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Autore: _Pan_    10/04/2008    3 recensioni
STORIA INTERROTTA
Questa fanfiction verrà un po' lunghetta, più o meno una quarantina (facciamo una cinquantina, eh?) di capitoli. Nella prima parte, parliamo della vita di Celiane prima e durante la sua storia con Apollonius (senza tenere conto dell'anime). Nella seconda parte, invece, torniamo alla Daeva, a distanza di parecchio tempo. Questa fanfiction è, in uno strano modo, legata all'altra, ovvero "La profezia della rinascita", nel senso che senza di essa non potrebbe esistere, e, probabilmente, viceversa.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 1 - Incontro nel bosco

Gli attacchi degli Angeli si facevano sempre più frequenti. Le città non erano più un posto sicuro, ormai ognuno aspettava di essere la loro prossima vittima.
Celiane, chiamata principessa, era la figlia del governatore della città, e sedeva su un ramo di un albero, in giardino, aspettando notizie del fratello, partito con l'esercito del governatore per affrontare gli Angeli delle Tenebre. Tutti erano colti da un'insana paura che non gli permetteva neanche di uscire di casa. Neanche il fratello di Celiane voleva partire per la guerra: lui odiava la violenza e non era neanche tanto bravo con la spada, al contrario di sua sorella, ma chi avrebbe mai chiamato a combattere una donna? Proprio a dimostrazione del fatto che una donna non sarebbe mai e poi mai entrata nell'esercito, sei mesi prima suo fratello era dovuto partire. Celiane sospirò, cercando in tutti i modi di scostarsi i capelli che andavano a coprirle il viso, a causa del leggero vento. Alla fine ci rinunciò, tanto era inutile. Proprio non li sopportava lunghi in quel modo, se solo le avessero permesso di tagliarli, l'avrebbe fatto. Tuttavia, suo padre pensava a cosa avrebbero detto tutti quanti, se lei non avesse portato i capelli lunghi come ogni buona signorina. Sbuffò e pensò che la sua vita era una prigione.
In più, ogni giorno che passava si chiedeva se suo fratello era vivo o morto, possibile che non giungessero notizie, dannazione? Non poteva credere che fosse morto! Non lui! Non eccelleva certo in tecniche di combattimento, ma non era neanche uno che si lasciava battere facilmente! Si erano sempre allenati insieme, fin da piccoli, anche se il loro padre disapprovava completamente che Celiane provasse interesse per le armi: lei era una donna, quello era un campo che non le competeva.
Appoggiò la testa alle braccia e osservò il cielo, curiosamente limpido. Fece un sorriso storto, sembrava che la prendesse in giro per quant'era tranquillo, sembrava che gli Angeli delle Tenebre non fossero mai arrivati, le poche nuvole che riusciva a vedere di mattina erano bianchissime e, ogni volta che stava a guardarle, le ricordavano un cuscino. Ma, quella sera, non c'erano, stranamente, nuvole e si chiese se gli Angeli avrebbero attaccato.
“Chissà com'è..” si domandò Celiane, da sopra il ramo dell'albero su cui era salita. “..volare.” chissà cos'avrebbero detto i suoi familiari se solo le avessero sentito bisbigliare una cosa del genere. Consideravano tutto ciò che era diverso da loro una minaccia, perfino il fatto che una persona volesse andare contro le regole li sconvolgeva; quindi, se provava a manifestare la sua voglia di combattere, le avrebbero dato dell'incosciente, della pazza, di quella che non sa stare al proprio posto e, probabilmente, suo padre l'avrebbe anche punita per la sua insolenza.
Erano sparite tante persone dal villaggio, lei lo sapeva, ma gli Angeli delle Tenebre la incuriosivano. Non aveva paura di loro. In caso, sapeva difendersi e gli Angeli delle Tenebre spesso sottovalutavano le donne, chi mai si sarebbe aspettato qualcosa da loro? Aveva questo vantaggio e, anche se era poco, poteva salvarle la vita.
