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Autore: Kokato    08/04/2008    5 recensioni
Perché? Perché quel dannato insisteva con quella dannata storia?
Da quando si era svegliato, e aveva potuto guardare fisse quelle cavità ferrose senza ricorrere ad uno specchio.
Dal punto in cui la sua vita avrebbe dovuto ricominciare, era finita ancora una volta.
Lui non c’era più.
Sparito, svanito nel nulla, come una bolla di sapone. Tanto che per un attimo pensò che non fosse stato altro che un angelo che aveva sognato nel suo soggiorno nell’armatura, un compenso che la sua anima aveva dato ai ricordi che piano piano svanivano e si corrodevano pezzo per pezzo.
Uno scambio equivalente

RoyXEd EdXAl EnvyXEd SPECIALE AGGIORNAMENTO DI HALLOWEEN!
AUGURI A TUTTI!*_*
Genere: Romantico, Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Envy, Roy Mustang
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Signori e cavallier che ve adunati

Signori e cavallier che ve adunati

Per odir cose dilettose e nove,

Stati attenti e quieti, ed ascoltati

La bella istoria che il mio canto muove;

E vedereti i gesti smisurati,

L’alta fatica e le mirabil prove

Che fece il franco Orlando per amore

Nel tempo di re Carlo imperatore.

 

Non vi par già , signor, meraviglioso

Odir cantar d’Orlando innamorato,

ché qualunque nel mondo è più orgoglioso

è da Amor vinto, al tutto subiugato;

Né forte braccio, né ardire animoso,

Né scudo o maglia, né brando affilato,

Né altra possanza può mai far diffesa

Ché al fin non sia d’Amor battuta e presa.

 

Da “L’Orlando Innamorato”, Proemio, di Matteo Maria Boiardo.

 

C’era qualcosa di diverso nell’aria. L’ avrebbe inalata meglio nelle narici, per accertarsene, se solo lui non fosse stato lì.

Se solo non avesse perso il controllo, quando aveva fatto di tutto per mantenerlo, solamente per una distrazione dell’ultimo secondo.

Eppure l’ultimo argomento di conversazione della giornata era andato a farsi benedire. Doveva pur significare qualcosa.

Ave in eccelsius deo.

Accorciò ancora la distanza, senza stare a spiegarsi, puntando la punta delle scarpe nella base della parete, con i tacchi divisi.

Proprio in mezzo c’era lui. Con i grandi occhi dorati puntati nei suoi, sgranati, le palpebre in esibizione di un leggero movimento intermittente.

C’era lui, ma era tanto piccolo che la distanza dei tacchi, la biforcazione delle gambe non era poi tanto evidente. Ma questo, decisamente, era meglio non dirlo.

C’era voluto fin troppo tempo, per far cambiare qualcosa, e proprio quel qualcosa.

Guardò come il suo corpo si spalmava alla parete, e come, allo stesso tempo, il suo viso non deviasse minimamente dall’obbiettivo.

Edward Elric non sarebbe mai potuto essere coerente, con sé stesso, per quanto ci si sforzasse. Sorrise, puntando innocentemente le labbra al suo collo esposto.

-Sto aspettando.. Full Metal-

-Che cosa?-

-Te-

La pupilla ebbe un piccolo spostamento, così come la coda di capelli rilucenti, che non ricordava di aver mai visto così sconvolti.

Aveva ancora paura di lasciarsi imbambolare da un illusione che, alla fine, sarebbe comunque scomparsa. Perciò.. doveva farglielo capire.

Doveva fargli capire che, in ogni caso, non sarebbe stato così.

Sorrise, così soavemente che il calore gl’invase il petto.

Chinò il capo, sulla spalla destra che gli lasciava spazio. Vi pose la fronte, lì dove i capelli sostavano, per non cadere lungo la schiena austera.

Quel qualcosa di nuovo, era da troppo che lo aspettava. Se lo godeva, con tutto il suo essere, respirandolo a grandi boccate.

