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Autore: CardoCampestre    21/10/2013    1 recensioni
Elena e Katherine, in fin dei conti, hanno accettato la loro essenza di Doppelganger, l'una il passato dell'altra e tutto cioò che questo ha comportato..
Ma questo loro gironzolare attorno ai Salvatore fa parte della loro essenza o è solo un gioco del Fato?
Una terza Doppelganger Petrova, dopo decenni dalla trasformazione di Elena, si imbatte nella vita delle strane creature che popolano Mystic Falls.. come reagirà nello scoprire tutta la verità?
P.S. La maggior parte delle cose raccontate sono tratte da sogni che faccio :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2.

Mi svegliai di soprassalto, qualche notte dopo la partenza di Sue, a causa di uno strano sogno.
Sicuramente, pensai, mi sono fatta troppo prendere dal libro che stava leggendo Susan.
Mi asciugai il sudore freddo che mi si stava appiccicando addosso e, rigirandomi nel letto, sperai di non tornare a sognare canini appuntiti, sangue, boschi e occhi famelici.
Nel dormiveglia, prima di cadere in un sonno profondo, riaffiorò l’immagine di un corpo adagiato su un prato.
Era il mio cadavere pieno di sangue.

Quella mattina mi svegliai con il sole di Agosto che mi scaldava la nuca e la schiena; quando aprii gli occhi rimasi per qualche minuto a godere di quella sensazione paradisiaca e rilassante che mi stava distraendo dalla sensazione che, piano piano, si faceva largo nella mia testa. Un sogno che voleva essere ricordato ma di cui ricordai solo la strana sensazione di essere indifesa che mi portai dietro tutto il giorno.
Mi alzai dando le spalle al letto che una volta era stato di Susan, cosa che ormai era diventata un’abitudine, e, prendendo il beauty case nel primo cassetto del mio comodino, mi affrettai ad andare in bagno prima che la maggior parte delle ragazze della camerata si svegliasse.
Una volta di fronte allo specchio mi legai i lunghi capelli bruni e mi lavai i denti.
Guardandomi vidi che il mio volto risentiva della nottata passata mostrando ombre violacee sotto i miei occhi marroni e la pelle era come affaticata.

Scesi nella sala da pranzo, che era posizionata dal lato opposto rispetto alla sala che aveva ospitato qualche giorno prima la famiglia di Sue, appena fui pronta e trovai alcune delle ragazze che facevano colazione chiacchierando ed una Signorina Smith tutta intenta a stilare dei documenti.
Proprio quando mi sedetti accanto a lei bofonchiando un buongiorno ed addentando un biscotto mi disse serenamente :”Oggi qualcuno viene a farti visita”.
Il biscotto mi andò di traverso perché qualcosa mi diceva che non era una visita qualunque, dato che non ne avevo mai ricevute.
“C-cosa?” dissi tossendo. La Smith mi passò un bicchiere d’acqua.
“Una visita! Hanno chiamato la sera in cui Sue è andata via. Qualcuno vuole conoscerti!”
“Vogliono conoscere me!?” Perfetto, non ero molto estroversa e l’unica vera amica che io avessi mai avuto era da qualche parte con la sua nuova famiglia.
“Oh si, certo!” disse la Smith con un sorriso tirato e incoraggiante “Hanno chiesto espressamente di te, hanno usato persino il tuo cognome originario, pensa un po’! Qui qualcuno è davvero intenzionato a conoscerti!”
“Mi scusi?! Petrova? Mi hanno chiamata Petrova?” Questo si che era strano, sapevo di avere lontani parenti in Bulgaria ma nessuno aveva mai accennato a questo o tanto meno alla mia famiglia o, semplicemente, al mio vero cognome.
Non solo qualcuno chiede espressamente di me, ma usa un cognome che non ho mai dato per mio e che a malapena so di avere.
Pensato ciò solo una cosa avevo chiara nella mia mente: Chiunque fosse questa misteriosa persona che voleva conoscermi, io non avevo nessuna intenzione di conoscere lei o lui.
La Smith ebbe il buonsenso di aspettare che finissi il mio cappuccino per dirmi che un ragazzo sarebbe venuto a trovarmi proprio quel pomeriggio.
Il suo nome, mi disse, sarebbe stato Stefan Salvatore.

Proprio mentre posavo il piede sull’ultimo gradino della scala di marmo bianco della grande casa che ospitava me ed altre 10 ragazze orfane, il campanello suonò ed il cuore mi salì in gola quando una voce maschile rispose educatamente al saluto della signorina Smith.
“Prego, si accomodi pure, Signor Salvatore” disse la signorina Smith chiudendo la porta dopo aver fatto entrare un ragazzo alto e, molto attraente, non si poteva negarlo.
Ascoltare quella voce riportò alla mia mente la strava sensazione che avevo avuto la stessa mattina, quella del sogno che voleva essere ricordato; ma niente, continuavo semplicemente a sentirmi vulnerabile, come se mi sarei potuta ammalare da un momento all’altro.
Sapevo che il ragazzo mi stava guardando, per questo lasciai che i capelli mi ricadessero davanti al viso e con sguardo basso mi incamminai verso il salottino che solitamente ospitava le visite.
Mi affrettai a raggiungere la porta a vetri aperta quando vidi accanto ai miei piedi un paio di scarpe da ginnastica nere e, facendo salire lo sguardo sulla figura accanto a me, lunghe gambe avvolte da jeans scuri, una camicia bianca e, di fronte al mio viso, un paio di occhi che mi fissavano.
Rimasi lì, goffa e immobile, finchè con voce gentile il ragazzo mi disse :”Prego, prima le signore”.
Senza rispondere e tentando di darmi un tono mi diressi verso il centro della stanza dov’erano due poltrone ed un divano con fantasie floreali attorno ad un sofisticato tappeto color pastello su cui era un tavolino in mogano; non guardai più il ragazzo tentando di non dargli importanza.
La signorina Smith che si era accorta di tutte le dinamiche fece accomodare il ragazzo.
“Bene signor Salvatore, questa è Megan Petrova, la ragazza che mi ha chiesto di poter incontrare.”
Come unì il cognome Petrova al mio nome mi girai di scatto verso di lei.
La cosiddetta famiglia Petrova mi aveva abbandonata, non c’era motivo per cui io avrei dovuto portare quel cognome.. Ma qualcuno mi cercava con questo cognome ed ero abbastanza curiosa di capire perché.
Lo sguardo del ragazzo passò dalla signorina Smith a me ed alzandosi in piedi mi porse la mano :” Ciao Megan, io sono Stefan”.
Mi alzai in piedi di rimando e strinsi la grande mano del ragazzo :”Piacere di conoscerti Stefan” dissi lasciando subito la presa.
La stretta mi riportò alla mente immagini vivide del mio strano sogno che però stava cambiando in qualcosa di positivo.
Vita, non morte.
“Mi stai per portare via da questo posto, non è vero?” gli chiesi senza curarmi della presenza della signorina Smith.
“Si, molto probabilmente è così” disse deciso lui.
Da quel momento in poi, la sensazione di vulnerabilità che mi portavo dietro dalla mattina diventò un buco pesante nello stomaco e allo stesso tempo elettricità che fluiva nelle mie vene.

Sarei andata fino al fondo di quella storia ed avrei capito chi era Stefan Salvatore.
  
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