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Autore: Neryssa    17/10/2013    5 recensioni
Sulla strada che dai Monti Azzurri porta al Decumano Ovest scorre un lungo fiume dalle acque limpide e vivaci, poco profonde ma difficili a guadarsi; e seguendone il corso verso Nord, si giunge ai Colli di Vesproscuro, un modesto gruppo di dolci declivi che si stende per appena un miglio e mezzo o poco più. Thorin non li ha mai visitati, né durante le sue lunghe traversate della Terra di Mezzo né durante la permanenza sui Monti Azzurri. E se fosse per lui una giornata di lavoro alla fucina non andrebbe di certo sprecata per una scampagnata sulle colline! Ma da qualche tempo Fíli ha cominciato a cogliere al volo ogni possibile scusa, anche la più futile, per sgattaiolare nei boschi, e Thorin sa che i passi di suo nipote sono inevitabilmente rivolti verso quei Colli misteriosi.
Gli ultimi anni sui Monti Azzurri prima della partenza di Thorin, Fíli e Kíli con il resto della Compagnia, in un vortice di incontri, fughe e sentimenti contrastanti vissuto all'ombra dei Colli di Vespruscuro, nel cuore dei quali sorge una bella casetta di pietre e legno, abitata da...
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fili, Kili, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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2 (seconda parte)- Il sentiero, la neve, il Re e la fanciulla

 

2 (seconda parte)- Il sentiero, la neve, il Re e la fanciulla

 