-Io..- cominciò, sentendosi disteso.

Edward rabbrividì, in modo molto diverso da come aveva fatto prima. Abbassò il capo, rilassò il collo. Qualcosa gli disse che non c’era più bisogno di guardare avanti, né di guardarsi le spalle, per non essere ferito. Non ce n’era bisogno, almeno per il momento, almeno finché gli sarebbe stato impedito di andarsene da lì.

Si stupì, di come tutto ciò fosse accaduto, senza che un pensiero coerente lo precedesse.

Ma più s’incitava a parlare, più la sua testa si svuotava, e diventava leggera.

Più guardava sé stesso, lì fermo e muto, più sapeva che era così, che doveva andare.

-Io… non ti tradirò-

-Come?-

-Non sono un diavolo poi tanto cattivo...- deglutì, tutto ciò che lo bloccava -..sai?-

Edward fece dilatare gli occhi, sulla testa voltata di lato, ora, per far spazio alla sua bocca. Per far spazio alle sue parole, che ascoltava in silenzio.

-Se mi darai.. la tua anima, la terrò per me. Così gelosamente che niente e nessuno potrà più ferirla-

Non era abituato a non sentire la sua voce. Nonché quella situazione fosse tipica, o non che non fosse qualcosa di nuovo, d’inusitato, ma aveva previsto, in sé stesso, che avrebbe avuto parecchio, se non tutto, da ridire. Ma così non era. Gli venne da ridere, nonostante fosse nel bel mezzo di un discorso che aspettava di pronunciare da troppo tempo, nonostante il suo calore incominciasse a farsi sentire fin dove, effettivamente, non poteva arrivare.

-Dico la verità..- sussurrò sul suo collo –… mi prenderò la tua anima, esattamente come fa il demonio. La terrò al sicuro, per te-

Edward tentennò, così come era già stato ampiamente previsto, tentò di voltare il capo, di scollarselo dal collo quasi. Ma sembrava non riuscirci.

-Lei è ubriaco-

-È un problema?- rise.

-Sta parlando come il protagonista di uno squallido romanzo rosa-

-Non serve essere ubriaco, per dire la verità-

-Oh, certo. Il ragionamento non fa una piega- sibilò, sarcastico, con una larga punta di scetticismo.

-Rimane il fatto che è tutto vero.. parola per parola-

Le parole caddero ancora nel vuoto. Non sapeva come rispondere, e non sapeva dirsi se sarebbe potuto effettivamente servire a qualcosa. Non era abituato a voltare il capo in quel modo, così umiliante. Ma continuava a non parlare, tenendo il bacino addossato al muro, spingendolo così forte che la calce ne cadeva in pezzi.

-Quindi?- riuscì a chiedere, infine.

-Dimmelo tu-

-Non ne ho idea- Roy sospirò, affranto.

-Sei un maestro nel rendere le cose più difficili di quello che sono, eh?-

-È un problema?-

IL problema-

Edward rise, nonostante non si stesse divertendo affatto.

-Non sono così importante-

-Non puoi neanche lontanamente immaginare quanto tu sia importante-

-Lei è ubriaco-

Dichiarò, ancora, chiudendo contemporaneamente gli occhi e la bocca, tentando di recuperare una giustificazione a quel che stava accadendo.

Ma non la trovò. Attese la prossima battuta, come se non ne dipendesse niente.

-E perché mi stai sopportando, allora? Non sarebbe difficile piantarmi l’auto mail nello stomaco, o anche solo scacciarmi.

Se il grande Full Metal alchemist no?-

-Lei è ubriaco-

-E tu sei abbastanza forte da farmi ridiventare sobrio in mezzo secondo-

Nel breve lasso di tempo in cui tentò di trovare una risposta, non ne trovò nessuna.

Roy rideva, anche più forte di quanto aveva fatto prima. Ma sembrava che si stesse divertendo davvero.

