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Autore: Fidia    10/04/2008    1 recensioni
Cosa succederebbe se Luna, ormai quasi trentenne, ricevesse una lettera anonima nella quale un mittente misterioso la invita a recarsi a Manchester? Come reagirebbe se diventasse la pedina inconsapevole di un piano efferato?
Centinaia di engimi si accavallano, dando vita ad un intreccio astruso. Omicidi, amori, ritrovamenti, segreti svelati, strani oggetti preziosi, realtà che si ribaltano.
Per Luna, i Ricciocorni Schiattosi non esistono più. Ben presto l'eterna sognatrice si troverà costretta ad aprire gli occhi sul mondo, ad abbandonare la sua connaturata ingenuità e a guardarsi intorno con ragionevolezza.
La mia prima Fan Fiction, spero che vi piaccia... Accetto tutti i tipi di commenti, naturalmente!
-Un omaggio alla regina del giallo, Agatha Christie...
Genere: Malinconico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Luna Lovegood
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Dunque... ecco il nuovo chap! Rispondo prima di tutto alla domanda di WaterLily...
Bisogna considerare che la protagonista di questa storia non è la classica investigatrice dall'intuito sorprendente. Non possiede il fiuto di Sherlock Holmes, né le famose "celluline grigie" di Hercule Poirot. E' semplicemente Luna, un po' cresciuta. Penso che la conosciate.
Una donna come lei, osserva e assiste attonitamente alle atrocità che si consumano nel mondo. Pertanto, il suo giudizio è sì quello di una persona intelligente, ma non va considerato come un parere assoluto. Tra l'altro, Luna non conosce i retroscena dei delitti. Può solo immaginarli. I risultati delle sue riflessioni non possono essere sempre esatti. Ciò che vede, sente o percepisce coi sensi, invece, è descritto direttamente dal narratore, e sapete che in un giallo uno scrittore leale non dice mai bugie. Però, state molto attenti. Il narratore deve essere sincero, ma questo non implica che non possa fare ricorso all'arguzia per sviare i suoi lettori.E STAVOLTA VOGLIO TEORIE!;-)




CAPITOLO IX
Lo scheletro


L’urlo di Terence riecheggiò per il corridoio, spandendosi come il grido di un’aquila in volo. Non appena Luna lo udì, fu colta dagli spasmi di un terrore che non le dava tregua. Da un lato, aveva intenzione di raggiungere il suo amico, di sapere cosa gli fosse successo. Ma dall’altro, temeva di imbattersi in una realtà cui non era ancora pronta. Riuscì a riflettere, per qualche istante, ponderando ogni possibilità. Afferrò la maniglia della sua camera, ma all’improvviso si accorse che qualcuno, dall’altra parte, stava provando a forzare la serratura della stanza.
I capelli di Luna ondeggiarono in un moto di incertezza e la ragazza schizzò indietro, esitante sul da farsi. Se fosse rimasta lì, probabilmente sarebbe caduta nelle mani dell’assassino del Ragno Nero. Improvvisamente, pensò alla finestra. Anche se la camera numero 13 si trovava al primo piano, arrampicarsi in direzione dell’abbaino, o raggiungere la stanza di Terence con l’appoggio della grondaia, non doveva essere un’impresa ardua.
“Ho passato di peggio!” si disse Luna, facendosi coraggio. Proprio mentre la porta, dietro di lei, emetteva uno scatto poco rassicurante, la ragazza aprì la finestra e si sporse.
Aveva sempre avuto paura dell’altitudine. Ma adesso non c’era il tempo di cercare coraggio. Distruggendo le vertigini, Luna si inerpicò su per il muro, poggiando i piedi sul cornicione e dando le spalle alla finestra. Poi prese a barcollare verso la sua destra.
In un attimo, si trovò dinnanzi agli infissi della stanza di Terence. Il varco era aperto, sicché si poté calare con destrezza all’interno della camera.
