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Autore: Virelei    17/10/2013    3 recensioni
Un giorno il Seirin si accorge dello strano comportamento di Kuroko, che si presenta agli allenamenti mostrando sempre più ferite. Sta nascondendo un segreto? Determinata a scoprirlo, la squadra del Seirin inizia a fare indagini sulla vita di Kuroko, per scoprire presto qualcosa di shockante. Ma la Generazione dei Miracoli ha già fatto la sua mossa. GdM iperprotettiva, AkaKuro, AoKise.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo 21


“Obiezione!” disse Liam con voce ferma. “Come era scritto chiaramente sulla convocazione della mia assistita, contro di lei è stato avanzato un solo capo d’accusa. Secondo la legge e la norma, l’imputato ha il diritto di sapere di che cosa è stato accusato e non possono essere avanzati nuovi capi d’accusa durante lo stesso processo.”

Rin si passò una mano tra i capelli e ribatté abilmente, “Obiezione, Vostro Onore. Non stiamo avanzando quest’accusa per farne un nuovo caso, ma solamente per dimostrare che l’imputata è colpevole di abusi. Noi Pubblici Ministeri non richiediamo che l’imputata venga sanzionata per immigrazione clandestina. Ma è nostro diritto presentare quante più prove possibili per dimostrare la sua colpevolezza.”

Il giudice non mostrò emozioni sul suo volto. “L’obiezione della difesa è respinta. Le prove presentate dai Pubblici Ministeri contro l’imputata varranno per il processo attuale. Gli altri capi d’accusa verranno annotati per un altro processo.”

Ibuki imprecò sottovoce.

Rin sorrise soddisfatta e continuò il suo discorso. Stava in piedi con portamento sicuro e si era sistemata i capelli, che sembravano infuocati, su una spalla. “In questo momento, l’imputata Kuroko Ibuki è qui in Giappone come immigrata clandestina. Ah, errore mio, non dovrei forse chiamarla … Sevaine Ibakmi?”

Gli occhi della donna dai capelli azzurri si spalancarono così tanto che Aomine temette che le sarebbero caduti dalla orbite. I suoi muscoli si tesero e lei strinse i pugni al di sotto del tavolo. Akashi sembrò soddisfatto della sua reazione.

“O come dicono gli anglofoni,” continuò Rin, “Ibakmi Sevaine. Ibakmi è il nome dell’imputata, Sevaine è il cognome. Qui in Giappone l’imputata possiede tre identità: Kuroko Ibuki, Suzuki Akihiko e Abe Miku. Vostro Onore, vorrei che questo fosse messo a verbale: se si scrivono i nomi dell’imputata nell’ordine che ho appena elencato e si prendono le prime due lettere di ogni nome, si otterrà il nome Ibakmi.”

Il giudice chiese alla stenografa del tribunale di ripetere ciò che Rin aveva detto. Quest’ultima si sistemò gli occhiali ed osservò il dialogo che stava trascrivendo con la sua macchina da scrivere. “L’avvocato dell’accusa ha detto: ‘L’imputata ha tre identià qui in Giappone: Kuroko Ibuki, Suzuki Akihiko e Abe Miku.’ Lo spelling della trascrizione inglese è: I-B-U-K-I, A-K-I-H-I-K-O, M-I-K-U.”

Uno degli impiegati del tribunale annuì per confermare la correttezza dell’affermazione di Rin. In effetti si otteneva il nome Ibakmi.

“Vorrei che questo venisse accettato come prova, Vostro Onore.”

“La difesa ha obiezioni?”

“Non ne abbiamo, Vostro Onore.” A dire il vero Liam era completamente confuso. Non era stato informato di nulla di tutto ciò.

“La dichiarazione sarà ammessa come prova.”

“Vorrei presentare anche questi documenti riguardanti le tre identità che ho menzionato. Abe Miku, Kuroko Ibuki e Suzuki Akihiko, come risulta dai loro file personali, possiedono tutte le stesse tre aziende. Sembra che siano conosciute con lo stesso titolo.”