Ed improvvisamente, anche se a tutt’ora non capiva quand’è che era cominciato, decise che il momento dei giochi doveva finire.

Gli afferrò il capo con entrambe le mani, artigliandolo per le tempie, mentre finalmente smetteva di tremare.

Non affondò immediatamente, ma premette la bocca sulla sua, facendogli sbattere la testa contro il muro, facendolo cadere all’indietro.

Le rese livide in pochi secondi, ma non cercava in nessun modo di andare oltre.

Non era tanto un bacio, quanto l’incastro delle loro labbra. Così perfetto che quasi non sembrava vero.

Percepì solo il calore delle scanalature della pelle morbida, caldissima, distendersi sotto la forza con cui le aveva investite.

Edward si risvegliò, quando sentì le sue labbra prima riscaldarsi, in quel modo, poi diventare insensibili.  E sentì che c’era qualcosa di sbagliato.

Si ritrovò con due mani libere, e nulla per cui potesse usarle. Incominciò a spintonare il petto ampio, arcuato davanti a lui, ma non riuscì a spostarlo di un millimetro.

Eppure, lui non era forte? E Roy Mustang non era forse ubriaco?

Chiuse gli occhi, li strinse, poi guardò davanti a sé.

Quelli di Roy erano solo due palpebre chiuse dall’estasi.

Pian piano sentì che la bocca veniva aperta, senza che lui ne avesse dato l’ordine.

La testa sbatté ancora, e ancora più forte contro il muro, mentre i tacchi delle scarpe del Colonnello battevano a terra, come in un saluto militare, prima di convincere le sue gambe ad aprirsi, e ad accoglierlo in mezzo a loro, con un abile gioco delle proprie. I loro inguini si toccarono, mentre il corpo di Roy si sbilanciava verso di lui.

Le mani gli tremavano, così come avrebbe fatto la testa se non fosse stata ostacolata. Non riusciva a spostarlo. Le sue mani si bloccarono, in bilico, su quel petto che lo imprigionava, prima che i polsi fossero intercettati e arpionati senza grazia sopra di lui. Con una stretta forte, ma che non provocava dolore.

Respirò profondamente, per quel poco tempo in cui il suo antro fu esposto all’aria, mentre una lingua accarezzava le sue labbra, per poi superarle.

Edward si sentì sollevare da terra, strusciando contro la parete. Si contorse, con un breve movimento dei fianchi, scalciando.

Fu in quel momento che Roy affondò, del tutto.

Trasalì quando le loro lingue si toccarono, dando uno strattone con la gamba destra, che mancò clamorosamente il bersaglio.

Sembrava un dannato moccioso.

-Lasc… iam…i…-

Bofonchiò, ma dovette ringoiare ogni sillaba.

Tutto si svolgeva lentamente, anche troppo, le lingue si toccavano, strusciando, sollevandosi l’un l’altra.

Ma aveva le guance così stirate, arricciate sulla faccia, rossissime. Non riusciva neanche a comandare le proprie espressioni.

Così lentamente, e potente come tutto era cominciato, la testa che spingeva la sua collassò, posandosi ancora sulla sua spalla.

Cominciò a respirare così forte, a far entrare così tanta aria nei polmoni che si poteva pensare sarebbero scoppiati da un momento all’altro, sentendo come i loro petti ansimanti sbattevano l’uno contro l’altro a metà della distanza che li divideva. Senza pensare.

Che quella era l’ultima possibilità che gli veniva data di ritirarsi dalla partita.

Ma non l’avrebbe fatto comunque.

-Non av… non avevo ancora.. risposto…-

-Il silenzio dice più di mille parole- cantilenò.

-Non per me- gli venne di roteare gli occhi, fintamente infastidito.

-Specialmente per te-

Puntare sulla differenza d’altezza era la cosa più schifosamente intelligente gli potesse venire di fare. O forse la più stupida.

