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Autore: elev    21/10/2013    4 recensioni
Un nuovo progetto, un insieme di sensazioni. Elly quel giorno un incontro del genere non se l'aspettava di certo. Come non si aspettava di dover aver a che fare con la sua reazione in quel momento. Elly odia le presentazioni formali e adora il caffè. Dave... ha gli occhi azzurri.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La giornata delle eccezioni

“La gente è terribile.
Ma i colleghi lo sono di più!"
Questo divenne un dato di fatto da quel giorno in cui decisi di andare al lavoro con una camicia bianca.
Infondo si vestivano tutte “bene” ed io, affezionata ai miei vecchi jeans scoloriti, al mio vestiario rigorosamente nero o grigio che ormai aveva fatto gli straordinari, quel giorno decisi che potevo fare uno strappo alla regola.

Era quasi mezzogiorno e visto che quel giorno avevo deciso per la mia, il fatto che a pranzo si fermassero altri due colleghi coronò “la giornata delle eccezioni”.
Quei due, lui e lei, era un po’ che si inzigavano a vicenda e se uno diceva all’altra “sicura che con quel suv esagerato che ti ritrovi non controllano per strada?” l’altra replicava “ma tornatene su per i tuoi monti a fare ciao alle caprette…”

Dal canto mio a volte mi “intrufolavo” nel discorso di quei due, che più che colleghi a volte sembravano due vecchi coniugi. Ma se di base me ne stavo zitta zitta nel mio angolino a “reggere il moccolo” sogghignando tra me e me, c’era un’altra presenza che  mi distraeva. Dave che se la rideva di gusto in piedi accanto alla finestra.

La mia vocina interiore ormai aveva deciso che per il prossimo natale mi avrebbe regalato un cornetto acustico.
“ELLY!!!” mi diceva, “ELLY, maledizione! Concentrati, smetti di fissarlo con quel sorriso, smetti di fissarlo mentre ride, smettila di incantarti sul suo ciuffo ribelle! E soprattutto smetti di farti mille film in testa!!!”

Più lei URLAVA più io non la consideravo di striscio.

Fu una voce, quella del collega inzigone a “risvegliarmi” dal mio torpore. Si rivolse a me dicendo “Ah, ora ho capito… è per Dave che ti sei messa la camicia eh?!”

Benché questa idea non mi fosse barlumata nemmeno per scherzo per l’anticamera del cervello, probabilmente in quel momento il mio viso si colorò di un bel rosso vino. Ci mancava solo questa. Di sicuro non selezionavo il mio vestiario in base alle probabilità di “attirare l’attenzione” di Dave!
Me ne uscii con un “voi non mi volete bene! La prossima volta mi metterò il burka!”

Mi alzai dalla sedia col golfino in mano e cominciai ad usarlo sul mio collega a mò di frustino dicendogliene di ogni colore. Il tutto sotto gli occhi divertiti di Dave e della collega che finora aveva “subìto gli scherzi”.

Una gabbia di matti. Ecco cos’era. Me ne stavo convincendo sempre di più.

Con le lacrime agli occhi per le tante risate, cercai di concentrarmi fissando il monitor del mio pc. Ma fu uno sforzo vano, poiché in quel preciso istante il mio sguardo ebbe una deviazione e si posò ora sui colleghi che  erano bonariamente tornati a bisticciare tra di loro ora su Dave.

Dave!

Dave che si stava levando la grossa felpa di lana che portava quel giorno.

Maledissi le deviazioni e anche gli sguardi.
Maledissi la felpa, i capelli ora spettinati di Dave, il bordo dei Jeans in bella mostra mentre si toglieva quell’affare, la t-shirt a maniche corte che portava sotto che si era alzata quel poco da farmi incantare da qualche parte su un centimetro quadro della sua pelle.

Ero di nuovo un pomodorino e i miei ormoni erano andati a farsi benedire.
“Andiamo Elly!” mi dissi, “smettila di fare l’adolescente”.

Cercai in tutti i modi di darmi un filo di contegno e alzandomi dalla sedia, mi diressi in corridoio.
“Almeno in cucina riuscirò a diventare di un altro colore, spero!” pensai tra me e me.
Ma quella era la giornata delle eccezioni ed io, sprovveduta, ingenua Elly l’avevo dimenticato!

“vieni un po’…” mi disse velocemente passandomi accanto in corridoio.
Dave!
“ma cos…”

Non capivo cos’avesse in testa quella mina vagante…
Lo capii tre secondi dopo, quando lo trovai sorridente come un bambino che ne aveva combinata una delle sue, con le mani sotto al rubinetto aperto e guardandomi mi disse “dai, insieme…”
Ubbidii senza fiatare e con le mani bagnate, ridendo come due cretini, ci fiondammo di corsa verso l’ufficio (dove erano rimasti gli altri due) e schizzammo il collega “inzigone” in pieno viso.

Quello, con la faccia sorpresa, fece una specie di sorriso della serie “la pagherete” e se ne andò al suo posto.
Raggiunsi Dave e il collega affacciandomi alla porta del suo ufficio più tardi, quando quello aveva pensato bene di metterlo a lavorare nella speranza di renderlo innocuo. “Così ti pentirai di non essere andato a fare il servizio militare” gli diceva.

Mi affacciai alla porta.
Dave mi guardò di soppiatto e alla mia domanda “che lavoro ti sta sbolognando quello là?” mi rispose “ah guarda, mi viene da piangere!”
Me l’ero giocate tutte le carte della razionalità. Quel giorno davvero avevo dato il massimo.

Lo capii quando mi avvicinai a Dave e, sotto gli occhi sorpresi di quell’altro, con la mano destra e il sorriso stampato, gli scompigliai i capelli, scesi sulla guancia in una specie di carezza e gli dissi “ma no, non piangere su!”

Rimasi ancora qualche minuto sulla porta, come se non avessi mai fatto nulla, a parlare con il collega che stava seduto al suo posto di fronte.
Come se nulla fosse mai accaduto.

Quando quello mi disse ammiccando “ma che feeling avete voi due?” mi accorsi che Dave si era avvicinato pericolosamente al mio ginocchio con la sedia girevole.
Sorrisi al collega come per dire “massì ma che dici?”.

Dave mi cinse un ginocchio con le mani.
Addio razionalità.

Lo guardai e gli dissi “Ehi Dave che ne dici? Prima o poi dovremmo pur dirglielo… insomma ammettiamolo no?!”
Avevo toccato il fondo.

Di Elly non c’era che un puntino rosso fuoco da qualche parte.
Dave sogghignava.
E io me ne andai ad annegare nell’ennesimo caffè di quella giornata.

  
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