“Aspetta, così fai solo danni!” rise Fíli quando un ciocco di legna, ammaccato ma palesemente integro, gli rotolò tra i piedi, e ci mancò davvero poco che Brid non si accettasse una gamba per lo sgomento.
“Eh?” soffiò lei, spostando lo sguardo dall’ascia al Nano
e dal Nano all’ascia.
“Se impugni l’ascia in quel modo, farai più danni che altro!”.
“Beh, ma tanto è legna che va tagliata a ciocchi!”. Le sopracciglia di Fíli schizzarono in cima alla fronte.
“E allora?”.
“E allora non fa niente se la faccio a pezzi, no? Insomma, il concetto è quello!” mugugnò lei fissando con odio l’ignaro pezzo di legno che era riuscito nell’impresa di sfuggirle.
Con un sospiro, Fíli smise di accatastare ciocchi lungo il muro della stalla e, recuperato quello incriminato, le si avvicinò, approfittandone per distendere un po’ la schiena indolenzita.
“Avanti, impugna bene quella scure” disse poggiando il ciocco sul ceppo e fissando eloquente le piccole mani di Brid strette attorno al manico dell’ascia; determinata a mostrarsi padrona della situazione, la fanciulla impugnò saldamente il fondo del manico, distanziando poco le mani l’una dall’altra.
“No. Da capo!” l’ammonì subito il Nano, serafico; con un certo fastidio, Brid scrollò le spalle e spinse le mani verso il centro dell’impugnatura.
“No, ancora non ci siamo”. Fíli scosse la testa con fare saputo e Brid si ritrovò a fissare astiosamente il moto oscillatorio delle due sottili treccine che gli pendevano ai lati della bocca.
“Senti, non so fare diversamente, d’accordo?” sbottò infastidita, calciando via il ciocco in un fluttuare di sottane e conficcando brutalmente la lama nel ceppo. “E poi mi piacerebbe davvero tanto sapere dall’alto di cosa ti metti a fare il saputello…”. Fíli strabuzzò gli occhi.
“Scherzi? Sono un Nano, praticamente ci sono nato, con l’ascia in mano!”.
“E che ne so io, di come nascete voi? Tu sei il primo che incontro!” sbraitò lei, rossa in viso per la rabbia e l’imbarazzo. Contro ogni sua stessa previsione Fíli pensò che in quello stato fosse innegabilmente buffa, ma anche stranamente tenera: le sorrise senza nemmeno accorgersene, e forse agli occhi di Brid quel sorriso parve un po’ malandrino, perché arrossì con decisione e si voltò di scatto, recuperando l’ascia.
“Bah, chi ti capisce è bravo!” mugugnò a mezza voce, sistemando maldestramente un ciocco piuttosto grosso sul cippo. “Che poi, ancora non ho capito che diavolo ci fai di nuovo qui…Nano della malora, ficcanaso e rompiscatole!”.
Fíli decise di ignorarla e riprese ad accatastare legna sul fianco della casetta dalla porta tonda; ogni tanto dai vetri delle finestre s’intravedeva la treccia scura di Lila fluttuare avanti e indietro, accompagnata da strepiti e miagolii rabbiosi che insieme al cupo borbottare di Brid e allo sporadico tonfo dell’ascia nel legno creavano un sottofondo comico ed esasperante al tempo stesso che in qualche modo gli ricordò quello di casa sua. Si chiese se la testa calda di Kíli si fosse fatta vedere alla fucina, quella mattina, e se Dís fosse ancora all’oscuro delle sue fughe nei boschi. Si disse che prima o poi avrebbe sostituito Thorin al lavoro per una settimana intera, e che avrebbe tenuto suo fratello incatenato all’incudine a battere il ferro per tutto il tempo, giusto per evitare che scappasse; e già che c’era avrebbe anche portato un regalo alla mamma…  
D’un tratto si sentì tirare per la camicia, e con in mano due pezzi di legna da destinare in cima alla catasta, si voltò ad incontrare lo sguardo imbarazzato e sfuggente di Brid, che ancora aggrappata ai suoi abiti seguitava a tirarli piano.
“Brid? Cosa…”.