Sorrise, non appena le braccia sottili, ancora fin troppo vestite, abbracciarono il suo collo, istintivamente, per impedire che la forza di gravità facesse il suo compito.

Il suo ghigno nacque mentre il suo mento sbatteva sulla sporgenza della clavicola.

Non aveva idea di quanto gli avesse facilitato le cose, in questo modo.

Fece scivolare via la giacca lunghe le spalle, con un movimento fluido, alzandole un poco, ottenendo qualche flebile protesta.

Edward sentiva la sua schiena strusciare contro il muro, ad ogni nuovo movimento, nonostante stesse cercando in tutti i modi di farla restare ferma.

E la camicia venne via, senza che neanche se ne accorgesse, penzolando lungo i fianchi senza riuscire a cadere.

-Sai che non è il momento di distrarsi questo?-

Gli rivolse il viso, contrariato, anche perché probabilmente una delle cose che riusciva a fare peggio era non farsi guardare negli occhi.

Si spalancarono e si restrinsero nello stesso tempo, sprizzando una sola goccia umida verso di lui, un sottile bagliore dorato.

-Le tratta tutte così le sue donne?- provò, con ugual dose di sarcasmo e rancore.

-Sei proprio carino.. lo sai?-

Dimentico del fatto che fosse stato bellamente ignorato, arrossì così forte che sentì la pelle bruciare.

Non fu difficile privarlo della camicia bianca, e abbassare di quel poco i pantaloni lungo la vita sottile, senza ancora slacciarli.

Osservò il petto efebico, scolpito fino a renderlo tonico, fino a non renderlo muscoloso, con un occhiata professionale.

-Molto carino-

-Io non sono carino!-

-Si che lo sei-

-No!-

-Tanto, tanto carino e..-

-Non sviluppare il concetto più di così o…!-

-… piccolino

Se aveva potuto pensare di aver fatto un errore di valutazione, considerando il suo comportamento come ancora ostile, per un attimo il cervello gli disse che era meglio fare dietro front e darsela a gambe levate, prima che l’intero globo terrestre venisse scagliato addosso ai suoi gingilli di famiglia.

Ma decise di rimanere, e sopportare l’animalesco istinto dell’onore con cui Edward gli conficcava le dita nelle spalle, puntando direttamente all’osso che c’era sotto, usandolo più che altro come una specie di trampolino con cui diventare magicamente più alto.

-CHI HA CHIAMATO QUARK* DI UN ATOMO, DI UNA MOLECOLA, DELLA CELLULA PIU’ PICCOLA FRA TUTTE LE CELLULE ESISTENTI EH?-

Forte del fatto che poteva finalmente guardarlo dall’alto in basso, Edward si sentì improvvisamente super potente.

Forte del fatto che, così facendo, gli offriva praticamente il corpo su d’un piatto d’argento, Roy si sentì come un cane che poteva finalmente azzannare il suo osso.

-…La tua fantasia ha un che di stupefacente… ogni volta… -

Ghignando afferrò un capezzolo, piccolo e morbido, fra i denti, con un breve ‘apri e chiudi’.

Il gemito che ottenne fu semplicemente perfetto.

Afferrandogli i fianchi, così generosamente offerti, incominciò a lambire il petto, con brevi colpetti della lingua.

Segnò il percorso, passo per passo, con generose dosi di saliva fino sopra la vita, che stava tenendo stretta con entrambe le mani.

Non scalciava più, né cercava di allontanarlo, ma continuava a sbraitare parole di cui non capiva il significato, battendo i pugni sulla sua schiena.

Si disinteressò completamente sui suoi discorsi sul nanismo e complessi d’inferiorità, dedicandosi alla chiusura dei pantaloni.

Anch’essi scivolarono fin troppo facilmente –anche perché erano stati troppo larghi per lui sin dall’inizio- lasciandolo in boxer.

