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Autore: syontai    22/10/2013    18 recensioni
Un mondo diviso in quattro regni.
Un principe spietato e crudele, tormentato dai fantasmi del passato.
Una regina detronizzata in seguito ad una rivolta.
Una regina il cui unico scopo è quello di ottenere sempre più potere.
Un re saggio e giusto da cui dipendono le ultime forze della resistenza.
Una ragazza capitata per il volere del destino in un mondo apparentemente privo di logica, e lacerato dai conflitti.
Una storia d'amore in grado di cambiare le sorti di una guerra e di tutto questo magico mondo.
This is Wonderland, welcome.
[Leonetta, accenni Pangie, LibixAndres e altri]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 6

Humpty Dumpty e la biblioteca dai mille specchi

Erano passate ben due settimane al castello di Cuori, e grazie alle direttive di Lena, Violetta riusciva a stare dietro alle occupazioni di tutti i giorni. Su consiglio dell’amica evitava sempre il principe Leon quando lo scorgeva lungo un corridoio. “Ma perché devo stargli il più lontano possibile?” aveva chiesto una volta lei, dopo essere svicolata per l’ennesima volta ed aver evitato l’incontro con il principe. “Meno lo si incontra, meglio è. Il principe Leon è una delle persone più crudeli del Paese delle Meraviglie. Gira voce che si faccia il bagno con il sangue delle persone che uccide” spiegò l’amica, attraversata da un tremito mentre ne parlava. “E’ freddo e impassibile con tutti. Quando ti avvicini a lui sembra quasi di avvicinarsi al ghiaccio. E poi…”. Lena deglutì spaventata. Violetta si preoccupò, ma la incitò ad andare avanti. “Ogni notte sceglie una ragazza, una giovane, e la costringe a passare la notte con lui. Solitamente è la sua serva personale fornitagli dalla regina, ma non sempre va a finire così” concluse con lo sguardo spaventato. “A te è mai successo di essere scelta?” chiese l’amica, terrorizzata quanto lei al solo pensiero. “No, a me no. Ma sono una delle poche fortunate” esclamò Lena mentre si dirigeva nelle cucine attraversando il grande salone d’ingresso dalla scalinata di marmo. Senza accorgersene Violetta andò a sbattere contro una figura minuta. Alzò lo sguardo e vide una ragazza non troppo alta, dai capelli castani lunghi raccolti in una coda, con una cuffietta bianca, e un abito molto modesto di un grigio cupo. “Mi dispiace…” sussurrò Violetta mortificata. “Dovresti stare più attenta” sibilò la giovane sistemandosi una ciocca di capelli che non era stata raccolta dalla coda dietro l’orecchio. “E’ nuova, lasciala ambientare e pensa ai tuoi compiti” rispose a tono Lena, mettendosi davanti a Violetta. “Quando lo dirò al principe Leon, la farà cacciare subito per la sua sbadataggine” affermò con tono altezzoso e puntando i suoi occhietti malvagi su Violetta, ignorando le parole di Lena. “Solo perché sei la sua domestica personale, non vuol dire che presti attenzione a tutte le sciocchezze che dici. Sei una serva quanto noi, poche arie e più lavoro” ribatté l’altra battendo le mani per metterle fretta. Lara si allontanò inviperita, ma prima lanciò un’occhiata di sfida a Violetta. La ragazza la vide sbuffare e allontanarsi a testa alta. “Quindi lei è...?” chiese a bassa voce. Lena annuì con aria stanca. “Si, lei è la sguald…volevo dire la domestica del principe. E’ odiata da tutti al castello, ed è insopportabile, ma come ti ho detto questo a Leon non interessa. A lui interessa solo che sia bella e che possa dargli piacere a letto”. Era disgustata mentre diceva quelle parole, quindi aprì la porta che conducevano alle cucine, mostrando un lungo corridoio in pietra, con alcune torce, appese ai lati delle pareti. “Ma come può una persona essere così crudele e egoista?” mormorò Violetta più a se stessa che all’amica. “Un consiglio: stai lontana da lui” disse Lena, comprendendo le sue paure. Violetta annuì e continuò a camminare sempre pensando a quello che era successo. Quella Lara era insopportabile, vanitosa, e acida, ma dovette ammettere che aveva un bel corpo e delle belle forme. Possibile che un uomo, anzi un ragazzo, potesse farsi andare bene solo quello? Che fine aveva fatto l’amore che avrebbe dovuto legare due persone? Ponendosi quelle domande entrò nelle cucine. Si fece distrarre dallo sciabordare delle stoviglie e dai rumori di piatti che si ammonticchiavano sul ripiano di legno vicino all’entrata. Una donna piuttosto anziana, che i primi giorni Violetta scoprì essere la capo-cuoca, le diede i compiti del giorno: pulire i pavimenti, aiutare a lavare, dare una mano dove ce ne fosse bisogno insomma.
Finalmente giunse l’ora di pranzo. Dopo aver consumato il loro pasto nelle cucine, le due poterono ritirarsi nelle loro camere per un paio d’ore. Violetta si trascinò distrutta sul suo letto, per poi buttarsi su di esso sospirando rumorosamente. Lena scoppiò a ridere, e si sedette anche lei sul suo giaciglio tirando fuori un grosso sbadiglio. Prese un foglietto giallo che stava sul comodino. “Oh, no!” esclamò lei con aria stanca. “Che è successo?” chiese Violetta, girando la testa verso di lei, leggermente preoccupata. “Oggi pomeriggio a qualcuno tocca pulire gli specchi della biblioteca, ma io ho già delle faccende nella torre nord. Sarà una giornata bruttissima”. “Se vuoi ci penso io alla biblioteca” si propose con un sorriso. In fondo quella biblioteca le metteva curiosità. Non ci era mai entrata ma ogni volta che passava di fronte alla scritta di Socrate sentiva un’irrefrenabile curiosità. Una volta si era addirittura avvicinata fino a sfiorare la superficie in quercia, ma Lena l’aveva richiamata dicendole che dovevano andare nelle cucine ad aiutare per preparare la cena. Si riprese da quella sorta di stato di trance che aveva raggiunto alla parola ‘biblioteca’ e ritornò a fissare Lena. “Davvero, lo faresti? Mi faresti davvero un favore!” esclamò l’amica al settimo cielo. Annuì convinta e le rivolse un sorriso. Ancora una volta la curiosità aveva preso il sopravvento, facendole fare la scelta sbagliata.