“Mi…mi aiuti? Per favore?” borbottò lei e fu evidente quanta fatica le costasse, domandarglielo: Fíli ne fu talmente sorpreso che i ciocchi quasi gli caddero di mano, ma si riebbe subito; annuì con enfasi e, abbandonata la catasta al proprio destino, le poggiò una mano sulla schiena, sospingendola piano verso il ceppo.
“Mettiti qui…” disse gentilmente, scivolandole alle spalle “…e poi impugna l’ascia in questo modo, così è più facile sbrigarsela in un colpo solo”. Brid credette di morire d’imbarazzo quando avvertì il corpo accaldato di Fíli sfiorarle la schiena, e le sue mani grandi e callose strette sulle proprie per orientarle lungo il manico dell’ascia: ignorò il disagio tentando di concentrarsi totalmente sui suoi consigli, ma sentì un inevitabile e compromettente calore inondarle le guance, e se ne stette rigida fino a quando lui non le fece calare la scure sul ciocco appositamente scelto per farle fare pratica, e quello si aprì in due metà perfette con un colpo solo.
“Oh!” si lasciò sfuggire in un moto di stupore, e completamente dimentica dell’imbarazzo voltò il capo di lato per sorridere al Nano.
“Così va molto meglio. Prova ancora” sentenziò Fíli senza sbilanciarsi, separandosi da lei e posizionando un altro ciocco di legna sul ceppo; Brid quasi rabbrividì, nuovamente sola nell’umida aria autunnale, e maledicendo l’improvviso senso di vulnerabilità che si sentiva addosso si azzardò a chiedergli ancora di aiutarla.
“Po…potresti tagliare con me anche questo?” soffiò con gli occhi che fuggivano lo sguardo azzurro di lui, “Soltanto quest’ultimo, poi faccio da sola!”.
In uno slancio di tenerezza che lo lasciò stupito di se stesso, Fíli si ritrovò a pensare che quel visino liscio e imbarazzato fosse semplicemente delizioso, e la voglia irrefrenabile di rincorrere gli occhi scuri così sfuggenti e misteriosi di lei fu vinta soltanto dalla ragione che lo spinse a tornarle accanto.
“Ancora questo” concesse con un sorrisetto sghembo totalmente privo di malizia, che gli piegò le guance in due fossette che a Brid parvero bellissime.
Con una punta d’imbarazzo, ma anche con un pizzico di complicità, i due si riaccostarono l’uno all’altra, pronti a calare l’ascia sul ciocco, e stavolta Brid non avvertì la fitta di disagio che poco prima l’aveva ridotta ad un blocco di pietra tra le braccia di Fíli: lasciò che le sue mani la guidassero e insieme sollevarono l’ascia…
“OH! Interrompo qualcosa!” cinguettò una voce entusiasta e squillante, e ai limiti del loro campo visivo Lila fece la propria comparsa, con in viso la stessa espressione di una bambina che sorprende la sorella a baciare un ragazzo. E in effetti Brid si sentì colta in flagrante allo stesso modo, benché la realtà non fosse nemmeno lontanamente compromettente quanto un bacio.
“AAAAAH!” strillò per la sorpresa, e l’ascia le sfuggì di mano, atterrando accidentalmente (ma provvidenzialmente di manico) sul piede di Fíli.
“Dannazione, Lila! Proprio non ci pensi che arrivare alle spalle di qualcuno che maneggia una scure potrebbe essere pericoloso, eh?” tuonò la minore, rossa in viso e a dir poco furiosa; Lila, dal canto suo, si limitò a fissare con aria contrita il Nano infortunato saltellare per il prato imprecando in una lingua sconosciuta e dal suono gutturale, mentre si reggeva il piede dolorante.
“No, vi prego, non interrompetevi soltanto per me!” fece, mortificata, guadagnandosi un’occhiata velenosa da parte della sorella.
“Non una parola di più, Lila! E adesso aiutami a portare questo Nano piagnone fin dentro casa prima che faccia buio, che se l’abbiamo storpiato non possiamo rimetterlo sul sentiero come se niente fosse!”.

