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Autore: TheNaiker    16/10/2013    1 recensioni
Hinamizawa, l'estate del 1983 è passata. Ma la felicità sognata da Rika è stata davvero raggiunta? I problemi dei suoi amici sono forse stati risolti, ma la felicità è una gracile piantina per cui bisogna lottare in continuazione, per evitare che essa appassisca. L'arrivo di nuovi personaggi ed eventi e gli effetti di quelli vecchi si intrecciano, in una nuova e difficile avventura.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 49: In memoria



Hinamizawa, 29 Febbraio 1984

Satoshi indossò lesto il guanto come Satoko gli aveva consigliato di fare. Un indumento di stoffa grezza, piuttosto pesante rispetto a tanti altri ad una prima occhiata simili; però sul dorso della mano il ragazzo sentiva stranamente freddo. C'era qualcosa di metallico, spigoloso come una specie di scatoletta di ferro, in quella parte del guanto... Non sembrava affatto un comune capo di vestiario. Però non capiva il senso di esserselo messo, l'altro aveva in mano una spada, quella di Alice, lui al contrario era sostanzialmente disarmato. Avrebbe dovuto fermarlo con un pezzo di stoffa?

“Che ci devo fare con questo?” esclamò infatti Satoshi. “Quello ci sta venendo addosso!”

“Nii-Nii, spicciati! Immagina di avere una palla da baseball in mano e di essere un lanciatore! Tiragliela in faccia, colpiscilo insomma!”

“Che cosa?”

“Muoviti, per l'amor del Cielo! O preferisci farti infilzare?”

Satoshi allora obbedì e strinse la mano destra come se stesse impugnando un oggetto con essa. E magicamente ebbe l'impressione che davvero qualcosa fosse comparso tra le sue dita, anche se non poteva vedere cosa visto che il suo pugno era ben chiuso. Però poteva percepire che si trattava di una cosa piccola ma insolitamente pesante per le sue dimensioni. Che genere di diavoleria aveva concepito questa volta sua sorella? Glielo avrebbe chiesto dopo ma perlomeno ora le parole della sorella stavano acquisendo un qualche senso, visto che adesso lui possedeva realmente qualcosa da scagliare. E poi anche se non era un gran lanciatore l'altro era ormai ad una ventina di metri, un bersaglio bello grosso più facile da mancare che da colpire. Così caricò il braccio, e tirò.

Una piccola sfera nera uscì dalla sua mano. Da dove spuntava mai? Sembrava una perla scura leggermente più grande di quelle che usualmente si vedono dal gioielliere, lucente e luccicante. Ed inoltre, produceva uno strano rumore... Simile a quello di un'aspirina o di una qualsiasi altra pastiglia effervescente che viene messa in un bicchiere d'acqua. Migliaia di bollicine infinitesimali di gas fuoriuscivano dalla biglia, facendola pian piano mutare di colore ed illuminare sempre di più...

L'altro individuo non era spaventato da quell'oggetto non identificato. Quello non era un proiettile, Satoshi non l'aveva gettato ad una grande velocità e lui poteva lucidamente distinguere la sfera mentre essa gli veniva incontro. Così sollevò prontamente la spada e la collocò in posizione verticale, in modo da impattare la biglia e dividerla in due parti perfettamente uguali, come se quella fosse una comune pallottola. Intercettarla con una prova di destrezza non fu un problema, e lui la colpì proprio nel mezzo.

Ma questo era proprio quello che Satoko si aspettava. Quando la pallina entrò in contatto con la lama metallica, una vampa di fuoco venne improvvisamente fuori da essa e le fiamme si abbatterono dritte sul malcapitato bersaglio, il quale fu obbligato ad indietreggiare ed inginocchiarsi per evitare quelle lingue di fuoco.

“Che...” si chiese lui, riprendendosi dallo shock.

“La mente umana ragiona in modo così bislacco, ogni tanto. Pensavi davvero che io fossi una tale ingenuotta? Non sono così scema da tirarti delle semplici biglie pensando di poterti fermare così. Per inciso, quella roba avrebbe reagito in quella maniera anche se si fosse scontrata con il tuo corpo invece che con la «tua» spada, o perfino se fosse finita sul terreno ai tuoi piedi... Quindi cercare di scansarla non serve proprio a una ceppa, mio caro.”

“Bel colpo” commentò Satoshi “Quindi non avevo neppure bisogno di essere troppo preciso, avevi calcolato tutto... Ma posso sapere come funziona questo marchingegno? Ci sono altre palline all'interno di questo guanto?”

