Fanfic su artisti musicali > McFly
Segui la storia  |       
Autore: Dafren    17/10/2013    1 recensioni
E se l'ambizione e la voglia di solcare nuovi orizzonti vi spingesse a prendere strade inaspettate che vi riconducono ad un passato che sembrava ormai lontano? Può una passione profonda rovinare un'amicizia solida? Rinuncereste all'amore per amicizia o lascereste che questa si spenga per egoismo? Un viaggio improvviso che doveva portare una delle band più famose degli UK alla fama mondiale rischia invece di distruggerla per sempre.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Danny Jones, Dougie Poynter, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




2.



Quando in una conversazione scritta si vuol prendere una pausa, solitamente si aggiungono puntini di sospensione per poi iniziare nuovamente il racconto dal punto che si preferisce. In una conversazione telefonica lasci colui che è all’altro capo in attesa facendo partire un avviso di chiamata a cui non puoi sottrarti. Se sei in una trasmissione radiofonica, più semplice che mandare una pubblicità o lasciar partire una canzone? Il problema sorgeva nelle conversazioni frontali, quelle dalle quali non potevi scappare, inventare scuse o prendere pause troppo lunghe perché lo sguardo attento del tuo interlocutore non ti si stacca di dosso finché non riprendi a parlare.
Spostai lo sguardo dalla donna leggermente imbarazzata. La mia di pausa era stata abbastanza lunga e, anche se mi aveva concesso di prendermi il tempo che mi serviva per riordinare i pensieri e gli stati d’animo, avvertivo la sua tacita richiesta di andare avanti.
Le mie dita tamburellavano nervose sulla pelle scura del divano mentre incrociavo per poi sciogliere le gambe con la stessa velocità con cui si voltano le pagine di un libro poco interessante prima di riporlo via del tutto.
“Dov’eravamo rimaste?”
“Alla firma del contratto.” Rispose seria leggendo l’ultimo appunto sul block notes prima di rivolgermi nuovamente lo sguardo.
“Giusto… il contratto.” Quello che aveva scatenato tutto dando il via ad un vortice di eventi che si erano susseguiti inesorabili uno dietro l’altro a velocità impressionante senza lasciare a nessuno di noi il tempo di poter riprendere fiato.
Ed era quella la mia sensazione in quel momento. Era per quell’assurdo motivo che ero seduta in preda all’ansia nello studio impersonale di una delle psicoterapeute più affermate di Londra. Per imparare nuovamente a respirare. Per liberarmi da quella fastidiosa sensazione di oppressione, di soffocamento.
“Preferisce un caffè, un succo o dell’acqua?” La sua voce tradì una nota di dolcezza, quasi preoccupazione. Forse non era una macchina incassa dati come l’avevo immaginata fin dall’inizio. Forse anche lei aveva un lato umano.
Feci cenno di diniego con la testa e, recuperando un altro prezioso respiro.
“A contratto firmato lasciarono l’ufficio in uno strano silenzio ognuno assorto nei propri pensieri…
 
…Tra le varie differenze che distinguono gli uomini dalle donne alcune si fanno notare in modo particolare. Un esempio? Come preparano le valige.
Cataste di vestiti ammucchiati un po’ ovunque. Jeans alla rovescia che penzolano dalle mensole dell’armadio, t-shirt sporche e pulite mischiate alla rinfusa sul letto ancora sfatto, camicie stropicciate dalle cui maniche uscivano calzini, boxer appallottolati come palle da ragbi.
La valigia? Sommersa sotto chissà quale montagna di indumenti.
“Cazzo, bro’. Come hai fatto a far esplodere l’armadio?”
Tom scavalcò come fosse un campo minato i vari indumenti sulla moquette della camera da letto. Harry, senza badarci tanto, si sistemò sul letto sedendosi sul giubbotto di pelle che emanò un rumore strano appena ci crollò sopra facendo ridere tutti.
Sotto l’arco della porta, Dougie che provava a sfilare dalle zanne di Bruce qualcosa che in altri tempi doveva essere stata una felpa.
“Non ho la mogliettina che mi prepara la sacca, io.”
Tirò fuori il trolley urtando di striscio il braccio di Harry e, piegando alla meno peggio i vari indumenti, li sistemò all’interno seguendo un ordine tutto suo scandito molto probabilmente dal ritmo della musica rock che lo stereo sulla consolle di fronte al letto, trasmetteva ad alto volume.
“Ma Georgia? E’ scappata prima o dopo l’esplosione?”
Una nuova risata. L’ennesima maglia lanciata contro la bocca troppo larga di Tom.
“Che schifo! Puzza di sorcio morto.”
Tom lanciò la maglia verso Harry che, con una smorfia schifata per il tanfo di sudore la rilanciò verso Dougie.
“Georgia è alle Maldive per un servizio fotografico, non tornerà prima della settimana prossima.”
“E parti senza salutarla?”
“Tanto appena avrà finito ci raggiunge.”
“Figurati se la lasciava a casa.”
Un boato divertito seguì la battuta di Harry mentre, infilando velocemente le ultime cose nella valigia, la richiudeva poggiandola a terra. Vicino alla porta una vecchia e consumata sacca con una dozzina di paia di scarpe all’interno.