 

 

“Fíli ancora non è tornato?” domandò Thorin con voce incolore quando Kíli si decise a rientrare alla fucina, dopo una lunga e, a suo avviso assolutamente immeritata, pausa spesa in giro con gli altri ragazzi.
“No” rispose subito il giovane Nano, per nulla interessato a discorrere dei passatempi del fratello. Thorin, invece, di interesse per le frequenti sparizioni di Fíli ne provava eccome, e naturalmente non si diede per vinto.
“Mi piacerebbe sapere chi o cosa devo ringraziare per aver perso l’unico nipote che onorava gli impegni presi e mi dava una mano con il lavoro!” borbottò, fingendosi contrariato ma in realtà ben attento a non far capire al nipote che stava sondando il terreno; lanciò a Kíli qualche fuggevole occhiata di sottecchi, e quando lo vide guardarsi intorno con aria distratta mugugnando qualche assenso inarticolato decise di tentare un altro approccio.
“C’è un ordine da parte del mugnaio di Pianilungone, gli serve una nuova falce per i campi” disse, cambiando totalmente discorso. “Occupati di temprare la lama, Kíli, io ho altro da fare”.
Come investito da una secchiata d’acqua gelida, suo nipote si riebbe con un sobbalzo e, ancora intontito dal brusco richiamo, trotterellò immediatamente verso il barile d’acqua in cui si affrettò a tuffare un’approssimativa e rovente lama di falce, in un tripudio di schizzi e sfrigolii. Abbandonandolo al proprio lavoro, Thorin si concesse un attimo di pausa per affacciarsi sulla porta schiusa ad osservare la propria gente che si affaccendava avanti e indietro sulle strade terminando le ultime incombenze della giornata, prima di ritirarsi; lasciò che per un poco Kíli credesse di aver scampato l’interrogatorio e si prese qualche minuto per arrovellarsi il cervello su quale fosse il modo migliore per cavargli qualche informazione utile di bocca.
“Kíli” chiamò poi, mandando al diavolo tutte le buone intenzioni del mondo e optando per un approccio diretto. “Per caso Fíli ti ha mai detto dove va quando vostra madre lo crede qui con me?”.
Kíli si aspettava quella domanda, ma ciò che non si era minimamente aspettato fu il senso di impotenza e catastrofe imminente che gli piombò addosso non appena Thorin si decise a porgliela: di colpo parve comprendere come si sente una bestia braccata dai cacciatori, e comprensibilmente non gli piacque nemmeno un po’. Ciò non gli impedì, però, di tentare ugualmente un’estrema via di fuga.
“Eh? No” fece un tantino troppo in fretta, e persino con la coda dell’occhio riuscì a cogliere l’irrigidirsi delle spalle di Thorin. “C…cioè, intendo dire che non mi è…mai capitato di chiederglielo, non…ne abbiamo parlato…”.
“E da che condividevate tutto, persino il piatto e le posate, siete passati all’ignorarvi completamente” concluse pacatamente lo zio per lui. “Mi credi uno stupido, Kíli?”.
Il giovane Nano si trovò quindi di fronte ad un bivio: o rischiare la pelle rispondendo ‘Sì’, con la speranza che Thorin si dimenticasse di riprendere a torchiarlo dopo averlo ridotto ad un grumo di sangue sul muro della fucina, oppure continuare a restare sul vago, facendolo infuriare ugualmente ma dando la parvenza di non essere un totale bugiardo. Nessuna delle due possibilità gli piacque eccessivamente, così si vide costretto a mugugnare qualcosa che non deludesse troppo le aspettative dello zio e allo stesso tempo non scoprisse troppo Fíli, il quale gli aveva fatto promettere di non dire nulla né a Thorin né a Dís. E a onor del vero, era stato piuttosto vago persino con lui.
“In verità qualcosa mi ha detto…una volta l’ho anche seguito per un po’, a dirla tutta…” borbottò quindi, con il tono infastidito di chi non sopporta né i ficcanaso né chi getta il prossimo in pasto alla curiosità altrui. “Ma non ci ho capito molto. E poi nemmeno sono fatti miei”.
“Tenere a bada vostra madre sta cominciando a diventare impegnativo, in capo a qualche settimana non crederà più ad una sola parola di quello che le dico. E dal momento che sono io a coprire le vostre malefatte, confido che tu non stia cercando di fare il moralista”. Thorin si voltò finalmente verso di lui, con le braccia incrociate al petto e uno sguardo gelido che non prometteva nulla di buono. Kíli capì all’istante di aver fatto un passo falso.
“No, macché?! Non era assolutamente mia intenzione, ti giu…”.
“Per Mahal, Kíli!” lo interruppe bruscamente il Nano, per poi recuperare la calma passandosi una mano sulla fronte. “Dimmi quello che sai e basta! Tua madre non mi caverà niente di bocca, hai la mia parola…ma dimmi dov’è tuo fratello. Ho il diritto di saperlo!”.
Con addosso la sgradevole e strisciante sensazione di stare per commettere un crimine imperdonabile, Kíli rivolse un’occhiata da cane bastonato al Nano che fin da quando aveva memoria era stato come un padre per lui e quel suo fratello idiota che tanto adorava, e di fronte allo sguardo stranamente preoccupato di Thorin non riuscì ad imporsi di rimanere fedele alla promessa fatta a Fíli.
“Posso stare tranquillo? Posso confidare che non si stia cacciando nei guai?” mormorò il Nano. Istintivamente, Kíli gli sorrise.
“Lo conosci, zio! Le poche volte in cui Fíli riesce a cacciarsi seriamente nei guai sono quelle in cui ce lo trascino io…cosa di cui non vado molto fiero, in effetti…”. Inaspettatamente Thorin sbuffò una risatina, sentendosi sgravare di buona parte delle proprie preoccupazioni, e Kíli fu felice di averlo rincuorato un poco.
“Insomma, quello che intendo dire è che…se volessi chiederglielo probabilmente te ne parlerebbe lui stesso, dato che non ha nulla da nascondere” riprese poi, ansioso di cambiare discorso, “Da quanto ho capito appena può sgattaiola nei boschi che costeggiano il Lhûn, ad Est, e ci passa le giornate”.
“Verso i Colli di Vesproscuro?”. Thorin parve stupirsene. “E cosa ce lo spinge? Non vi è altro che solitudine e silenzio, tra quelle colline…sono un ottimo terreno di caccia, ma dal momento che tuo fratello torna sempre a mani vuote mi è difficile credere che sia un po’ di cacciagione ad attirarlo in quei boschi…”.
Kíli fece spallucce, scuotendo piano la testa e levando le mani in segno di resa.
“Non so dirti nient’altro, questo è davvero tutto quello che so!”. Sul bel volto stanco di Thorin passò fugacemente un’ombra, e se fu preoccupazione o sospetto Kíli non lo seppe dire; fu però arguto abbastanza da ricordare allo zio cosa sua madre gli avesse caldamente raccomandato di fare prima di rincasare.
“Comunque, se vuoi andare a lavarti giù al fiume finisco io, qui” fece, con il tono di chi parla del più e del meno, e Thorin gli rivolse un’occhiata stralunata.
“Che? Non mi dirai anche tu che puzzo?!” sbottò disgustato, come se il nipote l’avesse appena costretto ad imprecare senza motivo.
“Non abbatterti, la tua non è puzza, ma soltanto odore di fucina!” ridacchiò Kíli, divertito dalla faccia sconvolta dello zio. “Lo sai che la mamma non lo sopporta…se non vuoi che ti cacci dalla porta a calci strillando che ‘soltanto i Nani puliti possono sedersi alla sua tavola’, ti conviene correre al fiume…”.
Fu con un sonoro e colorito borbottare a denti stretti che Thorin Scudodiquercia abbandonò la fucina, quella sera. E Kíli non poté trattenersi dal ridere a crepapelle quando colse qualche imprecazione in merito a ‘certi suoi parenti che s’infrattavano nei boschi come caprioli e ad altri che vantavano un naso tanto fine da far sfigurare gli Elfi’.