“Vorrei tanto sapere perché ci odiano tanto.” disse, staccando una foglia dal ramo che aveva sopra la testa e cominciando a strapparla, come un foglio di carta. “E perché ci rapiscono, soprattutto. È senza senso! Perché non ci uccidono e basta se è solo la guerra che vogliono? Che ci fanno con quelli che rapiscono?”
Si stese di nuovo sul ramo, chi mai avrebbe risposto alle sue domande? Nessuno lo sapeva e chi lo immaginava non aveva voglia di risponderle e questo la irritava. Tutti, tutti quanti la trattavano come se fosse una stupida che non può pensare cose ''troppo elevate'' come gli uomini. Anche questo suo modo di pensare era considerato sbagliato dalla sua famiglia e dalla gente, ma aveva sempre avuto suo fratello come termine di confronto e quella disparità di trattamento non le era mai piaciuta. L'unico che sembrava capirla era proprio lui, ma adesso era partito, presunto morto.
Venne risvegliata dai suoi pensieri dalla voce di suo padre, era arrabbiato, probabilmente la stava cercando e non l'aveva trovata.
“Celiane” lo sentì. Lei si affacciò e lo vide. “Quante volte ti ho detto che non devi stare in giardino, ma in casa?”
“Lo so, ma..” tentò lei, ma quando suo padre assunse un'espressione infastidita, rinunciò a rispondere e scese dall'albero. “Chiedo scusa. Non succederà più.”
“Lo spero bene!” la sgridò. “Ti ho cercata dappertutto! Credevo che ti avessero rapita gli Angeli delle Tenebre, per quanto tu sia poco utile, non essendo in grado di combattere, non posso perdere due figli su due! Lo sai che di solito a quest'ora vengono a prendere le loro prede, maledizione.”
Celiane strinse i pugni e si morse il labbro, per non rispondergli che lei non era inutile e che suo fratello era certamente vivo, ma decise di stare in silenzio, il rispetto era tutto per la sua famiglia e per suo padre, a cui non importava altro che le regole, l'onore della famiglia e se stesso.
Decise di rientrare, tanto non avrebbe risolto niente, provando a parlare con lui, sempre che gliel'avesse permesso.

Celiane salì in camera e si stese sul letto, si voltò verso la finestra e tornò a fissare il cielo notturno, pieno di stelle, che prima non aveva notato. Sentì il rumore degli zoccoli di un cavallo, provenivano dal cancello, riuscì a sentirli perché aveva la finestra aperta.
“Che sta succedendo?” si alzò e si diresse verso la finestra. Suo padre era ancora in giardino e si chiese se era a causa di quell'uomo al cancello che l'aveva spedita in casa. Riusciva a distinguere ben poco da quella distanza, e non riuscì a cogliere una sola parola del discorso che suo padre e lo sconosciuto stavano facendo. “Cosa può volere da noi?”
Dopo un bel po' di tempo, vide l'uomo salire di nuovo sul cavallo e allontanarsi a grande velocità. Pensò di scendere e chiedere a suo padre cosa fosse successo, chi fosse quell'uomo e cosa volesse, ma poi pensò che non le diceva mai niente che riguardasse gli affari di famiglia. Scese comunque, tanto avrebbero dovuto cenare e sperava che ne avrebbe parlato almeno lì, dove c'erano tutti.
Infatti, suo padre, come da lei previsto, informò sua moglie dell'accaduto, poco prima che i servi portassero le pietanze. Celiane, facendo finta di interessarsi ai fatti suoi, in realtà era molto presa dalla conversazione.
“C'è un problema” lo sentì esordire con questa frase. “Si tratta di nostro figlio.” Celiane spalancò gli occhi e sbiancò: possibile che fosse... morto? Non si mosse di un millimetro, sconvolta.
La moglie lo guardava, con apprensione. “Cosa gli è successo?”