“Ovviamente sì, anzi grazie per avermelo chiesto, ti devo dare le ultime istruzioni su come adoperare questa arma vera e propria!” Satoko fece l'occhiolino “Ogni volta che chiudi il pugno, una sfera si muove da un piccolo sacchetto sul dorso del guanto e va a finire nel palmo grazie ad una minuscola feritoia nel tessuto. Nii-Nii, tieni bene a mente che una volta estratta dal caricatore la biglia va tirata entro dieci secondi, perché come hai capito è rischioso tenerla troppo in mano. Quelle sfere sono composte infatti di due strati, ognuno dei quali reagisce con l'ossigeno dell'aria in un modo particolare. Il rivestimento esterno infatti si consuma poco a poco, rilasciando bollicine di gas, ed inoltre si distrugge facilmente tramite ogni contatto con un altro oggetto; quello esterno, invece, è una sostanza in polvere di mia creazione ed ha una reazione immediata...”

“...Andando ad esplodere con tutte quelle fiamme. Capisco...”

Satoko annuì. Quel marchingegno era il risultato di una lunga serie di esperimenti, forse sarebbe divenuto il suo capolavoro. Originariamente, il suo desiderio di sicurezza aveva fatto sì che lo strato esterno fosse spesso e non erodibile dall'aria: era progettata per rompersi solo quando colpiva qualcosa. Ma durante i primi test era saltato fuori che quell'involucro non era fragile a sufficienza e molte palline non esplodevano. Rendere quel rivestimento più sottile era però fuori di testa, la biglia poteva infrangersi e saltare in aria quando si trovava ancora nella mano del suo proprietario... Così le era venuta l'idea di un rivestimento robusto all'inizio che si indebolisce pian piano, e renderlo consumabile dall'aria sembrò la miglior soluzione. Una volta che lo strato interno fosse inserito sottovuoto all'interno del guscio non vi erano ulteriori ostacoli e dieci secondi erano un tempo di innesco accettabile, pure le normali bombe a mano avevano una procedura simile.

Piuttosto, c'era un altro problema. Il loro nemico era stato colto di sorpresa dopo quel colpo impossibile da prevedere, ma ora si stava rialzando. Non aveva ricevuto danni significativi, e questo perché Satoko aveva temuto a suo tempo di realizzare un'arma troppo potente e pericolosa. Ora invece quella rischiava di risultare troppo debole: “Pensavo che fosse più efficace contro bersagli vivi in movimento... Invece no... Avrei dovuto fare più prove, peccato.” concluse lei.

“Non ho tempo da buttare con voi...” sibilò la guardia del corpo, passando ancora all'attacco.

“Nii-Nii, ancora!”

Satoshi eseguì subito l'ordine, ed una nuova fiamma investì il loro avversario, che fu costretto a fare nuovamente un passo indietro. Si rimise però in piedi in un secondo e quindi li assalì in un lampo, prima di essere respinto dal fuoco di una terza biglia.

“Hey, Satoko.” si chiese Satoshi tra un colpo e l'altro, quando si rese conto che l'altro aveva smesso di attaccarlo per studiare meglio la situazione “Quante palline ci sono qua dentro? Non possono essere infinite!”

“Già...” replicò lei, vendendogli vicino e parlandogli a bassa voce per non farsi sentire dal loro nemico “C'è un'altra questione che va maneggiata con cura. Come ti ho detto prima, nel guanto c'è una piccola sacca, un contenitore in cui vengono alloggiate le sferette e da cui vengono prese una ad una. Però ogni busta contiene solo sei colpi e quello che stai usando ora è mezzo vuoto, adesso. Ma non ti preoccupi, ho altri sacchetti con me, non sono una sciocca.”

“Quanti ne hai presi?”

“Quindici, contando anche quello che stai utilizzando.”

Satoshi fece un rapido calcolo. “Allora ci sono rimaste in tutto ottantasette biglie. Non sono poche... Ma tra tre colpi dovrò ricaricare. Mi devi spiegare come.”

Satoko rispose eccitata “Basta che apri lo scompartimento sul dorso, vedrai che il sacchetto vuoto esce automaticamente, e poi ci metti quello nuovo nella stessa posizione. È un'operazione che viene naturale una volta che l'hai eseguita un paio di volte, non preoccuparti, ho disegnato il guanto in modo che fosse praticissimo da usare.” La bambina sembrò quindi assumere un atteggiamento pensieroso, poi aggiunse: “Per favore non arrenderti al primo intoppo. Queste pallottole hanno meno potenza di fuoco di quello che presumevo, ma ce la faremo. Tu assicurati solo che quello non riesca ad avvicinarsi a noi!”

Satoshi fece quello che la sorella lo pregava di fare, e con un paio di colpi ben assestati respinse il loro avversario, costringendolo ad allontanarsi. Successivamente, rendendosi conto che non c'erano più munizioni dentro la sua arma, usò l'apertura che Satoko gli aveva indicato per eliminare la sacca vuota ed inserire quella piena, appena consegnatagli dalla sua partner di lotta. In effetti quei sacchetti assomigliavano a delle bustine di zucchero, solo che erano un po' più larghi: custodie che aderivano al buco nel dorso del guanto senza alcun problema, e l'intera procedura di sostituzione durò meno di due secondi. La sua sorellina sapeva come costruire strumenti che funzionassero al meglio.