Il giudice sfogliò velocemente i documenti. “Questo reperto sarà ammesso come prova.”

Rin fletté le dita. Stava vincendo su tutti i fronti, ed era una bella sensazione quando tutto andava come voleva lei. “Il Pubblico Ministero chiama a testimoniare un impiegato della Rasa Corps.”

L’ufficiale giudiziario scortò un uomo giovane e dall’aspetto nervoso al banco dei testimoni. Sbrigate le formalità, Rin iniziò l’interrogatorio. “Dove lavora?”

“Alla rasa Corps, in una succursale a sud.”

“Cos’ è esattamente la Rasa Corps?”

“È una delle tre aziende più grandi del Giappone.” L’uomo sembrava orgoglioso di lavorare per quell’azienda.

“A quante persone appartiene la Rasa Corps?”

Lui aggrottò la fronte. “Ad una sola, ovviamente.”

“Di chi si tratta?”

“Non lo sa? È Abe Miku-san.”

“Chi è Abe Miku?”

“La donna più potente del Giappone, la proprietaria delle tre aziende più importanti.”

Rin indicò Kuroko Ibuki. “Mi dica, chi è quella donna?”

Lui sbatté le palpebre. “Abe Miku-san.”

Il pubblico restò a bocca aperta. Akashi sembrava annoiato, dato che sapeva già quello che stava succedendo.  Però si godeva le espressioni di Ibuki.

“Ora il Pubblico Ministero chiama a testimoniare un impiegato dell’Atari Corps.”

Si ripeté la scena fatta già con il testimone precedente. Le domande furono le stesse, cambiava solo il nome dell’azienda e della rispettiva proprietaria. Quando Rin chiese chi fosse Ibuki, la risposta fu ‘Suzuki Akihiko’. Dal pubblico si alzarono di nuovo mormorii sorpresi. Era evidente che la donna dai capelli azzurri fosse conosciuta con tre nomi diversi.

“Come ho detto, Vostro Onore e signore e signori della giuria, l’imputata ha tre identità. Ma il nome con cui fu registrata all’anagrafe alla nascita è Sevaine Ibakmi.” Rin passò diversi articoli di giornale ad un agente, che li consegnò al giudice. “Parecchi anni fa, due personaggi dello spettacolo di nome Liam Sevaine…” L’avvocato biondo alzò di scatto la testa quando sentì il suo nome, ma poi capì che non si parlava di lui e si ricompose, “…E Julie Sevaine vivevano in America. Come provano molti di questi articoli, i due avevano una figlia, chiamata Ibakmi Sevaine. Delle notizie mostrano che negli anni successivi i due rinunciarono alla carriera senza un motivo apparente e si trasferirono in Giappone. La figlia rimase in America. Vostro Onore, è questo che dicono gli articoli?”

“Sì, è così.”

 “Allora chiedo che il primo articolo venga accettato come prova. Tenga il secondo ed il terzo a portata di mano per quello che dirò tra poco, per favore.”

“La difesa ha obiezioni?”

“Non ne … abbiamo, Vostro Onore,” rispose Liam con voce debole. Stava iniziando a sentirsi male.

Il giudice fece archiviare l’articolo come prova, e Rin continuò. “Chi è Sevaine Ibakmi? Secondo le news americane di appena un paio di settimane fa, è una criminale ricercata. Per essere più precisi, è ricercata per omicidio e per abusi. Latita da più di tre anni, e la polizia americana sta ancora indagando su questo caso irrisolto. L’articolo dice che Sevaine Ibakmi è scomparsa nell’anno 19XX. Nello stesso anno, in Giappone è apparsa una donna misteriosa, inaugurando tre piccole imprese: l’Atari, la Rasa Corps, e l’Ibuki Corporation.”

L’aula del tribunale si riempì di mormorii sorpresi, e persino Haru sembrò colpito dalla notizia.