-Co.. Colonnello…-

-Si?-

-Perché sono mezzo nudo solo io?-

Così come glielo aveva chiesto, lento e balbettante, cercò di staccarsi da lui. Non pensò neanche per un attimo che stesse cercando di fuggire, Roy.

Lo lasciò fare, sentendo come prima la giacca, appesantita da medaglie e decorazioni senza valore, cadeva a terra in un clangore inconsulto, seguita dalla camicia.

Osservò come Edward tratteneva un arricciamento delle labbra, davanti ai muscoli che le sue dita accarezzavano, senza cognizione di quel che faceva.

I loro petti si toccarono, quindi, mentre Roy si tirava indietro per far scivolare via i pantaloni, già tenuti slacciati, per poi scagliarli via, insieme alle scarpe con i lacci già confusi. Tornò poi verso di lui, stringendolo e spingendo così forte che dovette fargli aprire le gambe ancora di più, per non sbattere contro le ginocchia puntate.

Lo baciò ancora, perché una volta sola era troppo poco, e allo stesso tempo troppo e basta, assaporando l’antro caldo più che poteva.

Gli sciolse i capelli, che non poterono fluire sulla schiena, pressata, annidandosi sul solco del collo, stuzzicandogli la faccia ogni tanto.

Il modo in cui rimirò il risultato che era riuscito ad ottenere, poi, fece estendere il suo sorriso da una meninge all’altra.

Edward non ritraeva più il viso dal suo, con tutta la determinazione di cui era capace –che era davvero tanta- teneva il suo cipiglio fiero, le guance rosse più che mai, sotto le pupille che ruotavano ed irradiavano lampi umidi e lancinanti, i capelli che gli facevano da perfetta cornice.

Sembrava che stesse prendendo quella situazione come una sfida, una prova da superare. Sbagliava, ma non si preoccupò di farglielo notare.

Continuò solo ad ammirare.

Come uno di quei fenomeni naturali che capitano una volta ogni secolo, una volta ogni millennio.

E devi aspettare la prossima vita, per strabuzzare di nuovo gli occhi in sua presenza.

Provare profondo rispetto per la possibilità che t’è stata data.

Anche solo d’esserne spettatore.

-Che cosa ha da guardare?-

Gli chiese, con un tono che contraddiceva il suo aspetto fin troppo angelico.

Roy rise, decidendo che, dirglielo, avrebbe significato scoprirsi più di quanto avesse pianificato di fare.

-Niente-

Fu interdetto dalla risposta per un margine di tempo che non considerò.

Assecondò il movimento della testa nera che, velocemente, scese sulla sua biancheria.

Quei denti, con un abilità sorprendente, afferrarono l’elastico.

Gli rivolse un occhiata divertita dal basso, una ogni volta che quell’ultimo pezzo di stoffa veniva fatto scendere di uno o due centimetri, strusciando, sulla sua pelle, facendogli emettere dei mugolii imbarazzanti. Uno sguardo per un mugolio imbarazzante, divenne poi la vantaggiosa offerta.

Si raggomitolarono sulle caviglie, ostacolati dalle scarpe che aveva ancora indosso, che non si era preoccupato di togliere.

Non se ne accorse, in un primo momento. Sembrava assorto in un mondo in cui lui era alto due metri e gli altri due mele o poco più.

Poi, svegliandosi e ribattendo la testa sulla realtà, realizzò.

-Sono nudo?-

-Oooh si-

-Nudo nudo?-

-Totalmente nudo-

Si aggrappò al suo collo, e vi depose il viso in fiamme.

Ma la fronte non percepì più il suo sostegno caldo, facendogli perdere l'equilibrio.

-Ma l’ultima cosa che dovresti fare è vergognartene-

Non ebbe risposta, anche perché Edward era troppo impegnato a non cadere a testa in giù.

Ripercorrendo le tracce già lasciate in precedenza, i capezzoli ancora rossicci, la pelle ancora umida, giunse al suo membro.

