta male comunque; lo sai tu come lo so io. Ed è inutile ricordarselo” ragionò Shepard in silenzio.
- C'è un maledetto bar su questa nave? - chiese invece ad alta voce.

- Cos'è? - domandò Jack, probabilmente incuriosita dagli strani caratteri stampati sull'etichetta della bottiglia che il comandante stava reggendo nella mano, per versarsi un dito di vino in un bicchiere.
- Kyril - rispose sottovoce, sentendo che quel nome pesava come piombo.
“Era il vino preferito da Garrus... E' il vino preferito da Garrus...” pensò, mentre la sua bocca pronunciava - E' un vino che viene da Palaven.
“Palaven... i Razziatori... Tu eri lì. Sapevi che sarei arrivata. Mi stavi aspettando...”.
- Già, è facile scovare una bottiglia del genere su questa nave: dimentico sempre che i Quarian condividono il cibo con i Turian - osservò Jack che aveva visto come il comandante si fosse perso nei ricordi. Aveva voluto distrarla, ma pronunciare la parola turian era stata una pessima idea, si rese immediatamente conto - Cazzo! Ne facessi mai una giusta... - mormorò con irritazione.
- Non sentirti in imbarazzo. Penserei comunque a Garrus, anche se mi parlassi dei tuoi tatuaggi - rispose Shepard stringendosi nelle spalle.
- L'amore è una stronzata, Trinity. E' solo uno stramaledetto casino che ti rovina la vita.
- Povero Cooper, gli dici spesso cose del genere?
- Cooper? Ma ci mancherebbe! Quella è una storia ormai vecchia...
- Credo di essermi persa qualche puntata... Aggiornami - la invitò il comandante versandosi un altro dito di vino e accomodandosi sul divano.

Jack sorrise maliziosamente prima di confessare candidamente - Non riuscivo più a vedermelo stare fra i piedi con quegli occhioni sognanti, come un cucciolo che implora il suo padrone per una piccola grattatina.
- E quindi... l'hai scaricato? - le chiese sgranando gli occhi.
- Ovvio - ridacchiò divertita, stappando una bottiglia di birra - Era diventato una vera piattola. Non era affatto divertente.
- Potrebbe farti finire nei guai con la scuola?
- Non gli consiglio di provarci - rispose Jack con un'occhiata talmente carica di minaccia, da rendere chiaro che ben difficilmente qualcuno dotato di un minimo di buon senso avrebbe fatto una mossa tanto stupida.
- Ma invece... cosa sai dirmi su James? - le chiese subito dopo la ragazza, accavallando le lunghe gambe, mentre il Kyril, finito di traverso, causava un lungo accesso di tosse nel comandante.
“O per la miseria! James no, Jack! Spiriti... proteggetelo” riuscì solo a pensare mentre cercava inutilmente di ritrovare il fiato.
- Ha osato chiamarmi Jaqueline, quell'idiota. E non l'ho neppure appiccicato al muro...
- No? E perché?
- Me lo meritavo... - ammise la ragazza, mentre arrossiva.
“E già: mi sto preoccupando inutilmente. Non sarà Jack a mettere in difficoltà James... Forse potrebbe accadere addirittura il contrario e, diavolo se sarebbe interessante!” meditò in silenzio, nascondendo un sorriso spontaneo in un altro sorso di vino.
- Questa me la devi raccontare - dichiarò poi, mentre posava il bicchiere sul tavolino, per non rischiare di strozzarsi nuovamente.
- Oh no. Non credo proprio... - replicò seccamente la ragazza - Scordatelo!
E, detto questo, si alzò con un balzo elegante dal divano ed uscì velocemente dalla stanza, lasciandola più curiosa che mai.
“Jaqueline...” ripeté fra sé senza smettere di sorridere. Non avrebbe mai saputo come era andata, ma se Jack le aveva portato la cena e si era messa addirittura a bere qualcosa con lei al bar, era evidente che l'aveva perdonata. E tutto questo era sicuramente opera di James.

Peccato che lei facesse molta più fatica a perdonarsi, pensò, mentre si alzava per uscire dalla stanza.
Una volta nel corridoio, si guardò intorno con aria incerta: non aveva prestato attenzione al tragitto percorso all'andata, e quel ponte le era assai poco familiare.
Scelse di avviarsi verso destra e fissò le quattro porte di quel settore, sicura che fossero delle cabine per l'equipaggio, ma senza avere la più pallida idea di chi occupasse ciascuna di esse.
Intravedere alla sua sinistra l'armatura di Grunt e trovarsi avvolta in uno scudo biotico fu tutt'uno. Le venne da ridacchiare per quell'istinto protettivo materno che doveva essersi sviluppato in modo subdolo, ma molto rapidamente.
- Le femmine parlano troppo - borbottò il krogan fra sé e sé con aria infastidita, prima di girarsi verso di lei e salutarla.
- Con chi ce l'hai?
- Lazara. Ora che è riuscita a mettersi in contatto con sua cugina, quelle due femmine non fanno altro che chiacchierare, in continuazione. E, quando non parlano al terminale, si scambiano messaggi.
- Vai in palestra, Grunt, che sei buono solo a menar le mani - fu l'invito divertito che arrivò dalla cabina rimasta aperta.

