Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Summer9    27/10/2004    3 recensioni
Potrebbe essere l’inizio di una storia… Potrebbe esserne la fine… O potrebbe essere un semplice incontro…
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Andrà tutto bene…

Appunto: “…” parlato

             _…_ pensato

Buona lettura!!!

Andrà tutto bene…

 

Le sue palpebre ancora molto pesanti si aprirono faticosamente, quasi una forza oscura impedisse che vedessero di nuovo quel mondo che così poco gli aveva dato per essere felice.

Piano, come se quell’impercettibile movimento fosse ancora troppo doloroso, presero a sbattere per rendere più nitida l’immagine, anche se i suoi occhi sembrava non volessero saperne di vedere ancora ciò che gli stava intorno…perché? Era così bello pensare che finalmente fosse tutto finito, invece si trovava di nuovo sveglio, nel suo letto, ad osservare con quei suoi occhi ormai opachi il soffitto che tante notti insonni ed inutili aveva ospitato il suo sguardo vacuo e dimenticato da chi l’aveva tradito.

Ma più tutto si focalizzava, più tutto diventava nitido e semplice, più si rendeva conto che quello non era il suo soffitto e quello non era il suo letto, che tante notti aveva tremato al suo dibattersi frenetico a incubi che tormentavano il suo cuore forse troppo debole.

Lentamente cercò di sedersi e sulla sua pelle le lenzuola scivolarono ruvide, come se mille volte altrettante persone come lui le avessero usate come protezione dal gelido e sferzante vento della tristezza.

Intorno a lui, nel buio del primo mattino, qualcosa frusciava setoso, si guardò intorno e non vide nulla….com’era possibile? Eppure qualcosa bloccava la sua visuale, si sentiva come intrappolato in una prigione di veli che sibilanti ma invincibili lo costringevano in una realtà di buio eterno.

Possibile fosse tutto sempre così mero per lui, come la predizione di un destino sfuggevole e goliardo? Possibile che in nulla trovasse spiegazione plausibile con la percezione dei suoi sensi ormai perduti?

Forse, semplicemente, aveva deciso che la realtà era contata troppo per lui nel passato, e che adesso era ora di vivere solo in balia della fredda logicità dell’illusione.

Nemmeno lui lo sapeva, nemmeno lui riusciva più a capacitarsi di quali fossero le sue aspirazioni più inconsce, ma, straordinariamente, non gli importava, per quello che avrebbe perso se il suo respiro non fosse mai tornato in superficie riteneva opzione molto più auspicabile rimanere per sempre incatenato da vincoli invisibili, che non emettevano rumore di forti e assordanti clangori se anche lui si muoveva in quel carcere di scabri panni.

Convinto di quella scelta si stese di nuovo protetto dal calore di quelle coperte estranee e chiuse gli occhi, cercando il sonno conciliante, ma, più si ostinava a voler far calare di nuovo l’oscurità sulla sua mente, più una luce fastidiosa che gli bruciava le iridi si insinuava alla sua vista.

Imperterrito, le mani a coprire gli occhi, cercava di scacciare quella luce di cui non capiva la provenienza, ma, per quanto fosse un mago potente, più dello stesso Voldemort, che per secoli bui aveva terrorizzato maghi e streghe dei più valorosi, nemmeno a lui spettava il potere di bloccare l’avanzare del giorno e, ben presto, uno spietato sole di mezzodì gli rivelò ciò che in precedenza aveva scambiato per luogo di dannazione per le anime in pena.

Finalmente Harry si accorse che non si trovava in un qualche posto fantastico raggiunto dopo la sua dipartita, ma semplicemente in un’impersonale camera d’ospedale.

Per la seconda volta si mise a sedere e con uno scatto secco delle braccia scostò la nera tenda che fungeva da separè per il suo letto.

In questo modo però la luce fu libera di raggiungerlo con più forza, accecandolo: si protesse coprendosi il volto con l’avambraccio destro, che sfiorò la superficie liscia di una benda che gli circondava il capo.

Quando l’effetto del sole finalmente cessò il moro prese a tastarsi la fasciatura con entrambe le mani.

