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Autore: Anonimadelirante    21/10/2013    1 recensioni
Otto mondi...
Una leggenda...
Sette guardiani, sette ragazzi...
"Si dice che siano come noi, esattamente come noi, ma che abbiano qualcosa di diverso.
Che vedano, qualcosa di diverso..."
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Camminavano da tutta la notte. Tim mugugnò qualcosa che assomiglia a un biascicatissimo “ho sonno”.

Diana sospirò.

-Fra poco sarà l'alba. Sbrigati, dai...

Tim si stropicciò gli occhi. Lasciò che i ricordi di quello che era successo gli invadessero la mente, prepotenti.

-Come lo hai chiamato?- Chiese dopo un po'.

-Uhm... Chi?... Ander. Si chiama Ander.- Diana continuò a camminare, sopra pensiero.

-No, no. “Maledetto”... Hai detto qualcosa del genere...

Diana annuì distrattamente:- Ah, sì. “Sparvieri Maledetti”, si fanno chiamare così, quelli della sua Gilda. E non a caso.

Tim aggrottò la fronte.

-Gli sparvieri. Ce li hai presente, no? I rapaci, intendo...

Il ragazzo annuì.

-Bene. Si dice che tempo fa uno di loro tradì...- Diana fece silenzio per un po', poi riprese, ancora più assorta.

-...Un patto di sangue -continuò- con una delle più potenti Cartomanti mai esistite.

La ragazza si girò verso Tim:-Non fu una mossa molto intelligente. La Cartomante si arrabbiò. Eccome se si arrabbiò. Li trasformò in uomini, lui e gli altri del suo stormo. Solo una volta al mese, quando la luna è piena e la caccia è più difficile, gli Sparvieri possono volare in quella “crudele danza nel vento, al suono di uno stridulo richiamo” per dirla con le parole di una vecchia ballata che riporta questa storia.

Tim socchiuse gli occhi, come per concentrarsi:-Come mai allora Ander era un uccello, ieri?

Diana scosse la testa:-Alcuni riescono a trasformarsi più volte di altri, anche senza la luna... Non so da cosa dipenda.

Continuarono a camminare per un po', alternando lunghi silenzi con strane domande e risposte secche, monosillabiche, ma piuttosto gentili, pensò Tim, per i canoni di Diana.

***

 

 

 

-Siamo arrivati.- E Diana sorrideva.

Tim guardò oltre gli alberi che si diradavano il terreno degradava dolcemente in una specie di valletta. Lì, illuminato dal sole, c'era un piccolo villaggio.

Il ragazzino sorrise a sua volta.

Presero un sentierino segnato dai passi degli uomini sull'erba alta.

Diana si chinò ad accarezzare un gatto -Brava Bonny, brava.

Tim si chinò a vedere cos'avesse in bocca la mica.

“Miao” fece quella soddisfatta mostrando un piccolo topo morto.

Gli occhi di di Tim incontrano quelli vacui del topino. Il ragazzo fece una smorfia.

Diana alzò gli occhi al cielo:

-Non vorrei sembrarti insensibile, per carità, ma, insomma, vuoi fargli un funerale?

Il biondo sospirò.

-Andiamo, ne ha abbastanza, per oggi...- gemette in risposta.

-Ma se è appena l'alba!

E con quella ben poco rassicurante esclamazione la ragazza si stiracchiò ridendo e lo trascinò via.

 

***

 

Diana bussò alla porta di una casetta stretta e alta.

Da un lato cerano delle scale esterne, mentre dall'altro una serra se ne stava sdraiata al sole già caldo.

Una grossa signora aprì e strabuzzò.

-Diana, oh, mio Dio.... Diana- ripeté più volte mentre la ragazzina alzava gli occhi al cielo.

-Mathild... per favore!

Bofonchiando qualcosa come “Oh, giusto” la donnona si scostò per farli passare.

Tim varcò la soglia della casetta. Una piccola cucina di tufo rosato, con i fornelli a destra e una graziosa stufetta che riscaldava piacevolmente l'ambiente.

