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Autore: sensuhaz    16/10/2013    2 recensioni
Quando persi i miei genitori e mia sorella in un incidente aereo mia nonna si prese cura di me, finchè non divenni maggiorenne.
Poi conobbi Louis, e da li la mia vita cambiò totalmente.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Sono pronta! Louis è il tuo turno.” Gridò la più piccola, uscendo velocemente dal bagno con il pigiama in mano.
Gli occhi del maggiore tolsero lo sguardo dai miei, dirigendosi nella toilette. Sapevo di quanto fosse lento, così andai in camera mia ed iniziai a scrivere sul mio diario.

 
Le nostre labbra si staccarono, ma avevo ancora tremendamente bisogno delle sue.
Era incredibile, in quel momento io ero morente, eppure lui mi fece  sentire pieno di vita.
Ho sempre pensato che Tomlinson fosse una persona fantastica, una di quelle persone che dà tutto e in cambio non vuole niente, una persona debole.
Si, perché Louis non era forte. Louis fingeva, e devo ammettere che era un ottimo attore. Louis odiava il suo carattere.
Gli altri si approfittavano del carattere di Louis, lui era troppo buono per accorgersene. Louis si sentiva costantemente insicuro, Louis non si piaceva, vorrebbe cambiare, ma non ne era affatto consapevole che per me era perfetto.
“Ti amo Harry, ti ho sempre amato. Il tuo timore, la tua insicurezza, i tuoi grandi occhi verdi che non lasciano trapelare mai nessuna emozione, il tuo volere sentirti amato, il tuo costante bisogno di avere qualcuno al tuo fianco, il tuo sorriso debole che deve tornare ad essere forte. Sei la parte più bella che non ho mai avuto, ma che forse ora ho.”
Ho sempre amato quella frase. E’ la frase più bella che sia mai uscita dalle sue labbra sottili e rosee, non credi diario?
In quel momento avrei voluto abbracciarlo, baciarlo, fare l’amore con lui, ma quei fottuti macchinari mi tenevano bloccato sul lettino di quell’ospedale cupo.
“Il signor Styles è sveglio?” Chiese una voce maschile aprendo la porta.
Un uomo sulla quarantina dai capelli neri quasi sul castano, occhi di un verde muschio con dei riflessi gialli all’interno, appartenente alla fascia medio/alta.
Indossava un camice bianco, con in mano un block notes.
“Eccomi.” Dissi, facendomi notare dal dottore.
L’uomo si incamminò verso il lettino su cui ero disteso. Louis tornò a sedersi sulla sua sedia con aria timida, osservando tutti i movimenti del medico.
“Bene bene, e così lei è uno psicopatico che ha tentato il suicidio, dico bene Styles?” Disse il dottore, annotando qualcosa sul suo porta note.
Guardai con la coda dell’occhio Louis, sembrava si stesse agitando. La sua mascella era contratta e questa cosa mi faceva abbastanza preoccupare.
“Ehm, si.” Sussurrai insicuro, rivolgendo lo sguardo verso il suolo. Iniziai a giocherellare con le mie dita e a torturarmi l’interno guancia con i denti.
“Bene, dovremmo spostarla nel reparto psichiatria per qualche settimana e poi sarà dimesso.”
“Cosa?” Gridò Louis alzandosi di scatto dalla sedia. Aveva la mascella tesa e i suoi occhi blu erano oscurati dalla rabbia.
“Si calmi signore.” Disse l’uomo con un tono che avrebbe irritato chiunque, anche una persona calma come Louis.
“Sei un figlio di puttana, pezzo di merda.” Il ragazzo  avanzò verso il dottore, sbattendolo e bloccandolo contro il muro.
Mise una mano sul suo collo, cercando di alzarlo da suolo.
“Ascoltami bene stronzetto-“ Disse, puntandogli un dito contro “-oggi Harry viene con me e tu e questo tuo atteggiamento del cazzo ve ne uscite da questa stanza mentre io porto il ragazzo con me, ora.” Concluse il maggiore, sputando poi a terra.
“Hey ragazzino, il signore non è ancora in forma e deve fare ancora molti esami ed accertamenti. Lasciami o chiamo la polizia.” Rispose il dottore, cercando di liberarsi dalla presa di Louis.
“Quale parte di ‘esci di qui e dimetti Harry’ non ti è chiara? Se non ti è chiara questa frase, posso anche ripetertela nuovamente, accompagnata da pugni in faccia però.”
“Bene, se vuoi portarlo con te devi venire con me e firmare alcune carte.”
Louis lasciò l’uomo, che cadde a terra con segni evidenti di una stretta violenta sul collo.
Si diressero verso l’ufficio, lasciandomi da solo nella stanza, chiuso.
Ero vuoto, proprio come l’ambiente in cui mi trovavo.
Dentro di me c’era il silenzio assoluto, che era riempito dal rumore dei macchinari.
Portai le mie grandi mani sugli occhi ed iniziai a pensare.
Quindi io piaccio a Louis? Ma come è possibile?
Lui pensa che io sia bellissimo, dice di voler trascorrere tutta la sua vita al mio fianco, mettere su una famiglia con me, amarmi fino all’apocalisse.
Ed io ancora non me ne rendo conto, sono uno stupido, un ingenuo. Provo anche io qualcosa di indescrivibile nei suoi confronti, è la mia bussola, ma non riesco ad esprimermi a parole, così mi tatuo ciò che vorrei dirgli.
Ora, caro diario, hai capito il perché ho la pelle marcata da inchiostro indelebile? Perché il mio carattere di merda non mi fa parlare, mi fa rimanere in silenzio, quando in realtà ho mille cose da dirgli, da urlargli in faccia.
Ho sempre desiderato essere una di quelle persone che non si ferma davanti a niente, che se un ostacolo intralcia il suo percorso lui lo scosta, una di quelle persone che sa guardare la vita in faccia senza voltarsi, ma semplicemente non credo di esserlo o forse non lo sono.

