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Autore: Pandroso    20/10/2013    4 recensioni
Meno di un giorno all’arrivo sulla prossima isola. A bordo della Sunny chi può si riposa, altri non dormono: si incontrano casualmente, o per mistico volere.
Una One Shot breve e indolore, e con i personaggi IC; però spetta a voi valutarlo.
Buona lettura.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami, Trafalgar Law | Coppie: Rufy/Nami
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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L’ho già messo tra gli avvertimenti ma non si sa mai: questa One Shot contiene SPOILER, in un punto raggiunge un alto tasso di svenevolezze e a fine pagina c’è qualcosa che spero voi possiate gradire.

 

 

˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜

 

 

Ultime previsioni prima di Dressrosa.

 

 “Era… solamente ieri sera
io parlavo con gli amici, scherzavamo tra di noi
E tu, e tu, e tu
tu sei arrivato
m'hai guardato e allora
tutto è cambiato per me”

 

 

 

Il pennino scorreva fluido sulla morbida carta; Nami ne intingeva la punta nel calamaio, prendendo gocce di inchiostro, e stava attenta a mantenere una calligrafia omogenea e senza macchie: la navigatrice era intenta ad aggiornare il diario di bordo.
Da quando la Thousand Sunny era salpata da Punk Hazard, facendo rotta verso l’isola Dressrosa, la ragazza non aveva avuto un solo attimo per dedicarsi alle sue mansioni di cartografa – infatti, sullo scrittoio, mappe appena sbozzate erano in attesa di essere portate a termine – e perciò, da circa tre ore, se ne stava chiusa nella biblioteca della nave, totalmente immersa nel suo lavoro.
Le bruciavano gli occhi e le girava la testa; Nami cercò di rimediarvi indossando le sue lenti. Almeno il diario doveva essere completato entro l’alba: a lei non piaceva lasciare nulla in sospeso, e ultimamente questo stava accadendo con troppa frequenza.
Purtroppo, nonostante  i suoi sforzi, dovette fermarsi ugualmente. Proprio a fine pagina, mentre era in procinto di annotare l’ultima riga di avvenimenti, un guazzo nero le aveva imbrattato il foglio. Era davvero brutto da vedere, in confronto al resto stilato con bravura di amanuense; tutta colpa della stanchezza traditrice che l’aveva distratta.
La ragazza si tolse gli occhiali appena messi e si massaggiò una tempia. Forse andare a dormire sarebbe stata la scelta migliore… o meglio, lo era; perché riponendo il pennino a posto con un movimento affrettato, la cartografa andò ad urtare il calamaio ancora aperto, facendone fuoriuscire la mistura bituminosa.
Fu l’apoteosi del disastro: a causa della pendenza dello scrittoio, l’inchiostro colò giù raggiungendo il prezioso diario; e non solo: continuò la sua corsa silenziosa scivolando oltre il bordo del mobile fino a tuffarsi sul pavimento della biblioteca, raccogliendosi in un’informe pozza corvina.
Nami  lasciò cadere gli occhiali, s’alzò dalla sedia saltando come una molla, prese il diario gocciolante con la medesima intensità che si userebbe per salvare il proprio figlio che annega, ed  imprecò – a bassa voce per evitare di svegliare chi dormiva –  e non smise di riempirsi di insulti finché non finì di pulire quanto aveva sporcato.
Le uniche ad uscire illese dall’incidente furono le mappe… Il diario, invece, aveva paura di aprirlo: forse era già un cadavere affogato in un mare di inchiostro nero.
Fortunatamente però, la copertina spessa, e in pelle di zigrino, aveva fatto il suo dovere: nessuna pagina era stata intaccata. La navigatrice lo mise immediatamente al sicuro su una mensola.
Per quella notte poteva bastare, non era sua intenzione mietere vittime a causa di disattenzioni dovute a stupide botte di sonno.

Prima di uscire dalla biblioteca, la ragazza finì di sistemare alcune carte e, nel farlo, s’accorse di aver lasciato sulle panchine circolari un piattino con il trancio di pizza che Sanji aveva preparato come spuntino serale. Si era dimenticata di mangiarlo, e ormai non l’avrebbe fatto. Per evitare di fare arrabbiare il cuoco, che non sopportava vedere cibo in giro – lui odiava gli sprechi –, prese il piatto con sé, spense la luce ed uscì.