 

 

“Ehi, ma che fai? Mi rubi dal piatto?” saltò su Brid, fissando scandalizzata Fíli che si cacciava la forchetta in bocca.
“Mi hai azzoppato, devi farti perdonare” mugugnò seraficamente il Nano per tutta risposta, a bocca piena.
“Ma senti questo! Lila, riempigliene un altro, così magari gli passa la voglia di mangiare nel mio!”.
“Riempiglielo tu, scusa! È tuo ospite!” borbottò la sorella maggiore ignorando cordialmente il loro battibecco infantile, intenta com’era a lanciare occhiatacce assassine al grasso gatto grigio appollaiato sul davanzale della finestra alla sua destra.
“Che diavolo c’entra?” ululò Brid, furiosa. “È ospite tuo almeno quanto mio, e poi mica me lo sono sposato!”.
“Ah, ma nemmeno io, cara!”. Con un brillìo furbesco negli occhi chiari, Lila si voltò finalmente verso Fíli. “Quindi se gli porto il piatto posso sposarmelo?” domandò, e ci mancò davvero poco che il loro povero ospite si soffocasse con quanto aveva indebitamente sottratto dal piatto di Brid.
“Cosa chiedi a me, chiedilo a lui, no?”.
Con il piede ferito fasciato e appoggiato ad uno sgabello e con indosso gli abiti maschili che Brid aveva trovato nell’armadio del proprio defunto padre appena qualche giorno prima, Fíli non si prese la briga di immischiarsi nell’ennesimo battibecco tra sorelle, e decise di godersi l’atmosfera assurdamente familiare che quelle due donne piccole, minute e assolutamente chiassosissime riuscivano a ricreare senza nemmeno accorgersene. C’era qualcosa di indescrivibile, in loro e in quella casa, che rendeva tutto stranamente familiare, come se sentirsi a proprio agio fosse stato automatico, involontario: per un attimo il giovane Nano si concesse di immaginare come sarebbe stato trovarsi lì con Kíli, Dís e Thorin…
“…fai come ti pare! Chiedigli di sposarti, aspetta che sia lui a domandartelo, sposalo e basta…ma veditela tu! Io me ne lavo le mani!” berciò Brid d’un tratto, riportandolo bruscamente alla realtà: prima ancora che potesse trovare il tempo e il modo di proferire alcunché, la fanciulla lo abbrancò per un braccio e prese a tirarlo verso le scale, con un impegno e una dedizione tali che Fíli non se la sentì di farle notare che non stava riuscendo a smuoverlo nemmeno di un millimetro, preferendo barcollarle appresso.
“Ehi, aspetta! Dove diavolo…?” sbottò loro dietro Lila, ma Brid non si fermò.
“Lontano da te, infoiata!”.
“Ah, allora lo vuoi tutto per te! Potevi dirmelo, sai? Me ne sarei fregata ma poi avrei finito per prestartelo!”.
Rossa in volto a livelli preoccupanti, Brid si passò un braccio di Fíli intorno alle spalle e batté in ritirata alla massima velocità che il Nano claudicante si mostrò in grado di reggere, ignorando le sue risate sguaiate e imprecando a mezza voce contro la spregiudicatezza della sorella; salì le scale a passo di marcia e, con al seguito Fíli che ancora rideva e ancora zoppicava, puntò con decisione verso una porta di legno intagliato sul fondo del corridoio a foggia di botte.
“Tanto per sapere, dov’è che mi staresti portando?” domandò allegramente il giovane Nano, guardandosi intorno con curiosità.
“In salvo!”. Brid si sistemò meglio il suo braccio sulle spalle e si fermò di botto in mezzo al corridoio. “Scherzi a parte…ho sistemato le tue cose nella stanza per gli ospiti, ma a ben pensarci…forse è meglio se ti porto in camera mia, là dove avevo intenzione di metterti saresti troppo vicino a Lila e non vorrei capitasse qualcosa di spiacevole…”. Fíli ridacchiò.
“Sarebbe così disdicevole avere un Nano per cognato?” insinuò, con un tono di voce che parve offeso e divertito al tempo stesso. Brid trasecolò.
“Che? Accidenti, no! Era per te che mi stavo preoccupando!” si affrettò a rispondere, mortificata, e Fíli le rivolse un sorriso malandrino.
“Non ti starai per caso affezionando a questo ‘Nano ficcanaso e rompiscatole’?!”. Inaspettato e tempestivo come un fulmine a ciel sereno, il calcio di lei lo colpì con precisione invidiabile sullo stinco destro, quello dell’ultima gamba sana che gli era rimasta.
“Hai dimenticato ‘piagnone’” fece in tono secco, ignorando deliberatamente il piagnucolare dolorante del Nano. “Ora muoviti. E se per caso stanotte ti pesco a sgattaiolare nel bosco per tornartene da dove sei venuto ti azzoppo. In modo permanente, stavolta!”.

