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Autore: Serpe89    16/10/2013    1 recensioni
Sembra una normale giornata a corte, tuttavia per Merlino e Artù diventerà qualcosa da non dimenticare facilmente. Saranno vividi i sentimenti dei due, tra amore, gelosia, confusione e i loro soliti immancabili battibecchi. Il re coraggioso e asino e il servo leale e idiota si troveranno a fronteggiare la menzogna e il castigo, ma anche la forza dell'amore e del perdono. Una one-shot dai toni leggeri, su una coppia che amo moltissimo.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Non una semplice rosa
 
-Merlino!-esclamò la voce imperiosa del re.
Attese qualche istante, picchiettando impaziente le dita sul massiccio tavolo di legno.
-Merlino!- ripeté nuovamente Artù. Questa volta si poteva percepire una nota aspra nella sua voce.
Ancora nessuna risposta.
-Merlino!-ringhiò il re furibondo. Il terzo richiamo era sempre il peggiore, quello che il giovane servo più temeva di sentire.
Artù si alzò di scatto, facendo scorrere rumorosamente le gambe della sedia sul pavimento ligneo. Aprì la porta dei suoi alloggi e diresse i suoi passi affrettati verso il laboratorio di Gaius, dove alloggiava Merlino.
Giunto a destinazione bussò alla porta e, senza attendere risposta, spalancò l'uscio.
Nonostante l'ora tarda Gaius era al suo tavolo da lavoro, intento a miscelare gli ingredienti dei suoi medicamenti.
-Perdonate l'intrusione, Gaius- proferì il re.
-Non vi preoccupate, Sire. Per cosa posso esservi utile?- chiese il vecchio medico con il suo usuale tono pacato.
-Sto cerando Merlino. Sapete dove posso trovarlo?-
Gaius appoggiò la boccetta che teneva in mano e inclinando leggermente il volto proferì: -Credo sia andato alla taverna!-
-Di nuovo alla taverna? Domani mi sente quel piccolo farabutto!- esclamò irato, chiudendosi la porta alle spalle, mentre tornava sui suoi passi.
Gaius scrollò le spalle ed emise un lungo sospiro di sconforto, mentre i suoi occhi tornavano ad interessarsi del suo lavoro. Poco tempo prima, rientrando da una visita dell'ultimo minuto ad una partoriente, aveva trovato una pergamena ad attenderlo sul tavolo, il margine inferiore della pagina schiacciato dal peso di uno spesso tomo sulle erbe medicali. Sopra di essa la grafia di Merlino recitava: "Ho una questione urgente da sbrigare. Domani mattina sarò di nuovo pronto ad assolvere le mie mansioni, tuttavia per stasera necessito che tu mi copra con Artù. Grazie, Merlino."
Gaius sapeva bene che quando c'erano in gioco questioni urgenti, doveva lasciare campo libero al giovane mago: si fidava ciecamente di lui.
Continuò perciò a lavorare tra erbe, misture e calderoni, finché si ritrovò a consultare il grosso libro poggiato sul tavolo. Fece per rimetterlo a posto quando notò con stupore che il messaggio del suo apprendista conteneva un post-scriptum, rimasto celato alla sua vista a causa della presenza dell'ingombrante tomo.
Il medico lo lesse ed imprecò tra sé e sé: Merlino si sarebbe molto arrabbiato.
"Gaius, dimenticavo di dirti...cerca di trovare una scusa migliore della taverna da propinare ad Artù!"
 
* Alcune ore più tardi *
Era notte inoltrata quando Merlino ritornò furtivamente a palazzo, dirigendosi verso la sua stanza. Era stanco, dopo l'impegnativa giornata al servizio di Artù e dopo quella lunga chiacchierata notturna con il vecchio drago. Le ultime vicende lo avevano oltremodo confuso: non riusciva più a comprendere dove terminasse il destino di Artù e dove iniziasse il suo, indissolubilmente intricati come le fronde di un rampicante, come la vegetazione della Foresta Impenetrabile. Per diversi momenti gli era sembrato che l'obiettivo della sua missione non fosse più evidente come un tempo. Quel lungo discorso con il suo alato consigliere gli aveva permesso di capire in parte cosa si celava dietro quel nuovo arcano disegno, mettendo così a tacere il suo animo roso dal dubbio.
Il giovane servo si sdraiò nel suo giaciglio e la coltre di sonno non tardò ad avvolgerlo.