Shepard sorrise nel fissare quel grosso bambino che si avviava lungo il corridoio che lei aveva appena finito di percorrere, poi si affacciò alla porta della cabina per salutare Lazara, che la invitò a entrare, interessandosi alle sue condizioni di salute.
- Sto bene - rispose gentilmente, ma senza alcuna voglia di parlare di se stessa - Dammi notizie di Wrex e Bakara - aggiunse accomodandosi su una sedia.
- Le autorità sembrerebbero intenzionate a far entrare anche i Krogan nel Consiglio e puoi immaginare cosa si stia scatenando di conseguenza.
- Ve lo meritate. Vi siamo debitori oggi, così come lo fummo al tempo dei Rachni, anche se molte persone preferirono dimenticarsene.
- Dobbiamo a te se abbiamo trovato degli alleati nella galassia, comandante. E non lo dimenticheremo mai. Ma Wrex è sottoposto a non poche pressioni in questo momento, anche se la sua autorità sembra continuare a crescere con il passare del tempo. Sta facendo un ottimo lavoro e la maggior parte dei Krogan è disposto ad accettarlo come capo supremo.
- Ma ci saranno clan contrari agli Urdnot, suppongo.

- A dire il vero questa storia dei clan sta perdendo significato. La cooperazione non è insita nel DNA dei maschi, ma Wrex sa bene che l'unica possibilità del nostro popolo sta nella cessazione di ogni ostilità. E le femmine stanno aiutando a plasmare il futuro del nostro popolo, ricordando a tutti i nostri usi e la nostra cultura. Torneremo ad essere il popolo fiero e dignitoso che fummo nei tempi antichi, prima della genofagia - precisò Lazara, con un tono pieno di orgoglio.
Shepard annuì, perché quelle frasi le avevano riportato alla memoria i colloqui avuti con Bakara sulla Normandy e poi più tardi, sul suolo di Tuchanka, dopo la morte di Mordin.
- Le donne krogan mi sembrano piene di una saggezza che manca generalmente ai vostri maschi.
- Credo che tu possa capirli: l'avidità di potere, le manifestazioni di forza bruta e la violenza erano tutto ciò che era rimasto loro, dopo la genofagia. In esse trovavano l'unica giustificazione della loro stessa esistenza.
- Per voi femmine è stato diverso - rispose Shepard che però aggiunse subito - Ma non meno doloroso. Anzi, io credo che la vostra sofferenza sia stata molto maggiore.
- La sofferenza ci ha plasmato, donandoci la saggezza e il senso del sacrificio individuale, in nome del bene comune. Ma non avevamo scelta: potevamo arrenderci alla disperazione o lottare per una speranza. Tu, meglio di altri, puoi capire la situazione che abbiamo dovuto affrontare.

- Vorrei avere le tue certezze, in questo momento. Ma non ne ho - le confessò a questo punto, incerta se si stesse spingendo troppo oltre con le confidenze.
- Immagino che tu ritenga di aver pagato a caro prezzo l'ultima missione. E' questo che ti angoscia?
Shepard si limitò ad annuire, fissando quella femmina aliena che sentiva incredibilmente vicina, forse più di quanto lo fossero mai state perfino Tali o Liara.

- Hai dovuto mettere a dura prova la tua risolutezza. La determinazione che hai dimostrato nel completare la missione che ti era stata assegnata ha portato al sacrificio di persone che ti erano care. Eppure le informazioni che hai raccolto sono di un'importanza estrema - osservò Lazara con voce ferma e tranquilla.
- Nessuno aveva idea di quale nemico insidiasse la nostra galassia e nessuno sapeva in quale modo avrebbe potuto combatterlo - continuò quietamente - Adesso, invece, sulla base di ciò che abbiamo imparato, potremo fare dei piani, stabilire delle linee di azione, prepararci ad affrontare questa sfida. Ci hai donato una speranza che non avevamo e nulla vale più della speranza, comandante.
- Mi hai fatto tornare alla mente il lungo discorso di Bakara sulla sua iniziazione. Anche tu sei uno sciamano?
La krogan rise scuotendo la testa, prima di spiegare - Io mi occuperò della ricostruzione del nostro pianeta. Mi interesso di urbanistica e forse studierò anche architettura. Dobbiamo ricostruire tutto, quasi partendo da zero, e tanto vale cominciare a farlo nel modo giusto. Ma conosco bene la storia di mia cugina.
- Il cristallo che guiderà i tuoi passi fino all'uscita della caverna è dentro di te, comandante - aggiunse poi, prendendole una mano e stringendogliela forte fra le sue - E' anche per il futuro del figlio di Garrus che hai combattuto e puoi essere fiera delle scelte che hai fatto. Anche se sono dure da sopportare e se ti procurano dolore, mantieni alta la testa e continua per la tua strada. Il tuo cuore saprà guidarti, così come ha sempre fatto, in tutti gli anni della tua vita.
  
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