 

 

Cullato dal crocchiare della neve fresca sotto le suole degli stivali, Thorin camminava indisturbato nel silenzio dell’alba, risalendo il fiume Lhûn che scorreva gagliardo tra i propri argini innevati, incurante del freddo e dell’auspicio di brutta stagione che quella leggera coltre bianca recava con sé; la prima neve della stagione era caduta sulle foglie di metà autunno, e Thorin pensò che se i detti dei suoi padri trovavano fondamento nella realtà, gli esuli dei Monti Azzurri avrebbero avuto un inverno più mite dei precedenti. Se ne compiacque, immaginando quanto ne sarebbe stata sollevata sua sorella Dís, e il sorriso che per un istante gli aveva attraversato il volto si spense fugacemente, così com’era arrivato.  
Dís. Era per lei che aveva deciso di avventurarsi nei boschi ad Est, per accertarsi che suo figlio Fíli non stesse smarrendo sé stesso nella solitudine. Ed era stato il ricordo del viso sconvolto di lei, alla vista del piede seriamente contuso del figlio, ad impensierirlo.
Thorin amava indistintamente i suoi nipoti, Fíli e Kíli erano come figli per lui, e se c’era una cosa che detestava più degli Elfi, dei Draghi, dei ladri e delle promesse non mantenute, era privare Fíli della propria fiducia. Dei due figli di Dís era indubbiamente il più giudizioso, il più responsabile e il più rispettoso, per quanto anche il fratello minore si fosse dimostrato un ottimo ragazzo, sempre all’altezza delle aspettative; se però Kíli conservava una vena imprevedibile di quello che era stato il suo orgoglioso carattere da bambino, a soli cinque anni di distanza Fíli sembrava già un Nano fatto. E nonostante Thorin continuasse a ripetersi che no, quel ragazzo non meritava di essere trattato come un poppante, non poteva fare a meno di ricordare che era stato lo stesso Fíli, con i suoi lividi e i suoi continui incidenti, a metterlo nella scomoda posizione di andare a sincerarsi personalmente che in quei boschi non vi fosse un covo di briganti o gentaglia simile.
Fu così che, tra i rami bassi spolverati di neve, Thorin incappò inaspettatamente una fanciulla dai lineamenti gentili, bardata in un pesante mantello scuro chiaramente troppo grande per lei e con le gote arrossate dal gelo del primo mattino. Non riuscì a capire a quale popolo appartenesse: niente barba, niente capelli biondi né occhi chiari, nemmeno una statura sufficiente per una donna della Gente Alta; solo due grandi occhi scuri e lunghi capelli castani che le scendevano in morbide onde e qualche sparuto ricciolo sulla schiena.
Si domandò cosa ci facesse una ragazza così giovane nel cuore di un bosco disabitato, e se non avesse paura di fare brutti incontri; lei si voltò e lo vide, e in effetti per un momento lo guardò come se in lui avesse scorto una minaccia, un qualche oscuro pericolo. Poi la paura abbandonò i suoi occhi e Thorin udì la sua voce.
“Chi siete?”.
“Dovrei chiederlo io a voi” rispose istintivamente il Nano, in una debole imitazione del principe altero e arrogante che era stato un tempo; decise poi di non mostrarsi troppo scortese e chinò poi il capo in un misurato cenno di saluto. “Thorin Scudodiquercia, figlio di Thráin, figlio di Thrór. Al vostro servizio”.
“Brid figlia di Breodvan, al vostro” fece la fanciulla in tono dimesso, accennando ad un inchino che scostò i lembi di quel suo mantello troppo grande e lasciò intravedere l’orlo di un abito dalla foggia semplice. Quando i loro occhi si incontrarono di nuovo, Thorin rimase stupito di non trovare più alcuna traccia di timore in quelli scuri di Brid. Non che si credesse capace di incuterne, ma quella ragazza gli parve quasi sfrontata, a mostrarsi tanto sicura di sé al cospetto di uno sconosciuto.
“Siete un Nano?” arrivò persino all’ardire di domandare, inconsapevolmente commettendo un errore madornale.
“Cos’altro potrei essere, secondo voi?” sbottò Thorin oltraggiato, e Brid pensò che, oltre che estremamente cerimonioso e pomposo, quel tale fosse anche un po’ idiota.
“Un Uomo piuttosto basso, col naso grosso, tanta barba e tanti capelli?”.