Fu svegliato diverso tempo dopo: era quasi sicuro che fosse troppo presto per iniziare le sue mansioni, poiché, attraverso gli occhi socchiusi ed appannati del dormiveglia, poteva percepire che il sole non era ancora sorto del tutto.
Una voce insistente chiamava il suo nome, imperiosa, tuttavia non era che una nenia fastidiosa nella testa addormentata del mago.
-Ancora cinque minuti...- mugolò Merlino, rigirandosi sotto le coperte.
-Ancora cinque minuti?- tuonò una voce rabbiosa e una mano prepotente lo strattonò, arpionandosi alla sua camicia e sollevando il suo esile busto in posizione eretta.
Il servitore aprì gli occhi, feriti dalle prime luci del giorno ed osservò il suo malvagio persecutore, incontrando i suoi occhi azzurri e gelidi.
-S-s-sire!- balbettò confuso. Perché siete qui?-
-Silenzio! Sono io che faccio le domande!-
Merlino deglutì a vuoto. Cosa diamine voleva da lui quella zucca vuota?
-Dove sei stato ieri sera?- chiese Artù con voce tagliente.
-A recuperare delle erbe per Gaius- mentì spudorato il mago.
-In piena notte?- chiese scettico il re.
-Ecco...vedete...sono erbe speciali, che devono essere colte al chiaro di luna...-
Artù strinse ancor più ferocemente la camicia del suo servitore: -Davvero strano, Merlino. Dato che Gaius mi ha detto che eri andato alla taverna- sibilò il re, avvicinando il suo volto a pochi centimetri dal suo. Merlino si ritrovò a pensare che ormai l’età doveva giocare qualche strano scherzo al suo tutore, tuttavia non riuscì a non osservare deliziato quelle labbra carnose che distavano così poco: se si fosse sporto appena, le avrebbe potute incontrare con le sue. Dischiuse appena la bocca, in un gesto prettamente provocatorio.
Artù se ne avvide e prontamente mollò la presa sul mago in malo modo, lasciandolo ricadere all'indietro. -Non mentirmi...-disse senza avere la forza di sostenere il suo sguardo.
-Non era mia intenzione...- rispose Merlino amareggiato.
-Allora sei stato davvero alla taverna?- disse l'altro, tornando a volgere uno sguardo irato verso il moro.
-E anche se fosse?- chiese sprezzante delle ire del suo padrone.
-Non mi fa piacere che tu ci vada da solo. Potrebbe accaderti qualcosa.-
-Oh, Sire. Da quando vi preoccupate per me?- chiese ironico. -E poi sapete che so badare a me stesso.-
Il re annuì, sebbene contrariato. Un conto era ammettere la propria preoccupazione, un conto era palesare la propria gelosia e Merlino era certamente abbastanza furbo da potersene avvedere. Rimase in silenzio, osservando con astio l'altro.
Il giovane mago sorrise appena, incurvando con grazia le sue labbra rosse all'insù: -Non sono stato alla taverna, Artù- ammise candidamente. -E neppure a svolgere mansioni per Gaius.-
- Allora dove sei stato?-
-Per ora non posso dirvelo, ma vi prometto che ve lo farò sapere quando sarà il momento adatto.-
Era rischioso rivolgersi così al proprio re, ma Merlino sapeva di avere un grosso vantaggio.
-Uff...sei il solito misterioso...-sbuffò Artù, comunque rassicurato dalle parole del servo.
-Tuttavia non posso lasciare impunite le tue menzogne, Merlino- disse il biondo re, con tono quasi divertito. -Oggi faremo qualcosa di divertente: potremmo andare a caccia...- suggerì, sapendo quanto il suo servitore odiasse quella pratica.
Merlino mugolò il suo disappunto.
-Oppure potrei allenarmi con la nuova mazza che mi è stata appena regalata...il tuo aiuto sarebbe prezioso...- disse con tono maligno.
Il mago ripensò brevemente alle dimensioni della mazza, il cui apice irto di punte non era molto più piccolo del suo cranio: - Se posso permettermi, Vostra Altezza, la spada si addice di più al vostro portamento...- azzardò.
-Oppure potrei osservarti mentre lustri la mia collezione di armature.- disse beffardo.
-Altrimenti potrei rispolverare la vecchia gogna...è da un po' che non ti ci mando, no?- concluse infine, soddisfatto delle sue cattiverie.
-Immagino che dovremo andare a caccia...- sospirò Merlino, scegliendo il minore dei mali.