“Perché tu tua moglie la lasci a casa?”
“Ma che centra? Siamo sposati. A proposito, dovrebbe toccare a voi adesso o quella poveraccia finirà per mollarti per qualcun altro più deciso di te.”
Danny lo ignorò riportando tutto quello che aveva scartato nei cassettoni dell’armadio.
“Lei non lo farebbe mai, non è come… ahiu”
Tom si morsicò la lingua da solo per la frase che stava per terminare dimenticandosi della presenza di Dougie nella stanza che, con suo sollievo, pareva dar l’impressione di non aver sentito le sue parole preso com’era dallo stuzzicare Bruce.
“Che diamine combini?”
“Fottiti.”
Harry, come suo solito era cascato dalle nuvole ma Danny, rivolgendo un’occhiata furtiva verso Dougie, rise del male che Tom stesso si era procurato.
Richiuse le ante dall’armadio e si accasciò sul letto urtando ancora una volta Harry. Il mattino dopo avevano l’aero per gli Stati Uniti. Il contratto prevedeva che il tour durasse l’intera estate e toccasse tutte città principali dalla riva occidentale a quella orientale insieme ad eventi vari a cui sarebbero stati proposti insieme agli altri nomi che la casa discografica produceva.
La Fascination aveva messo a loro disposizione quattro suite in modo che potessero portare con loro anche le compagne, se avessero voluto. Tom ed Harry, essendo sposati, avevano colto al volo l’opportunità, Danny anche l’aveva apprezzata con l’unica differenza che essendo fidanzato con una modella in piena attività, gli impegni di lavoro l’avrebbero trattenuta per lo più in Inghilterra.
“Che ne dite di ordinare un paio di pizze per stasera?”
Dougie aveva raggiunto gli altri sul letto colpendosi la pancia con leggeri ceffoni. Danny lo osservò di sottecchi mentre si divertiva a stuzzicare Harry con  una cruccia rotta.
“Se sganci tu andiamo subito.”
Harry scattò in piedi dal letto rivolgendo un occhiataccia a Danny che, ancora si tendeva sul letto per raggiungerlo con l’uncino freddo della cruccia. Una scusa per sfuggire alle sue grinfie, o forse aveva fame davvero.
“Andiamo va, o di questo passo mangeremo direttamente negli States.”
Al cenno di Harry che si dirigeva verso l’uscita della stanza, Dougie si alzò dal letto seguendolo verso le scale. Tom, rivolgendo uno sguardo attento verso il corridoio, stese le gambe incrociandole sul letto aspettando lo scattare della porta d’ingresso al piano di sotto.
“Pensi le incontreremo presto?”
“Chi?”
“Non fare l’idiota. Lo sai chi?”
Come se anche lui non ci stesse pensando. Non era Danny quello che fin dal principio si era opposto a lavorare con la Fascination solo per evitare a Dougie di rivedere lei?
Si girò di schiena sul letto passandosi un braccio dietro la testa.
“Potremmo. Vivono anche loro li e alla promozione dell’album e agli eventi di cui parlava ieri quel Peter, ci saranno di sicuro.”
L’espressione di Tom si corrucciò diventando assorta senza mai staccare lo sguardo dall’amico che tamburellava ancora con la cruccia come se fosse una delle bacchette di Harry.
“Ho sentito dire che anche loro saranno in tour per tutta l’estate. Io non credo che Do’ l’abbia dimenticata davvero.”
“Sta mentendo, è evidente. Quell’idiota ha in mente qualcosa.”
“E cosa? Sta con quel bell’imbusto di Bridge adesso. Non può più farci nulla.”
Se le sue speranze di riconquistarla erano poche dopo la rottura, tanto più lo erano due anni dopo. Certo lei non avrebbe lasciato il suo uomo per tornare con Dougie dopo che aveva mollato questi per lui.
“Speriamo solo non si rimetta nei guai come l’ultima volta.”
Tom annui poco convinto rivolgendo di tanto in tanto qualche sguardo verso la porta.
Nessuno di loro sapeva cosa aspettarsi dai mesi che sarebbero seguiti alla partenza.
Cosa avrebbe significato per loro il trasferimento negli Stati Uniti? Presto o tardi Dougie avrebbe incontrato di nuovo la sua vecchia ossessione. Che intenzioni aveva lui? Come si sarebbe comportata lei? D’un tratto, anche Tom parve rimpiangere la decisione di aver firmato con la loro stessa etichetta ma a quel punto non si poteva più far nulla. Potevano solo sperare che i problemi fossero stati meno gravi di quello che stavano prognosticando.
“Tu l’hai più sentita? Eravate molto amici un tempo.”
Scattò seduto sul letto guardando Tom seccato.
Gia, erano amici. Quel genere di amici che spesso vengono descritti solo nelle storie. Lei capiva lui al solo ciao, lui leggeva lei anche senza bisogno di parole. Sapevano divertirsi con poco e rendere quel poco la cosa più folle e fenomenale che potessero immaginare. Potevano passare anche un giorno intero insieme e non sentirsi mai stufi dell’altro.