 
“Harry, Louis è pronto. Possiamo andare!” La voce entusiasta di Lottie arrivò fino al piano di sopra in cui mi trovavo.
“Ora vengo piccola.”
Chiusi il mio diario in pelle, riponendolo nella borsa a tracolla che avrei portato con me. Scesi le scale con rapidità, prendendo da una mensola lungo il corridoio le chiavi della mia moto.
“Hey Harry, credo tu ti sia confuso. Queste sono le chiavi della moto, non della macchina.” Disse Louis, credendo che avessi sbagliato mazzo di chiavi.
Sorrisi, non sapeva che in realtà lo avevo fatto apposta. E anche se in tre su una moto non si poteva andare, volevo rischiare.
“Lo so che sono del motorino, Louis. Forza andiamo!” Presi la mano del mio ragazzo, trascinandolo verso la porta.
“Ma…” Il maggiore non sapeva cosa dire, era confuso.
“Dai cretino, calmati. Se ha preso queste chiavi vuol dire che sa cosa sta facendo. C’mon, meno chiacchiere e più rapidità.” Aggiunse Lottie, rivolgendo un occhiolino al fratello.
Ogni giorno ero sempre più colpito dal loro amore fraterno, erano così educati.
Finezza, fatti sentire ogni tanto.
Uscimmo di casa, dirigendoci verso il mio motorino.
Era un modello pitturato in nero, molto semplice con un motore che ruggiva.
L’avevo appena lavata, e sapendo la goffaggine dei due fratelli, gli dissi di fare molta attenzione.
Presi i due caschi posti sotto il sedile e li diedi ai Tomlinson, io rimasi senza, ma non importava. La loro sicurezza prima di tutto.
Salii io per primo. Feci manovra ed invitai la più piccola a salire, dicendole di sedersi dietro di me.
Ora era il turno di Louis, il quale si sedette davanti a me.
Ci dirigemmo con rapidità verso il parco, precisamente a novanta all’ora.
I ricci anteriori cadevano incasinati sulla mia fronte in modo disordinato, mentre quelli posteriori erano mossi velocemente dal vento.
Sentivo dietro di me Lottie che si muoveva in continuazione, non trovava pace, ma era comunque adorabile.
Louis davanti a me sembrava piuttosto preoccupato. Sapevo che non voleva andare sul motorino, soprattutto in tre.
Ma onestamente poco mi importava, amavo il rischio.
“Tutto bene piccolo?” Chiamai il ragazzo seduto davanti a me, portando la mia mano sinistra sul suo fianco.
“Si, sto bene.” Sussurrò Louis, spingendo il suo corpo all’indietro facendolo toccare con il mio.
Voleva sentirsi protetto, quando aveva paura era suo solito fare così.
“Ehm, non è che potresti rallentare?” Aggiunse in seguito.
“Che hai detto?” Feci finta di non sentire, aumentando la velocità.
“Rallenta Harry, ho paura!” Urlò Louis, stringendosi più forte a me.
Non poteva cadere dato che lo tenevo stretto a me, perciò ero tranquillo, altrimenti non lo avrei mai fatto. Dissi a Lottie di reggersi forte, e così fece.
“Non ti sento Louis!” Dissi, aumentando sempre di più la velocità.
Dietro di me sentivo la più piccola che rideva tantissimo, amava questo genere di cose, era molto simile a me.
Gli occhi di Louis erano serrati e ormai la sua schiena era diventata una cosa sola con il mio petto.
 
