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Autore: micRobs    17/10/2013    4 recensioni
[seguito naturale della mia fic "The way you lie"]
"Quello era il suo modo per dirgli “Hai sprecato la tua occasione, non meriti neanche più che io sappia della tua presenza” e Sebastian sapeva che aveva perfettamente ragione, così come sapeva che non era vero, che Thad fingeva solo di ignorarlo e di essere andato avanti quando invece non era così. Perché aveva trascorso innumerevoli notti sveglio a fissare il soffitto e il suo respiro pesante e irregolare gli era giunto alle orecchie più di una volta; aveva notato come la mattina imprecasse sommessamente contro i segni neri che gli cerchiavano gli occhi, non gli era sfuggito il suo vassoio sempre troppo pieno a mensa o i suoi voti schizzati improvvisamente alle stelle. Thad stava sopravvivendo a stento e Sebastian si domandava quanto ancora gli occorresse per decidere per entrambi e fare quel passo che nessuno dei due sembrava intenzionato a compiere."
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pairing: Sebastian/Thad
Genere: Sentimentale / Romantico / Commedia
Avvertimenti: Ambientata durante la 5x01, questa fic è il seguito naturale di The Way You Lie ed è abbastanza necessario leggere la fic in questione per comprendere questa.
Rating: Verde
Parole: (circa 2000, secondo Word)
Note d’Autore: Non era in programma, lo assicuro. Avevo giurato a me stessa che non lo avrei scritto, perché non lo ritenevo più necessario e perché… non tutte le storie d’amore sono facili e non tutte hanno il loro lieto fine; a volte semplicemente ci si ama da morire ma non si è capaci di dirlo o dimostrarlo. Mi sono resa conto che era una storia del genere, quella che volevo scrivere, una come The Way You Lie, una in cui non è necessario stare insieme per amarsi, una storia d’amore imperfetta per due persone che, fondamentalmente, sono tanto imperfette. Poi però ho visto le scene alla Dalton della 5x01 e ho desiderato talmente tanto scriverci qualcosa su che… è stato inevitabile, nella mia testa, pensare consequenzialmente a quella shot, quindi è nata questa fic che spero davvero vi piaccia perché… perché è per voi, tutta per voi che avete sofferto insieme a me con l’altra ♥
Note di betaggio: La mia Vals ♥
 
 
 

 
The way you come back to me
 
 


 
Applausi, risate e sorrisi entusiasti; esclamazioni di gioia e congratulazioni festanti. Sebastian sentiva tutto scivolargli sulla pelle, bagnarlo e lasciarlo con la sensazione di essere vestito con abiti umidi e fastidiosi. Un prurito diffuso e persistente che sperava di combattere ostentando un’espressione felice e partecipativa, soddisfatta per essere stato d’aiuto alla causa.

Blaine abbracciava Kurt sulla scalinata dell’Accademia e Sebastian avvertiva il vuoto intorno a sé, una bolla lattiginosa e opaca che lo isolava dal resto dei suoi compagni e gli rendeva difficile mettere a fuoco immagini definite, percepire suoni distinti, lasciarsi coinvolgere del tutto dalla musica, i coriandoli e l’amore.

Quest’ultimo, soprattutto.

Aveva cercato di bandire quella parola dal suo vocabolario, dalla sua vita e dai suoi pensieri; chiuderla fuori e tenervisi a distanza, così come aveva fatto Thad con lui dopo il loro ultimo litigio. Lo stomaco gli si strinse dolorosamente, nel realizzare improvvisamente da quanto tempo lui e il suo compagno di stanza non scambiavano due parole, due parole qualsiasi.

Thad aveva deciso di tagliare qualsiasi ponte con lui e, seppur con leggero disappunto, Sebastian non riusciva a trovare una singola ragione per cui non dovesse sentirsi in dovere di farlo. Aveva indubbiamente fatto una cazzata dietro l’altra e stava cercando di affrontarne stoicamente le conseguenze, sebbene morisse dalla voglia di posargli una mano sulla spalla e costringerlo a voltarsi e guardarlo, ogni volta che si trovavano nella stessa stanza e  lui si ostinava a dargli la schiena.