“L’attività dei due artisti si intensificò in quel periodo, e si può supporre che Sevaine Liam e Sevaine Julie aiutarono la loro figlia ad entrare illegalmente in Giappone, usando la loro influenza per aiutarla a sfuggire alla polizia americana. Due anni dopo, i due morirono, lasciando la figlia ormai adulta. Dopo appena pochi mesi, gli affari delle imprese che lei aveva inaugurato prosperarono improvvisamente.” Rin osservò intensamente la giuria.

“È solo una coincidenza che questi eventi siano avvenuti allo stesso momento della scomparsa di Sevaine Ibakmi? Alcuni impiegati del mio ufficio hanno cercato i documenti sul trasferimento e l’immigrazione di Kuroko Ibuki, ma non ne esistono. Nonostante ciò, sul suo certificato di nascita si legge che è nata a New York City, stato di New York, Stati Uniti d’America. Dato che non è nata in Giappone, dove sono i documenti del suo trasferimento? Dov’è il suo certificato di cittadinanza? Inoltre,” enfatizzò Rin per far capire che non aveva ancora finito, “La foto di Sevaine Ibakmi non somiglia all’imputata tanto da permetterci di determinare che si tratti della stessa persona. Ma abbiamo dei documenti che ci informano che quando era più giovane, l’imputata si è sottoposta ad interventi di chirurgia plastica. La foto che vi sto per presentare, dimostrerà tramite un processo di photo editing come questi interventi siano serviti all’imputata per nascondere i suoi innumerevoli crimini.”

Consegnò la foto che Kise e Aomine avevano modificato, e questa fu passata al giudice, la cui fronte si contrasse per la somiglianza tra le due immagini. “Vorrei che gli articoli e la foto fossero ammessi come prove.”

Il giudice acconsentì.

“Come già detto, il Pubblico Ministero non richiede una pena per questi crimini durante questo processo. Quanto detto è solo una prova per supportare l’accusa di abusi.”
Rin deglutì e ripassò mentalmente tutti i suoi appunti. Aveva detto tutto? Senza tralasciare nulla? Di solito era sicura di sé e concludeva non appena aveva finito di parlare, ma il caso Ibuki era piuttosto complicato, e non potevano permettersi nessun errore. “L’accusa non ha nient’altro da aggiungere, Vostro Onore.”

Haru allentò la tensione che si era accumulata nelle sue spalle. Avevano finito. Ora la loro vittoria o sconfitta sarebbe dipesa dal discorso conclusivo della difesa e poi dalla giuria. Il padre di Kuroko lanciò uno sguardo all’avvocato di Ibuki e si sorprese di vederlo pallido. “Non mi avevi detto che è uno degli avvocati migliori che abbiano studiato in America, Hayato-san?” chiese Haru a bassa voce. “Perché non ha sollevato obiezioni per nessuna delle prove?”

“È davvero l’avvocato migliore,” gli mormorò Hayato. “Ma guardalo in faccia, sembra shockato. È ovvio che Ibuki non lo aveva messo al corrente di nessuna di queste informazioni. Quando assumi un avvocato, è tuo dovere informarlo di tutte le possibili accuse che l’altra parte potrebbe rivolgerti. Ibuki gli ha tenuto nascoste delle cose …  Se l’avesse saputo prima avrebbe sicuramente preparato delle informazioni da opporre alle nostre.” Hayato si passò una mano sul volto. “Insomma, è colpa di Ibuki. Siamo fortunati.”

“La parola può passare alla difesa, per esporre il caso e le prove.”

Liam restò in silenzio, guardando male il tavolo davanti a lui. “Posso chiedere una pausa, Vostro Onore?”

“Sì, può.”

“La mia assistita richiede una breve pausa per riordinare le idee.”

