[Molto
contenta che la ff vi stia piacendo, ormai però ci
stiamo avviando verso la fine. Gideon è il mio personaggio preferito e per Reid
è davvero come un padre, secondo me. Per questo mi piace molto descriverlo]
-Latte in polvere??!-
fece Reid stupito girando tra le sue mani il piccolo contenitore cilindrico – è
il mio preferito!-.
-Reid…- cominciò
Gideon controvoglia. Sapeva che prima o poi sarebbe venuto quel momento –c’è
qualcosa di cui dobbiamo parlare-.
- Ah sì?- fece Reid
sul vago. Ma prese comunque posto al tavolo della cucina.
Gideon faceva fatica a
trovare le parole giuste –…senti…-.
-Se è per la
disintossicazione ho già pensato a tutto, stà tranquillo!-
Gideon lo guardò come
se lo vedesse per la prima volta.
-Sì, si può fare anche
qui! Non c’è nessun problema…-.
-No, no aspetta un
attimo tu...come…no che non si può fare qui- esclamò infine Gideon deciso –
devi andare in un centro qualificato, con cure mirate e…-.
-E una bella macchia
sul curriculum- finì per lui Reid sistemandosi gli occhiali.
-Ma tu hai bisogno di
aiuto, di specialisti, io non posso…tu devi andare in un centro…-tornò alla
carica Gideon.
-No- secco e deciso.
-Come?- fece Gideon
incredulo. Non gli aveva mai sentito usare quel tono prima di allora. Era
cambiato. Aveva qualcosa di diverso. Non era più il ragazzo geniale, ma
leggermente imbranato che lo rincorreva per i corridoi del Bureau con pile di
fascicoli in mano o che lo cercava per una partita a scacchi o per una
chiacchierata sui modus operandi
di killer seriali. No…niente di tutto questo vi era più, sostituito da quel
tono deciso che non ammetteva repliche.
-Ho detto no-
semplice, chiaro. Da non fare una piega.
- Reid…-sussurrò
Gideon.
- Vedo che hai dei
dubbi- usò un tono distaccato. Come se non si trattasse di lui, della sua
salute, della sua vita, ma di uno dei tanti casi da affrontare con la giusta
distanza per potervi intravedere al verità.
E la verità questa
volta era che Reid non aveva nessuna intenzione di farsi ricoverare e che,
anzi, voleva improvvisare un programma di disintossicazione forzata proprio lì,
in casa sua.
Se si fosse trattato
di qualcun altro forse avrebbe anche potuto prendere in considerazione la cosa
ma…
- Io non…- non sapeva
più cosa obiettare, Reid doveva averla studiata proprio per bene per prenderlo
alla sprovvista, così che lui non potesse opporvisi…o almeno non più di tanto –
tu non sai cosa significa… starai
malissimo …non…-
-Non si può. Sì,
questo l’ho capito benissimo. Ma d’altra parte è inutile. Lo faremo-.
Da dove gli veniva
tanta sicurezza?
-Senti Gideon… –
riprese Reid con quel tono pragmatico che ormai lo infastidiva- so che hai già
fatto tanto, ma adesso ti chiedo di fare un’ultima cosa per me. Entrambi
sappiamo che le nostre vite private sono sempre sotto la lente d’ingrandimento
di qualcuno, passate al setaccio. Per fare questo lavoro, bisogna avere un
certo… profilo. Come pensi che la prenderebbero le alte sfere sapendo che un
loro agente impiegato sul campo è in cura presso un centro di riabilitazione?
Svolgerebbero delle indagini…approfondite…e tutti finirebbero per rimetterci
solo per colpa mia-.
Gideon vedeva tutta la
perversa logicità di quel ragionamento. Tuttavia…
- Se tu adesso non mi
aiuti…se tu adesso non stai dalla mia parte…sarà stato tutto inutile -.
Gideon esitava ancora
e Reid lo capì.
Reid si schiarì la
voce prima di sferrare il colpo finale – e tu sei troppo buono, troppo corretto
e mi vuoi troppo bene per lasciare che questo accada-.
E poi non c’era voluto
molto per allestire il tutto, dal momento che Reid aveva già predisposto la
maggior parte delle cose.
Gideon aveva dovuto
provvede solo agli integratori, andando in ospedale e facendosi anticipare
alcune prescrizioni per Reid.
Lui, d’altro canto,
aveva fatto il resto e adesso, l’abitazione di Gideon sembrava un centro
rifornimento per sfollati da cataclismi vari. C’erano casse di cartone,
contenenti bevande e simili ovunque, nemmeno avessero dovuto barricarsi
in casa per un mese.
O forse era quello che
Reid aveva in mente.
-E’ perfetto!!- esclamò Reid osservando il panorama della
camera da letto di Gideon, trasformata all’occasione per le loro particolari
esigenze –direi che non manca nulla-.