-Penso proprio di sì... dovrai riconoscere la mia magnanimità: quale altro re permetterebbe di scegliere la propria punizione?-
Il servo assentì sconsolato: -Sì, Sire.-
-Molto bene! Partiremo prima possibile, non appena avrai disposto ogni cosa per la partenza!-
Detto questo il re volse le spalle alla stanza e ne uscì sogghignando soddisfatto.
*Insulso caprone! Stupido asino reale! Ecco che cosa era il suo amato re. Accidenti a lui!* pensò il servitore, mentre si accingeva a preparare armi, provviste per il pranzo e due cavalli.
Non passò molto tempo, che i due erano pronti per la giornata di caccia: alcuni cavalieri erano presenti, pronti a seguire il loro re ovunque andasse.
-Sire, dove vi recate?- chiese Sir Leon.
-A caccia.- rispose pronto.
-Necessitate di essere accompagnato da qualcuno di noi?- chiese premuroso il suo cavaliere.
-No, grazie, Sir Leon. Preferisco andare da solo. Ci penserà Merlino a portare tutto l'occorrente e ad accompagnarmi.-
-Come Sua Altezza desidera.- terminò il cavaliere con un lieve inchino, prima di congedarsi.
Fu allora che Artù balzò in sella, immediatamente imitato dal suo fedele servitore.
Spronarono i cavalli e si diressero fuori dalla cittadella, attraversando i sobborghi cittadini per poi uscire da Camelot, dirigendosi verso la foresta.
Rimasero a lungo in silenzio, finché gli alberi e la quiete non li avvolsero del tutto.
-Volete davvero andare a caccia?- chiese Merlino.
-Certo che sì!-
-Pensavo voleste passare un po' di tempo con me e che fosse solo una scusa.- disse il mago con sguardo malizioso.
-Non mi sono dimenticato delle tue menzogne.- rispose il re con tono grave.
-Vi dirò la verità prima di quanto possiate immaginare.- ammise Merlino.
-Mi rincresce che tu debba ancora mentirmi...lo hai fatto per troppo tempo e voglio che non accada mai più...- la sua voce aveva una nota triste.
-Non ve lo posso dire....perché è una sorpresa!- concesse infine il moro.
Artù si voltò stupito, osservando le iridi color mare del suo fidato Merlino.
-Staremo a vedere!- disse in tono di sfida. -Ora vediamo di cacciare qualcosa!-
Iniziarono così a seguire le impronte di un giovane cervo.
-Riesci a vederlo Merlino?-
-Chi?-
-Il cervo, idiota!-
-No...sarà almeno a mezzo miglio di distanza...mi stupirebbe se i miei occhi avessero tale capacità!-
-Allora sei veramente uno stupido!-
-Non capisco cosa intendiate, Sire!-
-Ti ho chiesto se lo vedi...ma non con i tuoi occhi, razza di emerito mago da strapazzo!-
-Non userò la magia per permettervi di praticare un'attività stolta come la caccia. La mia magia è al servizio del bene e della vita.- disse il servo con un tono che non ammetteva repliche.
-E se ti obbligassi?-
-Lo sapete che non potete. E poi che gusto ci sarebbe a cacciare in questo modo? Certo che posso vedere il cervo! Posso fin sentire il battito del suo cuore spaventato! Potrei farlo morire in questo istante, se solo lo desiderassi. E a voi non resterebbe che raccogliere la carcassa, ma immagino che vi toglierei tutto il divertimento.-
Artù rimase, in silenzio per diversi istanti, riflettendo sulle parole di Merlino e sulla precarietà di quelle fragili vite.
-A volte sei quasi saggio, Merlino.-
-Vi ringrazio, Sire.-
-Ah...e smettila di darmi del voi! Chi vuoi che ci senta quaggiù? Mi infastidisce!- ribatté Artù con tono seccato.
-Immagino sia la forza dell'abitudine.- disse il giovane servo, mentre si avventurava al seguito del suo padrone.
Quando ebbero fame, si fermarono ad una radura verdeggiante sulle sponde di un laghetto, dove Merlino iniziò a predisporre ogni cosa per il pranzo.
Il re aveva già catturato due conigli e un fagiano: del cervo si erano perse le tracce ed Artù dubitava ancora segretamente che fosse opera di Merlino.
Si sedettero su una morbida coperta di tessuto rosso, sulla quale erano predisposti pane, vino, formaggio, arrosto e numerosi frutti.