“Pausa concessa. La corte farà una pausa di circa mezz’ora. In questo lasso di tempo la giuria può esaminare le prove ammesse. I membri della giuria non possono avere nessun tipo di contatto né con la difesa, né con l’accusa. I giurati escano per primi dall’aula, prego.”

Rin, disturbata dalla pausa, aspettò impaziente che i giurati uscissero dalla porta sul retro. Quando furono tutti fuori, l’accusa ebbe il permesso di uscire, ed Akashi si diresse verso la porta anteriore. Tutti gli altri lo seguirono.

Fuori la brezza li rinfrescò. Nell’aula del tribunale l’aria era tesa e calda, quindi era piacevole poter fare una pausa. Ma Hayato era preoccupato e si chiedeva quante informazioni avrebbe potuto trovare Liam in quel lasso di tempo.

“Akashi-kun!” Kuroko riuscì facilmente a passare tra la folla e ad arrivara di fronte ad Akashi. I due dovettero aspettare un po’ che anche gli altri li raggiungessero, e nel frattempo la maggior parte di quelli che erano tra il pubblico si erano allontanati. Akashi lo oservò con occhio critico: Kuroko aveva avuto il permesso di sciacquarsi la faccia durante il processo e si era rimesso in ordine dopo la sua crisi di pianto.

Dopo aver stabilito che stava abbastanza bene, Akashi lo strinse a sé. Kuroko incespicò un momento, ma poi si accomodò contro la figura snella del suo compagno. Una mano gli si posò tra le ciocche azzurre. “Stai bene?”

“Hai,” rispose, poi fece un passo indietro per liberarsi dall’abbraccio e Akashi lo lasciò andare. Kuroko fece ancora alcuni passi indietro ed osservò le persone davanti a lui: Kagami, Murasakibara, Midorima, Akashi, Kise, Aomine, suo padre, Hayato, Rin, Catherine, Hiroshi e Jun.

Tutti loro erano venuti lì per aiutarlo a liberarsi da ulteriori abusi. Kuroko si sentì debole a quel pensiero.

Li sorprese tutti – tranne Haru forse, da cui aveva imparato le buone maniere – inchinandosi profondamente e formalmente. Akashi incrociò le braccia. “Grazie mille a tutti voi,” disse a voce bassa Kuroko, che teneva lo sguardo abbassato. “Avete affrontato così tanti problemi per me. Mi dispiace per il disturbo che vi ho causato. Grazie.”

“Aw, avanti, Tetsu,” si lamentò Aomine. “Mi fai sentire in imbarazzo. Smettila di chiedere scusa ed inchinarti!”

“Sono d’accordo con Ahomine,” disse Kagami. “Davvero, smettila con ‘sto inchino!”

“Kuro-chin, se ti chini troppo non riesco a darti uno snack …”

“Kurokocchi, sei così carino! Ma non riesco a vederti in faccia!”

“Che sciocchezza …”

Catherine sorrise alle battute dei ragazzi ed avanzò, chinandosi di fronte a Kuroko e posandogli gentilmente una mano sulla testa. Il ragazzo si rialzò lentamente per guardarla. “Sei un bravo ragazzo, Tetsu-kun.”

Lui sbatté le palpebre. “Grazie.”

“È troppo educato,” sbuffò Rin guardando male Haru. “Mi chiedo da chi abbia preso.”

Haru ignorò l’occhiataccia e si avvicinò a Kuroko, prendendo il posto di Catherine. Poi strinse kuroko in un abbraccio. “Sono orgoglioso di te,” bisbigliò vicino all’orecchio di Kuroko, dandogli poi un bacio sulla fronte. “Hai fatto del tuo meglio, Tetsuya.”

Liberò Kuroko dall’abbraccio e si spostò per lasciargli un po’ di spazio. Akashi gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla. Kise osservò la mano con sospetto.

“Akashicchi, ultimamente stai toccando troppo Kurokocchi! L’hai persino abbracciato! Non … non mi dire,” l’espressione di Kise si fece inorridita, “Akashicchi, hai una relazione con Kurokocchi? No! Aominecchi, dobbiamo salvare Kurokocchi, o verrà mangiato!”