Quello era il suo modo per dirgli “Hai sprecato la tua occasione, non meriti neanche più che io sappia della tua presenza” e Sebastian sapeva che aveva perfettamente ragione, così come sapeva che non era vero, che Thad fingeva solo di ignorarlo e di essere andato avanti quando invece non era così. Perché aveva trascorso innumerevoli notti sveglio a fissare il soffitto e il suo respiro pesante e irregolare gli era giunto alle orecchie più di una volta; aveva notato come la mattina imprecasse sommessamente contro i segni neri che gli cerchiavano gli occhi, non gli era sfuggito il suo vassoio sempre troppo pieno a mensa o i suoi voti schizzati improvvisamente alle stelle. Thad stava sopravvivendo a stento e Sebastian si domandava quanto ancora gli occorresse per decidere per entrambi e fare quel passo che nessuno dei due sembrava intenzionato a compiere.

Quanto ancora, prima che riuscisse ad ammettere anche con lui quanto intensamente sentisse la sua mancanza? Quanto sarebbe stato banale correre da lui, dopo aver visto la sua ex-fiamma dichiarare amore eterno al suo ragazzo? In quanti modi gli avrebbe dato dell’ipocrita?

Sebastian non sapeva e non voleva saperlo, perché in quel momento non gli importava delle conseguenze; la verità era che una parte di lui aveva già deciso da giorni, da quando aveva acconsentito ad aiutare Blaine nella sua proposta, da quando gli era stato mostrato cosa volesse dire essere innamorato di qualcuno e dimostrarlo, senza preoccuparsi di un rifiuto.                                                                                                                                    

Anderson ha chiesto ad Hummel di sposarlo a soli diciott’anni e senza manco la certezza che accettasse. Cristo santo, quanto più codardo di lui posso essere?

La risposta a quella domanda silenziosa si perse tra i vari “permesso” e “scusate” con cui si fece largo tra la folla che riempiva il corridoio; non aveva neanche idea di chi fosse la metà della gente e di come avesse fatto Blaine ad ottenere l’autorizzazione per allestire quello spettacolo circense nell’Accademia, ma anche quelli erano interrogativi irrisori rispetto all’unico quesito degno di importanza su cui riusciva a concentrarsi in quel momento.
Cosa diavolo gli dico?

Di cose da dire ne aveva fin troppe, ma era assolutamente certo che Thad non lo avrebbe lasciato parlare per più di due frasi, quindi doveva trovare qualcosa d’effetto con cui iniziare e sperare che poi il ragazzo avesse voglia di ascoltarlo. A cosa mi sono ridotto? Ad affrontare le conseguenze delle mie azioni.

Giunse davanti alla porta della propria stanza prima di quanto credesse e solo in quel momento si rese conto di aver corso e di non aver ancora trovato una risposta alle sue domande. Non si preoccupò di darsi una sistemata, né di aspettare che il fiatone passasse: abbassò la maniglia ed entrò nella camera con passo sicuro e fermo, non stupendosi di trovare Thad seduto alla propria scrivania, dato che in quell’ultimo periodo non faceva altro che studiare.

Il ragazzo non si voltò, ne diede segno di essersi accorto della sua presenza, ma Sebastian non si sorprese neanche di questo; in pochi e rapidi gesti, ruotò due volte la chiave nella toppa della serratura e poi la estrasse, facendola volutamente tintinnare.

Thad si voltò quasi subito, l’espressione confusa e la fronte aggrottata. «Che diavolo stai facendo?» Domandò, alternando lo sguardo dalla porta chiusa alle chiavi che Sebastian si stava rigirando tra le mani.

L’altro fece una smorfia e scosse lievemente la testa, senza rispondere a parole, poi si guardò per un attimo intorno e si diresse verso il comodino di Thad, una volta trovato ciò che stava cercando. Sentiva lo sguardo del suo compagno bruciargli la pelle e renderlo inquieto, ma si costrinse a mantenere la postura sicura e disinvolta, mentre si avvicinava alla finestra aperta.

«Non ti azzardare.»