L'uomo sospirò e prese fiato. “Un soldato, questa mattina, mi ha riferito che è stato catturato.. dagli Angeli delle Tenebre, due mesi fa.” Celiane alzò la testa, esterrefatta e incredula, verso suo padre. Come poteva essere così tranquillo? Non era forse sangue del suo sangue? Spalancò la bocca ma non riuscì a dire niente, se non:
“Dobbiamo andare a riprenderlo!” si alzò. “Potrebbe essere ancora vivo!”
Suo padre si girò verso di lei, deciso a considerarla per la prima volta in vita sua, anche se lei credeva che fosse solo per umiliarla. “E come pensi di fare, di grazia?” le chiese, alzando entrambe le sopracciglia. “E comunque, se lo hanno preso gli Angeli delle Tenebre, non c'è più speranza per lui, tutto ciò che possiamo fare è preservare la nostra vita, Celiane.”
“Volete dire che...” tentò lei, sconvolta più di prima per la freddezza dimostrata dal padre, mentre la madre non apriva bocca, col viso rigato dalle lacrime. “..che non farete niente, padre? Che non volete neanche tentare di trovare il vostro erede?”
“Ci avevo già pensato quando lui è partito.” le disse. “Intendo.. avevo pensato che sarebbe morto. Per questo temo che dovrai sposare qualcuno al più presto, Celiane.”
Celiane rise, amaramente. Ecco cos'era lei: un oggetto di scambio, senza alcun valore. “E cosa sono io? Una merce da barattare? No, non questa volta!” strinse i pugni, mentre suo padre la guardava come se fosse un residuo di immondizia sulle sue scarpe. “Andrò da sola a cercare mio fratello, se necessario!”
“Cosa?” chiese lui, tornando a fissarla in faccia “Tu?” Celiane odiava il tono di sufficienza e l'espressione con cui la guardava. Possibile che la considerasse meno di niente?
“Potrei entrare nell'esercito e..” tentò, anche se sapeva che sarebbe stato tempo perso.
L'uomo rise di cuore. “Tu? Una donna? Nell'esercito?”
“Cosa c'è di sbagliato?” quasi gridò, in preda alla rabbia. “Voglio solo ritrovare mio fratello! Io non sposerò mai qualcuno solo per i vostri interessi, padre! Sono una persona, non un oggetto!”
“Non entrerai mai nell'esercito, Celiane.” le rispose, categorico, ignorando l'ultima parte del discorso. “Sei una donna, questo devi accettarlo, punto e basta.”
Celiane scosse la testa. “Voi neanche ci provate a capirmi!” si voltò, in lacrime, e scappò al piano di sopra, in camera propria. Suo padre non la capiva, sua madre non aveva mai voce in capitolo e.. beh.. nemmeno lei era molto considerata. L'unico che aveva diritto di parlare in quella famiglia era suo fratello, ma non per questo era diventato come il loro padre, per lui loro non erano altro che fonte di ricchezza e di potere. Voleva, anzi doveva, salvarlo, per niente al mondo l'avrebbe lasciato nelle grinfie degli Angeli delle Tenebre! Lui poteva essere ancora vivo e, se lo era, lei l'avrebbe ritrovato, a qualsiasi costo, e c'era solo un modo per farlo.

Si diresse verso la finestra e si appoggiò al davanzale, mettendo la testa sulle braccia conserte, lasciando che i capelli arrivassero a pizzicarle le mani.
“Quando diventerò un soldato” si disse, mentre prendeva in mano una lunga ciocca bionda “Potrò finalmente liberarmi di voi!” li odiava, forse perché erano l'ennesima imposizione che detestava. Anche se non sarebbe potuta diventare un soldato, si disse, se ne sarebbe comunque andata, con o senza armi avrebbe cercato suo fratello e l'avrebbe riportato a casa, dimostrando finalmente a suo padre che valeva qualcosa, al contrario di quello che aveva sempre pensato.
Si strofinò le mani sulle braccia, l'aria di quella sera era un po' fredda e, mentre si girava per tornare dentro, qualcosa attirò la sua attenzione. Quando socchiuse gli occhi per osservare meglio, non vide nulla, solo il buio della notte.