Il ragazzino sorrise di nuovo: ora capiva perché Diana aveva così fretta di tornare nel suo villaggio.

La ragazza, invece, aveva assunto l'espressione di una che sta per essere condotta al patibolo.

La signora, che probabilmente si chiamava Mathild, scompigliò i riccioli biondi di Tim: -E tu chi saresti? Un suo amico?

Parlava con tono di voce un po' roca, dolce.

Diana scosse la testa esasperata: -Nonna! Secondo te se fosse uno Sparviero Maledetto lo porterei in casa?

-No, certo, ma... Oh, va bhè! Benvenuto...

-Tim- si presentò lui.

-... Tim- concluse Mathild sorridendogli gentile.

 

-Avrete fame, immagino.

Aveva sorriso la signora prima di sparire oltre la porticina.

Diana le aveva urlato dietro che se sarebbero andati subito, ma Mathild era tornata indietro con uno sguardo furibondo:- NO- Aveva tuonato e la ragazzina aveva ritenuto più saggio non protestare.

Così, lei e Tim ora camminava per le vie del villaggio che andava lentamente svegliandosi. Mentre una luce dorata inondava le stradine, un fabbro dalle mani grossi come incudini apriva la fucina, da una bottega usciva già il profumo del pane appena sfornato e un vecchio signore esponeva sulla soglia di una vecchia porta dalla vernice scrostata delle strane sculture.

Diana sembrava aver perso la furia con cui camminava di solito e Tim non si era preso la briga di farglielo notare, troppo intento a guardarsi intorno, stordito da quella tranquilla operosità.

-Dove stiamo andando?

Diana scrollò le spalle:- Non ho voglia di stare tutto il giorno chiusa in casa ad aspettare l'ora di cena.

Il ragazzo sgranò gli occhi:-Cosa? Vuoi dire che mi stai trascinando su e giù per questo buco senza un motivo preciso?!

-Ringrazia che sia un buco e non un quartiere caotico come quello della tua città. Non sarei così calma, altrimenti.

-Calma? Sembra che ti abbia punto una tarantola!

-Sono calmissima, Tim. E comunque un buon motivo ce l'ho e te l'ho pure detto: non voglio stare a casa.

Tim spalancò ancora di più gli occhi, se possibile:-Sono due giorni che non dormo, DUE, e tu mi porti avanti e indietro perché NON VUOI STARE A CASA?!

-Sì.

Tim insultò mentalmente l'amica, ma non si azzardò a trasformare i pensieri in parole.

-Non è vero che non hai dormito!-sbottò ad un certo punto la ragazza- Cosa cavolo hai fatto ieri sera?!

-QUELLO ERA DORMIRE?!

-Sì!

-No! Quello non era dormire! Quella era una tortura!! Ho ancora i lividi per colpa di uno stupido sasso su cui mi sono sdraiato!

-Avresti anche potuto spostarti.

-Il-bosco-è-pieno-di-sassi!

Diana scrollò le spalle:-Vuoi dormire?

-Sì.

-Vieni, allora- la ragazza sorrise si mise a correre.

-Ehi!

 

***

 

Corsero oltre il villaggio, su per una collina, l'erba lunga e verde quasi più alta di loro.

Quando arrivarono in cima Tim si gettò per terra, stremato:-Basta, ti prego. Non ce la faccio più! Sei una pazza!

Diana allargò il suo sorriso:- Proprio quello che volevo.- E così dicendo si coricò vicino a lui, gli occhi rivolti al cielo.

-Cosa? Farti insultare? Oppure farmi morire?- Domandò il ragazzino la bocca impastata dal sonno e dalla fatica.

-Eh? Ma no, scemo. Volevo fermarmi qui.

Tim sospirò:-Svegliami quando è ora di cena.

-Tranquillo, non ce ne sarà bisogno.

-Perché?

-Lo scoprirai.