Cosa diamine ci faceva ricoverato lì, dolorante e medicato?

E perché si trovava in una stanza da solo, senza altri pazienti?

In cerca di risposte si alzò a fatica dal letto, sul quale ricadde immediatamente in seguito ad un forte giramento del capo.

Intestardito dalla confusione si rimise in posizione eretta, questa volta con maggior flemma e a passi stentati cominciò a vagare per l’edificio, fino a che non raggiunse una zona brulicante di persone.

Era assurdo, ma sembrava che fosse stato appositamente assegnato ad un’ala deserta, infatti, quello da dove proveniva, era l’unico luogo dove non vi era la presenza di anima viva, eccettuato lui.

Aveva appena individuato un’infermiera carina e dall’aspetto affabile alla quale volentieri avrebbe chiesto spiegazioni, quando si ripresentò una fitta dolorosa allo stomaco e finì carponi al suolo, sostenendosi con un arto tremulo, mentre l’altro, sempre malfermo, afferrava la parte pulsante.

Improvvisamente una donna con la forza dell’uragano lo afferrò fortemente per le spalle, sollevandolo, mentre un conato potente minacciava un’imminente bisogno di una visita al bagno.

“Io…io credo di star per vomitare” “Ma certo signor Potter, lei non dovrebbe assolutamente essere qui, non dovrebbe assolutamente alzarsi dal suo letto, per qualunque cosa basta semplicemente che prema il campanello di assistenza” “Qua-qua-quale? Io non ho visto nulla…io…io non so nemmeno dove sono, perché sono solo?” “Calma, calma” ripeteva allarmata la giovane mentre, sorreggendolo con la sola forza delle sue braccia, lo riaccompagnava nella sua camera.

“Lei ora deve solo riposarsi e dormire, non si deve preoccupare di null’altro” “AL DIAVOLO!” sbraitò d’un tratto liberandosi dalla stretta poderosa di lei con una forza di cui non si capacitava l’esistenza al momento.

“Si calmi lei! Io voglio sapere dove mi trovo e perché mi trovo qui! Cosa mi è successo? Non mi ricordo nulla!” con un’espressione preoccupata che le deformava il volto la donna cercava cautamente di riavvicinarsi all’uomo che non sarebbe riuscito a reggersi da solo per molto tempo ancora e, nel frattempo, gli parlava con la voce più suadente e convincente che fosse riuscita a trovare nel suo repertorio.

“Senta, io non so nulla, ho cominciato a lavorare oggi, alle sei, mi hanno semplicemente detto di non lasciarla mai alzare se non per casi eccezionali e di darle due volte al giorno una pozione ricostituente, tutto qui” ora era riuscita a ristabilire un contatto con lui e adagio, senza fare gesti inconsulti che lo avrebbero innervosito, lo stava pian piano riportando nella sua stanza “D-d’accordo, ma non sa cosa mi sia successo? Chi mi ha portato qui? Non…la  mia memoria fa un po’ cilecca ultimamente…” “E’ normale, un trauma spesso è seguito da vuoti di memoria, ma tutto tornerà alla luce con il tempo, dopotutto è qui solo da due giorni” “Due giorni?” sentendo il suono più docile ed arrendevole delle parole di lui il suo animo si acquietò un po’ e, con un sorriso conciliante annuì alla sua domanda “Ho dormito tutto questo tempo?” di nuovo un cenno con il capo “E…davvero non sa chi mi ha accompagnato?” “Mi spiace, in questo non posso davvero esserle utile” il moro sospirò, definitivamente arreso.

Finalmente, passo dopo passo la donna, che Harry scoprì chiamarsi Julia, lo ricondusse al caldo di quelle ruvide coperte e lo pregò di non fare più gesti tanto azzardati.

“E si ricordi” aggiunse quando fu sullo stipite della porta, ruotando leggermente il capo per accertassi che la stesse ascoltando “Per qualunque, ripeto, qualunque cosa, prema quel grosso pulsante blu e io o una mia collega saremo subito da lei, più tardi nel pomeriggio invece la visiteranno i medimaghi” concluse prima di sparire alla sua vista mentre un sordo rumore di tacchi che scompariva assorbito nella lontananza preannunciava ad Harry il silenzio della solitudine.