“Me lo sarò immaginato.” disse e fece per voltarsi quando vide chiaramente qualcosa – o qualcuno – che stava precipitando. “Ma cos..?” si sporse un po' di più per capirci qualcosa, ma era troppo lontano perché potesse distinguere bene la figura misteriosa. “Le persone non piovono dal cielo, che sta succedendo?”
Si scostò dal davanzale e scosse la testa, poi guardò nuovamente, e ciò che aveva visto, stava frenando la sua corsa, sparendo tra le chiome degli alberi che segnavano il confine del loro villaggio. Non poteva perderselo! Magari era un umano sopravvissuto alla cattura degli Angeli, se era così doveva saperlo, e doveva anche sapere se aveva incontrato suo fratello e se stava bene. Ancora incredula, Celiane si sporse dalla finestra, per vedere se qualcun altro poteva aver visto la stessa cosa, tuttavia, non c'era nessuno nei paraggi, tutti rintanati in casa, fortunatamente. Si morse il labbro inferiore, era curiosa, maledettamente curiosa. Doveva assolutamente scoprire chi o cosa era caduto tra gli alberi. Decise di andare, nessuno aveva detto, dopotutto, che qualsiasi cosa fosse successa, avrebbe dovuto essere pericolosa. L'unica cosa da fare, in quel momento, era eludere la servitù e sperare che suo padre si fosse già ritirato nei suoi appartamenti, o sarebbe stato un problema e, sprecando tutto il tempo per inventarsi uno stratagemma per uscire, avrebbe sicuramente perso l'uomo misterioso caduto nel bosco. Calarsi dalla finestra era senza dubbio da tralasciare, se non voleva farsi scoprire al primo tentativo. “L'unica è passare dalla porta! Quella della servitù e fuori discussione, ormai saranno tutti, o quasi, già lì.”
Scese al piano inferiore e, appena arrivata alle ultime scale si sporse, in modo da vedere se ci fosse qualcuno o se stesse arrivando. La sala era completamente vuota e al buio, si sistemò sulle spalle il mantello, che aveva preso prima di scendere, e uscì dalla porta, facendo attenzione a chiuderla con la massima delicatezza. Aspettò qualche secondo prima di allontanarsi, per essere sicura che nessuno avesse sentito niente, e quando vide che nessuna luce si accendeva, che nessuno accorreva per sentire cosa fosse successo, si disse che nessuno doveva essersi accorto di niente.
Arrivata lì, esitò. Tuttavia, si disse, non era quello un comportamento che un bravo soldato teneva, perché la prima dote di un combattente è il coraggio; così, respirando a fondo, si addentrò nel bosco. Lì dentro era tutto più buio e, senza che se ne accorgesse, cominciarono a tremarle le gambe: ma proprio lì doveva cadere quello? Perché non in un bel campo di fiori colorati?
“In fondo è meglio così” disse, mentre cercava la strada meno piena di rami. “Gli Angeli delle Tenebre mi troveranno difficilmente qui dentro.”
“Ahia..” disse, poco dopo, Celiane, sfiorandosi una ferita con la mano. “Dannatissimi rami. Ma dove si è cacciato?”
Effettivamente, i rami degli alberi erano molto bassi, molti anche appuntiti, e la ragazza si feriva più o meno ogni dieci passi. All'ultimo la ragazza prese un ramo e lo spezzò. “Così impari” disse, gettandolo lontano e sentendosi per un attimo soddisfatta di averla avuta vinta su un pezzetto di legno.
Pochi metri più in là, gli alberi si diradarono e la lasciarono respirare. “Finalmente!” si guardò intorno, non aveva ancora trovato quello che stava cercando, quel bosco non era immenso, possibile che fosse andata lì per niente e che quell'uomo, sempre se non se l'era immaginato, se ne fosse andato? Si sedette su una roccia e sbuffò, tanto valeva tornare indietro, anche se, con tutte le strade che aveva preso per evitare i rametti, dubitava che sarebbe riuscita a ricordarsela, anche se si fosse voltata indietro.
