Capitolo Quinto.
trailer: https://www.youtube.com/watch?v=zHwg9fBEuHY
"Ho litigato con Max. E non sapevo con chi parlarne. Tu sei il mio migliore amico, quindi volevo parlarne con te."
"E ora chi è Max?"
"Oh Dio, David! Te l'ho già detto, è il mio ragazzo, da un mese e mezzo, per giunta."
"Ah si giusto, me lo avevi detto, scusa. Non so dove ho la testa ultimamente."
"Stai più attento, però. Io ho bisogno di te."
"Certo, certo. Sono qui, raccontami tutto."
L'amico gli raccontò tutta la storia, David pensò che era un motivo piuttosto banale e stupido per litigare, ma assecondò comunque l'amico dandogli consigli utili, che colse immediatamente; poi prese la parola Dylan: "Ehi Dav, grazie di tutto"
"Figurati, sei il mio migliore amico. E' mio dovere proteggerti ed aiutarti." gli rispose dolcemente, con un tono che non aveva mai usato prima d'ora con Dylan, che rimase piuttosto sorpreso. Quest'ultimo allora, cambiando discorso gli disse eccitato: "Dav, devi assolutamente conoscerlo. Quando avremo risolto il nostro problema, te lo farò conoscere, te lo prometto."
"Grandioso, non vedo l'ora" rispose l'altro.
Riagganciarono, senza salutarsi, ormai non lo facevano quasi mai, pensavano fosse un brutto modo per attaccare e quindi non lo facevano mai. Era stato David a chiedergli di non salutarlo più, sosteneva che era triste e che si sarebbero salutati in un solo caso: quando tutto sarebbe finito, quando quella vita sarebbe finita; pensava che quello era l'unico momento per cui salutarsi e dirsi addio, forse per sempre.
Quella mattina, dopo aver parlato con il suo amico, David scese le scale per fare colazione e trovò seduto al tavolo del salone il suo professore privato che parlava con il padre. Non riuscì a cogliere le parole che stavano dicendo, ma irruppe nella stanza dicendo: "No, papà, non mandarlo via, mi serve, ne ho bisogno." A quel punto i due uomini si guardarono piuttosto sconcertati e tutti e due ammiccarono ad un sorriso. James scosse la testa, per poi aggiungere: "David caro, io e tua madre non vogliamo mandare via il professor Smith, gli abbiamo chiesto di spostare le sue lezioni il pomeriggio dopo pranzo, affinché avessimo la mattina libera per andare all'ospedale tutte le volte che ci occorre". A quel punto, David sbiancò, non che fosse molto evidente, data la sua pallidezza, causata da una fortissima anemia. Da quasi un anno, ormai, David combatteva ogni santo giorno contro quella stupida malattia, il cancro. Non era la prima volta che aveva un cancro, infatti già quand'era ancora un bambino aveva avuto modo di combattere contro questa malattia e l'aveva sconfitta, ma poi si era ripresentato. A quel punto la vita sembrava avergli dato una tregua, ma invece aveva colpito ancora. Si chiedeva sempre, come mai a lui, perché. Aveva già dovuto lottare e sconfiggere un cancro, si era liberato di questo, e ora, doveva affrontarne un'altro? Non gli sembrava giusto. A volte gli veniva in mente che il suo destino era quello di morire presto, tutti muoiono, ma lui ce l'aveva fatta una volta, ma la seconda? Quante possibilità aveva? David fu richiamato alla realtà dalla voce del suo professore: "David, David, allora ci vediamo questo pomeriggio, d'accordo?"
"Certo signore", gli aveva risposto.
"Bene, perché questa volta voglio lavorare un po' più del solito, quindi, mi raccomando, riposati perché questo pomeriggio dobbiamo lavorare tanto."
"Fantastico." rispose il ragazzo, ma né James né il professor Smith riuscirono a capire se il suo era entusiasmo o sarcasmo.