L'effetto collaterale, tuttavia, fu che anche l'altro aveva assistito a quella scena. La guardia del corpo aveva appena scoperto che la loro arma richiedeva di essere ricaricata dopo un certo numero di spari, volendoli chiamare così, e quindi avrebbe provato a sfruttare a proprio favore quel difetto di progettazione. Dopo tutto l'uomo non aveva altra scelta, doveva rendere quei due ragazzi incapaci di dargli fastidio, altrimenti non sarebbe riuscito a portar via Mion senza delle ennesime seccature. Lui non poteva che attaccare ed attaccare, avvicinandosi, usando la spada come scudo per deviare la traiettoria delle biglie incendiare e procedendo ogni volta all'indietro o di lato per non farsi ustionare da eventuali fiamme sprigionate dalle sfere stesse; quindi, ripetere il tutto per fargli consumare tutti i colpi. Il suo obiettivo ultimo diventava essere vicino a sufficienza nel momento in cui Satoshi doveva cambiare il sacchetto, e neutralizzarlo prima che potesse tirargli delle nuove biglie.

Così, non appena il ragazzo finì ancora le palline, la guardia del corpo fece uno scatto e in un lampo gli era addosso, pronto a troncargli di netto il braccio con la spada. La lama acuminata si scagliò sul corpo del malcapitato giovane, rapida ed implacabile, e Satoshi fu capace di schivarla in tempo solo perché in quel punto il morbido terreno celava una buchetta naturale, dentro la quale era andato ad affondare il piede dell'aggressore. Il suo assalto era stato rallentato da quel colpo di sfortuna e non poté quindi evitare il calcio che il ragazzo biondo gli diede al corpo, in maniera da spingerlo lontano per il tempo sufficiente per ricaricare.

Ma ora? Aveva a disposizione altri sei colpi, ma che si sarebbe inventato una volta che non li avrebbe più avuto? Quel malvagio avrebbe riprovato, e Satoshi non poteva sempre contare sulla propria buona stella. Satoko dovrebbe provare ad escogitare qualcosa, mentre io lo tengo occupato...

Nel frattempo, altre quattro sfere esplosive erano già state lanciate. Il suo antagonista lo stava pressando, sperando in qualche sua ingenuità od in qualche errore che potesse risultargli fatale. Ed ora gli si stava nuovamente facendo sotto minaccioso. Satoshi preparò il colpo, e sparò la quinta pallottola, facendo indietreggiare l'uomo di un paio di passi.

E adesso? L'altro era a pochi metri da lui ed era fermo, stava visibilmente attendendo che lui sprecasse il sesto ed ultimo proiettile. E quindi...

“Nii-Nii, ricarica!”

La voce argentina di Satoko lo scosse da quel torpore, e Satoshi si stupì di vedere un altro sacchetto pieno nella mano sinistra. Era stata sua sorella a porgerglielo... Un'ottima idea, in effetti, e sia Satoshi che la guardia del corpo capirono all'istante in cosa consistesse quel suggerimento. L'uomo sprintò verso di lui agitando la spada, ma il giovane fu più lesto e fu in grado di posizionare la nuova sacca prima di essere sfiorato dalla lama. L'altro fu costretto a rinculare l'ennesima volta, per non farsi travolgere dalle fiamme, e li guardò con uno sguardo decisamente alterato, sentendosi comunque beffato dalla trovata di una ragazzina.

“Eh, eh, non sei obbligato a tirar fuori quello vecchio solo quando l'hai del tutto svuotato, Nii-Nii” commentò la bimba “Puoi anche buttare il caricatore quando ci sono ancora dei colpi dentro. Vale lo stesso anche per le pistole normali, perché questo dovrebbe essere diversi? Magari abbiamo sprecato un colpo, ma il gioco è valso la candela, direi, abbiamo guadagnato dell'altro tempo, e questo qui ha capito che non ci può approcciare alla leggera, noi dobbiamo essere presi sempre con le molle...”

La loro ormai era in tutto e per tutto un combattimento a livello strategico, più che a livello di mera abilità. Satoshi talvolta cercava di sorprenderlo lanciando due o più proiettili di fila oppure aspettava dei momenti opportuni, e scagliando l'ultimo del gruppo di sei in situazioni particolari e assolutamente fuori dall'ordinario: per esempio, usava spesso la sesta biglia subito dopo la quinta, per spingerlo ad allontanarsi di più e non dargli il tempo di colpirlo con la spada. Satoshi, comunque, si teneva generalmente sulla difensiva, si trovava un po' più comodo in quella posizione. Gli bastava tenerlo distante.

In quanto al loro nemico, egli stava ora aspettando delle circostanze più propizie. In fin dei conti loro dovevano ricaricare ogni sei colpi, e quei sacchetti non potevano durare in eterno, prima o poi dovevano finire. Lui non poteva perdere troppo tempo, ma forse era meglio restare a distanza di sicurezza da quella coppia, quindici-venti metri, in maniera da non riportare danni significativi. Una volta terminate le loro munizioni sarebbero stati in suo potere...