“Perfetto! E adesso come ci torno a casa? Se non torno prima di domattina e non mi trovano chissà che succede! Ma perché non sto mai ferma?”
Poi sentì un rumore poco raccomandabile: rametti che si spezzavano, dei passi piuttosto pesanti. Le rare volte che usciva di casa, sentiva le voci delle persone del villaggio che raccomandavano di non addentrarsi nella foresta dopo il tramonto, a causa degli spiriti maligni che vi si aggiravano, ma, quella sera, le aveva completamente dimenticate. “Stupida curiosità” bisbigliò, tra i denti, aspettando un segnale di qualche altra presenza. Ma il rumore non si ripeté. Si guardò intorno, ancora una volta, alla ricerca di qualcosa di diverso, di anormale e anche di qualcosa che potesse aiutarla a difendersi contro uno spirito maligno. Come una stupida, non era neanche uscita armata.
– Ma che ho in testa, stasera? – pensò – Non ho preso neanche qualcosa per difendermi! E ora che faccio? Come si combatte uno spirito maligno? –
Quando non sentì più niente, decise che qualcuno l'aveva graziata e che era ora di tornarsene a casa, decise di prendere la via che aveva a destra, sperando che fosse quella giusta. Si addentrò nuovamente tra gli alberi, guardandosi bene dall'evitare i rametti più appuntiti. Non poté, comunque, non sentirsi osservata da quando era finita in quella minuscola radura. Forse lo spirito maligno la stava seguendo? Forse aveva ucciso quell'uomo che era caduto e ora voleva fare lo stesso a lei? Si guardò intorno, gli spiriti maligni si potevano vedere? Che ne sapeva, nessuno gliel'aveva mai detto! Perché non era stata a sentire, da bambina, quando le raccontavano quelle storie?
Ad un certo punto si sentì tappare la bocca e trascinare all'indietro. Non ebbe neanche il tempo di chiedersi che diamine le stava succedendo che sbatté contro la corteccia di un albero, poco delicatamente.
– Un momento: gli spiriti non hanno un corpo, quindi non possono toccare, chi è stato a.. – si chiese. E pensò se fosse possibile che l'uomo che aveva visto poco prima fosse la causa di tutti i suoi problemi e della sua notte insonne.
“Che male!” disse, massaggiandosi la schiena. Che razza di imbecille le aveva fatto quello scherzo? Alzò gli occhi per guardare il suo ''aggressore'', ma era nascosto dai rami e la scarsità di luce, certamente, non aiutava.
“Chi sei?” le chiese una voce profonda. Celiane scosse la testa, ancora un po' dolorante per via della botta. Era un uomo giovane, a giudicare da quello che riusciva a vedere.
Lei, tentando di alzarsi, rispose. “Screanzato! Non si trattano così le ragazze! E io che sono venuta qui perché ti credevo ferito!”
L'uomo nascosto tra gli alberi sorrise. Evidentemente la ragazza non sapeva con chi stava parlando, altrimenti avrebbe usato ben altro tono.
“E comunque,” riprese a parlare Celiane. “da bravo cavaliere, dovresti presentarti per primo” quando, però, vide che la persona con cui stava parlando non aveva alcuna intenzione di rispondere, decise di fare il primo passo, almeno per buona educazione. Alzò gli occhi al cielo. “Mi chiamo Celiane de Alisia. E tu?”
Il suo interlocutore sospirò, con rassegnazione. Conosceva quella ragazza da meno di due minuti ed era già esasperato e aveva molta voglia di ucciderla. Cosa voleva da lui?
“Sei tu quello che è caduto prima, vero?” gli chiese, parlando, ancora una volta senza ricevere risposta, Celiane. Poi sbuffò, dato che aveva capito che la persona che stava davanti a lei non le avrebbe risposto neanche sotto tortura. “Senti, se non sei tu puoi dirmi dov'è?”