Pranzare con il re era certo un privilegio che non sarebbe mai toccato ad un servo, ma Merlino non era certo un servitore come tutti gli altri e condivideva con il suo re questioni ben più intime di un semplice pasto. Servì da bere ad entrambi ed attese che Artù iniziasse a pranzare per primo, come era buona consuetudine.
Il re osservò per qualche istante il fondo della coppa di vino, perdendosi nelle nere oscurità di quel liquido.
-Qualcosa ti turba, Artù?-
-Forse dovrei cercarmi un altro servitore.-
-Perché? Mi sono forse comportato male?-
-No, Merlino. Perché sei sprecato in questa mansione. Dovresti essere al mio fianco come consigliere e non a lustrarmi le scarpe e prepararmi il pranzo.-
-Ma io sono già il tuo consigliere...E poi dubito che tollereresti qualcun altro per le tue stanze. Sei così spocchioso con la servitù! Fidati, un ragazzo nuovo non reggerebbe due giorni!-
-Mi stai insultando apertamente?-
-No...ti dico la verità!-
-Forse hai ragione, ma ancora non riesco a capire cosa ti spinge a farlo. Potresti conquistare il mondo e invece...sei qui...-
-È il mio destino, null'altro. E io lo accetto. Così come il vostro destino è quello di essere un grande re.-
-Sei la persona più saggia e leale che conosca, Merlino.-
-Grazie, Artù.-
-E dato che ne sai così tanto, credi che il nostro destino sia anche di amarci, a dispetto delle usanze e delle leggi?- domandò Artù senza tanti peli sulla lingua.
Merlino sembrò riflettere per un lungo istante: -Questa domanda mi ha a lungo insinuato il dubbio nel cuore. Non sapevo se il nostro amore fosse destinato o fosse casuale o se invece esulasse dal nostro percorso. Tuttavia ieri notte ho finalmente messo a tacere quel terribile peso.-
-Davvero?- chiese il re curioso.
Il mago annuì: -Ho capito che l'amore va al di là del nostro destino e per questo non lo influenzerà. In sostanza, siamo liberi di amare come e chi preferiamo.-
Gli occhi di Artù si ingrandirono per lo stupore e per la lieta notizia e non tardarono ad incontrare quelli del compagno. Sorridevano entrambi.
Il re allungò una mano, andando a stringere con affetto quella esile del mago. Merlino intrecciò le sue dita con quelle dell'amato, mentre portava l'altra mano dietro la schiena.
Le sue labbra si dischiusero appena per mormorare parole incomprensibili al re, mentre le sue iridi marine si colorarono d'oro, sotto lo sguardo interrogativo di Artù. Non temeva la magia di Merlino, ma era semplicemente curioso.
Fu allora che il giovane servo portò la mano nascosta davanti agli occhi del suo re: stringeva una meravigliosa rosa rossa, dischiusa e rigogliosa, ancora luccicante di rugiada, come appena colta.
Artù spalancò gli occhi basito:- Nessuno mi ha mai regalato una rosa!-
-Questa non è una rosa qualunque...finché ti amerò e finché non esalerò l'ultimo respiro questa rosa non appassirà mai. Custodiscila con cura.-
Artù la prese dalle sue mani, con dita quasi tremanti, osservandola ammirato e beandosi del suo delicato profumo. Non sapeva cosa dire, non sapeva neppure cosa pensare, se non che, chinandosi ad annusarla e socchiudendo gli occhi, non riusciva a pensare ad altro che al suo amato Merlino.
Posò delicatamente la rosa al suo fianco, per poi stringere teneramente il corpo magro del mago, attirandolo sopra di sé. Si sdraiò del tutto, mentre le sue labbra si congiungevano con quelle del compagno. Le cercava senza sosta, desideroso solamente di incontrarle ancora e ancora, speranzoso che il suo amante conoscesse un incantesimo che potesse fermare il tempo per sempre. Perché non era capace di dirgli tutto quello che provava? Perché non riusciva ad esprimere quel fiume in piena che erano i suoi sentimenti? Per Merlino era così facile parlarne, tanto che spesso lo spiazzava, lasciandolo incapace di proferire parola. Si sentiva terribilmente animalesco in quei momenti, abile solamente a parlare coi gesti e con il corpo. Lo stringeva convulsamente, mordendo le sue labbra con foga e premendo il suo corpo muscoloso contro quello mingherlino del servo. Sentiva l'eccitazione crescere spudorata dentro di lui, quel desiderio di possesso e brama carnale che gli fondeva le cervella.