«Altrimenti che fai?» Si voltò a guardarlo con espressione di sfida, gettando entrambi i mazzi di chiavi nel cortile interno dell’Accademia. «Esponimi le tue alternative, andiamo.»

Il ragazzo assottigliò gli occhi e si alzò in piedi, mentre Sebastian ostentava una sicurezza che in realtà era scivolata via nel momento esatto in cui aveva visto la sua espressione immobile. «Tu non hai un minimo di rispetto per le decisioni altrui, vero?»

Quello era fin troppo ingiusto, Sebastian si permise di stringere il pugno lungo il fianco e prendere un respiro profondo, prima di rispondere a quell’accusa. «Rispetto? Tu mi parli di rispetto? Tu che più di tutti- sono mesi che ti lascio in pace e… ti concedo i tuoi spazi, perché sapevo che ne avevi bisogno e- io non lascio spazi, okay? Io non- gli spazi me li prendo e li riempio e tu- tu, fanculo. Tu.»

Thad boccheggiò, probabilmente colto alla sprovvista dalle sue parole confusionarie; nonostante ciò, però, rimase saldamente ancorato al piano della scrivania. Nei suoi occhi, Sebastian intravide la prima crepa del suo muro fatto di silenzi e sguardi spenti.

«Ci sono molte cose che tu non fai» ribatté, la voce aspra ma con un lieve retrogusto di incertezza, un invito ad essere contraddetto nascosto tra le curve rigide del suo viso e le sue spalle dolorosamente magre sotto il blazer. Non stai mangiando, fanculo, di quante altre cose vuoi farmi sentire in colpa?

«E altrettante che ho smesso di fare» lo interruppe morbidamente, ma non osando ancora accorciare la distanza tra loro. «E altre che ho- sto cercando di cambiare, più o meno. Ma non so se ci sono- io non ti ho mai promesso niente e- e tu lo sapevi, ma hai comunque voluto-» scosse lievemente la testa e si passò una mano sugli occhi, accompagnando quel gesto con un sospiro frustato. «Okay, sto dando la colpa a te e- l’ho fatto spesso in questi  mesi, ma non era colpa tua, era mia e- dimmi che ti basta.»

Gli unici rumori che fecero seguito a quella dichiarazione difficoltosa provennero dal cortile – “Qualcuno ha perso un maz- due mazzi di chiavi?” – ma Sebastian sapeva che Thad le aveva recepite bene e che doveva solo trovare il modo di metabolizzarle e decidere cosa farsene.

Se ne stava poggiato alla scrivania e teneva la fronte leggermente aggrottata, lo sguardo distolto verso le pieghe del copriletto sul materasso di Sebastian, come se stesse cercando di ricordare qualcosa che continuava a sfuggire alla sua memoria.

«Kurt gli ha detto di sì?» Proruppe dopo qualche attimo e Sebastian schiuse le labbra, preso in contropiede. «Per questo sei venuto qui a vomitare belle e… confuse parole su di me? Per- cosa, esattamente? Cosa diavolo speravi di ottenere?»

Sebastian mosse automaticamente un passo avanti, il respiro un po’ più veloce, sebbene si aspettasse quella precisa reazione. «Sei sleale» ribatté, non riuscendo comunque ad impedire alla propria voce di crescere di intensità. «Aspettavi questo, vero? Aspettavi che io mi decidessi a venire da te per- io ci ho provato a parlare con te, dopo che… dopo che sei uscito da questa porta» allungò un braccio alle sue spalle, indicandola alla cieca. «Ti ho chiesto scusa e ti ho chiesto di aspettare e- perché- ti ho chiesto di farmi parlare e ascoltarmi, ma tu eri troppo ferito per darmi l’opportunità di spiegare. Ed io l’ho capito e l’ho rispettato, perché-»

«Perché sei tornato adesso, allora? Lo hai detto anche tu-»

«Ho detto un sacco di cose, okay? Vuoi condannarmi per sempre?»

Thad esitò per una frazione di secondo e Sebastian lo vide distintamente vacillare, dietro la facciata di freddezza e indifferenza che aveva messo su. Approfittò dello spiraglio formatosi tra le crepe del suo muro, per insinuarsi e costringerlo ad ascoltare ciò che aveva da dirgli. È sempre stato ciò che volevo, Thad.