Gideon gli scoccò
un’occhiata in tralice.
Alle sette, ora
prevista per l’inizio del loro esperimento, qualcuno suonò alla porta.
-Perfettamente in
orario!- esclamò Reid alzandosi dal divano.
-E adesso chi…- Gideon
non fece in tempo a finire la frase che JJ. comparve sulla soglia di casa.
-Hai coinvolto anche
lei??!!- strillò Gideon costernato.
-JJ si è gentilmente
offerta di darci una mano-.
Jj non disse nulla.
-Ci voleva qualcuna
che ehm…insomma- incespicò Reid sulla difensiva.
- Avanti andiamo-
esclamò JJ- prima che cambi idea-.
Il piano,
semplicemente era questo: Gideon e Reid sarebbero rimasti confinati nella
stanza della casa scelta da Reid come la più confortevole e logisticamente adatta. Jj avrebbe avuto le chiavi e, in ogni caso, per
qualsiasi emergenza, nella stanza c’era un telefono fisso da cui chiamare.
-Bene- esclamò Reid
risoluto – direi che è tutto in ordine. Possiamo cominciare-.
Aveva trasportato la
tv nella stanza e disposto un bel tappeto ricoperto da una cerata ai piedi del
letto. Voleva dare il minor disturbo possibile a Gideon, ammesso che questo
fosse ancora possibile.
-Un momento – esclamò
Gideon prima che JJ se ne andasse – primo: decido io se e quando lasciare la
stanza. Dal momento che abbiamo iniziato questa cosa dobbiamo finirla, ma non
voglio che succeda niente- e sottolineò queste ultime parole.
Reid annuì.
-Secondo, in caso
succeda qualcosa voglio un’ambulanza qui in non meno di 5 minuti. JJ predisponi
il tutto va bene?-
La ragazza annuì.
-E terzo, quando dirò
che è abbastanza, sarà abbastanza mi avete capito?-
Annuirono entrambi.
E così cominciò il
programma di disintossicazione voluto da Reid, con la complicità di Gideon.
Reid sedeva tranquillo
sul letto intento a seguire un documentario in tv. Gideon ancora non riusciva a
capacitarsi di quello che stavano facendo e di come lui avesse potuto
acconsentire.
-Br…disgustoso…-commentò Reid osservando lo schermo.
Gideon si sporse per
vedere meglio. Un leone stava facendo a pezzetti un’antilope. Si domandò come
potesse fargli ribrezzo quello spettacolo quando tutti i giorni si trovavano
davanti ben altro.
Fece un lungo sospiro
e tornò al suo libro sugli uccelli.
La serata trascorse
tranquilla. Per cena consumarono uno dei piatti pronti che aveva lasciato JJ.
quando Gideon si addormentò la luce della stanza era ancora accesa.
I guai cominciarono
verso le 4 del mattino, quando sentì Reid muoversi nel bagno.
Gideon scese dal letto
e bussò delicatamente alla porta –tutto bene?- era una domanda retorica, lo
sapeva, ma voleva solo accertarsi di come andassero le cose lì dentro.
Udì provenire uno
strozzato dall’interno della stanza –sì!-.
Poi Reid uscì e gli
sorrise stentatamente –solo un piccolo…-.
-già- fece Gideon
annuendo.
Reid si trascinò di
nuovo verso il letto e si stese in cerca di un po’ di pace.
-sicuro di star bene?-
fece Gideon con una lieve traccia di preoccupazione nella voce.
-Sì- bofonchiò Reid da
sotto le coperte –non devi…- ma non fece in tempo a finire la frase che, con un
gesto veloce scalciò via le coperte e corse di nuovo verso il bagno.
Gideon scosse al testa
oh certo, andava tutto a meraviglia.
Il sole era già alto
quando Reid si svegliò. Si stiracchiò un po’ –Oh, non me n’ero accorto…scusa-.
-Oggi non si lavora,
non c’è motivo di alzarsi presto- osservò Gideon dalla sua poltrona.
-già-.
-Ti ho preparato
qualcosa, uhm credo che ti piacerà…ah tieni devi bere…lo sai no?-.
Reid annuì un po’ a
disagio per tutte quelle premure.
Osservò Gideon
aggirarsi per la stanza mettendo in ordine e si schiarì la voce –Gideon…-
L’uomo si voltò
attento.
–Non…non ti è
mai venuta voglia di…incontrare tuo figlio?- trattenne il respiro in attesa.
Era da tempo che voleva rivolgergli questa domanda, ma non c’era mai stata
l’occasione, non che quella fosse la situazione ideale, ma…ad ogni modo sarebbe
spettato a Gideon come interpretare quella domanda.
Gideon si fermò e lo
fissò un po’stupito –sì certo…-.