Ma contemporaneamente, lui non voleva che quel momento arrivasse. Si sentiva a disagio. Quei due giovani, esattamente come la loro compagna prima... Stavano resistendo strenuamente al torto che anche lui stava perpetrando nei loro riguardi. Loro stavano facendo ciò che era nei loro mezzi, credendo fermamente in quello per cui combattevano. Diversamente da lui. La guardia del corpo cominciò a pensare di essere dalla parte sbagliata, di stare al fianco del Male. Lui non intendeva essere un cattivo, commettere azioni orribili... Però d'altronde lui non poteva nemmeno arrendersi così, senza neanche opporsi a loro. Il suo onore sarebbe stato irrimediabilmente compromesso da un comportamento del genere, avrebbe perso ogni forma di rispetto da parte degli altri, ed anche da parte di se stesso. Lui avrebbe alzato bandiera bianca solo di fronte ad un rivale più forte di lui... E forse quel ragazzo poteva rivelarsi così forte da riuscire in questo miracolo... Una speranza impronunciabile era apparsa nella testa di quella persona così tormentata dai rimorsi di coscienza.

Satoshi non poteva sapere del turbine di emozioni che circolava nel cuore dell'uomo. La sua mente sperava solo che il baccano prodotto dalle dozzine di esplosioni fosse un richiamo sufficiente affinché gli altri li localizzassero e li raggiungessero, ma questa fiducia stava man mano scemando con il passare del tempo. I loro amici non si facevano vivi, evidentemente avrebbero dovuto batterlo contando solo sulle loro forze...

E poi Satoko si era come acquattata per terra, al riparo dallo scontro. Da lì il fratello non riusciva a vedere che cosa stesse facendo, era troppo impegnato a tirar biglie infuocate per prestare attenzione agli strumenti da lavoro che erano comparsi accanto a lei. La sorella si limitava a dargli nuovi sacchetti quando lui ne aveva bisogno, ma a parte questo se ne stava inebetita in quella posizione e non gli dava nemmeno consigli su come e quando usare l'arma che lei stessa gli aveva affidato. Come Signora delle Trappole, lei era sicuramente più adatta di lui ad adoperare quella specie di lanciagranate giocattolo, Satoshi invece aveva ogni volta dei dubbi, pensava di star tirando le sferette sempre negli istanti sbagliati...

Insomma, il ragazzo non riusciva a comprendere che cosa stesse concertando lei, tutto quello che lui riusciva a fare era scagliare nuove palline, sostenendo anche l'indolenzimento del braccio che iniziava a complicare il tutto. Non era abituato a quel genere di sforzo, lui si era sempre allenato da battitore, non da lanciatore, però doveva fare buon viso a cattivo gioco, di alternative non ce n'erano. Al momento, lui poteva usare ancora quattro sacchetti pieni, doveva dosarli saggiamente però non era ancora a secco, ed...

“Nii-Nii, dopo questa ci è rimasta solo una sacca!” lo avvisò Satoko a voce alta, porgendogliene una.

“Eh? Come, una sola? Di già?” Quella notizia giunse come un fulmine a ciel sereno. Doveva aver perso il conto, era sicuro di aver ricaricato al massimo una decina di volte, non gli sembrava di aver usato così tanti proiettili... Forse si era autoingannato, nel suo subconscio desiderava avere ancora molti colpi a sua disposizione e quindi si era immaginato di averne consumati meno di quanto non fosse in realtà. Una sorta di autosuggestione che gli aveva giocato un brutto scherzo.

Ma alla fine gli erano rimasti allora solo dodici colpi, non ventiquattro. Non poteva usarli a caso, doveva adoperarli con parsimonia. Tuttavia, la guardia del corpo insisteva nell'avanzare, tutte quelle fiamme gli avevano solo bruciacchiato la pelle della mano ed i lembi del cappotto, ma non aveva riportato danni importanti, così poteva attaccarli al massimo della sua forza, inducendo Satoshi a cercare di far di tutto per allontanarlo, ancora, ed ancora, ed ancora... Prima ancora di accorgersene, il ragazzo aveva consumato tutto il penultimo sacchetto, e quindi non gli rimase che fare ricorso a quello dopo.

Passarono pochi secondi ed altri tre colpi se ne erano andati. Il suo avversario aveva evitato due sfere e si era riparato dalla terza con l'aiuto della propria spada. E così era libero di avanzare verso di loro. Ormai l'aveva capito, le ultime parole della bambina lo avevano insospettito ed ora ne aveva avuto la conferma: Satoshi era ormai a corto di palline, e vederlo così esitante gli faceva estremamente piacere.

“Dai, perché non lanci più nulla? Sto arrivando, non vedi? Oppure hai paura di usare i tuoi ultimi colpi in canna?”

“S-S-Satoko, che cosa dovrei fare?” esclamò il giovane, nel panico.