«Non sono qui per Blaine, ma- e lo sai anche tu, perché io- Thad, pensavo solo di… aiutarlo a fare questa cosa e dimostrarti che ci stavo provando davvero a cambiare. Davvero, nel senso di- seriamente e senza rimpianti.»

Tacque un istante, aspettandosi che il compagno intervenisse o che almeno lo guardasse, ma il ragazzo rimase immobile nel suo stoicismo e lui ne approfittò per fare un altro passo verso di lui. «Hummel ha detto di sì» proseguì a voce più moderata. «E siamo tutti d’accordo che Anderson abbia fatto una cazzata, ma- sorridevano tutti e sembravano davvero entusiasti della loro cazzata, quindi mi sono reso conto che- che esistono cazzate buone e cazzate che rimangono cazzate da qualsiasi prospettiva.»

Fu quello il momento in cui Thad riportò lo sguardo su di lui e Sebastian avvertì il nodo allo stomaco allentarsi un po’, l’aria ricominciare a fluire con libertà nei polmoni.

«Non è stata una cazzata, la loro» si produsse in un mezzo sorriso, molto simile ad una smorfia amara. «Se vogliono sposarsi, lasciaglielo fare, che ti importa? Mica hanno detto che si sposeranno domani o fra un mese?»

Smythe annuì, più sollevato nel sapere che Thad condivideva il suo stesso punto di vista. «Esatto, ma rimane comunque una cazzata, perché- c’erano artisti circensi, Thad e… io non ho idea di come abbia fatto a farli entrare, ma- ma era una cazzata buona… che porterà a qualcosa di buono, forse. Dirti che tra me e te non c’era niente» sospirò, «quella era una cazzata in senso stretto; fingere di non provare nulla per te è stata una cazzata in senso stretto» scandì quelle parole, avvicinandosi a lui un passo alla volta. «E se tu adesso continui a trattenere il respiro in questo modo e- a convincerti che vada bene così, sarà una cazzata in senso stretto.»

C’era ancora qualche traccia di morbida rappresaglia nel suo sguardo, così Sebastian si azzardò a posargli due dita sotto il mento, inducendolo a sollevare il viso verso di lui. Definitivamente. Ciao, lo sai che adesso non ti lascio più andare?

«Garantisci tu?» Provò a scherzare, un accenno di sorriso a colorargli le guance e le labbra piegate all’insù.  

Sebastian annuì. «Sono un esperto in materia» tacque un attimo e tornò serio, raccogliendo il coraggio necessario a sussurrare quelle due parole che aveva incastrate in gola da mesi. «Mi dispiace. Solo- stava cambiando. Quello che c’era tra noi, intendo. Cambiava e- pensavo ci fosse un interruttore per… spegnerlo, sai, smettere di provare quello che… provavo. Ma mi sbagliavo. Su tutto, insomma. Non c’era un interruttore e- non stava cambiando.»

«Non stava cambiando?»

«No, stava- cioè, stava solo cambiando forma e-»

«Non stava cambiando.»

«No.»

Vi era una tenera elettricità nell’aria, una sensazione persa che entrambi stavano cercando di ricordare, un formicolio sottopelle che caricava quel momento di promesse e aspettative. Sebastian inclinò leggermente la testa in avanti, ma non colmò la distanza tra loro, dando a Thad la possibilità di allontanarsi o spingerlo via se avesse voluto. Ma Thad non si mosse e Sebastian lo sapeva che non aveva bisogno di ulteriori rassicurazioni o parole, perché già la sua sola presenza in quella stanza significava che aveva intenzione di restare. Così si sporse ancora, fino ad incontrare la morbida consistenza delle sue labbra piene e appena un po’ umide. Erano esattamente come le ricordava: sicure, audaci e capaci di annullargli i pensieri.

«Qualsiasi cosa- o forma, o… qualsiasi cosa fosse. La rivoglio indietro. Con te. Okay?»

«Okay.»

 
 





 
   
 
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