E così era al San Mungo, reparto malattie e ferite magiche.

Perfetto.

Proprio quello che ci voleva per apportare una ventata di allegria alla sua vita.

Seduto sul ciglio del letto cigolante fissava inebetito il panorama invernale che risplendeva dalla finestra, chiusa, perché il vento freddo di gennaio inoltrato non peggiorasse la sua già precaria salute.

Era quasi accecato dalla purezza di quel paesaggio innevato che gli esseri umani stavano distruggendo dall’interno, come fossero un cancro, avidi dei frutti che la terra fin troppo generosa offriva loro su di un piatto d’argento.

Spesso come allora si era perso a rimirare i dolci pendii delle chiome sempreverdi dei pini che ospitavano la neve soffice come se il peso della gravità fosse annullato su di loro, la città immersa in quell’immacolato candore che la rendeva eterea ed impossibile, il cielo plumbeo ma magico, ingombro di nuvole di panna che piangevano lacrime di soffice latte.

Osservava la neve e rimpiangeva il tocco soffice dei suoi fiocchi che si scioglievano solleticanti sulla sua pelle, rimpiangeva la gioia che una volta provava quando al suo risveglio dalle finestre di Hogwarts ne vedeva il campo ricoperto ed aspettava impaziente il week-end per potervisi divertire con i suoi amici, ma, allo stesso tempo, odiava quegli allegri cristalli ghiacciati che, scendendo in giocose spirali si prendevano gioco di lui, come quel giorno, quell’infausto giorno che spesso sperava cancellato nel suo cuore ma che ogni anno di più, in quel periodo, faceva sentire il peso della sua presenza indesiderata.

Era infatti verso la fine del primo mese del settimo anno che Hermione lo aveva abbandonato, lasciandolo precipitare nel anfratto dello smarrimento, era un giorno di Gennaio quando, mentre la neve calava scherzosa dal cielo tingendo tutto di magia e morigerata atmosfera, lei si era voltata, allontanandosi, per non fare mai più ritorno nella sua vita che, con quel gesto di indifferenza, aveva anche condannato ad una inconscio ma profondo, eterno, tormento.

Scosse il capo –No!- quello era essere melodrammatico, troppe volte si era ripromesso di ricominciare a vivere e troppe volte si era permesso di cadere di nuovo nel baratro dell’autocommiserazione; certo, quella era la via più facile, ma non la migliore.

Quanto era difficile però tornare a camminare eretti dopo essere stati assuefatti dalla comodità della quadrupedia!?! Lui lo sapeva bene, lui, che tante volte aveva tentato, fallendo miseramente.

Ma forse, rifletté, quella era la sua ultima possibilità, forse il bisogno di tornare a Londra, l’irrazionale dirigersi verso i luoghi più frequentati dalla donna, era una necessità di vedere da cosa era fuggito per avere un impulso a non incorrere nel destino cui lo aveva condannato con il suo disgusto.

-Forse…- si disse, ma al momento non aveva molta voglia di pensarci.

Sconsolato, disubbidendo agli ordini della giovane infermiera, si diresse verso la finestra e, dopo aver appoggiato la mano sul vetro, per vedere se poteva sentirlo ancora freddo al tatto, per accertare se anche il suo corpo, come il suo animo, non avesse perso del tutto a sensibilità, tirò una cordicella grigia, facendo così abbassare le tapparelle: troppe memorie indesiderate portava alla sua mente quel paesaggio invernale così innocente eppure così sadico.

Stancamente, voltando le spalle a ciò che voleva sparisse per sempre dalla sua vita, si distese di nuovo sul duro giaciglio dove, chiudendo gli occhi affaticati cercò di farsi tornare in mente quello che era successo due giorni prima, cercò di capire come fosse arrivato lì e se ci fosse qualcuno che sapeva dove fosse o, almeno, cosa gli fosse successo.

Inizialmente però il tentativo sembrò portare solo una potente emicrania.

Ma lui era testardo e, impegnandosi, non con poca fatica, riuscì a far sì che qualche immagine cominciasse a delinearsi sulle palpebre che facevano da schermo ai suoi pensieri.