Non lo prese in tutto bocca subito, anche perché sembrava bastare molto meno, per ottenere quello che voleva.

Con un breve complimento a sé stesso, lo paragonò ad un melodioso strumento, che bisognava suonare con cura.

Ad una breve lappata sulla punta, Edward arcuò la schiena di scatto. “Do”

Una leccata più lunga, e il muro tremò per la forza con cui vi si batté contro. “Re”

Un profondo e duraturo contatto su tutta l’asta, un acuto degno di un soprano. “Mi”

Stringeva le labbra, un lamento grave accompagnava l’azione. “Fa”

Bollicine di saliva venivano fatte scoppiare con qualche colpetto innocente, e le gambe scattavano. “Sol”

Lo avvolse con un unico movimento, e sentì che, le sue braccia, non sapevano più dove andare a parare. “La”

Decisero di rimanere sospese, mentre i suoi fianchi venivano stretti dalle mani che li reggevano nel vuoto. “Si”

E venne. “Do”

 

Evitò di ridere troppo, pensando ad Edward come ad un fischietto sfiatato, o un piccolo flauto stonato.

Risalì soltanto dal basso, riappoggiando la testa sulla sua spalla scossa, aspettando, senza neanche pensare a qualcosa da dire.

Silenzio.

-Io… io non mi vergogno- sbottò, poi, con tono inappropriato, tanto che dapprima Roy non capì di cosa stesse parlando.

Poi ricordò, le parole che aveva buttato lì, in mezzo a quella situazione più grande di loro, per farla scorrere più liscia.

-Lo so.. tu non hai paura di niente, no?-

-Assolutamente-

-Benché meno di me.. no?-

-Assolutamente vero-

-E c’è un motivo per il fatto che ti trovi qui no?-

-Giustissimo-

Smise di parlare all’improvviso, rendendosi conto di essere stato irragionevole.

Non aveva ancora deciso niente, eppure già si comportava di conseguenza. Non sapeva se prenderla come una fortuna, o come una sfortuna.

E forse, alla fine di tutto, avrebbe potuto pentirsene, di quella decisione che aveva preso solo per un bel calduccio sulla pelle.

Ma al diavolo. “Non aveva più alcuna difesa da porre all’attacco”

Si aggrappò con tutte le sue forze, a quel calore così dolce, e ripeté:

-Assolutamente giusto-

Roy, pur non avendo ancora niente da dire, ebbe improvvisamente qualcosa da fare.

Fece ticchettare l’indice ed il pollice verso la sua apertura, percorrendo tutta la strada predestinata, fino a destinazione.

Era ancora troppo impegnato a bearsi di quello che stava per accadere, per realizzare il fatto che stesse accadendo davvero, tanto che non si rendeva conto di quello che stava realmente facendo. Continuava solo a tenere il suo ghigno schiacciato contro la spalla incandescente, mentre il suo indice stuzzicava l’anello di muscoli, in cerchi concentrici, prima di entrarvi bruscamente. Ne percepì l’effetto dallo strattone improvviso che lo fece sobbalzare, e decise che era buon segno.

-Rilassati-

Ordinò, pratico, dimenticandosi che Edward odiava ricevere ordini. Ma, in quel momento, sembrava esserselo dimenticato persino il diretto interessato.

Con una, poi due, infine tre dita, fece in modo che l’apertura fosse abbastanza dilatata. Ricevette un guaito incomprensibile, in risposta all’evento.

Sbuffò, tra l’interdetto e il divertito, pensando a quale assurde acrobazie si stesse costringendo a fare. Ma, non sapeva neanche lui perché, non sapeva neanche lui esattamente quando, aveva deciso che i piedi di Ed non avrebbero mai dovuto toccare terra, neanche per un secondo.

Un po’ come in quei giochi in cui la palla deve sempre essere tenuta in volo, pena la sconfitta.