Kuroko restò in silenzio, senza rispondere a quella domanda, di cui al momento non aveva bisogno.

 
Akashi inarcò solo le sopracciglia.
 
Kuroko Ibuki uscì come una furia da una porta laterale del tribunale. L’edificio aveva tre uscite: quella sul retro per la guiria, quella anteriore per l’accusa, e quella laterale per la difesa. Era stato pensato così per evitare contatti tra le parti. Ibuki aveva tentato di seguire suo figlio all’entrata anteriore, ma degli agenti di polizia l’avevano bloccata, guastandole ulteriormente l’umore.

Marciò furiosa fino a dove avevano parcheggiato. Liam la seguiva da vicino. “Cosa cazzo stai facendo?”strillò Ibuki non appena ebbero raggiunto la loro auto. Si girò per fronteggiare il biondo. “Dovresti essere l’avvocato migliore! Non hai studiato in America? Gli Akashi non dovrebbero rappresentare un problema per te, viste le tue conoscenze! Ti ho pagato per niente, ho solo sprecato i miei soldi! Non mi sei utile!”

Silenzio,” le ribatté duramente Liam. Parlava nella sua lingua nativa, l’inglese. “Mi hai nascosto delle informazioni, quindi è colpa tua se ho dovuto richiedere una pausa per riordinare le prove. Se mi avessi detto prima che era un’immigrata clandestina…

Non sono un’immigrata clandestina!” urlò Ibuki, anche lei in inglese.

Non lo negare,”le disse bruscamente Liam. “Sei molto fortunata ad avere me come avvocato. Con tutte queste prove contro di te non puoi più semplicemente dichiararti innocente.” Liam sospirò e si passò una mano tra i capelli. Dopo aver respirato profondamente per un paio di volte, tornò a parlare in giapponese. “Abbiamo trenta minuti. Sono abbastanza per svolgere le mie ricerche. C’è una biblioteca qui vicino?”

“Ce n’è una a due isolati da qui,” gli rispose  bruscamente. “Cosa hai intenzione di fare?”

 
“Te lo spiego mentre ci andiamo. Dimmi come arrivarci.”
 
“È ovvio che andrà bene,” disse Rin sprezzante. “Abbiamo portato delle prove schiaccianti, che danneggeranno Kuroko Ibuki.”

“Sì, ma trenta minuti gli saranno sufficienti per riorganizzarsi,” ribatté Hayato. “Pensaci, non hai riconosciuto il suo avvocato?”

“Sì che l’ho riconosciuto.”

Rin e Hayato discutevano davanti alla loro macchina. Aomine, Kagami e Kise avevano deciso di andare in un fast food lì vicino per pranzo, dato che stavano morendo di fame. Murasakibara si era lamentato con Akashi perché i suoi snack erano quasi finiti, quindi Akashi aveva ordinato a Midorima di accompagnare il ragazzo ad un supermercato per comprarne altri. Haru si era offeto di dare un passaggio ai suoi colleghi fino alla stazione, dato che il loro compito era finito. E Akashi e Kuroko … erano semplicemente scomparsi da qualche parte.

Rin sospirò e si appoggiò alla macchina. Si tolse la giacca elegante. “Abbiamo fatto tutto il possibile per attaccarla, Hayato. Abbiamo finito. Non possiamo trovare altre prove, anche se ne avremmo il tempo. Se anche Ibuki ed il suo avvocato riuscissero a trovare qualcosa per rispondere alle nostre accuse, non potremmo comunque contrattaccare.”

 
Hayato annuì e contrasse le labbra. “Possiamo solo sperare per il meglio. Conoscendo nostro figlio, sappiamo che non si fermerà finché non avrà vinto.”
 