“Non è che tu abbia questa gran scelta, Nii-Nii” replicò flemmatica Satoko, ancora inginocchiata “Continua a colpirlo, ma non sciupare le ultime biglie.”

“C-ci provo...” Satoshi usò istantaneamente un proiettile, l'altro si era fatto loro davvero troppo vicino e lui aveva assoluto bisogno di farlo ripiegare. E pochi attimi dopo anche il colpo successivo era stato espulso dalla sua mano.

Satoshi non sapeva davvero che pesci pigliare, adesso. Si ricordava che in giro c'era ancora un sacchetto con una biglia dentro, era quello che Satoko gli aveva fatto buttare via in precedenza, per prendere in controtempo la guardia del corpo... Ma dove era andato a finire? C'erano molte buste ai suoi piedi e lui non poteva riconoscere quella non del tutto vuota. E naturalmente non poteva perdere tempo a cercarla, sarebbe stato un facile bersaglio.

L'uomo ora correva veloce contro di loro, un'altra volta. Non si poteva fare altrimenti, il giovane doveva agire in fretta. Strinse il proprio pugno destro ancora, e sparò.

Un'altra fiamma apparve, ed il suo nemico fu costretto a balzare all'indietro. Ma ora stava ridendo soddisfatto. Aveva capito che quello era il loro ultimo colpo.

“SATOKO!” gridò Satoshi, girandosi verso la sorella “E ADESSO CHE FACCIAMO?”

“Adesso facciamo questo!” replicò lei, rialzandosi repentina e spiaccicandogli in mano qualcosa.

Satoshi spalancò gli occhi. Non ci credeva.

“Un altro... sacchetto?”

Si trattava di un altro sacchetto, in effetti. Una bustina uguale a quelle precedenti, con la differenza che uno dei due lati era coperto da un sottilissimo strato di plastilina.

“Ma... Prima non mi avevi detto che...”

“Credi che ci sia tempo per le spiegazioni, qui? Non stiamo mica bevendo una tazza di tè con gli amici, qua! Datti una mossa a ricaricare, e assicurati di tenere la parte con la plastilina in alto in modo da non imbrattare niente. Quindi mira e spara, subito!”

“Roger!” rispose Satoshi, che però non aveva capito bene che diamine stesse tramando la sorella. Cercò di inserire la nuova sacca nella tasca sul dorso, non senza qualche difficoltà, in quanto la plastilina rendeva il tutto più alto e quindi era più complicato richiudere il guanto. Però infine ce la fece e si voltò verso il nemico, il quale a sua volta non stava capendo più nulla. La guardia del corpo non riusciva a venire a capo di quello che i due fratelli stavano facendo, e pur di mettere fine a quella vicenda si scagliò allora verso di loro, roteando la spada sulla propria testa come una scimitarra e volando su di loro come un angelo della morte. Il suo aspetto era terribile e maestoso, reso ancora più funereo dal Sole che era giusto dietro di lui e che lo risaltava con le sue luci e le sue ombre. La lama che impugnava era ora a meno di un metro dalla gola di Satoshi, e l'uomo stava pregustando il gusto del sangue che sarebbe sgorgato dal collo del ragazzo... Alla fine, quella speranza nascosta che lui nutriva inconsciamente sembrava destinata a rimanere incompiuta... Lui doveva vincere, quei due sarebbero morti, esattamente come la loro amica...

Ma Satoshi fu in grado di stringere la mano a pugno, sentendo anche male a due dita, e riuscì a sparare un attimo prima di morire.

Un altro sparo.

Un'altra fiamma.

Ma questa volta, fu molto più violenta e devastante. Con un urlo dolorosissimo, l'uomo fu scaraventato lontano, con il braccio destro pesantemente ustionato. La spada volò via a sua volta ed atterrò a diversi metri da loro, mentre il fuoco prodotto dalla sfera fu così intenso da spingere Satoshi a prendere Satoko e proteggerla con il suo stesso corpo, mentre la prendeva e la portava via.

“Stai bene?” chiese alla sorella, dopo che tutto era finito.

“Sì, nulla di rotto.” rispose lei, mentre suo fratello la stava posando a terra. “Quel fuoco danneggia veramente solo i bersagli che entrano a contatto con la sfera ed il materiale infiammabile, le fiamme di per sé scottano solamente un poco. Noi eravamo ad un metro da lui, una distanza che basta ed avanza per rimanere praticamente intonsi. Ma ora ricarica, per piacere.” Gli diede un'altra bustina, prima di andare a raccogliere la spada. “Quel sacchetto ha cinque proiettili come quello che hai appena usato, sta attento... E non dimenticare che quello ha ancora il suo pugnale, Nii-Nii. Questo è ancora pericoloso.”

