Le travi cominciano a cadere. Il teatro è antico.
In poco tempo sono coperta di macerie, respiro a fatica, non vedo e sento nulla.
Passano secoli, o forse soltanto un secondo. Io sono mezza svenuta.
Poi sento una voce chiara, dolce, indifesa che chiama: "Miss Flatcher?"
Qualcuno mi toglie di dosso la trave che mi schiaccia le gambe. Le muovo debolmente. Funzionano.
Poi sento prendermi da sotto le ascelle e trascinarmi fuori da quell'inferno.
Una volta fuori, riesco a vedere il mio salvatore, anzi … salvatrice.
È una bambina. Avrà meno di dieci anni. Sembra piccola e indifesa. Ha i capelli neri lunghi e lisci e gli occhi azzurri. È bellissima. Sembra una bambola.
Se avessi avuto il pieno controllo delle mie facoltà mentali mi chiederei come fosse possibile che una bambina che mi sembrava così piccola avesse potuto trascinarmi per metri. Ma date le circostanze, non sto a farmi troppe domande.
La bambina mi trascina ancora per pochi metri, lottando contro la stanchezza per tenersi in piedi. Poi mi lascia lentamente, facendomi sdraiare a terra, accanto ai miei amici, che stanno abbracciati, tremando.
La bambina, sfinita, si lascia cadere e si siede, cercando di riprendere fiato.
Mi alzo lentamente, riprendendo conoscenza poco a poco.
Il teatro è distrutto. Il mio spettacolo è stato un fallimento. Sento un misto di rabbia, tristezza e vergogna impadronirsi di me.
Il teatro è tutto ciò che ho.
Mi scende una lacrima.
Smettila, Giulia. Stai piangendo un po' troppo in questi giorni, mi dico.
Immediatamente riprendo il controllo e mi guardo intorno.
Aldo, Clara, Anna, Matteo…
"Dov'è Leo?!" strillo isterica.
Ci guardiamo intorno, ma già so dov'è.
La bambina ci guarda spaesata. Appena capisce che Leo è l'altro attore che era dietro le quinte con me, si alza di scatto ed entra nel teatro. La trattengo per una mano. Non posso farla ammazzare così.
Lei mi guarda con uno sguardo impaurito, si divincola, si libera dalla mia presa e corre dentro.
"Torna indietro!"
Rimango a guardare la scena. È terribile. Leo è morto e morirà anche la persona che mi ha salvata. Le fiamme si alzano sempre di più.
L'udito comincia a venire sempre meno. Mi sento isolata. Sento solo in sottofondo la sirena dei vigili del fuoco e quella dell'ambulanza.
Sverrò tra poco. Smettila, riprendi il controllo. Non è da te, mi dico.
Ma non ce la faccio…
Quando sento di star per cedere, vedo la bambina trascinare il corpo incosciente di Leo. È ferito, ma respira!
La bambina è sfinita, lo adagia a terra lentamente.
Cerca di riprendere fiato, di resistere al sonno e alla fatica che la stanno opprimendo.
Barcolla.
Non è impaurita. È troppo provata fisicamente per esserlo.
Si guarda intorno e dice debolmente, sussurrando: "Dove sono mamma e papà?"
Lo sguardo le finisce sul teatro in fiamme.
Con un filo di voce, l'ultimo che le rimane, dice: "Oh, no…"
Poi si accascia a terra.