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Autore: aelfgifu    17/10/2013    7 recensioni
Come è nata la strana amicizia tra Stefan Levin e una giovane scrittrice tedesca?
Genere: Introspettivo, Slice of life, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio, Stefan Levin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Tutti i miei cari'
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Ritratto estivo di ragazzo svedese

 

4. Suo, Stefan Levin

 

In questo capitolo Levin getta finalmente la maschera, e Julia s’improvvisa investigatrice (con sorpresa finale)...

 

***

 

There are more things in heaven and earth, Horatio, than are dreamt of in your philosophy

William Shakespeare, Amleto

 

 

Due giorni dopo, insieme alla posta dell’ufficio, ricevo un’elegante busta di cartoncino filigranato color sabbia, una di quelle buste usate per gli inviti alle occasioni mondane. Dentro trovo un biglietto scritto a mano:

 

Cara Julia,

vorrei ricambiare la sua gentilezza dellaltro pomeriggio con qualcosa di altrettanto bello, o almeno spero. Le piace il calcio? Non potrò tenerle compagnia durante la partita perché purtroppo sarò sul campo a fare il mio lavoro, ma se vuole potremo vederci dopo. Mi aspetti. Suo, Stefan Levin

 

Guardo nella busta: biglietto per la partita Bayern Monaco-Eintracht Francoforte di sabato prossimo, posto riservato nella tribuna VIP della Allianz Arena.

"Ma porca...", mi lascio sfuggire a mezza voce.

Ecco che cosa intendeva con lavoro stressante. Fa il calciatore nella massima serie.

Un calciatore che è venuto alla mia presentazione, ha voluto una dedica e mi ha invitata a bere un caffè.

E il tono del suo messaggio non è di quelli che tollerino repliche.

 

***

 

La mia mente annaspa: è una botta inaspettata. A chi posso chiedere lumi? Penso fulmineamente a Frank, che nella sua rocciosa natura di maschio, scozzese di nascita e bavarese di adozione, divide la sua fedeltà tra il Celtic di Glasgow e il Bayern, appunto.

Corro da lui, nello studio accanto, e gli chiedo:

“Senti, come va interpretato un invito ad assistere a una partita casalinga del Bayern nella tribuna dei VIP?”

“Perché... ti hanno mandato un invito del genere?” domanda Frank incredulo.

“Eh!!!” rispondo allargando le braccia.

“Beh, normalmente per avere queste facilitazioni devi essere o un politico, o un giornalista, o l’amante segreto di uno dei capoccia, oppure appartenere alla famiglia o al giro di amicizie di un dirigente o di un calciatore” risponde Frank serio. “Tu a quale di queste categorie appartieni?...”

“A nessuna... anzi, forse... No, non ne sono sicura, non farmi dire sciocchezze”.

“E dunque?” inquisisce Frank.

“Se te lo dicessi non mi crederesti”, dico.

“Provaci lo stesso” mi sfida Frank.

Be’, Frank, allora stai a sentire cosa ti racconto. Hai presente Stefan Levin? Sai che gli piace quello che scrivo? Sai che è venuto alla mia presentazione della scorsa settimana? Sai che ha voluto che gli scrivessi una dedica? E che abbiamo preso un caffè insieme? E che ora mi ha invitato a una sua partita, chiedendomi con molta nonchalance, anzi proprio di straforo, di uscire con lui dopo? Io te lo dico, Frank, ma non me la prenderò se non ci crederai, perché neanche io ci credo.

Eppure, Frank, gente come te e me dovrebbe sapere che ci sono più cose in cielo e in terra... eccetera eccetera.

“Tieni” dico, e gli porgo invito e biglietto. Frank legge, quindi alza la testa e mi guarda stupefatto:

“Stiamo parlando di quel Levin?...” domanda.

“A quanto pare”.

“E tu lo conosci perché...”

“Vuoi farti due risate, Frank? È un mio lettore. Era alla presentazione di sabato scorso. E tu pensa: avevo capito che era svedese, ma non l’ho riconosciuto. Eppure devo averlo già visto qualche altra volta, sui giornali o alla televisione”.

Frank si batte la tempia col palmo della mano:

“Non ci credo” dice.

“Neanche io” rispondo. E scoppio a ridere.

Scoppia a ridere anche lui.