Le sembrò di sentire un’imprecazione vaga proveniente dalla sua stanza, un mugolio, un borbottio di protesta, il suono di una voce soffocata, poco prima di atterrare sul pavimento, accanto al letto di Terence. Il luogo era immerso nella penombra. La porta era chiusa e regnava un silenzio sepolcrale. Luna vide Terence all’improvviso. Si trovava riverso, a braccia spalancate, sul tappeto della camera. Un rivolo di sangue correva dalle sue labbra, dirigendosi tetramente verso il mento. Luna scosse vigorosamente il suo amico, tenendolo per le spalle, ma Terence non diede segni di vita.
<< No! No! No! >> esclamò. << Svegliati! Svegliati, Terry! >>.
Finalmente, le parve di vedere, nel buio, un’aprirsi ed un chiudersi repentino degli occhi di Terence, come un guizzo di speranza.
<< L-Luna… Sei… sei qui… >>.
Luna scoccò a Terence un bacio sulla fronte. << Adesso calmati, Terry! >>.
<< Oh, grazie, io… >>.
<< Calmati, sei scosso! >> disse Luna, abbassando la voce e adagiando l’amico sul letto. << Vedi di non far baccano! Credo che il tuo aggressore sia nella mia stanza! >>.
Delle voci crebbero sul pianerottolo, dinnanzi alla porta della camera di Terence. Luna tese l’orecchio. Non c’erano rumori sospetti. Solo un mormorio curioso. Si distinguevano la voce di Jane Event e quelle di Wilson e dei gemelli Jefferson.
<< Che cos’è stato? >> borbottò il commerciante di perle.
<< Sono arrivata giusto adesso! >> spiegò la signora Event. << Credo di aver sentito un urlo che proveniva da questo piano! >>.
Luna trasse la bacchetta di tasca e sussurrò: << Lumos! >>, poi si avvicinò alla porta e la aprì rapidamente. Davanti a sé vide la proprietaria dell’High Magic Hotel, i gemelli e Wilson.
<< Qualcuno ha aggredito il mio amico Terence! >>.
<< Oh, per la miseria! >> disse Jane Event pomposamente. << Per quale motivo? >>.
<< Non ne ho idea! >> rispose Luna. << So solo che… >>.
<< Ehi, aspetti un attimo! >> esclamò Wilson. << Se si trova qui e l’urlo si è sentito meno di due minuti fa, lei era nella camera del signor Lymstock quando è stato aggredito, vuole negarlo? >>.
Luna fece un gesto di impazienza. << Sono uscita fuori dalla finestra e sono passata nella camera di Terence quando ho sentito qualcuno che stava forzando la porta della mia camera! >>.
Walter Jefferson aggrottò le sopracciglia. << E’ successo tutto in pochi istanti? Oh, lo dicevo io, maledizione! La persona che ha ucciso Hamilton, lo stesso che ha edificato il “Tholus Peccatorum”, credo che sia affetto da una mania omicida. Strano che non sia riuscito a mandare all'altro mondo il signor Lymstock! >>.
<< Cosa vuole dire con ciò? >> domandò Jane Event, bizzarramente interessata all’affermazione di Walter, e frattanto varcò l’uscio della stanza di Terence.
<< Voglio dire >> disse Walter Jefferson, << che questa faccenda puzza! Un urlo ed un ragazzo riverso a terra; un assassino che, dopo un’aggressione andata male, si precipita nella camera vicina per scassinare la serratura. Vuol farmi credere, signorina Lovegood, che un racconto del genere è plausibile? >>.
<< E’ successo! >> sbottò Luna, infervorandosi.
<< Suvvia, suvvia, >> disse Jane Event, << vediamo in che condizioni è questo poveretto, invece di star qui a battibeccare! >>.
Chinò la sua bacchetta illuminata sul volto di Terence, deformato da una smorfia di dolore e paura.