Il Nano trasalì, come se quella ragazzina avesse appena osato bestemmiare tutti i Valar di fronte a lui: era chiaro che fosse all’oscuro della sua vera identità, e lì per lì Thorin quasi se ne rallegrò, non osando immaginare quali blasfemie sarebbe stata capace di dire a proposito del suo titolo di legittimo Re sotto la Montagna. Si costrinse a ricordare che colei che aveva di fronte era soltanto una ragazza, una fanciulla di dubbia appartenenza etnica ma inconfutabilmente giovane, e che non vi era alcun motivo di prendersi la briga di insegnarle a rispettare il prossimo. Sarebbe bastato salutarla e proseguire per la propria strada come se non si fossero mai incontrati; ad insegnarle a chinare la testa sarebbe stata la vita.
“Sembra che non sappiate riconoscere i tratti che differenziano i Nani dagli Uomini, milady” sentenziò infine, in un tono di voce che voleva suonare indifferente ma che non riuscì a mascherare totalmente la stizza che sentiva montare prepotentemente nel petto. “Avete mai visto un Nano, prima d’ora? E un Uomo?”.
“E voi avete mai parlato ad una donna senza comportarvi come se le foste gerarchicamente superiore?”. Stavolta Brid gli rivolse un’occhiata eloquente, che sembrava reclamare deliberatamente una sfida; Thorin tentò di ripetersi ancora una volta che attaccare briga con lei avrebbe portato solo guai, ma quel suo fare indisponente stava riuscendo a mettere fuori uso tutte le sue misure precauzionali in modo tanto sublime che, da qualche parte in fondo alla sua coscienza, qualcosa gli disse che sarebbe stato un peccato mandare a monte tutti quegli sforzi. Perciò mosse qualche passo verso di lei, con fare baldanzoso, e le si piazzò davanti, drizzando la schiena; notò di sfuggita come la superasse in altezza per almeno mezza spanna e se ne compiacque.
“È capitato, sì” concesse, guardandola dall’alto con tracotanza e una punta di quello che a Brid parve inspiegabilmente disprezzo. “Ma  soltanto in presenza di Nane di nobile stirpe, cosa che voi sicuramente non siete. Le vostre orecchie ne sono la prova”.
Come se lo sguardo di Thorin l’avesse scottata Brid si portò di scatto una mano all’orecchio destro, e quasi si stupì di sentirlo appuntito sotto le dita: per la prima volta in vita sua l’eredità Hobbit tramandatale da sua madre la fece sentire a disagio, e quando gli occhi chiari del Nano si assottigliarono in due fessure malevole credette di rimpicciolire davanti a lui.
“Sei forse imparentata con qualche sgualdrina elfica, ragazzina?” sibilò Thorin, e prima ancora che i sensi lo avvertissero la mano di Brid gli era già volata sulla guancia, piccola ma agguerrita: con la testa voltata di lato e il volto in fiamme, nemmeno si disturbò a tentare di mantenere il controllo, limitandosi a tendere il braccio e a restituire il manrovescio al mittente, accecato dal furore.
Sbalzata di lato dallo schiaffo, Brid cadde sulla sottile coltre di neve con un tonfo attutito e un turbinio di foglie secche, annaspando con le mani sul terreno e sulle radici nodose degli alberi nel tentativo di strisciare lontano dal Nano il più in fretta possibile: con gli occhi improvvisamente snebbiati dall’ira cieca che per un momento sembrava averglieli cavati, Thorin la vide rivolgergli uno sguardo di puro terrore mentre si trascinava a distanza di sicurezza. Lui però era ben più spaventato di lei, mentre guardava la propria mano ancora sospesa a mezz’aria: poteva sentire l’orrore stringergli il cuore come una morsa gelida, e fissi su di sé gli occhi pieni di lacrime della fanciulla, insostenibili.
Ammutolito dal disgusto verso se stesso, attonito di fronte ai propri istinti e con il cuore appesantito dal rimorso, Thorin voltò i buoi e si affrettò a tornarsene da dov’era venuto, impaziente di mettere quanta più distanza possibile tra il proprio animo instabile e qualunque creatura vivente nel raggio di miglia.
Alla sicurezza di Fíli avrebbe pensato in un altro momento, si disse. Ora voleva soltanto sottrarsi agli occhi lucidi di Brid e alla vista del suo labbro spaccato.     



