È la tipica risata di noialtri, la risata di cui abbiamo bisogno quando dobbiamo razionalizzare qualcosa che va oltre la nostra comprensione.

Quando ritorna serio, Frank ripete:

“Davvero, Jools, scusami, ma non riesco a crederci”.

“A me lo dici? a me?...”

 

***

 

Porto a casa l’invito col biglietto e me ne sto a rimuginare per l’intera serata.

È stato un gesto molto carino, devo ammettere.

Ma, come sempre, la gentilezza mi mette a disagio. Mi innervosisce. Non so più come comportarmi.

Non ci sono abituata, ecco.

Tranquilla, Julia, dico a me stessa. Non hai ragione di temere. È soltanto gentilezza per amore di gentilezza. Gli piace come scrivi, l’altro pomeriggio sei stata cortese e ha voluto ricambiare. Inutile girarci intorno: quello che mi incute timore è la coda del messaggio.

Se vuole potremo vederci dopo. Mi aspetti.

Suona come un appuntamento.

E anche se non riesco a vederci nessun secondo fine, sono agitata.

Non capisco che cosa vuole da me questo ragazzo.

 

***

 

Il giorno dopo devo passare a casa di mia sorella, e lei subito ne approfitta per invitarmi a pranzo perché faccia una ramanzina a mio nipote.

Uta è arruffata come al solito e mentre mangiamo ne dice di tutti i colori a Michael, sedici anni, che passa tutto il tempo coi suoi amici skaters e non apre libro. Di questo passo rischia la bocciatura e “non ti vergogni, hai intenzione di ripetere l’anno?”

Michael è seduto davanti a me e mangia di malavoglia, ha un’aria scocciata quanto mai. Di botto, gli chiedo:

“E che ne pensi del Bayern quest’anno, Mick?”

Una folgore sembra trapassargli la spina dorsale. Anziché dar man forte a sua madre nei suoi rimproveri, gli chiedo un parere sul calcio! Anzi sulla squadra per cui fa il tifo!

E infatti, subito mia sorella:

“Julia! Anziché dirgliene quattro perché non studia cominci a fargli domande sul calcio?”

“Lo sa già che non studia e rischia di essere bocciato” rispondo io. “Allora, Mick?”

“Quest’anno abbiamo fatto uno squadrone!”

“Ah, ah, davvero? E quali sono le novità? Non ho seguito molto il calcio di recente...”

“Che dici Julia, saranno vent’anni che non segui il calcio” s’intromette Uta.

“E come volevi che seguissi il calcio, se avevo altro da fare? però un minimo di interesse l’ho sempre conservato”.

“Tua zia a quindici anni era una vera esperta” spiega mia sorella al suo figliolo recalcitrante. “Ricordi che sapevi la formazione di tutte le squadre del campionato? E la storia della nazionale per filo e per segno?”

“E quando non dovevo studiare guardavo solo i programmi sul calcio! Anche la sera! E tutte le partite, di campionato e di coppa!”

Michael è sbalordito.

“E facevi il tifo per il Colonia!” sbotta a ridere Uta.

“Come per il Colooonia?” fa Michael schifato.

“Il Colonia, il Colonia” confermo io ridendo.

“Perché ci giocava un certo calciatore!” rilancia Uta. “Che era proprio carino, bisogna dire, e tua zia ha sempre avuto un debole per i bei ragazzi, altro che...”

“Altro che carino, era bravo, non dire cazzate” nella mia voce ripassa un’eco della Julia di vent’anni fa. “È stato un grande, se proprio vuoi saperlo!”

Michael è sempre più confuso. Povero Michael, vent’anni fa non esisteva neanche nei sogni di sua madre e suo padre; per lui stiamo parlando di cose giurassiche, peggio dei Karl Moor e dei Wallenstein che non riesce a mandar giù a scuola.

“Vabbè, bando alle ciance, io volevo sapere del Bayern di questa stagione”.

“E perché?” fa Michael sospettoso.

“Perché esco con uno che sa tutto del Bayern e non posso farmi trovare impreparata” rispondo. Non è neanche – o quasi – una bugia!

“Julia!” mi sgrida mia sorella. Lei è convinta che non bisogna mettere i “bambini” a parte dei nostri fatti privati. Michael invece gongola.