Raggiunta questa meta non fu fortunatamente complicato mettere in ordine i tasselli mancanti…

Non aveva capito quanto fosse stato realmente svenuto, ma rammentava che al suo risveglio in casa c’erano ancora solo lui ed i due volatili che si contendevano, in una lotta di versi, la gabbia di Edvige per un sonnellino pomeridiano.

Successivamente si era alzato, maledicendo i pigolii(scusate la mia ignoranza ma al momento mi sfugge il verso dei rapaci ndS) acuti emessi dai becchi adunchi di quelli che, in quel  momento, si sentiva solamente di definire uccellacci ed era corso subito in bagno, memore della cicatrice sanguinante che non era stata mai un buon segno.

Mentre attraversava la casa il suo corpo veniva alternativamente scosso da brividi di febbre e tremori alle articolazioni che sentiva deboli sotto di lui e le sue tempie pulsavano sempre più forte, rendendo la sua testa pesante e la sua vista confusa.

Quando aveva finalmente raggiunto lo specchio aveva notato che l’emorragia si era fermata, ma che sul suo volto campeggiava un terreo, nonché allarmante pallore; subito si era rinfrescato il viso per tornare un poco lucido e levarsi il fastidioso sangue rappreso.

Ben presto però a tutto ciò si era aggiunto una forte nausea unita ad un vuoto allo stomaco.

Aveva allora deciso di mangiare, che alternative aveva? Si sentiva debilitato e la febbre stava invadendo le sue membra come un’infezione invincibile, non poteva affrontarla in quelle condizioni.

 Non era stata purtroppo, tuttavia, un’ottima idea: di forze, come già detto, ne aveva ben poche e cucinare gli levò la scarsa linfa vitale rimastagli che non riuscì a sostituire con il cibo poiché fu prontamente restituito al mondo.

Quello che era seguito lo ricordava come lontano e avvolto da nebbia.

La malattia, come i fumi dell’alcol, lo aveva irretito e stordito, tutto ai suoi occhi si presentava come avvolto da un alone che lo rendeva sfocato e soffice, quasi impalpabile.

Gli sembrava di essere entrato in un mondo di sogno, come nelle fantasie dei bambini che spesso si immaginano una realtà tutta costituita da zucchero filato o altri elementi non dissimili.

Sentiva la lucidità scemare a poco a poco mentre tutto nella sua mente suonava distorto ed improbabile, come il giorno precedente tutto quello che la casa ospitava o, più precisamente, la casa stessa, divenne a lui estranea.

Vagare senza meta per i dedali ormai sconosciuti di quell’edificio era a quel punto improponibile.

Aveva quindi tutto il raziocinio rimasto e le sue riserve di ossigeno per raggiungere la camera da letto, unica stanza di cui ricordava l’ubicazione e si era immerso nelle morbide coltri di seta e piuma del suo letto e si addormentandosi…

Sentiva qualcuno fissarlo intensamente…

Infastidito da quella sensazione cominciò a destarsi…

Il capo gli doleva ancora un po’, ma l’urto del vomito era totalmente scomparso…

Ancora con la vista confusa si mise seduto e poi a tentoni cercò sul comodino spigoloso gli occhiali, non c’erano.

Aprì un cassetto: probabilmente i medimaghi ve li avevano messi dentro, pensò, ma non li trovò nemmeno lì.

Non poteva fare altro, così si voltò nel tentativo molto improbabile di capire chi avesse davanti, mentre si chiedeva come avesse fatto prima ad attraversale l’ospedale senza l’ausilio di quello strumento per lui indispensabile.

Fu grande lo stupore quando si accorse chi stava seduto al suo capezzale su di una alquanto scomoda sedia di plastica.

Quella sagoma di chioma ricciuta poteva riconoscerla in mezzo a milioni di altre a cento metri, persino senza occhiali (come quella di Mary Poppino per intenderci ;-) ndS ahem… ndTutti si, lo so, la battuta nn era delle migliori, ma concedetemene la licenza, nn ho uno spirito dell’umorismo molto spiccato ndS).