Fuori, il cielo era un’immensità blu cosparsa di stelle e l’aria marina una brezza fresca e piacevole. A Nami venne voglia di dormire all’aperto, ma virò sul nascere l’idea: sarebbe stato pericoloso, la Sunny era momentaneamente invasa da sconosciuti e ospiti indesiderati. E uno non mancò di farsi sentire: scese le scale e giunta sul ponte di coperta per raggiungere la prua della nave, dove era situata la sua camera, la cartografa avvertì una sorta di suono gutturale. Si voltò verso la direzione da cui le sembrava provenisse, e vide che a provocare quel baccano era lo scienziato schizoide, Ceaser Clown, attualmente a bordo come ostaggio. Era stato legato vicino all’entrata dell’Acquarium Bar, alla pari di un cane, e stava russando fastidiosamente.
Nami lo sorpassò di soppiatto, cercando di non svegliarlo; anche se lo scienziato non avrebbe potuto nuocerle in alcun modo, il ponte deserto occupato solo da quella sottospecie di capra con la faccia di pagliaccio la angustiava non poco.
Il manto erboso l’aiutò nell’impresa, attutendo i suoi passi.
Salito l’ultimo gradino che la portava al primo piano di prua della Thousand, la navigatrice tirò un sospiro di sollievo… che si tramutò in un grido soffocato.
Qualcuno, o qualcosa, le aveva sfiorato la schiena.