“Voi Esseri-Senza-Ali siete tutti stupidi?” le chiese, brusco. E lei si chiese cosa fosse un Essere-Senza-Ali e perché la chiamasse in quel modo. Era forse pazzo? In effetti, ora che ci pensava, da dov'era caduto?
Gli si avvicinò, doveva saperne di più. Doveva scoprire cos'erano questi Esseri-Senza-Ali e da dove proveniva quello sconosciuto. Cercò di scrutare nell'ombra, ma tutto ciò che riuscì a vedere di più furono le punte dei suoi capelli rosso fuoco.
“Che stai facendo?” le chiese, vedendola venire verso di sé. Ma che voleva quella stupida umana da lui? Possibile che non avesse paura? Possibile che non sapesse chi era lui? Lui che era il più conosciuto? Perché non se ne andava?
“Mi avvicino” rispose lei, semplicemente. “Non vuoi dirmi di più su di te? Ebbene, lo scoprirò da sola! Sono venuta qui perché ho visto precipitare qualcuno e non me ne andrò se non l'avrò trovato. Sono quasi certa che sia tu.” inclinò la testa da un lato, riuscendo a vedere la ferita che lo sconosciuto aveva sul braccio, sembrava piuttosto profonda. Ecco la prova: era lui.
“Potrei ucciderti.” le disse, altrettanto tranquillamente. Lei alzò un sopracciglio e incrociò le braccia. Ucciderla? Sembrava che riuscisse a malapena a stare in piedi e le metteva su queste stupide minacce?
“Chi credi di avere davanti? Una stupida o cieca, per caso? Sei ferito!” gli rispose “Non sei nelle condizioni di combattere.”
La risposta fece ridere l'uomo che aveva di fronte. “Tu pensi seriamente che ci vorrebbe uno scontro per ucciderti?” chi si credeva di essere quella ragazzina?
“Prima regola del guerriero.” gli disse, alzando un indice, con l'aria da maestrina “Mai sottovalutare il proprio avversario.” sapeva che neanche lei doveva farlo, ma non riusciva a vederlo come un pericolo con il braccio ferito in quel modo.
“Tu sei un soldato?” chiese l'uomo, scettico, inarcando un sopracciglio. Celiane si chiese perché usasse quel tono. Possibile che nessuno credesse che una donna potesse entrare a far parte dell'esercito? Scosse la testa: gli uomini erano tutti uguali.
“Non ho mai visto una donna nell'esercito” disse, mentre cercava di appoggiarsi all'albero dietro di sé, consapevole di perdere energie rapidamente, se non l'avesse uccisa subito, non avrebbe più potuto farlo.
Quando lo vide barcollare all'indietro, Celiane capì che le forze lo stavano abbandonando, così lo raggiunse. “Stai male?” gli chiese, mentre si sedeva sull'erba, con la schiena appoggiata al tronco dell'albero. Lo sfiorò a malapena e lui si scostò, con malgrazia, poi si sedette, tenendosi il braccio e non rispose. Celiane scosse, per l'ennesima volta, la testa. Fu allora che notò il fatto che era ''diverso'' da lei. Aveva delle grosse ali, e i capelli rosso fuoco erano piuttosto strani, più simili a vere fiamme che a capelli. Celiane dovette ammettere che era molto bello, l'unica pecca era il suo brutto carattere.
“Ma...” tentò di dire, ma si bloccò. Lui, senza voltarsi verso di lei, e continuando a fissare dritto davanti a sé, la guardò. “Ma.. tu.. tu.. cosa sei?”
Apollonius, questo era il nome dell'Angelo, si chiese se fosse stupida. Era rimasta rinchiusa, per caso? Come non poteva sapere che in giro c'erano gli Angeli delle Tenebre? Ogni villaggio sapeva com'erano fatti. Da dove veniva quella ragazza? A giudicare dall'abbigliamento doveva essere una nobile. Che ci fosse ancora qualche villaggio che non avevano avvistato?

  
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