-Vedo che hai apprezzato il mio regalo!- disse Merlino con tono malizioso, con la mano che scendeva a toccare la sua intimità.
-Non sono così eccitato...- sminuì Artù, pur rendendosi conto solo in quel momento di quanto la sua virile eccitazione premesse contro la stoffa dei pantaloni.
-Allora immagino che tu abbia messo un sasso nella tasca dei pantaloni, perché quello che sto toccando è duro come una pietra...- soffiò il mago con la voce arrochita dal piacere.
Artù cercò di parlare, ma la lingua impastata e il sangue che affluiva al basso ventre non rendevano le cose più semplici. -Volevo dirti qualcosa di più bello, anziché mostrarti la mia erezione!- proferì il re con una certa fatica.
-Non c'è niente di più bello...- disse Merlino estasiato.
-Non dire sciocchezze, proprio tu che sei un romantico del cavolo!-
-Mi accontento delle espressioni del tuo corpo Artù. Se dovessi attendere le tue parole, farei in tempo a morire! Non devi preoccuparti...- disse carezzandolo teneramente -comprendo perfettamente che il tuo pene non è in grado di mentirmi...- concluse con una risatina maliziosa.
Artù, allora, non poté più sottostare alle provocazioni del suo servitore e iniziò a spogliarlo voracemente, liberandolo di quei maledetti abiti, per poter finalmente godere della vista di quel corpo che tanto lo faceva eccitare. In un battito di ciglia anche i vestiti di Artù erano spariti, non si sa se a causa della magia o a causa della passionalità dei due amanti. Non ci fu spazio per nient'altro se non per la loro unione, per le loro grida di piacere e per i loro ansiti proibiti, racchiusi e celati ad occhi indiscreti dalla foresta.
Solo quando ebbero concluso, Artù poté dedicare qualche attimo ai suoi pensieri: osservare il suo amato dopo aver fatto l'amore era quasi più bello dell’atto stesso e vedere la felicità e l’appagamento nei suoi occhi era qualcosa di insuperabile.
Ancora accaldati si osservarono soddisfatti, mentre giacevano nudi e supini, ancora caldi di sudore e sperma. Tra le foglie filtravano fini raggi di luce che creavano giochi di luce sui loro corpi distesi.
-Sei pronto per l'ultima sorpresa della giornata?- chiese Merlino, ancora ansante.
-Hai ancora sorprese in serbo per me?-
-Ti avevo detto che avresti scoperto molto presto cosa ho fatto ieri sera...Rivestiamoci e te lo mostrerò...-proferì il mago con un sorriso.
Mentre si rivestivano, Artù non sapeva cosa aspettarsi e si torturava la mente in cerca di una risposta.
-Siediti e attendi, amico mio!- esclamò entusiasta il giovane servo.
Poi inaspettatamente iniziò a pronunciare una lunga serie di parole incomprensibili, ad alta voce, quasi urlando, cosa che impensierì un poco il re.
Sembrò non accadere nulla per diversi istanti, finché il cielo non fu oscurato dalla possente figura di un drago. Artù sollevò gli occhi, paralizzato dallo stupore e dal timore che quella creatura incuteva.
Deglutì a vuoto ed osservò Merlino: era quello il segreto che non aveva voluto rivelargli?
Un drago era un essere estremamente pericoloso: si alzò d'impeto e sguainò Excalibur.
Il drago planò quasi con grazia all'interno della radura, nonostante la sua mole imponente. Si posizionò di fronte ad Artù e parlò con la solita voce profonda, che vibrò fin nel petto del Pendragon.
-Riponi la spada, giovane re. Finalmente ci incontriamo come amici.-
-Io non sono mai stato amico dei draghi.- disse Artù, senza obbedire al comando.
-Artù, se fossi in te darei retta a Kilgharrah...- disse Merlino sorridendo alla scena, ben sapendo che il suo stolto compagno non poteva arrecare alcun danno al drago.
-Kilga, che? E così questa lucertola ha anche un nome?- chiese il re.
-Fidati di me, Artù. E del Signore dei Draghi, tuo amico...- proferì il Grande Drago.