«Nami, se quel pezzo di pizza non lo mangi dallo a me».
Una voce familiare, ma la ragazza non la riconobbe: la paura l’aveva mandata in tale confusione da farle chiudere gli occhi, spingendola ad immaginare di essere circondata da belanti caprette truccate come clown e vogliose della sua focaccia.
«Prendetevi pure la pizza, ma lasciatemi in pace!» 
«E invece di farla cadere a terra non potevi darmela subito?!»
Stavolta le sue orecchie furono più attente, e la incoraggiarono ad aprire gli occhi. La realtà era un’altra, ringraziando il cielo: la pizza era scivolata dal piattino – la voce non si era sbagliata, aveva suggerito bene – l’ostaggio continuava a ronfare dove lei l’aveva lasciato, e soprattutto niente caprette affamate. Nulla di allarmante, ma … Rufy da dove era sbucato?! Poc’anzi, oltre al prigioniero, la ragazza non aveva visto nessun’altro sopraccoperta.
Meglio per lui che si mostrasse dispiaciuto per averla spaventata, perché già le giravano come eliche a causa della sfiorata  disgrazia col diario.
«Ti rendi conto di avermi fatto prendere un colpo?!» la cartografa non poteva urlare, così, per appesantire e rendere grave il tono, aveva digrignato i denti  e forzato le parole fra essi.
«Mi dispiace, scusami, è che desideravo solo avere la tua pizza. Tu non la vuoi, vero?».
Il ragazzo le mostrò una tra le migliori espressioni ilari di cui disponeva, prima di chinarsi a raccogliere il pezzo di focaccia e divorarlo in due bocconi.
Nami non seppe tenergli il broncio, Rufy era troppo buffo: in testa aveva un elmo samurai e sopra ad esso il cappello di paglia avuto in regalo da Shanks.
«Che me lo chiedi a fare se poi te la mangi lo stesso?! Ma dimmi, che ci fai ancora sveglio? Credevo dormissi insieme agli altri».
Rufy inclinò la testa a destra pensando alla risposta, come se quel movimento lo aiutasse a confluire meglio un discorso esauriente: «La fame non mi faceva chiudere occhio, così mi sono alzato per andare in cucina, poi ho visto te salire le scale… no, prima ho visto quello che avevi nel piatto, e dopo ho pensato che forse  non lo avresti mangiato e che magari potevi darlo a me. Ecco, stavo quasi per chiedertelo quando ti sei spaventata»
«Certo che mi sono spaventata! Le persone si avvisano, non si cattura la loro attenzione toccandole se non si sono accorte di te!»
«E dai Nami, non t’arrabbiare, t’ho chiesto scusa…  Tu, invece, perché non dormi?».
Avanzando quella domanda, il povero Rufy non si rese conto di aver acceso un fiammifero in una polveriera: «Si dà il caso che io sia la navigatrice, la cartografa, il cervello di questa nave!!! E certi compiti  se non li sbrigo io non li fa nessuno! Sai cosa mi è accaduto poco fa?! Lo sai?! Ho corso il rischio di cancellare la testimonianza del nostro viaggio! Capisci?! No, non puoi capirlo, qui l’unica ad accorgersi del mio impegno è… Ma mi stai ascoltando?!»
Come spesso accadeva, il ragazzo l’aveva lasciata ad esprimersi in un soliloquio concitato: la bellezza del mare notturno l’aveva attratto, invogliandolo a saltare le scale con un balzo per andare a sporgersi sul parapetto a babordo  nel ponte di coperta.
La ragazza posò a terra il piattino – prima di ridurlo in frantumi dall’irritazione – e raggiunse quella specie di gomma deambulante che era il suo Capitano. Ma non smise di continuare a mormorare rabbia tra sé, aveva bisogno di sfogarsi ancora.
«Guarda quanto è bello il mare stanotte, Nami!» esclamò Rufy tutto eccitato. 
La massa d’acqua oscura e in continuo movimento era la stessa di sempre; ma quella notte la luna ne colorava d’argento la superficie, facendola apparire più incantevole. Però si era vista così tante volte che, viaggiando a lungo in mare, poteva divenire uno spettacolo banale se non noioso. Eppure, Rufy la stava guardando come se fosse la prima volta: mai stanco di ammirare tutta quell’acqua, mai stanco di assistere ai suoi mutamenti, mai stanco dei suoi colori, mai stanco di esserci. 
E la navigatrice lo capiva, anzi, condivideva la stessa passione; grazie a questo, il ragazzo si salvò da uno scappellotto necessario.
«Lo è, è bellissimo… » rispose Nami, guardandolo a sua volta, per poi spostare gli occhi sul volto del suo Capitano… Sembrava il dipinto della serenità, una serenità che la cartografa sperò potesse rimanere a lungo. 
Tuttavia, era assurdo anche solo pensarlo: l’indomani sarebbero sbarcati a Dressrosa, e lì c’era Doflamingo ad attenderli. Lui avrebbe sicuramente gettato un’ombra su tutti loro.
«Nami, che hai? Perché quella faccia?»
Il ragazzo aveva fatto caso al turbamento che aveva rabbuiato gli occhi della navigatrice. Lei ne rimase stupita, non si aspettava potesse accorgersene.
«Sono… Sono preoccupata per questa situazione che ci ha portato ad avere a che fare con Doflamingo»
«Lo stiamo facendo per indebolire Kaido, e comunque non mi dispiacerebbe dare personalmente una lezione a questo Dofla’. Lui è il capo di Ceaser, ti sei già dimenticata che il tizio laggiù ha fatto soffrire tutti quei bambini a Punk Hazard?!» disse Rufy, indicando lo scienziato che, nonostante il loro conversare, continuava a dormire.
«Certo che non l’ho dimenticato! Ma se Doflamingo ci stesse già inseguendo o ci stesse tendendo una trappola?!»
«Allora stai tranquilla! Lo vedi questo? – fece il capitano, indicando il kabuto che portava sulla testa – È l’elmo che ha fatto Kinemon, indossandolo sei al sicuro, Doflamingo non potrà farti nulla!»