<< Oh, oh, oh, oh, non va proprio bene! >> disse, sollevando la testa dal corpo. << Chiami il dottor Ive, mister Wilson! Abbiamo bisogno di lui! >>.
Luna si sedette sul letto, accanto a Terence, e lo carezzò dolcemente. Jane Event si procurò un panno irrorato con cui terse le ferite sul viso dell’aggredito. I gemelli Jefferson scuotevano la testa, poco convinti, mentre Wilson scendeva al piano inferiore, per avvertire il medico.
Terence parve riprendersi lentamente. Assieme al dottor Ive, giunsero al piano superiore Anthony Follin, l’unico senza pigiama, e la moglie Elvira.
L’abbigliamento dell’avvocato riscosse le perplessità di Wilson. << Come mai non ha il pigiama, avvocato, se mi è concessa la domanda? >>.
Anthony Follin si irritò immediatamente. << Guarda un po’ se dovete dirmi anche di rimanere in camera quando mi va di prendere una boccata d’aria! Stavo su in balcone, qualcosa in contrario, signor Wilson? >>.
<< Certo che no, non c’è bisogno che si arrabbi! Per certe sciocchezze, poi, non ne vale la pena, dico bene? >>.
Elvira diede una pacca sulla spalla del marito, patteggiando palesemente per Wilson.
Il dottor Ive, che aveva indosso una vecchia vestaglia, scrutò il collo di Terence con molta cura. Trasse poi dalla sua ventiquattrore una bottiglietta con un liquido scuro e la porse a Terence, che, con molte difficoltà, riuscì a portarla alla bocca.
<< Lo beva tutto, servirà come calmante! La vedo esageratamente scosso, signor Lymstock! Ma avrà modo di spiegarci cos’è accaduto quando starà meglio! >>.
Si voltò quindi verso Luna e fece spallucce. << Ovviamente si riprenderà a breve! Non ha riportato gravi lesioni! Qualcuno gli ha scagliato un incantesimo particolarmente complicato, qualcosa che comunque produce schizzi. Ho ritrovato una miscela sulle sue braccia, che sono visibilmente irritate! >>.
Jane Event si prodigò per assistere l’aggredito, ma Luna disse che avrebbe fatto lei compagnia a Terence fino all’alba.
<< Quand’è così, >> assentì la proprietaria, << torniamo tutti a letto! A proposito, non ditemi che quel cialtrone di Joe è rimasto ancora a letto! >>.
<< Non vedo neanche la signorina con i capelli blu! >> disse Wilson, con un che di ironico nella voce. << Che fine ha fatto? >>.
Louis Jefferson rise a più riprese. Nessuno seppe rispondere alla domanda del commerciante di perle. Piano piano, la folla si dissipò. Jane Event fu l’ultima a lasciare la stanza di Terence. L’avvocato Follin scacciò l’occhio al poveretto e lo consolò dicendo: << Tornerà tutto al proprio posto, vedrà! Alla fin fine, il peggio è passato! Abbia fiducia! Tutto si è risolto nel migliore dei modi, signor Lymstock! >>.
E uscì dalla stanza. Luna rimase da sola accanto a Terence. Il corridoio tornò buio ancora una volta e il filo di luce che si infiltrava sotto la fessura della porta si spense simultaneamente. Per le scale, risuonarono degli auguri di buonanotte, tutti piuttosto cauti e ponderati.
Luna scompigliò amichevolmente i capelli del suo amico. Accese l’interruttore centrale, ma, anche dopo aver chiuso la porta a chiave, si sentì tremendamente vulnerabile all’interno di quella stanza estranea. Non poteva credere che, poco prima, lì era avvenuta un’aggressione.
<< Cosa puoi dirmi, Terry? Hai visto qualcosa? >>.
Luna fissò Terence con sguardo implorante.