 

 

***

 

Diana aveva ragione, Tim si svegliò giusto all'ora di cena, lo stomaco che brontolava e vagamente infreddolito dal vento fresco che soffiava fra le fronde degli alberi. Un allegro tramestio arrivava dal villaggio e Diana se ne stava a gambe incrociate fissare quella ventina di case in pietra scure per il tramonto.

-Mangiano tutti alla stessa ora- mormorò all'amico.

 

 

***

 

Mano mano che si avvicinavano a casa l'umore di Diana peggiorava passo dopo passo.

-Che hai?- Le domandò Tim quando furono davanti a casa.

-Lo vedrai- sussurrò Diana, cupa, bussando alla porta.

-Quando ti deciderai a darmi qualche risposta chiara non combinerò casini per un mese.

-Quindi mai?- Ridacchiò la ragazza entrando.

 

***

 

Tim non capì subito il motivo dell'umor nero di Diana.

La piccola cucina era ancora più accogliente di quello che il ragazzo si ricordasse, e la signora Mathild aveva preparato un minestrone con pane ancora caldo e formaggio, dentro un pentolone, poi, c'era uno spezzatino invitantissimo. Sarà stata la fame, ma a lui non pareva di aver mai mangiato nulla di più buono.

Erano entrati in fila sette ragazzi, i fratelli di Diana.

La ragazza salutò freddamente il più grande che ricambiò con un gelido cenno di cortesia.

Gli altri sembrarono più contenti di rivedere la ragazza. Si assomigliavano abbastanza, tutti con una zazzera bruna e la pelle abbronzata. C'era una sola femmina, oltre a Diana, la più piccola. Portava i capelli marroni con riflessi ramati raccolti in due treccine ai lati della testa ed era morbida e paffutella come un'albicocca matura. La bimba saltò in braccio a Diana urlando dalla gioia e l'espressione della ragazza s'addolcì.

Venivano poi un bambino silenzioso e cupo e due gemelli con due sorrisi identici e un po' beffardi che i professori del mondo di Tim bollano al primo giorno di scuola come delinquenti. Salutarono Diana illuminandosi e sfoderando poi un vasto repertorio di battute. La ragazza rispose loro per le rime, poi abbracciò gli ultimi due fratelli. Uno dei due le passo un bigliettino. L'altro la fissò con un'espressione strana:-Da parte del Vecchio Pazzo.

Diana aggrottò la fronte infilandosi il pezzetto di carta nella tasca dei jeans.

-Dal Vecchio Thoam. - si degnò di spiegarle il primo.

Tim si dimenticò i nomi con cui si presentarono appena finì di ascoltarli, meno quello della più piccola, Estella, che identica a sua nonna e diversissima da Diana non smise un secondo di parlare.

Di fronte a lei, l'opposto. Il penultimogenito se ne stette muto come un pesce per tutta la durata del pranzo.

Tutto lasciava presagire una di quelle serate che Tim avrebbe definito perfette e sulla Terra possono essere paragonate soltanto a quelle cene d'estate, con le lucciole che illuminano il cielo nero e gli amici che ridono, ebbri di felicità. Ma, stavolta, il ragazzo sbagliava...

Accadde, verso la metà della cena, quando avevano quasi finito la zuppa.

-Allora, hai trovato qualche Custode?- Domandò a Diana il più grande, Roseto, simulando un indifferenza che tradiva l'impazienza di sapere.

Effettivamente Tim non si era mai chiesto cosa diavolo ci facesse la ragazza nel suo mondo; non si era proprio posto questo problema, ma si accorse che la domanda di Roseto non aveva in alcun modo dissipato la sua ignoranza. Così voltò verso l'amica per sentirne la risposta.

-No- rispose Diana con totale indifferenza.

Roseto la guardò male:-No? Come sarebbe a dire no?

-Enne-O. È una particella pronominale che esprime una nega...- Cominciò a spigare Diana irritata, ma fu interrotta dal fratello:-So perfettamente cosa voglia dire no. Ed è questo che mi preoccupa. Non hai incontrato nessun custode?