«Mi prendi in giro?! Rufy, lo stai sottovalutando!»
«Naah, sei tu che lo prendi troppo sul serio.»
«Ma quello è un membro della Flotta dei Sette!»
«Sì, lo è pure Traffy»
Nami non capiva da quale fonte il Capitano attingesse tanta tranquillità e sicurezza; lei, al contrario, diventava un brivido al solo sentir nominare Doflamingo, per non parlare di Kaido che era uno dei quattro imperatori; ma averle ricordato Law – attualmente presente sulla Sunny e libero come un uccel di bosco – la agitò ancora di più.
«Esatto! Anche quello è uno Shichibukai! E adesso che l’hai detto, ti faccio sapere che non mi fido neanche di lui! È strano, non sappiamo quali siano le sue vere intenzioni… Potrebbe tradirci, potrebbe aver voluto la nostra alleanza per portarci alla rovina!»
«No, non lo farà. Gliel’ho già chiesto e c’eri pure tu»
«Rufy, le parole non sono una garanzia certa, non ti assicurano nulla, non puoi essere così superficiale!»
«Ti dico che non lo farà, io e Traffy siamo amici… e anche tu dovresti essergli amica».
Conversare con un muro avrebbe portato migliori conclusioni. Come sempre, il ragazzo di gomma era cocciuto e fortemente convinto. Inutile tentare di metterlo in guardia.
La cartografa sbuffò arrendevole, tanto tornare indietro non era comunque possibile.
«Visto che non c’è modo di farti ragionare, spero andrà tutto bene.»
«Certo che andrà bene, io sono forte, ah ah ah!»
Nami lo scrutò di nuovo: ne seguì il profilo, fissò gli occhi  neri vibranti di ambizione, saltò la cicatrice sotto l’occhio sinistro e si soffermò ad osservare il sorriso di sfida rivolto al mare, ma dedicato a chiunque si sarebbe messo sul cammino del suo Capitano.  
Conclusione: Rufy era felice, pareva non vedesse l’ora di scontrarsi con quei pericolosi terroristi. E non era cambiato, la ragazza non si era sbagliata: sapeva che nonostante la morte di Ace il suo Capitano non sarebbe crollato. Lei l’aveva pensato il giorno stesso che era venuta a conoscenza della tragica notizia mentre era sull’isola nel cielo, a Weatheria. Rufy era veramente forte come diceva di essere.
Tuttavia, la navigatrice aveva ancora una frustrazione rimastale impigliata nell’animo, un grumo che finora non era riuscita a liberare.
Erano soli sul ponte – a parte il terzo incomodo dormiente – e la ragazza pensò fosse giunta l’occasione per  vuotare il sacco.
Si appoggiò al parapetto anche lei, mettendosi più vicina al ragazzo, e gli sfiorò un gomito con il proprio.
«Rufy…  Non l’ho mai fatto»
«Cosa?» domandò lui curioso, voltandosi verso la ragazza.
«Chiederti scusa… Quando ne avevi più bisogno, io non ti sono stata vicino».
Buttò fuori tutto in un sussurro, ma il pirata sentì e capì subito a cosa la sua navigatrice stava riferendosi. Rufy diventò serio e tornò a mirare il mare.
Entrambi non si dissero nulla per un po’. Oltre al ronfare rumoroso di Ceaser e allo sciabordare dell’acqua contro la Sunny, il resto che li circondava era silenzio; il quale assunse le tristi sembianze di uno sbiadito riflesso dell’agghiacciante vuoto che aveva provocato la scomparsa di Ace nel cuore del Capitano. Una dolorosa assenza incolmabile, che Rufy aveva però imparato a mettere da parte… per andare avanti.
Nami, purtroppo, non sapeva fino a che punto quella profonda ferita si fosse rimarginata, o se si fosse almeno rimarginata. Si pentì di averla riaperta, anche se indirettamente. Stava per scusarsi di nuovo, quando il ragazzo le passò improvvisamente un braccio sulle spalle e la sorprese: «Nami, non scusarti… è pensando a te e agli altri che ne sono uscito. Voi avete rispettato la data del nostro incontro, non mi avete  abbandonato e… »
Mentre il Capitano stava cercando di esprimersi, la navigatrice tremava. Però non si stava commuovendo; non era una ragazzina né si emozionava facilmente, anche lei aveva passato un dolore simile, sapeva che peso esso aveva; la colpa era completamente della presenza di Rufy, che le stava vicino a distanza di respiro e che non mollava la presa sulla sua spalla. Era lui ad irradiarle quelle scosse che le stavano inaspettatamente agitando il corpo.
«E mi avete reso felice, ve ne sarò sempre grato… Io, senza di voi, non sarei nessuno».
Le parole del ragazzo non la aiutarono a calmarsi per niente; idem per gli occhi che Rufy, impossibile capire se lo stesse facendo  apposta o meno, teneva immobili e completamente immersi in quelli della navigatrice.
Nami  andò in ipnosi: non riuscì a distogliere il proprio sguardo da quello del suo Capitano, del suo amico fidato, della persona che non l’aveva mai delusa mantenendo sempre le promesse fatte, del compagno che le aveva salvato la vita mostrandole che non era peccato tornare a sognare…
Smarrendo il controllo, Nami prese l’iniziativa e, sporgendosi poco avanti, andò a posare le labbra su quelle del futuro Re dei Pirati; in un bacio che aveva l’intenzione di colmare l’assenza di due anni e dissetare un sentimento che le era appena sbocciato nel petto.
Rufy ricambiò, piano e un po’ insicuro, lambendo la bocca della ragazza in un lento e lunghissimo bacio; passandole, una volta presa certezza di quello che insieme stavano facendo, anche una mano tra i lunghi capelli arancioni. La abbracciò forte e lei fece lo stesso. Poi, come un’onda che infrantasi sulla battigia si ritira immediatamente, i due si staccarono lasciando solo le mani a cercarsi e ad intrecciarsi.
Fu il loro bacio senza precedenti.