Akashi e Kuroko si erano incamminati lungo una stradina un po’ nascosta, circondata da alberi senza foglie ed erba secca. Era una strada laterale rispetto all’edificio del tribunale, e da lì si poteva vedere parte del parcheggio e della strada principale. Akashi aveva trascinato lì Kuroko, (non che lui avesse fatto resistenza), ed aveva insistito per fare una passeggiata per aiutarlo a rilassarsi.

I due camminavano in silenzio, senza né parlare né tentare di avvicinarsi l’uno all’altro. Kuroko continuava a lanciare occhiate al suo compagno, chiedendosi se c’era qualcosa che non andava o se lui aveva detto qualcosa di sbagliato. Akashi non dette segno di accorgersene, sebbene fosse consapevole degli sguardi e del fatto che Kuroko stava diventando sempre più ansioso.

Ad un certo punto Kuroko non soppportò più il silenzio. Sebbene lui stesso fosse un tipo silenzioso, quella situazione tra di loro era angosciante e lo faceva agitare. “Ehm… Akashi-kun?” chiamò, fermandosi.

Anche Akashi si fermò, girandosi per guardare Kuroko. Un sopracciglio inarcato mostrava che lo stava ascoltando. Kuroko si inchinò. “Grazie per tutto quello che hai fatto per me, Akashi-kun.” Si raddrizzò velocemente, perché sapeva che ad Akashi non piaceva che lui si inchinasse troppo a lungo.

Akashi affilò lo sguardo, e con un dito fece cenno all’altro di avvicinarsi. Kuroko, confuso, gli si avvicinò lentamente. Una mano gli si posò sulla guancia, ed Akashi si sporse un po’ in avanti, per portare i loro occhi alla stessa altezza. “Non devi ringraziarmi per quello che ho fatto,” mormorò il ragazzo, fissando gli occhi blu e inespressivi dell’altro. “Quando capirai che l’abbiamo fatto tutti per nostra scelta?”

“Che sia per vostra scelta o no, state tutti avendo problemi per causa mia,” disse Kuroko con voce monotona. “Sto pensando a come sdebitarmi.”

“Hm.” Akashi fece passare un braccio intorno alla vita di Kuroko, attirandolo a sé. Kuroko non protestò. “Nessuno accetterà un regalo da te.”

“Allora non farò nessun regalo.”

“Non vorranno essere ripagati.”

“Otou-san mi aiuterà.”

Akashi scosse la testa. Vide che poco distante c’era una panchina e vi guidò Kuroko. “Siediti.”

Kuroko si sedette, e l’ex capitano fece lo stesso, sistemandosi alla sua destra. Kuroko si appoggiò subito stancamente alla spalla di Akashi, che non disse niente e coninuò a tenergli un braccio intorno alla vita. “È quasi finita,” disse Akashi. “Abbiamo vinto.”

“Non puoi ancora saperlo, Akashi-kun.”

“Lo so. Io so tutto.” Fece un sorrisetto e piegò la testa per osservare il ragazzo mezzo addormentato. “O te ne sei dimenticato, Tetsuya?”

Kuroko aggrottò la fronte, ma non sollevò la testa dalla sua spalla. “Sei troppo presuntuoso –“ Un paio di labbra fresche si posarono sulle sue, interrompendolo. Accadde all’improvviso,  le labbra erano morbide ed esperte. All’iniziò restò fermo per la sospresa, con il suo cervello che tentava ancora di capire cosa stesse accadendo alla sua bocca. Per i pochi baci che si erano scambiati prima di allora, Akashi gli aveva sempre chiesto prima il permesso. Ma forse il rosso pensava che lui si fosse abituato ai diversi tipi di baci e che non ci fosse più bisogno di chiedere. Kuroko ci mise più del solito a ricambiarlo.

Portò lentamente le braccia al collo di Akashi. Non era la prima volta che si baciavano, ma Kuroko non sapeva ancora come posizionarsi. Dove doveva mettere le mani? Avrebbe dovuto inclinare la testa? Avrebbe dovuto girarsi? Poteva sporgersi in avanti?