“Questo... Non è esatto...” replicò la guardia del corpo, che nel frattempo si era rialzato con immane fatica. “Il coltello lo tenevo sotto la manica del mio braccio destro, ma ora non so neanche dove si trova, l'onda d'urto l'ha fatto schizzare da qualche parte.” Satoko diede un occhiata in giro ed in effetti individuò il pugnale che era finito non lontano dalla spada. Quindi raccolse entrambe le armi e scrutò l'uomo che stava malinconicamente sorridendo “A vedere come vi comportavate ero sicuro che voi non aveste più proiettili, ed invece avevate conservato il meglio per il gran finale. Me l'avete proprio fatta... Sono stato uno stupido, ho meritato di perdere...”

“Francamente Satoko ha ingannato pure me. Sorellina, perché mi avevi detto che avevo pochissime biglie da lanciare, quando non era vero?”

“Non avevo intenzione di mentirti... Non volevo che tu usassi troppo in fretta quelli che avevi a disposizione. Avevo bisogno di ritagliarmi qualche secondo di tempo per fare una cosa.” La bambina prese un sacchetto vuoto che aveva riposto in una delle sue tasche, e lo lasciò cadere sul terreno insieme agli altri “E' una vera fortuna che abbia portato con me il mio kit di emergenza... Così ho preso in prestito due delle buste di palline che avevi, Nii-Nii.”

“Ah, ecco. Adesso comprendo perché i conti non mi tornavano, prima.” Satoshi guardò il gruppo di buste vuote rimaste per terra, e contandole si avvide che effettivamente ce n'erano solo quattordici, e non sedici come sarebbe dovuto essere. Togliendo quello «speciale» che gli era stato dato all'ultimo secondo, ne veniva fuori che lui aveva usato solo tredici sacchetti normali dei quindici complessivi.

“Oh, te ne eri accorto allora...” commentò Satoko, mal celando la propria soddisfazione. “Vedi, dopo aver preso i due sacchetti pieni, ho usato una siringa per forare la confezione ed estrarre delicatamente l'esplosivo dalle singole palline di una delle due buste. È un'operazione da compiere con le pinze, devi tenere le sferette nel sacchetto senza estrarle, e poi prendere l'esplosivo stando attento a non fare entrare l'aria nella bustina, altrimenti gli strati esterni delle varie sfere si sarebbero consumati a contatto con l'ossigeno e quindi sarebbero finiti col saltarmi in aria tra le mani. Adesso capisci perché ho cercato di guadagnare un paio di minuti.”

“Quindi è per quello che hai coperto il tutto con la plastilina. Per sigillare tutti i fori che hai fatto con la siringa.”

“Certo. Fai un buco con la siringa, estrai l'esplosivo dalla prima biglia, richiudi subito prima che entri troppa aria e via con le successive. A quel punto, una volta recuperato tutto il materiale dal primo sacchetto, lo inietti dentro le biglie del secondo... Quindi ogni pallina finisce per contenere il doppio della quantità solita di esplosivo. Dentro le palline viene a crearsi una pressione notevole, e quindi l'effetto finale viene più che triplicato, come hai avuto modo di constatare.”

“Tutto chiaro... Ma non era un po' rischioso per te, anche con tutte queste precauzioni? Hai corso un serio pericolo, maneggiare quella roba instabile...”

“Lo so bene, ma era mio dovere provarci. Se è per quello ho messo nei guai anche te. Se qualche cosa fosse andato storto tutto il guanto sarebbe esploso e ti saresti fatto molto male al braccio. Forse avresti addirittura perso la mano destra... Ma dovevo tentare. Se avessi potuto ci avrei pensato io ad indossare quell'arma, ma le mie braccine sono troppo gracili per tirare bene degli oggetti a distanza sufficiente, e poi il guanto in sé era stato cucito su misura per te. E in quanto a te.” Satoko si girò verso il tizio dolorante “Abbiamo ancora cinque proiettili identici a quello che ti ha preso in pieno, quindi ti suggerisco di gettare la spugna o le conseguenze saranno a dir poco pesanti, per te. Se una di quelle biglie potenziate ti prende la testa o una parte vitale del corpo potresti anche rimanerci secco... Non avrei mai voluto arrivare a questo punto, ma mi hai costretto tu.”

“Non ti crucciare per questo, signorina.” rispose lui “Questa è la guerra, e noi siamo suoi soldati. Essere feriti a causa di uno scontro fa parte del gioco, lo si accetta facilmente, e poi arrendersi ad un nemico leale e di valore non è disonorevole. Ti sei presa la tua vendetta per la dipartita di quella ragazza.”

“Spiacente, ma non è per questo motivo che combattevamo.” replicò Satoshi “Se fosse stato così, allora la morte di Alice-san sarebbe stata bilanciata solo dalla tua. Invece tu sei ancora in vita... La sua battaglia ha permesso a noi di intraprendere la nostra, ma non desideravamo di... di reagire a questa perdita spillando altro sangue. Noi non siamo killer come te, e come quelli che hai fiancheggiato fino ad oggi.”

“Ah... Evidentemente il vostro modo di ragionare è l'opposto del mio. Durante una guerra, questo genere di riflessioni sull'utilità della morte altrui non ha modo di esistere, di solito.”