Riuscì ad afferrare l’oggetto che cercava, aprendo il cassetto del mobiletto lì vicino, mentre Edward si sosteneva al suo collo con entrambe le braccia.

Fu insensatamente felice di aver mantenuto quell’insensato proposito, in qualche modo. E se ne sentì dannatamente stupido.

-Rilassati- ripeté, per il semplice fatto che la prima volta che l’aveva detto non era stato ascoltato.

-Non si permetta di darmi ordini- “Appunto”

-D’accordo, d’accordo- rise.

-E non si permetta di ridere!-

-Non è il proprio il caso-

Il suo tono era serio, come il silenzio che ne seguì, in cui Roy si privò dei pantaloni e dei boxer, facendo in modo che Edward non se ne rendesse conto.

E il suo mondo di Full metal alchemists alti due metri doveva essere davvero paradisiaco, perché non si accorse neanche del fatto che si stesse lubrificando, e che lo stesso fece con la sua apertura. Continuava solo a mugolare, come un gattino spaurito, tanto che ci si poteva aspettare di vedere dei pugnetti a mo’ di zampette, o magari una coda avvolgerlo e accarezzargli la schiena, o di vedere spuntare due orecchie a punta dai capelli sconvolti.

E, fondamentalmente, degli artigli molto, molto lunghi.

Ma niente di tutto ciò accadde, e, forse, era anche ora di risvegliarlo dal suo torpore.

In un modo o nell’altro.

-Ti ho detto di rilassarti, non di addormentarti-

-Non ho bisogno di fare nessuna delle due cose- borbottò, per il gusto di non dargliela vinta, come al solito.

Anche se in effetti, una vittoria ben più grande gliela stava già concedendo. Ma non si sentiva perdente. Chissà perché.

-Ne sei sicuro?-

Chiese, avvicinando la punta del suo membro all’apertura umida.

Non avrebbe voluto concederglielo, anche per il tono odiosamente saccente con cui l’aveva detto, ma non poté fare a meno di fare il possibile per evitare quel contatto.

Fu ricambiato con un sorriso, ed un sospiro che ne usciva, soffice sulla linea della mascella.

-Fidati- disse, mentre si respingeva per guardarlo dalla poca distanza che divideva i loro volti.

-.. Non ti ferirò.. nessuno ti ferirà...- sussurrò.

-… Te lo giuro-

Edward tacque.

Un pensiero strano gli attraversava la mente, fin troppo insistente.

Era come se tutte quelle ferite a cui quella frase alludeva, tutti i suoi i gesti smisurati, l’alta fatica e le mirabili prove, non fossero stati altri che finalizzati al quel momento. E che nessuno glielo aveva mai detto, solo perché arrivarci con le proprie forze, e i propri fardelli, era l’unica strada davvero giusta.

Poi rispose, con un breve scatto della testa, sforzandosi di mantenere un espressione che non fosse né incerta, né estasiata in modo idiota.

-Lo so-

Roy gl’impedì di nascondere il viso sulla sua spalla, come aveva fatto prima, solo per il capriccio di guardarlo in faccia mentre lo penetrava.

Fece battere la punta del membro sull’apertura, come per assestarsi, poi la fece entrare di qualche centimetro.

Edward aprì la bocca di scatto, come se fosse finito improvvisamente sott’acqua.

L’aprì più che poteva, mordendo l’aria, dilatando gli occhi su cui le pupille sembravano espandersi e prendere tutto lo spazio.

Tirò indietro il collo, strappando qualche tendine quasi, e stettero fermi entrambi, come per un accordo implicito.

Roy si sforzava di non affondare, come l’istinto gli urlava violentemente di fare.

Si ordinò di rilassarsi, perché, stavolta, era lui che ne aveva più bisogno.

Lasciò che il suo amante di abituasse all’intrusione, come faceva sempre. Ma lui non si decideva a smetterla di tremare.

Non ricordava di essere mai rimasto nel corpo di qualcuno senza fare niente per così tanto tempo.