Akashi, percependo le insicurezze dell’altro, si girò per tenere Kuroko per la vita; in questo modo Kuroko poteva solo stare girato verso di lui, con le braccia intorno al suo collo e la testa leggermente inclinata per stare più comodo. Quando Kuroko si rese conto che era solo Akashi a portare avanti il bacio, iniziò a muovere in modo esitante anche le sue labbra.

Si scambiarono un bacio casto, senza lingua. Un bacio semplice, lungo e tenero. Poi Akashi si tirò indietro per permettergli di respirare. I respiri di Kuroko erano affannati, mentre continuava a cingere con le braccia il collo di Akashi. Kuroko fissò gli occhi eterocromi di Akashi, che brillavano divertiti. Un leggero rossore apparve sulle sue guance pallide e lui nascose il suo volto contro una spalla dell’ex capitano.

“È stato cattivo da parte tua, Akashi-kun,” mormorò contro la camicia.

Sentì il corpo di Akashi vibrare e capì che si era lasciato sfuggire una risatina. Una mano gli passò tra i capelli, prima di posarsi sulla sua nuca. “Volevo solo osservare la tua reazione.”

“Avresti dovuto chiedermelo prima.”

“Ma non ci sarebbe stata nessuna reazione da osservare.”

Kuroko non rispose e premette ancora di più il suo corpo contro quello di Akashi. Era contento che non ci fosse nessuno che avrebbe potuto vederli. Quando prima Kise gli aveva fatto quella domanda, non era riuscito a trovare una risposta adeguata.

Restarono così per alcuni minuti, finchè non arrivò una folata di vento freddo che fece rabbrividire Kuroko. Quest’ultimo si liberò dall’abbraccio e si alzò dalla panchina. Akashi seguì il suo esempio. “Vado a comprare una bevanda calda,” disse Kuroko, alzando la zip della sua giacca. “Ho abbastanza soldi per prenderne due. Cosa prendo per te, Akashi-kun?”

Akashi lo guardò storto. “Vengo con te, Tetsuya.”

“Voglio andare da solo,” ribatté Kuroko, ma poi aggiunse in tono più dolce, come spiegazione, “Voglio un po’ di tempo per pensare. Non ci riesco se ci sei anche tu, Akashi-kun. Okaa-san in questo momento starà probabilmente cercando informazioni su Rin-san e su di te … ed anche su di me. Io … voglio essere preparato per quello che dirà, così io…” Kuroko abbassò lo sguardo, “Non reagirò di nuovo come ho fatto prima.”

Akashi lo fissò, poi scosse la testa. “È troppo pericoloso lasciarti andare da solo. Non importa che sia vicino e che tu voglia stare solo. Davvero pensi che ti possa lasciare andare dopo quello che ti ha fatto tua madre? È per la tua sicurezza, Tetsuya.”

Kuroko afferò la mano di Akashi. “Per favore, Akashi-kun,” chiese bisbigliando. “Ci metterò quattro minuti esatti. Forse anche meno. Ho il mio cellulare. Voglio solo qualche momento per riflettere da solo.”

Akashi combatté una battaglia interna contro quegli occhi che lo guardavano supplicanti. Perse. “Quattro minuti esatti. E sai che dico sul serio,” disse. “Se ci metterai di più penserò subito che ti sia successo qualcosa e chiamerò gli altri.”

Kuroko si inchinò felice. “Hai. Grazie, Akashi-kun.”