“Stai parlando come un guerriero proveniente dai tempi antichi, proprio.” osservò Satoko, mentre lo legava con una fune robusta in modo che non potesse sfuggire loro, ma evitando contemporaneamente di fare troppo male al braccio ustionato “Io però ho sempre pensato che i vecchi samurai preferissero il suicidio piuttosto che ammettere una sconfitta.”

“Eh, sì, in teoria dovrei obbedire al mio padrone fino alla morte... Questo sarebbe il mio senso del dovere, il mio bushido, tuttavia... Tuttavia... Io ho paura di quello che il mio signore sta tramando...” La coscienza di quell'uomo stava infine prendendo il sopravvento, piegando anche la sua volontà. Quello non era cattivo.

Satoshi lo aiutò a rialzarsi. “Ne discuteremo dopo, ci sono molte questioni di cui dobbiamo discorrere insieme agli altri.”

“Beh, non conosco molto delle congiure del mio padrone, disgraziatamente. Ne so meno di quanto vorrei dirvi. Lui mi ha sempre tenuto all'oscuro dei suoi intrighi, tutto quello che posso dirvi sono sospetti, timori...”

“Sono già qualcosa. Ogni brandello di informazione è fondamentale, per noi. Ma ora torniamo alla Clinica, dobbiamo medicarti un poco e poi dobbiamo avvertire la polizia.”

“Mi sembra giusto...” La volontà di combattere della guardia del corpo era totalmente svanita, così Satoshi poté anche raccogliere il corpo di Mion per riportarlo indietro, senza temere che il loro prigioniero si ribellasse per scappare. Tanto che, in forma confidenziale, Satoko osò chiedere: “Possiamo sapere il tuo nome? Vorrei chiamarti in un modo diverso da un semplice tizio.

“Come desideri... Io sono Mamiya Takeshi.”

“E noi siamo la famiglia Houjou. Piacere di fare la tua conoscenza.” Satoko non poteva spiegarsi come mai però, anche se le loro convinzioni erano opposte, lei rispettava quell'individuo. Lui emanava un'aura di dignità, aveva il volto di un uomo d'onore trascinato in quella vicenda solo dai vincoli di ubbidienza che aveva con quel vile di Goemon. Lui non avrebbe voluto commettere quello che aveva commesso, e la fanciulla aveva voluto mostrare di apprezzare quei sentimenti combattuti. Non fosse stata legata, la guardia del corpo sarebbe sembrata un padre di famiglia che conduceva i figli a fare una passeggiata.

Al punto che dopo pochi secondi, Mamiya aggiunse un'altra cosa: “Signorina, posso ringraziare te e tuo fratello?”

“E... per cosa?”

“Perché sconfiggendomi mi avete fermato. Io non voleva segnare il mio sentiero di tutte queste morti... Quando mi sono battuto contro di voi, e contro quella ragazza... Mi sentivo come se stessi facendo la cosa sbagliata. Non potevo trovare l'ardire di disobbedire al mio padrone, ma qualcosa dentro di me mi stava urlando a voce sempre più alta che avrei fatto meglio a lasciar perdere. Ero troppo legato al mio... senso dell'onore, ed anche ai miei padroni, ero troppo debole per trovare la forza di agire di testa mia. È assurdo, lo so, un bravo guerriero non dovrebbe essere influenzato da questo genere di fragilità emotive nel bel mezzo di uno scontro, a meno che non voglia morire in battaglia. Però sentivo il bisogno di essere battuto, di essere arrestato, in modo da terminare questo mio percorso di follia. Cercavo un rivale forte abbastanza da bloccarmi... Potrei dire che il mio onore è salvo, così, e ora che le mie mani sono tenute ferme da questa corda esse non si macchieranno di altro sangue.”

“Gli adulti sono tutti pieni di contraddizioni, lo sai certamente anche tu, non rimproverarti per questo. Ma quindi ti stai pentendo di quello che hai fatto?”

“No, questo non è corretto. Ho giurato di obbedire ai miei padroni per quanto mi fosse concesso, pertanto non biasimo me stesso per avere seguito i loro comandi. Sto solo dicendo, che non mi piaceva molto quel che stavo facendo, e che non sono troppo rattristato di non poterlo più fare. Se solo quella vostra amica non fosse morta... Non avrei potuto desiderare epilogo migliore, per me.”