-Sei sordo? O stupido? NO.- Sibilò Diana.

I due gemelli vicino a Tim cominciarono a risucchiare rumorosamente la poca zuppa rimasta nei piatti nel modo più rumoroso possibile.

-Finitala, voi due!- Ordinò acido Roseto.

Jhoan e Ben si fissarono per qualche instante, poi continuarono a occuparsi di coprire le urla dei due fratelli con quel gorgoglio fino a quando la minestra finì.

-Sai cosa vuol dire questo, vero? Se non li trovi tu...

-Io potrei al massimo incrociarmi con qualche Guardiano, ammesso che esistano veramente, ma per trovare i Custodi sono utile come qualsiasi altro.

-Quindi meno che zero.

-Sì, so che tu sei completamente inutile, ma cerca di non insultare.- Rimbeccò Diana.

Roseto la ignorò.

-Domani torneremo a caccia. Entro un mese al massimo entreremo in guerra. Diana non servi più per questo. Ritorna alle tue occupazioni abituali.- Dispose il ragazzo col tono che i generali usano nei film.

-Le mie occupazioni abituali sono queste -sillabò lei.

-Volevo dire: le occupazioni abituali delle ragazze.- Si corresse lui, mentre l'aria si riempiva di tensione.

-Se pensi che io me ne stia davvero buona buona a spolverare chiusa in casa hai fatto i male i tuoi calcoli.

-No, invece. È proprio quello che farai. Che ti piaccia o meno.

-Scor-da-te-lo.

-Non mi importa di quello che pensi. Tornerai al tuo posto.

-Il mio posto è fuori. Il più lontano possibile da te.-Sibilò Diana.

-E allora vai.Vattene, la porta è quella. Ma fammi un favore: non tornare.

Diana fece per alzarsi, ma sua nonna la fermò cominciando a versare lo spezzatino nei piatti:- Finitela!- Ordinò; e per qualche istante Tim credette davvero che le avrebbero obbedito.

Invece il ragazzo non fece neppure in tempo a infilarsi un grosso pezzo di carne che Roseto tornò all'attacco, più aspro di prima.

-La guerra comincerà appena si sentiranno più forti. Dobbiamo precederli.

-Pazzo! Non pensi mai che mentre noi ci distruggiamo gli Oscuri diventino più forti ogni giorno che passa?

-Sciocca! Come fai a fidarti? Sicuramente gli Sparvieri sono d'accordo cogli Oscuri: distruggendo quei Maledetti, distruggiamo anche loro!

-La guerra come la intendi tu è completamente inutile. Prova a pensare di tanto in tanto, se ti riesce. Non vinceremo mai contro gli Spervieri, dobbiamo giocare d'astuzia...

-Tu non pensarci.-La blocco uno dei due ragazzi che aveva salutato per ultimi.

-Giusto.-rincarò l'altro- Vinceremo- Disse poi rivolgendosi risoluto a Roseto.

-Ci stermineranno!- predisse cupa Diana, esasperata. -Datemi retta per una volta! Dobbiamo trovare i Guardiani: solo così il Mondo tornerà a essere come lo raccontano le leggende.

-Zitta! I Guardiani sono tutte storie per bambini. Quel ciondolo che porti al collo è solo un regalo di una zingara un po' matta.

-Può darsi- sussurrò Diana dopo aver aperto e chiuso la bocca due o tre volte senza sapere cosa ribattere. -Ma può darsi anche che sia la nostra unica speranza.

-No! Smettila di cercare d'illudere. Non sai niente di tutto questo. In ogni caso voglio che tu la smetta di di parlarne: non sono affari tuoi. Li distruggeremo- sibilò poi rivolgendosi agli altri.

-Voi due.- disse rivolgendosi a Jhoan e Ben -Andate a letto, svelti. Domani venite con me. Quando entreremo in guerra dovrete essere pronti.