<< Un essere abnorme, con un vestito nero! Non ho notato il volto! Credo che fosse scoperto, ma non sono riuscito a fissarlo direttamente in viso… Una cosa l’ho vista chiaramente, Luna. Ed è quella che più mi ha fatto paura! Sul vestito, portava una spilla rappresentante un enorme ragno nero… E poi…>>.
<< E poi? >>.
<< E poi si è avvicinato a me, chiunque fosse, e mi ha detto: “Lasciala sola, o ti finirà male!”. Dopodiché sono stato immediatamente Schiantato >>.
Luna rifletté qualche istante. << “Lasciala sola…” >> ripeté. << Che cosa diamine avrà voluto dire >>.
<< Non ne ho idea! >>.
<< E poi, perché è venuto nella mia camera? Non mi sono sbagliata, Terry. Ho sentito qualcuno che forzava la serratura! >>.
<< Mi dispiace che anche tu abbia passato dei brutti momenti! >>.
<< Non hai capito di chi poteva trattarsi? L’avvocato Follin, forse? >>.
<< Oh, no, sono certo che non era lui! >>.
<< Come fai ad esserne certo? >> domandò Luna, cogitando.
<< La sua stazza la riconoscerei a mille miglia! >>.
<< Escluderesti anche i due gemelli Jefferson,, per lo stesso motivo? >>.
Terence si portò le mani alla testa, confuso. << Voglio dormire, Luna! Non so più cosa pensare, credimi… >>.
<< Ma perché? >> esclamò la ragazza tra sé. << Perché ti hanno aggredito? Cosa volevano realmente da te? E che cosa da me? La Luna di Vetro l’hanno presa, o sbaglio? >>.
Terence si infilò sotto le coperte con un po’ di impaccio. Poi sussurrò: << Volevano toglierci di mezzo, Luna! Me lo sento! >>.

* * *

Alla colazione del mattino successivo, Luna rammentò con amarezza il giorno in cui, letta la missiva di Prescott Scott, aveva lasciato la sua casa accogliente di Londra per cadere letteralmente nelle mani di un gruppo di folli assassini. Si pentì di non aver ascoltato gli avvertimenti di Terence, di essere andata dritta al pericolo senza esaminare le potenziali conseguenze. Ma ormai era in ballo e doveva ballare. Se l’omicida del Ragno Nero era all’interno dell’High Magic Hotel, nella Cupola, come tutti gli ospiti, avrebbe dovuto scoprire la sua identità.
Mentre inzuppava nel burro dei biscotti ricoperti di marmellata, meditò coscienziosamente. La prima questione che si pose riguardava il “Tholus Peccatorum” e la Luna di vetro. Se effettivamente il Ragno Nero si era impossessato della sfera il giorno precedente, che motivo aveva di mantenere intatta la Cupola? Passò in rassegna tutti gli ospiti dell’albergo e si soffermò sui gemelli Jefferson. Sedevano in questo momento ad un tavolo vicino. I loro volti, aguzzi come quelli di un serpente, sembravano totalmente inadatti al resto del corpo, che era invece tozzo e tarchiato. Poteva, uno di loro due, aver commesso il terribile omicidio di Hamilton e l’aggressione di Terence?
“No!” si disse Luna. “Ho avuto modo di conoscerli e sembrano davvero brave persone!”.
Prese poi in esame Anthony Follin, che scartò immediatamente. Stando a quello che era stato detto da Terence, non era somigliante all’aggressore. Ma Luna considerò delle ipotesi un po’ balzane. Se, per esempio, l’avvocato avesse bevuto una Pozione Polisucco, prima di attaccare Terence, non avrebbe potuto quest’ultimo sbagliarsi?
Elvira, una donna così riservata e taciturna, non era certo il tipo da associazione criminale. Per non parlare di quello sbruffone di Marcus Wilson.
Il dottor Ive era invece un soggetto interessante. Luna lo scrutò con attenzione, prima di trarre conclusioni su di lui. All’apparenza era un tipo tranquillo, ma maledettamente attraente. Un uomo come lui poteva aver ucciso Hamilton spietatamente?