Quando si sciolsero del tutto, allentando l’attrazione magnetica che li aveva spinti al contatto, Rufy e Nami tornarono a guardare il mare: mai stato così unico.
Un’atmosfera di serena complicità li rese entrambi muti. Ma a rompere l’incanto arrivò un brontolio lamentoso dello stomaco del Capitano: «Ho ancora fame! Non resisto, vado in cucina. Magari trovo qualche avanzo della cena o qualche altro pezzo di pizza… Nami, hai fame anche tu?» sembrava stesse cercando di invitarla a seguirlo; la navigatrice gli sorrise, le piaceva quel modo di fare così spontaneo.  
«Vieni con me?» Sì, era esplicitamente un invito; e l’idea di rintanarsi con lui le stava facendo battere il cuore terribilmente forte.
«Devo… Devo controllare la rotta, ho ancora da fare»
Scema e bugiarda, scema e bugiarda, scema e bugiarda! Dovevi dirgli di sì!
Rufy le sorrise in quella maniera che gli rallegrava tutto il viso, «Tra quanto arriveremo a Dressrosa?», però cambiò argomento. Che avesse intuito il disagio della navigatrice?
«Alla velocità con cui stiamo procedendo grazie alle scie marine, raggiungeremo l’isola… domani! Forse verso il tardo pomeriggio»
«Bene! Domattina dovrò dire a Sanji di riempirmi di carne, non vedo l’ora di dare una lezione a questo ‘Mingo!»
«Calmo! Il nostro obbiettivo è distruggere la fabbrica degli Smile, se possiamo evitare di incontrarlo è meglio!» la navigatrice tentava ancora di evitare il peggio, causa persa.
«Sì, sì, vedremo.  Vado a letto, ma non prima di aver trovato qualcosa da mettere sotto i denti. ‘Notte Nami»
«Buonanotte Rufy…»
Lo salutò, guardandolo fiondarsi in direzione della cucina, e si  ritrovò di nuovo sola sul ponte di coperta; dove vi rimase ancora, imbambolata a concentrarsi su nulla di preciso. In fondo non c’era da stupirsi: amava il suo Capitano, probabilmente dall’inizio del loro viaggio insieme, e per la prima volta era riuscita a manifestarlo; l’aveva baciato, lui l’aveva baciata… il sentimento era reciproco, si sarebbe potuto fare di più.
«Sveglia Nami! – ordinò a se stessa, prendendosi il viso tra le mani – Hai grosse responsabilità, devi guidare il tuo Capitano verso il One Piece! Non desiderare di infilarti nel suo letto!... A-almeno non subito»
Scrollò la testa  nel tentativo di cacciare allettanti pensieri e, con la felicità che le segnava piccole fossette sulle guance, decise di andare a dormire.
Stava  per entrare nella sua camera – dove Robin e il piccolo Momonosuke erano a letto e sicuramente dormivano – quando avvertì una sensazione strana, come di calore dietro il collo, che la portò a puntare l’attenzione verso il secondo piano di prua della Sunny.