-Signore dei Draghi?- domandò ancor più stupito, puntando la lama verso Merlino. -C'è qualcos'altro che mi nascondi ancora, maledetto stregone?-
La reazione di Artù gli fece tornare alla memoria la volta in cui gli aveva rivelato di essere un mago, alcuni mesi dopo essere diventati amanti. Aveva dovuto incantare un sasso e lanciarglielo sul capo, per evitare che quella testa di fagiolo lo infilzasse con la spada. Per fortuna che, una volta rinvenuto, il suo re si era dimostrato un po’ più collaborativo e Merlino aveva trovato le parole adatte a placare il suo animo collerico.
Cercò nuovamente di placarlo, come allora: -Nient'altro, Artù. E cerca di stare calmo. Purtroppo non sono più molti i draghi di cui poter essere Signore...Kilgharrah è l'unico mio alleato. E vorrei che vi incontraste in questo luogo come amici.-
-Il mago ha ragione. Sono giunto in amicizia. Riponete la spada.-
-Ma Camelot è stata vostra nemica per lungo tempo.-
-No, non Camelot. Vostro padre Uther. Ma ora il re siete voi ed a voi vanno i miei servigi. Il mago farà da tramite per noi. Io stesso ho forgiato nel mio fuoco quella lama che ora mi puntate contro. Mettete da parte l'odio, come io ho dimenticato le sofferenze della mia prigionia.-
Le parole del drago apparvero sagge ed oneste agli occhi di Artù e non vi era ragione per proseguire cocciutamente con le sue intenzioni. Il giovane re era molto orgoglioso, ma non era certo uno stupido e capiva perfettamente che quell'alleanza andava solo a suo vantaggio. Con uno stregone potente come Merlino e un drago di tal possanza, nessuno avrebbe mai più potuto sfidare Camelot senza perdere. E poi se Merlino si fidava del drago, voleva dire che poteva fidarsene anche lui.
Sostenne lo sguardo intenso del drago, mentre riponeva Excalibur nel fodero.
-Molto bene, giovane Pendragon. Oggi abbiamo sancito la nostra eterna alleanza.-
Il drago abbassò leggermente il capo, in segno di rispetto, seguito da Artù, che si portò la destra al cuore ed si piegò in un mezzo inchino col busto.
Merlino li osservò compiaciuto. -Grande Drago, devo chiederti ancora un favore.- proferì a voce alta, avvicinandosi all'enorme creatura. Gli fece cenno di abbassare la testa al suo livello, per poi sussurrargli alcune parole a bassa voce, in modo che Artù non sentisse.
-Non posso fare quello che mi chiedi.- disse il drago risentito.
-Come no? Ci contavo, amico mio!-
-Assolutamente no! Non se ne parla!-
-Se non vuoi farlo dovrò obbligarti...sono o non sono il Signore dei Draghi? Dovrai ascoltarmi anche contro la tua volontà.-
-Si può sapere cosa combinate voi due?- chiese Artù, stizzito per essere stato escluso dal discorso.
-Lo scoprirai presto. Vieni qui!- disse Merlino.
Il re si avvicinò riluttante accanto al drago.
-Sali!- esclamò il mago, indicando il collo abbassato della bestia.
-Cosa? Non se ne parla!-
-Avete per caso paura?- lo stuzzicò Merlino, salendo per primo a cavalcioni ed allungandogli una mano per aiutarlo a salire.
Punto sul vivo, Artù accettò di stringere la mano del servitore e salì sul collo del drago, mettendosi davanti a Merlino. -Certo che no!- esclamò, un attimo prima di sbiancare come un cencio, quando il drago si librò in volo.
-Ahahhahah! Tutto bene, Artù?- esclamò il mago ridendo e allargando le braccia per godersi l'aria che gli sferzava addosso.
Il re si stringeva convulsamente alle spesse scaglie del drago, tuttavia non poteva negare che da lassù la visuale fosse bellissima e che volare fosse una sensazione meravigliosa.
Non appena il drago raggiunse la quota si rilassò un pochino.
-Guardate la meraviglia del vostro reame!- disse il drago con la sua voce possente.
Artù non poté fare a meno di spaziare con lo sguardo in ogni direzione, beandosi di quella visione.
-Sono contento che tu stia apprezzando questo viaggio!- disse Merlino, abbracciando da dietro il torace possente del re, cingendolo con le mani, e poggiando il suo capo sulla schiena dell'amato.
Artù, come sempre povero di parole, non poté far altro che stringere con affetto la mano del suo servo, avvicinando la testa alla sua.
Se Merlino avesse potuto udire le parole del suo animo sarebbero state:-Grazie, Merlino, per sorprendermi ogni giorno. Non potrei amarti più di quanto già non faccia.-
   
 
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