Infine restava la donna dai capelli blu. Luna la cercò con lo sguardo. Non era nella sala-ristorante, quella mattina. Ma perché? Dov’era finita?
<< Oh, signorina Lovegood! >> esclamò Joe Event, avvicinandosi al tavolo. << Mi hanno detto che il suo amico Terence ha avuto dei grattacapi, stanotte! >>.
<< Già >> rispose Luna.
<< Non è sceso per la colazione? >>.
<< Ho preferito non svegliarlo! >>.
<< Capisco! Ah, a proposito! Gli porti le mie scuse! Stanotte mi avevano colto dei crampi al piede e non sono riuscito ad alzarmi dal letto! Ma mia moglie è venuta a controllare, nevvero? Ah, com’è zelante! Se solo fosse meno puntigliosa… >>.
<< Puntigliosa? >> disse Luna, con disinteresse malcelato, pensando che sarebbe stato meglio intavolare una discussione banale piuttosto che spremersi le meningi su un possibile colpevole.
<< Sì! >> rispose Joe. << Non mi dica che non conosce le donne come Jane! La mattina si svegliano di buonumore, e alle due le può trovare iraconde e scontrose! Nel caso specifico, poi, Jane è sempre più irritata, ultimamente! Forse è la vecchiaia a renderla così intrattabile, chissà! >>.
<< E che mi dice di mister Wilson? Sua moglie ha asserito, l’altro giorno, che aveva stretto con lui una buona amicizia! >>.
<< Parlano con tono distaccato, a dir la verità! >> spiegò Joe. << Ma è un brav’uomo, anche se può sembrare il solito scansafatiche farfallone! >>.
<< Mi chiedevo, per quale motivo lui e la sua combriccola sono venuti qui a Randywick? >>.
<< Ah, ma per giocare a carte! >> esclamò Joe. << Amano i circoli in cui… in cui si gioca, sa, signorina Lovegood! A buon intenditor, poche parole! Sono venuti qui, credo, per abbandonare quei postacci nei quali si entra col sorriso e le tasche piene e dai quali si esce col portafogli vuoto ed una faccia depressa! >>.
<< Intende dire che giocano d’azzardo? >>.
<< Ma sì! Però, ammetto che non mi va di biasimarli… Ai miei tempi, anche io ho commesso certi errori! E poi Wilson mi è sempre stato molto simpatico, nonostante tutto! >>.
<< Mi fa piacere che abbia chiesto di Terence, signor Event! >> disse Luna. << Adesso, se mi vuole scusare, vado a prendere una boccata d’aria! >>.
<< Prego, prego! >> concluse Joe, e si accomiatarono.
Luna portò a Terence un barattolo di marmellata, prima di lasciarlo sotto le sue calde coperte. Uscita in balcone, trovò Elvira, la moglie dell’avvocato Follin, che si scolava una bottiglia di inebrianti. Le si avvicinò cautamente e la vide vacillare in maniera preoccupante.
<< Ha bisogno di aiuto, signora Follin? >> domandò gentilmente.
<< Oh, signorina Lovegood! >> esclamò Elvira, ridendo come una matta e singhiozzando sotto l’effetto dell’ alcool. << No, no! E che aiuto dovrei volere? Hic! Sta venendo Marcus, sa… Oh, aspetti di conoscerlo! Hic! E’ una persona f-fantastica! >>.
<< Lei non sta bene! >> disse Luna con una nota di scoramento nella voce.
<< Ma le dico di sì! Hic! Oh, la testa! Ho un gran male alla testa! Ma Marcus me lo farà passare, signorina Lovegood! >>.
<< Venga qui, la porto nella sua stanza! >>.
<< No, no, non ce n’è affatto bisogno! Hic! >> esclamò Elvira, con un sorriso ebete. << Vada da Terencino, che non sta molto bene, a quanto vedo! >>.