-Cosa?- I due gemelli avevano parlato perfettamente in coro lasciando cadere simultaneamente le posate sul piatto, ma più forte aveva strillato Diana, saltando in piede:-NO! Voi farti massacrare? Fatti tuoi! Ma non condannerai gli altri. Non li porterai a farsi ammazzare, non puoi. Non comandi tu!

-Fino a quando papà non torna a casa, sì!- Ribatté Roseto alzandosi in piedi anche lui.

-Sai perfettamente che papà non tornerà!

-Neppure mamma se è per questo, ma non mi sembra che tu ti stia dando molto da fare per questo.

Estella negl'ultimi minuti era impallidita e in quell'istante scoppiò a piangere, Jhoan e Ben s'irrigidirono e Diana gli lanciò un'occhiata di disgusto prima di correre in camera sbattendo la porta.

Roseto ringhiò qualcosa e sparì fuori casa seguito dai due ragazzi salutati per ultimi da Diana.

Estella singhiozzando corse fra le bracia di un Tim piuttosto scoccato, mentre Ben aiutava a sparecchiare e Jhoan trascinava Nic, sempre chiuso in un cupo mutismo, a letto.

Tim accarezzò la testolina spettinata di Estella parlandole dolcemente, col tono suadente che si usa coi bambini, per calmarla.

-Va tutto bene- la rassicurò quando i singhiozzi furono cessati. Estella la fissò con gli occhi pieni di riconoscenza infantile e Tim si sentì un verme.

Come poteva dirle che sarebbe andato tutto bene quando per tutta la serata i suoi fratelli avevano litigato parlando di una guerra imminente? Come poteva assicurarle che ci sarebbe stato anche qualcosa di semplicemente divertente quando quella bimba così piccina aveva perso i genitori?

Il ragazzino sospirò: chissà come stavano i suoi, là sulla Terra. Chissà se erano in pena per lui.

***

Tim aveva un vago ricordo delle urla della sera prima, quando, la mattina, si alzò stropicciato per andare a far colazione.

Mathild se ne stava seduta su una sedia con uno strofinaccio in mano, lo sguardo perso nel vuoto.

-Signora?

Mathild alzò lo sguardo e scattò in piedi:-Oh, caro! Vieni, vieni. Ti ho scaldato il latte. Mi dispiace, ma non posso offrirti altro. Anzi, aspetta... vuoi lo spezzatino avanzato da ieri sera?

Tim le sorrise, un po' a disagio: non aveva pensato che la cena del giorno prima poteva essere stata eccezionale, per festeggiare il ritorno di Diana, o, forse, per il fatto che c'era un ospite.

-No, grazie, non ho fame.

Mathild abbozzò:- Diana ti aspetta sulla Collina, dove siete stati ieri. Stamattina è uscita come una furia: ha strillato qualcosa al proposito di un impegno improrogabile...

La signora accompagnò il ragazzo sulla soglia e, quando Tim si fu già al cancelletto che separava il cortile dalla strada completò alzando un po' la voce:- Di' a Diana che...

-Sì?- Domandò Tim voltandosi.

-No, niente. Niente...- sospirò, poi a voce bassa, per non farsi sentire, mormorò con tristezza:- il giorno in cui si deciderà a chiamarmi “nonna” invece che Mathild, cadrà il Mondo.... o come minimo starà a casa per una settimana di seguito ad aiutarmi a fare conserve.

Il ragazzo sentì, ma fece finta di niente.

-Buon viaggio!- la sentì urlare quando fu lontano.

 

 

***

-Ciao piccolo mio.

-Come farò se mi mancherete?

-Ehi! Sarà bellissimo a casa dei nonni!

-Bhè, a me non va lo stesso, di andarci.

-Ma tesoro mio, non vuoi fare conoscenza con lo Gnomo che hanno in giardino?

-Non credo agli Gnomi! Sono troppo grande. E smettila di disordinarmi i capelli!

-Scusa, tesoro mio. A presto!

-Ciao 'ma!

  
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