-Ma non l’hai mai
fatto vero? Perché?-.
Gideon prese tempo,
rimboccando un cuscino –ho sempre pensato che…insomma non ne avevo il diritto.
Sono uscito dalla sua vita molto tempo fa e…-.
-Non hai mai pensato
che, non so lui avesse bisogno di te?- domandò ancora Reid
Altra pausa –sì, ma
non…vedi è complicato…da quando ho deciso di andarmene, ho dato un taglio
definitivo a tutti i rapporti che avevo e poi ho pensato che non sarebbe stato
giusto da parte mia…-.
-Capisco- fece Reid
meditabondo.
-Perché questa
domanda?- fece a sua volta Gideon.
Reid fece spallucce
–niente, solo curiosità…-.
-Oh andiamo, scommetto
che era da tempo che volevi farmela-.
-Non ti sfugge niente
eh?- osservò Reid con un sorriso –pensavo a mio padre- esclamò Reid
mordendosi un labbro.
Gideon si fece più
attento.
-Pensavo a tutte le
volte che abbiamo avuto bisogno di lui e…- scrollò le spalle –bè adesso sono contento che non
ci sia-.
Gideon sorrise – un thè?-.
Si trovava al buio,
intrappolato, di nuovo.
Senza via d’uscita, solo
una voce, nell’oscurità che gli sussurrava che poi sarebbe stato meglio, che
sarebbe andato tutto bene, se solo lui…
Si svegliò in un bagno
di sudore.
Aveva anche i brividi.
Allungò una mano per
bere un sorso d’acqua, ma si accorse che gli tremava. Non voleva accendere la
luce per non svegliare Gideon.
Così finì con l’urtare
il bicchiere che cadde a terra rompendosi in mille pezzi. Il trambusto destò
Gideon.
-Mi dispiace…-
sussurrò Reid inginocchiato vicino ai cocci sparsi sul tappeto.
Gideon scosse la testa
–lascia, faccio io…-.
Reid si scostò.
-…Ma tu stai tremando…
avanti torna a letto-.
-No...io non…- e poi
cominciò a vedere tutto sfuocato e dovette sedersi.
Gideon raccolse tutti
i vetri in un sacco, poi prese un termometro-tieni…-.
Reid tornò sotto le
coperte.
E sognò: ombre scure,
che lo attorniavano, poi il volto di Tobias a terra, morente.
Non si accorse di
stare gridando, finchè non
aprì gli occhi scosso dalla mano di Gideon –ehi Reid, svegliati sù…va tutto bene…-.
-Io non…- mormorò…- mi
viene da vomitare!-.
Quando di su liberato
sussurrò un –mi dispiace…ho fatto un altro casino!-.
-Non preoccuparti-
fece Gideon sedendosi sul bordo del letto –sapevamo che non sarebbe stata
facile no?-.
Reid scosse la testa.
-Io…ho sognato…- si
morse un labbro incerto -ero ancora lì…e non…-
-Non c’è bisogno che…-
- No,voglio
raccontartelo…è sempre così che comincia e…non riesco…- si grattò un braccio e
continuò –mi terrorizzano, quei sogni...e… allora…so che non c’è una
giustificazione per quello che ho fatto, però…-.
Gideon ascoltava in
silenzio. Capiva fin troppo bene quello che gli stava succedendo, tuttavia non
poteva farci niente -andrà meglio vedrai-.
Reid lo guardò negli
occhi: voleva crederci anche lui.
Gideon gli rimboccò le
coperte –ora cerca di dormire-.
Gideon fissava
l’oscurità circostante e ascoltava il respiro regolare di Reid. Lo calmava.
L’ultima crisi era
stata piuttosto dura, ma finalmente sembrava essersi addormentato.
Ancora una volta si
domandò come poteva permettere una cosa simile.
Forse perché non aveva
capito fin dall’inizio cosa stava accadendo a Reid, quando ancora avrebbe
potuto fermarlo, farlo ragionare …forse…Hotch gli avrebbe detto di no, che non
si poteva ragionare con un drogato. Quello che era successo era anche colpa
loro, inutile negarlo. Avrebbero dovuto accorgersi che qualcosa non andava e
invece…avevano fatto finta di niente…credendo che sì certo, aveva dei problemi,
ma che li avrebbe potuti risolvere da solo, perché Reid non era come tutti gli
altri ragazzi della sua età…era diverso. Qualche volta Gideon desiderava che
non lo fosse.
Se fosse stato suo…
Gideon scacciò
quell’idea. Reid era un suo collega, un amico a cui teneva molto, ma sì, doveva
ammetterlo, non poteva nascondere l’affetto che provava per lui. E nemmeno
voleva farlo.
-Penserò io a te-
sussurrò prima di addormentarsi sulla poltrona.