Ancorato al parapetto del ponte di comando, dove era collocato il timone della nave, e con l’aria del giudice pronto a condannare a morte, c’era Law. La stava fissando, a parere della ragazza con gli occhi dello spettatore soddisfatto.
Nami sentì di andare completamente in fiamme, da quanto quel bieco era lì?
«Ti piace spiare?» domandò concisa e schietta, di sicuro Trafalgar aveva ascoltato la conversazione tra lei e Rufy… e li aveva visti mentre si baciavano, e si era pure gustato lo spettacolo di vederla parlottare da sola.
«No, non mi piace. Però se credi che l’abbia fatto apposta, beh, non era mia intenzione», anche Law mostrò lo stesso tono diretto; intanto la navigatrice percorse l’ultima rampa di scale, per trovarsi faccia a faccia con lui.
«Invece  a te piace parlare male delle persone» continuò Law.
Nami s’appoggiò con la schiena alla ringhiera, e con fare fanatico mandò indietro la sua chioma dal colore dei mandarini di Bellmer, atteggiandosi nel modo più disinvolto possibile. Voleva confonderlo,  apparirgli indifferente anziché soggiogata dalla sua presenza.
«Ah, mi sembra di non avere aggiunto nulla in più di quanto ho già detto a Punk Hazard»
«Vero, sei una persona coerente… mi piacciono le persone coerenti» rispose Law, sorridendole cinico, senza risparmiarsi di guardarla più a lungo del dovuto e fingendo di nutrire chissà quale interesse per lei.
Nami non capì di che natura fosse quella frase,  ma solo l’idea di piacere in qualche modo a quel figuro smilzo e infido la agitava.
«Ci stavo pensando da un po’ – riprese parola Law, molto in vena di chiacchiere – voi siete davvero una ciurma coesa, e vi volete bene. Adesso comincio a capire perché in molti hanno avuto grossi guai con voi… Godete del dono dell’imprevedibilità».
E  ti piacerebbe farci capitolare, vero?!
Pensò Nami che, ascoltando quanto diceva Trafalgar, vedeva i propri dubbi mutare in concrete certezze.
«Deduco che sei salito a bordo per studiarci»
«Assolutamente no. La mia era solo un’osservazione del tutto disinteressata. Se sono qui è perché io e il tuo Capitano abbiamo stipulato un’alleanza, lo sai, che ti piaccia o meno.» concluse il pirata, togliendosi per un attimo il morbido cappello e mettendo in mostra i suoi disordinati capelli scuri dai riflessi bluastri.
Nami non afferrava che tipo di discorso Law stesse tentando di intavolare, quale cavillosità celassero le sue parole, o se la stesse solo sfottendo per averla vista limonare con Rufy (il che non avrebbe avuto comunque senso). Così, per tentare di scoprirlo, la navigatrice seguiva ogni movimento del pirata, guardinga, come se dai gesti potesse riuscire ad indovinare le vere intenzioni dello Shichibukai. Ma a forza di osservarlo intensamente, arrivò a notare un’assurda somiglianza con Rufy.  Anche se nemmeno lei sapeva dirsi precisamente dove, se nell’aspetto o nel carisma.
Law apparteneva alla stessa generazione di Cappello di Paglia, era il Capitano dei Pirati Heart, e come Rufy  era testardo e non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno; ma forse, più che somigliarsi, lui e il ragazzo di gomma erano le due facce di una stessa medaglia: Trafalgar Law freddo, capzioso, distaccato, con occhi chiari che sembravano anteporre una barriera tra lui e il mondo esterno, nascondendo dietro di essi ogni sorta di emozione; Rufy l’esatto opposto, a volte duro di comprendonio, con un  temperamento impulsivo ed estroverso tanto da diventare appiccicoso, ma era sincero.
No, a Nami  non sarebbe piaciuto nemmeno provare ad immaginare cosa ci fosse dietro quelle iridi grigie, le quali tornarono a rivolgersi a lei; di sicuro, sotto di esse, non v’era nulla di buono, niente di stabile, alcunché di sicuro. 
Inoltre, continuare a fissarlo la stava portando a farsi un’apparenza inquietate e alquanto disgustosa del pirata: la ragazza ancora avvertiva il sapore di Rufy sulla lingua – salato, perché aveva mangiato la pizza – e sentirlo mentre aveva davanti il volto di un altro uomo che, per paradosso, lei trovava pure somigliante a quello del proprio amato – anche solo per il modo in cui entrambi portavano i capelli – aveva di stucchevole e immorale.
Ma la convinzione nei confronti di Trafalgar Law, somiglianza o meno con Rufy, restava immutata: costui avrebbe portato problemi, no, lo stava già facendo.