“Siamo arrivati gente!” Urlai, accostando il motorino vicino ad un albero.
Appena frenai Louis scese di scatto, senza pensarci due volte. Si tolse velocemente il caso lanciandolo a terra e assumendo un atteggiamento alquanto effeminato iniziò a parlare.
“Io con te sulla moto non ci vengo più, che sia chiaro Styles.”
Lottie fu la seconda a scendere. Era entusiasta di ciò che aveva appena fatto e aveva un sorriso stampato in faccia: era meravigliosa.
“A volte mi vergogno di essere tua sorella, sei un fifone.” Disse la minore.
Louis la fulminò con uno sguardo, facendola intimorire.
“Ma lo sai che ti voglio bene, io scherzo! Sei un simpaticone!” Aggiunse Lottie, con un sorriso isterico.
Sorrisi leggermente, senza che nessuno se ne accorse. Scesi dal motorino mettendo il cavalletto, legandolo poi vicino all’albero a cui era poggiato.
“Forza piccoli, andiamo.” Dissi, prendendo per mano i fratelli.
Ad accoglierci c’era un insegna con su scritto “Welcone to the Hyde Park”.
“Voi avviatevi, io vado a prendere i gelati.” Comunicai, lasciando le mani ad entrambi.
“Noi ci andiamo a sedere su quella panchina, ti aspettiamo lì.” Rispose Louis, indicandomi una panca vicino all’entrata.
Mi incamminai verso un piccolo chiosco nei paragi. Avevo il capo chino, le mani nelle tasche dei jeans e un paio di rayban neri coprivano i miei occhi spenti.
Era un luogo pieno di vita, persone che ad ogni passante sorridevano e a cui tu eri costretto a ricambiare anche se in quel momento di sorridere proprio non ti andava, schiamazzi di bambini che giocavano a rincorrersi, altri che invece giocavano a pallone e che se sbagliavano il tiro tu dovevi mandargli la palla indietro, neonati che piangevano nel passeggino in cerca del loro ciuccio o delle loro madri, adolescenti con le cuffiette nelle orecchie, innamorati che si baciavano sulle panchine o che camminavano abbracciati per la strada, disabili sulla sedia a rotelle o semplicemente persone che anche se avevano tutto, si sentivano come se non avessero niente, proprio come me.
 
“Buongiorno, vorrei tre gelati al limone e due birre St. Peter’s.” Dissi, rivolgendomi al signore all’interno del chiosco.
“Sono £5.” Rispose il signore regalandomi un sorriso.
“Ecco a lei.” Porsi i soldi all’uomo senza neanche guardarlo in faccia.
Mi diede le birre, seguite poi dai tre gelati.
Misi quest’ultimi nella mano destra, portando le bibite in un sacchetto nella mano sinistra.
Ripercorsi la stessa strada di prima, questa volta con passo più veloce cercando di non far squagliare i gelati.
 
“Finalmente! Ci hai messo tantissimo!” Disse Louis, prendendo il suo gelato ed iniziandolo a leccare impedendogli di squagliarsi.
“Lo so, sono rimasto molto tempo ad osservare il luogo in cui mi trovavo.” Risposi, porgendo uno dei due gelati rimasti alla piccolina.
“Sei il solito romanticone Harry.” Rise Lottie, iniziando anche lei a gustare il suo gelato.
Cosa c’era da ridere su questo? Mi sembrava una cosa normale, non divertente. Mi rispecchiavo in quel genere di cose, riuscivo a vedermi dentro com’ero realmente, anche se ormai non mi era rimasto niente.
“Che c’è dentro quella busta?” Domandò Louis indicando l’oggetto incuriosito.
“Ehm, due birre. Ne vuoi una adesso o dopo?”
“Meglio dopo, altrimenti mi disgusto.”
Non le avevo comprate per lui, bensì tutte e due per me, ma mi sembrava poco garbato nei suoi confronti non offrirgliene una. Volevo ubriacarmi questa sera, volevo provare a dimenticare e a stare meglio.
“Io vado a bere alla fontana, torno subito.” Disse Lottie, alzandosi dalla panchina.
Eravamo rimasti soli. Volevo baciarlo ma non potevo.
A Londra i gay erano discriminati, noi eravamo considerati una razza diversa, inferiore.
Ricevevamo insulti orribili dalla gente etero, dai ragazzini di dodici anni ingenui che non sapevano neanche cos’era l’amore e si permettevano anche di giudicare, tutti ci auguravano la morte costantemente senza sapere a quali conseguenze saremmo potuti ricorrere.
“E’ molto bello qui.” Disse Louis, guardandosi attorno.
“Per questo ho voluto portarvi qui.” I miei occhi incontrarono i suoi, e finalmente sorrisi.
“Sei bellissimo Harry.” Disse il maggiore, accarezzandomi una guancia.
“No Louis, non lo sono. Io sono una persona orribile. Tu non dovresti essere qui con me, io sono un mostro. Ho cose orribili dentro di me che non riesco a vomitare, ho dei mostri interiormente che nessuno può immaginare. Faccio schifo. La mia vita fa schifo.”
Risposi al complimento del mio ragazzo, abbassando la testa ed iniziando a torturare la stoffa del mio jeans.
“Ma cosa stai dicendo Harry?”
“Purtroppo la verità, Louis.” Dissi, con tono sommesso.


 
***
 
hey bella gente.
allora, scusatemi se ho aggiornato così tardi ma in questo periodo ho avuto un casino di compiti e problemi familiari, quindi mi scuso:(
anyway, continuate a d aggiornare che mi fa sempre piacere leggere quello che pensate sulla storia.
se dovete dirmi qualcosa contattatemi su twitter, sono @hazftlou
a presto x
  
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