La ragazza gli porse gli occhiali con gentilezza e, quando finalmente li ebbe indossati, gli regalò uno dei suoi soliti solari sorrisi.

“Lo sapevo di beccarti ancora mentre dormivi!!! Non ti sembra di aver riposato abbastanza? E’ da quando ti ho portato qui che non fai altro, vorrei anche parlarti io, soprattutto riguardo ad una certa lettera” gli disse e, mentre il suo tono diventava maggiormente grave e serio il viso di Harry si adombrava sempre di più.

“Io non…non so se ne ho ancora la forza, di affrontare tutto questo di nuovo, intendo…” “Non ti preoccupare, andrà tutto bene” “Lo spero” affermò allora lui tristemente.

La ragazza, con sguardo altrettanto mesto, annuì come segno di incoraggiamento e, sporgendosi verso il letto, lo abbracciò, tenendolo stretto, fino a che non sentì le lacrime amare del moro impregnare la sua maglietta…

Finalmente, anche se non felice, Harry non si sentì più solo…

 

Okkei, lo so…il ritmo di questo capitolo è stato ancora lentissimo e so ke nn è successo ancora molto, ma m servivano assolutamente dei capitoli di introduzione per…bè, credo che nel prossimo si capirà dove volevo andare a parare cn questa storia di Harry che sta male…

Domanda da un milione di dollari: chi è la ragazza riccia?

Avete notato che nn ho detto il nome? Potrebbe nn essere Herm, ma potrei aver semplicemente evitato di chiamarla x nome x farvi venire il dubbio…voi ke dite? E poi, se è lei, com’è che Harry si comporta così diversamente?

Ma passiamo alle risposte dei vostri stupendissimi commenti:

 

Serena: sn contenta che tu abbia deciso di recensirmi anke se nn lo fai mai e, sperando nn sia sl x la mia poco velata minaccia che senza recensioni la storia nn va avanti, ti ringrazio anche x il nove!!!! Se tutti i miei prof fossero di manica larga cm voi sarebbe una manna!!!! Spero che continuerai a dirmi che ne pensi della mia storiella!!!! Grazie 1000 x questa rec e in anticipo! Un baciox!

 

Raissa_2: grazie x la tua recensione, ti assicuro che nn hai compromesso il tuo commento cn parole senza senso, ho capito benissimo cosa volevi dire e ti ringrazio x il tuo sforzo, davvero!!!

Come ho già detto anche questo capitolo è un po’ lento, ma dal prossimo sn abbastanza sicura di poter entrare nel vivo della narrazione, cominciando a svelare poco per volta quello che è successo tra Harry ed Herm che si, in parte centra cn la storia di Ron, ma è una storia che si perde ancora tra le vecchie ma solide mura del castello di Hogwarts.

Sxo che nn ti abbia annoiato molto il ritmo lento e so ke tenervi sulle spine cn quello che è succ tra i due è un po’ sadico, ma m piace la suspance e poi la trama è basata in gran parte su quella cosa, se la svelo subito poi come continuo?

E poi, la ragazza misteriosa? Chi è mai?

Fammi sap ke ne pensi…un bacioz!!!

 

Gius: bene, è bello sapere che la mia storia ti piace molto e che pensi che io abbia stile, m incoraggia davvero parecchio…quindi, sxiamo sl che il tuo computer nn sia in vena di scherzi giusto?

Cm ho detto anche a Raissa cn questo chap nn si scopre gran che di più, né si va avanti d molto cn la narrazione, ma sarà un introduzione molto importante x…qualcosa che,ripeto, nn posso dire ora.

Cmq, x precisare, io nn è tanto che nn credo che la storia nn meriti, ho sl paura che nn piaccia, anche se forse, effettivamente, è la stessa cosa, ma cinque recensioni per soli due capitolo x me sn già un bel traguardo, contando anche che tu mi hai dato 10 e Serena 9, xciò, x quanto possa buttarmi giù, questi giudizi mi lusingano molto…

Thanksissimo x il commentuzzo!!!! Un bacioz!!!

 

X tutti: alla prossima!!!!!

 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Summer9