«Sarai anche riuscito a convincere Rufy, attizzandolo contro uno dei quattro imperatori per stringere un’alleanza con te. Ma a me, non mi incanti, Law»
«Lo so. E con questa fanno tre… tre volte che ripeti quanto io non ti vada a genio»
«Sbagli, il mio non era un parere. Stavolta voleva essere un monito»
Law sbarrò gli occhi attonito «Che tipo di monito?»
«Noi non siamo il tuo esperimento di scienze, le tue cavie, tu prova ad ingannarci e non sai cosa ti aspetterà»
Ovviamente Nami non era nelle capacità per minacciare uno come lui, ma l’istinto di protezione verso i nakama poteva renderla capace di un coraggio e una determinazione senza eguali.
«Grazie, lo terrò bene a mente. Come si dice “uomo avvisato mezzo salvato”, no?…  E poi, non voglio inimicarmi la navigatrice, pirata di Cappello di Paglia» disse il ragazzo, usando ancora quella cortesia in equilibrio sul filo della falsità; Nami se ne sentì schernita, non vedeva l’ora di andarsene e smettere di assistervi.
«Domani sarà una giornata importate – continuò Law, stringendo con più forza il fodero della sua nodachi – scopriremo se Doflamingo farà il saggio e cederà alle condizioni che gli ho dettato, lasciando la Flotta dei Sette… E vedremo se quest’alleanza avrà più senso. Va’ a riposarti Nami-ya, sembri averne molto bisogno, controllo io che la nave segua la giusta rotta»
«Come se potessi fidarmi ciecamente di te» rispose velenosa la navigatrice.
«Non ti ho dato modo per credere diversamente…  A me interessa arrivare a Dressrosa».
Quanto contrastava il tono amichevole con la faccia di angelo decaduto che era il viso di Law.
Se era stato soprannominato Chirurgo della Morte v’era più che un motivo – e di certo non era per un “death” tatuato sulle dita – Nami ne aveva avuto un piccolo assaggio, non si era mica dimenticata dello scherzetto a Punk Hazard, quando Law aveva messo il suo splendido corpo a completa disposizione di Sanji. Per un attimo le venne in mente di chiedere un risarcimento in denaro anche allo Shichibukai; ma adesso, con quale faccia le suggeriva di fidarsi di lui?! Sì, aveva curato Rufy, ma era accaduto due anni prima. Nella maggior parte dei casi i pirati erano una razza opportunista, lei li conosceva bene, e a naso anche Law non le sembrava diverso, aveva la stessa puzza. Ora, il pirata le stava addirittura sorridendo pacato. 
Nami era sul punto di odiarlo e voleva rispondergli a tono, però fu costretta ad  abbandonare ogni iniziativa: era  troppo stanca.  E decise anche di tollerare momentaneamente la diffidenza che nutriva nei suoi confronti; al momento, la ragazza voleva solo vedere il proprio letto e saggiarne la morbidezza; così, non concedette ulteriore attenzione al pirata.
Quando si voltò per ridiscendere le scale in direzione della sua camera, però, s’accorse di una luce che si riversava sull’erba del ponte. Questa proveniva dalla cucina, Rufy era ancora lì.
Negare che era improvvisamente tentata  di raggiungerlo – aveva urgente bisogno di rifarsi gli occhi e togliersi dalla testa il muso irretente di Law – sarebbe stata un grossa bugia; ma rinviare ancora la stanchezza voleva dire avere per il giorno a seguire due occhiaie simili ai lividi che contornavano gli occhi di Trafalgar.
La navigatrice si immaginò con tale aspetto, e storse le labbra schifata.
«Non lo dico a nessuno»
Ancora lui.
«Scusa, che intendi?»
Chiese Nami, alzando la testa e guardando il pirata di traverso.
«Che Cappello di Paglia aveva fame e la sua navigatrice è andata a fargli compagnia»  
La ragazza assunse una tinta molto simile alla melanzana, se per rabbia o per imbarazzo era difficile intuirlo.
«Sei molto spiritoso, ma non sono affari che ti riguardano!» lo aggredì piccata; tuttavia, Law le diede le spalle, ignorandola completamente, come se d’improvviso lei fosse divenuta invisibile o di nessun particolare interesse.
Era certo: Nami lo detestava con tutta se stessa.
Comunque, la spinta ficcanaso da parte del losco ragazzo le aveva reso chiara la situazione: era indecisa se scendere quella ventina di gradini, attraversare il ponte di coperta, risalire altre scale e giungere in cucina, o fare qualche passo indietro per arrivare a toccare la maniglia della porta della propria camera.
Andare a nanna era la scelta  più facile, la migliore probabilmente: il sonno voleva dedicate almeno un paio d’ore.
Però…