Nè Satoko né Satoshi riuscivano a venire a capo di quel discorso che a loro suonava quasi insensato. Loro non potevano ricordarlo, ma nel mondo precedente, quando Keiichi era andato al Maniero per convincere Oryou a dare il suo appoggio per salvare Satoko da Teppei, la vecchia leader dei Sonozaki si trovava nella stessa situazione di Mamiya. L'anno prima, la vecchia signora sapeva bene che non perdonando gli Houjou faceva la cosa sbagliata, ma d'altro canto temeva di perdere il rispetto del villaggio, se avesse dato il proprio beneplacito a quel branco di mocciosi. Oryou non era sufficientemente coraggiosa, lei sapeva solo muoversi nel modo in cui il suo ruolo le ordinava di comportarsi, e quindi aveva bisogno di un «avversario» vigoroso che fosse in grado di prendersi ogni responsabilità e di imporre la propria volontà su quella di ogni altro essere. Allo stesso modo, adesso anche l'uomo di fronte a loro richiedeva una persona forte che potesse rompere quei vincoli di convenienze, quelle catene invisibili che non si potevano rompere con incudine e martello.

Satoko non poteva comprendere questo, era troppo piccola per ora. Pertanto, si girò solo alle proprie spalle, verso il corpo esanime di Alice. Non potevano prendersi sulle spalle il suo cadavere, per il momento, Satoshi si era già caricato Mion mentre il braccio bruciato di Mamiya non gli consentiva di trasportare grossi pesi. Tutto quello che potevano fare per la loro amica era andare alla Clinica e dire ai medici quello che era stato di lei. E poi, informare i loro genitori di quello che era successo ai loro figlioletti. Due morti una a ridosso dell'altra, nello stesso giorno o quasi, senza che la loro famiglia potesse muovere un dito per aiutarli... Satoko sapeva molto bene cosa significava perdere i propri cari, ed era dispiaciuta per i rimorsi e le pene che il loro padre e la loro madre avrebbero vissuto. Probabilmente sarebbe stata Flavia a sobbarcarsi l'onere di telefonare a casa loro, una chiamata amarissima che avrebbe acuito il suo dolore. Forse lo shock per la notizia avrebbe addirittura rischiato di farle perdere il bambino che aveva in grembo... Avrebbero dovuto usare il massimo tatto, nel dare a Flavia quella triste notizia. Satoko sperava di poter evitare un aborto spontaneo, almeno quello, però era conscia che in ogni caso quello che attendeva tutta la famiglia Serco sarebbe stato un altro, terribile periodo della loro vita.

Compartecipazione della sofferenza a parte, nondimeno, non c'era nulla che Satoko e Satoshi potevano fare per loro, ora. Così, la bambina si sedette sull'erba accanto alla testa immobile della ragazza, accarezzandone i capelli con le dita e ripulendone il volto dalle macchie di sangue che lo stavano ancora sfregiando. Una volta fatto ciò, si rialzò e tornò dagli altri che si stavano recando all'Istituto Irie, indirizzando nel contempo una preghiera ad Oyashiro-sama per l'anima di Alice.

~-~-~-~-~

Ma le orrende notizie non erano ancora finite, per Satoko. Dopo aver aperto il portone d'ingresso della Clinica ed essersi assicurata che Mion fosse assistita a dovere, la fanciulla era andata dritta da Rena, sempre seduta sulla sua sedia a rotelle, mettendola al corrente di quanto accaduto. Una volta che lei ebbe concluso il suo rapporto, però, la sua compagna dai capelli castani le aveva risposto affermando di aver effettuato decine di telefonate a Rika, senza però che nessuno avesse mai risposto. Se non ci fossero stati problemi a casa Furude, Rika o Hanyuu avrebbero preso la cornetta per dire che andava tutto bene, così invece era chiaro che qualcosa di serio non andava.

“Oh, mamma, sta storia non finisce più...” si lamentò Satoko, allargando le braccia per la frustrazione.

“Rena si sta mettendo nei tuoi panni, ma non possiamo fare altro. Dobbiamo mandare voi. Gli altri sono probabilmente ancora nei boschi, devono ancora tornare e non c'è modo di contattarli. Avremmo dovuto dare loro delle trasmittenti, però nella fretta non ci siamo premuniti... Tant'è, per favore, andate. Rena ormai è pessimista a prescindere, e rapire Mii-chan da qui potrebbe essere stata solo un'esca per poter mettere le loro mani su Rika-chan indisturbati... Non vi preoccupate, dirò ai nostri amici che state bene e dove siete andati. Grazie a Dio almeno lo staff della Clinica è arrivato ed Irie-sensei ha finalmente recuperato dallo svenimento, l'ho visto mentre gli stavano curando un brutto bernoccolo. Pensate, mi hanno detto che in questo momento stanno perfino cercando di sfondare la porta della stanza di Gi-chan, giù al seminterrato... Non sanno perché ma pare che qualcuno l'avesse chiusa a chiave, dopo il sequestro di Mii-chan.”

Sembrava ci fossero ancora nubi scure, all'orizzonte. Satoko sospirò: “Bene, se devo proprio farlo... Andiamo, Nii-Nii, accompagnami a casa di Rika. Non è il periodo adatto per andarsene a zonzo da soli, per le vie di Hinamizawa.”

Satoshi obbedì, ed i due uscirono di nuovo dalla Clinica lasciandosi alle spalle un certo trambusto, sperando che almeno questo funesto presagio non fosse fondato.

 

  
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