Erano amici, ma poi tutto era cambiato. Lei era cambiata. Non era più la ragazza vivace a spiritosa di un tempo. I suoi sorrisi erano spesso tirati o solo di circostanza. Nelle sue frasi non c’era più dolcezza e innocenza. C’era freddezza, c’era superficialità, c’era tensione.
Erano amici, ma lei aveva rovinato tutto preferendo qualcos’altro a ciò che da sempre la rendeva felice, qualcosa che la ossessionava a tal punto da spegnere il suo interesse per tutto il resto.
“Perché avrei dovuto dopo quello che ha fatto a Do’?”
“A Do’ non a te.”
“È  lo stesso. È nostro amico, no? Cazzo, lo ha quasi ammazzato, bro’!”
E quello Danny non poteva perdonarglielo. Non aveva mai dimenticato gli amici che erano stati un tempo, ma neanche che quella di distruggere tutto era stata una sua scelta. Che ne pagasse le conseguenze.
“Qualunque cosa stiate facendo, muovete le chiappe e venite di sotto. Le pizze sono arrivate.”
Una porta che sbatte, due voci squillanti che arrivavano dalle scale. Dougie e Harry erano tornati.
Danny infilò le scarpe senza perdere tempo a slacciarle per poi seguire Tom  fuori dalla stanza.
Nel corridoio l’odore delle pizze aveva appena coperto quello delle candele alla vaniglia di Georgia.
In qualunque angolo della casa ci si voltasse, file interminabili di candele di ogni genere e fragranza. Dai bastoncini di incenso profumato a cilindri di cera colorata senza dimenticare i vari bicchieri o porta bon bon che aveva riempito con petali secchi e sali speziati.
Una vera e propria fissa la sua.
Scendendo le scale Tom aveva intonato il breve motivetto di Love is easy seguito subito dopo da Danny che gli faceva scherzosamente eco simulando qualche mossa hip hop tra un gradino e l’altro.
In cucina Dougie e Harry avevano aperto le pizze e stappato le birre sul grande tavolo di vetro, già seduti ai loro posti abituali con le bocche semi piene.
L’enorme televisore quarantadue pollici incastrato nella parete da Danny stesso l’estate precedente, acceso su Wam tv come tutte le sere. Il Funny Music Show stava per cominciare.
Raggiunsero il tavolo anche Danny e Tom. L’ultima cena negli UK, il giorno dopo sarebbe iniziata una nuova avventura.
 

Il ticchettio delle lancette del pendolo alla parete scandiva gli ultimi istanti di quella seduta. La prima di una lunga lista molto probabilmente. Poi il rimbombo dell’ora che risuonò implacabile nella stanza nascondendo il suono basso della mia voce.
Mi alzai di scatto dal divanetto pronta a scappare dall’imbarazzo di quella situazione. Lei ancora con il capo chino sul suo block notes continuava a scrivere e tracciare linee incomprensibili sul foglio bianco come se non si fosse resa conto dello scadere del tempo.
L’imbarazzo per essermi alzata, forse, prima del previsto mi immobilizzò davanti al divano. All’interno della borsa il suono ovattato di una vibrazione.
Ringraziai il cielo per quel richiamo che parve darmi improvvisamente una scappatoia anche se non ne avevo bisogno.
“Ciao... Sto tornando, aspettami a casa.” Risposi con tono incerto alla telefonata allontanandomi dal divano di ancora qualche passo.
Trattenni uno risolino quasi seccato. Da quando era successo… non mi lasciavano sola un istante senza controllare scrupolosamente ogni mio passo, cronometrando quasi le mie soste o attività.
Non ero mai, mai sola eppure non riuscivo a non sentire quel senso di solitudine che si prova quando si è in mezzo a tanta gente ma ti manca l’unica persona di cui avresti bisogno.
“Direi che per oggi va bene così. Fissi pure un nuovo appuntamento con la mia segretaria per la prossima settimana.” Il leggero rumore del Block notes che veniva chiuso attirò nuovamente la mia attenzione mentre riponevo il telefono nella borsa. Mi voltai verso la donna che, stranamente, era già in piedi alle spalle della scrivania. Si era forse alzata mente rispondevo al telefono.
Una settimana. D’un tratto mi parve troppo presto e troppo lontano allo stesso tempo. Cosa avrei fatto in quella settimana? Come avrei riempito l’attesa? Avevo fretta, fretta di stare nuovamente bene. Fretta di abbandonare il mio dolore. Fretta di ritornare quella di un tempo. Non avevo una settimana.
“D’accordo. Arrivederci.” Ma annui rassegnata al non aver concluso nulla per quella giornata lasciando l’ufficio a testa bassa cercando di ammorbidire il rumore dei miei tacchi sul parquet.
Oltre l’ufficio, il sorriso di una ragazza bionda sulla ventina mi investì in pieno. Troppo allegro, troppo naturale, troppo. Parve quasi una burla al mio stare male.
Aspettai che segnasse il mio nome sull’agenda per poi sparire oltre l’enorme porta in legno e mosaici colorati dalla quale ero arrivata. 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > McFly / Vai alla pagina dell'autore: Dafren