Nami inspirò profondamente aria e guardò il mare: era agitato, come lei, e il brigantino solcava le sue onde velocissimo; dopo passò al cielo: si stava riempiendo di nuvole, si sarebbero svegliati con una giornata variabile ma senza piogge; poi controllò il vento: uno zefiro che soffiava regolarmente da ovest, nessuna tempesta improvvisa li avrebbe sorpresi; e, in ultimo, diede un’occhiata al Log Pose: dei tre aghi magnetici, la Sunny stava seguendo quello centrale come doveva.
La navigazione procedeva correttamente; Franky aveva progettato un’imbarcazione davvero affidabile, e lei stava dando mostra di essere una navigatrice preparata anche al Nuovo Mondo; le uniche irregolarità erano la luce accesa che si intravedeva dall’oblò di una porta e il suo cuore che aveva ripreso a battere veloce dal momento in cui l’aveva vista, e i suoi piedi che avevano un’incontenibile voglia di calpestare un po’ d’erba per arrivare da una parte opposta… dove il suo Capitano, forse, eri lì che l’aspettava.

 

 

“Ora… io non ho capito ancora
non so come può finire
quello che succederà
ma tu, ma tu, ma tu
tu l'hai capito
l'hai capito ho visto
eri cambiato anche tu”
 

 

 

 

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Qui parla l’autrice:
va be’, ma questa One Shot come è uscita fuori? Non lo so nemmeno io, per capriccio probabilmente.
Sarà perché sono una di quelle convinte che la navigatrice sia unicamente la donna del Capitano. In più avevo una voglia matta di scrivere due righe su Trafalgar Law, che sta diventando materia interessante da trattare (sì, sono in ardente attesa di scoprire il suo legame con Doflamingo *__* e mi aspetto gravi colpe a pesare sulla testa di quel Joker dalle piume rosa).
Spero solo che la One Shot non vi abbia annoiati e che i personaggi vi siano sembrati IC (poche settimane fa, avevo risposto alla recensione di una gentile lettrice scrivendole che mi ritenevo fortunata a non trattare ancora Rufy, perché lo ritenevo difficile da gestire… L’ho fatto! Mi sono buttata e l’ho fatto, e sono super agitata! Il momento del bacio? Ma come si fa a far muovere uno come lui?! A me basta avervi dato anche solo un’apparenza di credibilità, spero di esserci riuscita @_@). 
L’avvertimento spoiler è stato ovviamente doveroso, ho sfruttato più o meno fedelmente una situazione che chi segue le regolari uscite italiane del manga non ha ancora avuto il piacere di leggere.
Il disegno che ho fatto lo dedico alle fan della coppia Nami/Rufy (mi auguro che vi piaccia ^^).
Poi, i versi che aprono e chiudono la storia appartengono ad un brano che tutti conoscete e che ultimamente si è tornati a spacciarlo ovunque ( io non son da meno): mi sei scoppiato dentro il cuore, della Dea Mina. ^_^
Adesso torno ad occuparmi della mia “Curami” (fattacci in corso tra Perona e Zoro, se siete interessati cliccate qui). Lo so, sono in  mostruoso ritardo con l’aggiornamento di questa storia, chiedo cortesemente ai lettori di avere ancora pazienza… mi darò una mossa.

A presto! ^_^

Pandroso

 
EDIT del 23/10/2013: dopo tanta cogitazione, ho deciso di inserire la nota coppie: Rufy/Nami… A mio parere rovinerà la sorpresa ma, a quanto pare, non metterla potrebbe risultare controproducente.

 

   
 
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