“Allora, devi sapere che hanno investito molto sui nuovi acquisti...”

“Parlami degli stranieri, Mick”.

“Okay. I più forti sono Shunko Sho, Levin...”

“Sho non è quello di origine cinese? E Levin? Ho già sentito questo nome. Di dove è? Suona inglese. Come gioca?”

“No zia, è svedese. Gioca a centrocampo. È un biondino dall’aria delicata, ma sai come si dice... delicato fuori, bastardo dentro! Ha una potenza di tiro eccezionale. Molto bravo nel dribbling!”

E qui piazzo la mia domanda-trappola:

“Non è quel tale che ama la vita mondana e che dicono stia insieme a Viktoria Sonnenfels?”

“Nooo, che dici, proprio lui no. È uno scontroso, non dice mezza parola, non frequenta i posti fighi né tantomeno le tipe fighe...”

“Michael, modera il linguaggio!” gli ingiunge Uta.

“E che avrò detto mai...” Michael alza le spalle sogghignando.

“Lascia, Uta, fa per provocare” dico ridendo a mia sorella. “E tu, ragazzino, non credere di sconvolgerci più di tanto... alla tua età dicevamo di peggio”.

“...”

“Ok, sei sicuro che il calciatore di cui parli non sia lo stesso di cui sto parlando io? Il tale con cui esco dice che è arrogante e presuntuoso e fa strage di cuori”.

“Nooo, non gli credere. Quello è un tipo che si fa i c***i suoi”. Vedo Uta che si porta una mano sugli occhi e mi viene da ridere. “E non è nemmeno arrogante come dice il tuo amico. È gentile, però... freddo, molto freddo”.

“Di dove hai detto che è?”

“Stoccolma, Göteborg, non ricordo bene. Ah... un’altra cosa”.

“Sì?”

Michael trattiene un sorrisetto:

“Prima di venire a Monaco, ha giocato... indovina dove?”

“Boh? Dove?”

“Nella tua vecchia squadra del cuore...”

“No! A Colonia? Dici sul serio?”

“Com’è vero Dio”.

Scoppio a ridere.

“Mi sembra di avere di nuovo quindici anni... che ne dici eh, Uta?”

Uta rovescia gli occhi al soffitto. Se ne ricorda bene, lei, di come ero quando avevo quindici anni!

“Michael, senti” dico, piegandomi verso mio nipote e sussurrandogli all’orecchio come una cospiratrice “dove posso trovare qualcosa sul conto di questo Levin?”

“Se vuoi vedere qualche sua azione memorabile, vai su YouTube” sogghigna lui “basta che digiti il nome ed esce di tutto di più”. E mi fa un sorriso canagliesco, come a dire: “T’ho capito, vecchia gallina!”

 

***

 

Tornata a casa, faccio come m’ha consigliato Mick. Faccio anche di più: cerco notizie sui motori di ricerca.

Leggo una ventina di articoli, guardo almeno una decina di video. Qualcuno ha perfino postato un’intera partita, i quarti di finale del campionato del mondo under 20 di qualche anno fa: mi vedo anche quella, dal primo all’ultimo minuto.

Alla fine abbandono la testa sulla tastiera del pc e piango.

 

***

 

Note al testo. 1) Jools è un diminutivo/vezzeggiativo inglese di Julia. 2) Karl Moor e il generale Wallenstein sono i protagonisti di due grandi testi teatrali di Friedrich Schiller, rispettivamente I masnadieri e la trilogia Wallenstein, che gli studenti tedeschi si devono sorbire alle superiori proprio come noi ci dobbiamo sorbire la Divina Commedia e I promessi sposi. 3) Il Colonia (1FC Köln) attualmente milita nella serie B tedesca, ma nei primi anni ’90 era una delle squadre più forti della Bundesliga. Non a caso, Yoichi Takahashi fa giocare Levin per due anni a Colonia prima del suo trasferimento al Bayern! 4) Viktoria Sonnenfels: ho pensato a una specie di Belén tedesca ed ecco il nome che mi sono inventata...

 

Disclaimer. Stefan Levin, Shunko Sho & C. sono di proprietà del maestro Yoichi Takahashi. Julia, Frank (Williamson) ovvero "lo scozzese", Uta e Michael sono miei.

  
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