*NOTE*
Eccomi, in ritardo rispetto agli scorsi aggiornamenti del lunedì, ma comunque presente! :D spero di non avervi troppo sconvolti con un finale tanto brusco, ma...a dire il vero me l'ero immaginato persino più offensivo, lo scambio di battute sulle 'sospette' orecchie a punta di Brid. Comunque mi pare di averlo reso ugualmente irrispettoso, e tanto mi basta :) senza contare che il Thorin di questa Fiction sarà estremamente orgoglioso (anche più di quanto l'abbiano reso il Professore e Peter Jackson, pensate un po'!) e arrogante, perciò...non aspettatevi che da ora in poi sia carino e coccoloso come i pinguini di Madagascar -.-
Dunque, Brid e Fili cominciano a giocare alla calamita, Kili si lascia sfuggire qualcosa sulle sparizioni del fratello e Thorin piomba con la grazia di un bulldozer in mezzo ai boschi sui Colli di Vesproscuro: direi che è stato un capitolo abbastanza intenso. Ma preparatevi, che dal prossimo ci sarà una svolta sostanziale! ;)
Ho aggiunto una parola in gaelico irlandese -lingua che amo visceralmente e alla quale Tolkien si è più volte ispirato per creare quelle della Terra di Mezzo- al titolo, 'Smaointe' (leggesi 'smìnce', e significa 'pensiero' da intendersi come pensiero rivolto a qualcuno): è il titolo di una canzone di Enya che ho voluto 'elevare' a colonna sonora di questa Fan Fiction. A dire il vero è una canzone meditativa e a tratti malinconica, ma anche molto dolce, e rispetta in pieno il carattere che avrà tutta la storia. Chi mi conosce come Fanwriter SA che per me musica e scrittura vanno di pari passo.
Detto questo mi dileguo :) buona giornata a tutti e un GRAZIE stratosferico a chi leggerà, aggiungerà a preferiti, seguiti o ricordati e a chi anche solo visiterà. Chi commenterà lo bacio pure. Pace.



PS: mi scuso in anticipo per il layout altalenante nel corso dei capitoli. Abbiate pazienza, sono una pippa con NVU!





 


   

  
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