Luna sbarrò gli occhi e rimase estatica per un attimo.
“E’ l’effetto dell’alcool che la fa parlare in questo modo!” si disse poi. “Questa è una brava persona, ne sono certa!”.
Afferrò Elvira per il braccio e la portò dentro. La signora Follin si dimenava, protestando e ridendo, ma Luna non la lasciò andare. Scesero al pianterreno.
<< Qual è la sua stanza, signora Follin? >>.
<< Hic! Stanza… numero… tre! >>.
Luna si spazientì, bussò alla porta della camera ma nessuno rispose. Abbassò la maniglia e si ritrovò in una camera perfettamente uguale alla sua, ma decisamente più disordinata. Adagiò sul letto Elvira e ne approfittò per dare uno sguardo intorno.
Fu colpita da qualcosa di bianco che fuoriusciva dalla valigia della signora Follin.
<< Cosa tiene lì dentro, Elvira? >>.
La donna scattò in piedi immediatamente. << Non è niente… io tengo quello che voglio nella mia valigia! >>.
<< Certo, certo! Ma quello, >> disse Luna, << sembra quasi un osso! >>.
Elvira si chinò per chiudere meglio la sua valigia. Luna fu sicura di vedere, al suo interno, la copia perfetta di uno scheletro umano, riprodotta in plastica.
La signora Follin chiese a Luna di uscire dalla camera. La ragazza obbedì, ma, non appena fu nel corridoio, si sentì immensamente confusa per ciò che le era parso di vedere nella valigia di Elvira.

* * *

Dopo il pranzo, Jane Event passò per le stanze con l’intenzione di spolverare. Marcus Wilson le aprì la porta dopo qualche minuto. Jane Event trovò la finestra che dava sul balcone completamente spalancata e delle tracce di scarpe sulla guarnizione marmorea. Pur se leggermente dubbiosa, tenne a bada la curiosità e si precipitò nella camera di Anthony Follin, che dormiva, russando sonoramente. Elvira sembrava essersi messa da poco sotto le coperte. I capelli grondanti di sudore erano letteralmente appiccicati al suo viso, e la donna non sembrava in una buona condizione. Poco prima che Jane Event cominciasse a ripulire velocemente la camera, Elvira infilò la sua valigia sotto il letto, poggiò la testa sul cuscino e cominciò a balbettare frasi scollegate e prive di senso. La proprietaria dell’High Magic Hotel si ripromise che non avrebbe più venduto alcolici a quella povera donna.
“Si sta rovinando, la tapina!” pensò tristemente.
Non appena bussò nella camera della donna dai capelli blu, non le giunse alcuna risposta. Jane Event sentì come un presentimento terrificante. Ricordò che Skali non aveva partecipato alla colazione, né si era fatta viva quella notte. A pranzo, non si era neanche presentata. C’era indubbiamente qualcosa che non andava.
<< Sono la signora Event, devo riordinare la stanza! Si può? >>.
Toc, toc, toc.
<< Signorina, risponda! >> esclamò a voce più alta, reggendo la scopa in mano.
Accorsero Louis e Walter Jefferson, i gemelli. << Ha bisogno di aiuta, signora Event? Cosa succede? >>.
<< La donna coi capelli blu! Santo Cielo, non risponde! >>.
Walter si avvicinò alla stanza e bussò coi pugni serrati. << C’è nessuno? >>.
Non ci furono risposte.
<< Vado a prendere il passepartout! >> disse Jane Event.
<< Faccia in fretta! Non vorrei che una perdita di tempo ci costasse la vita dell’ennesimo cliente… >>.
Jane Event emerse qualche minuto dopo con una chiave minuscola, che inserì premurosamente nella toppa. Quando, con una spinta, aprì la porta, si accorse che la camera era vuota.
<< E’ scomparsa! >> esclamò Louis Jefferson, e la signora Event non poté che annuire gravemente.




  
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