Akashi lo guardò incamminarsi velocemente lungo la stradina e poi svoltare, uscendo dal suo campo visivo. Chiuse gli occhi e si risedette sulla panchina verde. Il distributore di bevande è a circa due minuti da qui, se si cammina con calma. Se continua a questo passo, Kuroko ci arriverà in un minuto e venti o trenta secondi. Per selezionare e prendere due bevande, ci vogliono circa trenta secondi. Ci metterà lo stesso tempo per tornare, se mantiene la stessa andatura. In tutto impiegherà circa tre minuti e quarantacinque secondi. Kuroko Ibuki è uscita dalla porta laterale che da sul parcheggio. Se Tetsuya ha ragione, e lei è furba, si sarà diretta in biblioteca per fare delle ricerche. Sicuramente non si incontreranno …

 
Si passò una mano sulla faccia. Quando voleva, la sua mente sapeva complicare terribilmente anche le situazioni più semplici.
 
L’autista aprì la portiera dell’auto lussuosa, perché Ibuki vi potesse entrare. Liam si era già accomodato sul sedile anteriore, ed era concentrato sui documenti che aveva già nella sua valigetta. Ibuki sospirò e si aggiustò la gonna, pronta per entrare nell’auto.

Ma vide con la coda dell’occhio qualcosa che attirò la sua attenzione. Un ragazzo. Un ragazzo basso. Dall’aspetto familiare. Un ragazzo che conosceva e che aveva i capelli azzurri.  Un ragazzo che conosceva, che aveva i capelli azzurri e che era da solo.

Il viso di Ibuki si distorse in modo disgustoso. “Anzi, Liam,” disse sporgendo la testa nella macchina, “Vai avanti tu. Io resto qui.”

“Cosa vuoi fare?”

“Ho una faccenda da sbrigare.” Fece un cenno all’autista, che prese posto ed iniziò a guidare verso la biblioteca. Ibuki attese che la limousine svoltasse l’angolo, continuando a tenere d’occhio il ragazzo.

 
Poi iniziò a seguirlo.
 
Akashi lanciò uno sguardo al suo orologio d’oro. Tre minuti. Erano passati tre minuti. Ci sarebbero voluti altri quarantacinque secondi prima che fosse di ritorno. Magari solo trenta se camminava più spedito.

Si appoggiò allo schienale della panchina e girò la testa per tenere d’occhio il parcheggio. A quell’ora era quasi vuoto, erano rimaste poche auto, comprese quelle del loro gruppo. L’auto di Ibuki non c’era più, ma per qualche ragione questo non lo tranquillizzò. Ricontrollò l’orologio. Erano passati cinquanta secondi. Qualcosa non va. I suoi occhi attenti scorsero per un istante dei corti capelli azzurri. Il tempo scorse lentamente e Akashi non ebbe neanche bisogno di girarsi per ricontrollare lo strano colore di quei capelli setosi.

Scattò in piedi ricontrollando per l’ennesima volta l’orologio. Erano passati quarantacinque secondi dallo scadere dei quattro minuti. Kuroko non l’avrebbe mai fatto aspettare. Qualcosa non andava. C’è qualcosa di sbagliato, Akashi serrò i denti. Quei capelli – sono di Ibuki.

Ibuki.

Ibuki.

All’improvviso, l’Akashi Seijuro sempre con la testa sulle spalle e che incuteva timore iniziò a correre. Il vento gli scompigliò i capelli, e le sue gambe si mossero più velocemente di quanto avessero mai fatto, il che la diceva lunga, visti i severi allenamenti a cui si sottoponeva ogni giorno. In una mano teneva stretto il cellulare.

Tetsuya.


 
 


 

NdT: L’autrice, Virelei, specifica che il nome Ibakmi esiste davvero, anche se non sa in che lingua sia.  La K è muta, quindi si pronuncerebbe ‘Ibami’. Una sua amica si chiama così, e lei ne ha tratto ispirazione, perché le sembrava un nome strano e con un che di malvagio xD
Questa volta sono stata abbastanza veloce, vero? Non vi ho tenuti troppo sulle spine xD Anche se in realtà questo capitolo ci lascia ancora di più col fiato sospeso…
Come sempre, spero di aver fatto un lavoro decente e che questo capitolo vi piaccia!
Alla prossima, Nienor_11
   
 
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