-Rilassati-

-Non sono idiota, l’avevo già capito questo!-

-Non è questo che intendevo.. stupido- borbottò, dolorante.

Spinse un po’, provando a trovare il punto giusto, cercando di convincersi che non fosse ancora il momento d’immergersi in quel delizioso calore.

I suoi fianchi cozzarono contro la parete su cui era poggiato di schiena, poi verso di lui, e quello che ottenne sembrò tanto un gemito di piacere.

Si chinò sul suo orecchio.

-Te l’avevo detto di rilassarti-

E finalmente lo impalò fino in fondo, fin quel punto che aveva già individuato.

L’urlo di Edward lo scosse fin nel profondo delle viscere, poi diminuì, e i gemiti divennero ritmici, secondo le spinte.

Un'unica parola aveva spazio nel suo cervello un po’ annebbiato.

Meraviglioso.

Lo tenne per i fianchi, aumentando progressivamente la cadenza, sentendo come le pareti di carne si stringevano intorno a lui.

Le esili gambe, scosse, si chiusero intorno alla sua vita, incitandolo a venire avanti, ad entrare più a fondo.

Guardò, ammirato, il colore scarlatto che le sue labbra spalancate all’inverosimile avevano assunto, ammaliato.

Era davvero la cosa più bella che potesse capitargli.

Affondò e spinse, notando come man mano i movimenti divenissero naturali, accordati.

Colpì più volte, amando il modo in cui i loro corpi s’infrangevano l’uno sull’altro.

Vennero insieme.

Nessun accordo l’aveva previsto.

Edward crollò su di lui, staccandosi dal muro, venendogli addosso con tutto il suo peso, che non era neanche poco.

Lo prese al volo, evitandogli una brutta caduta sui talloni rimasti sospesi troppo a lungo, prendendolo per la vita che si piegava.

Era ancora dentro di lui, e non si curò di riparare alla faccenda.

Osservò solo la sua espressione sognante, le guance incandescenti.

La cosa più bella che esiste al mondo.

Poi sorrise, guardando la bottiglia sul comodino.

Quasi piena.

 

“Lei è ubriaco”

 

Non glielo aveva detto, e forse avrebbe dovuto, forse era stato meglio non dirlo.

Pianificò che sarebbe rimasto dentro di lui per i prossimi cinque minuti, ridendo dentro di sé.

Un ubriaco può pianificare?

Non gli aveva detto che lui sapeva reggere l’alcol come nessun altro al mondo.

 

 

 

“Non ti deluderò… te lo giuro”

 

 

 

Uff.. diciamoci la verità, faccio tanto la spregiudicata e la disinibita… ma alla fine sono solo una piccola verginella spaurita pure io -_-

Coooooomunque.. a parte questo, piaciuta la super mega lemonona? XD si vede che io preferisco i preliminari al sodo? XD

E con questa lemon, poi sto praticamente imbarcandomi in una mission impossible U.U

Piacerà ad una fan Elricest sessofobica come Chibi simo?

(I particolari della questione sono troppo lunghi da spiegare -_-) FATE IL TIFO PER ME.. e se riuscite ad acchiapparla persuadetela a fagliela piacere, che qua ce la disegna, bella bella ricca di particolari, sta lemon XDDDD

Comunque, al prossimo capitolo risponderò alle recensioni di questo capitolo, del precedente, e di “Macellaio vestito a festa” (one shot Roy Ed, se volete dateci un occhiata voi che non l’avete letta XD)

Vado veramente di fretta U.U

Spero che vi sia piaciuto il capitolo speciale sulle meravigliose tavole della Simo *inchino*

Alla prossima.

 

SI CONSIGLIA DI DARE UN OCCHIATA AL CAPITOLO SPECIALE PRECEDENTE *_*

P.S. La canzone del precedente capitolo era “Foxy foxy” di Rob zombie, scusate se non l’aveva detto XD

   
 
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