Erano le quattro di pomeriggio e Violetta si diresse con una serie di pezzi di stoffa per pulire gli specchi. Che poi non riusciva a capire come mai ci fossero degli specchi in una biblioteca. Si ritrovò nuovamente di fronte al portone della biblioteca. Un fremito percorse il suo corpo mentre la mano lentamente si avvicinava al battente di bronzo. Prima ancora che potesse bussare, la porta si aprì lentamente mostrando un buffo essere. Era un…uovo. Si, un uovo era la proprio la parola che meglio l’avrebbe descritto. Era una figura ovale dalla pelle lucida e splendente; indossava un paio di pantaloni scuri, da cui sbucavano due gambe esili e tremolanti. Il buffo personaggio indossava un paio di occhiali a mezzaluna, e stava sorseggiando una tazza di tè fumante. Un cappello di un viola acceso gli contornava la testa calva. I suoi occhietti di un azzurro acquoso si muovevano qua e là di scatto, come se fossero costantemente alla ricerca di qualcosa. Una maglia bianca era avvolta da un mantello nero come la pece. “Tu non sei Lena” constatò con la sua voce cavernosa. “No, io sono Violetta, oggi prendo il posto di Lena” spiegò educatamente la ragazza, mostrando i panni per pulire i vetri. “Sei Violetta…quella nuova, la ragazza trovata nel bosco”. “Esatto, sono proprio io”. “Beh, se è andata così, un motivo in fondo ci sarà” mormorò l’uomo-uovo, sospirando tristemente. “Entra pure” disse seccamente, facendola entrare. Violetta spalancò la bocca per la sorpresa. Una stanza enorme si mostrò in tutta la sua maestosità. Il pavimento era costituito da una seria infinita di mattonelle in marmo bianche con raffigurati dei cuori neri alternati e ai lati del corridoio principali si trovavano delle enormi librerie in legno di ciliegio. Ogni scaffale aveva numerosi libri, intervallati di tanto in tanto da qualche specchio. Diede una rapida occhiata intorno e vide che dietro quelle librerie vi erano almeno altre tre quattro file di altrettante strutture. Un lettore accanito come lei poteva impazzire in quel posto. Alzò lo sguardo e osservò una grande cupola al centro della stanza dove erano impressi i quattro simboli delle carte: fiori, cuori, quadri, picche. La fine della sala terminava con delle ampie vetrate che illuminavano la sala creando un gioco di luce con gli specchi affissi. Vicino le vetrate c’erano dei semplici tavolini in legno, usati per la lettura, messi in fila lungo la parete. “Che meraviglia! E quanti libri!” esclamò lei sorpresa, osservando i vari scaffali e avvicinandosi curiosa. Estrasse un libro dalla copertina verde rilegato con cura. Una scritta dorata recitava ‘La storia di Alice’. Alice, Alice…dove aveva già sentito quel nome? Ma certo, era il nome della ragazza della storia che aveva cercato di raccontargli il Ghiro! Rivolse un’altra occhiata al soffitto, osservando i simboli di fiori e picche di cristallo nero che brillavano tetri e quelli di cuori e quadri che risplendevano per la luce emanata da quei rubini incastonati lungo il contorno. “Mi chiamo Humpty Dumpty” disse all’improvviso l’uomo, sbucando da dietro le sue spalle, e guardandola sommessamente. “Piacere, Humpty Dumpty” rispose lei con un piccolo inchino. “Chi è Alice? E cosa sono quei quattro simboli?” chiese poi indicando il soffitto e la cupola. “Non conosci la storia del Paese delle Meraviglie? Sei strana, ragazza” disse lui avviandosi verso una scrivania che si trovava sulla destra dell’ingresso, ma che lei non aveva notato. Tirò fuori un librone nero e lo aprì a metà, sollevando una nuvola di polvere. “Quindi?”. “Quindi cosa?” chiese Humpty Dumpty con aria di superiorità. “Non intendi raccontarmi della storia del Paese delle Meraviglie, o come diavolo si chiama questo posto?”. “Ah…quindi volevi che io ti raccontassi”. Violetta sbuffò impercettibilmente per non sembrare maleducata. In questo mondo qui nessuno è con la testa a posto, pensò incrociando le braccia all’altezza del petto, con il libro in grembo. Il bibliotecario prese un respiro profondo e cominciò a raccontare fissando la cupola con fare nostalgico. “Tanto tempo fa una giovane ragazza finì per sbaglio in questo mondo. Il suo nome era Alice, ed ebbe la fortuna di incontrare le migliori menti del mondo, come lo Stregatto o il Cappellaio Matto”. Le più grandi menti del mondo, eh, pensa le peggiori, si chiese Violetta, senza però osare interromperlo con quell’osservazione. Ormai le era chiaro che erano tutti molto suscettibili riguardo all’essere interrotti. “Alice però finì alla corte della regina rossa, da cui riuscì a fuggire per puro miracolo. A quell’epoca il regno era diviso dalla regina rossa e quella bianca. Alice tornò nel suo mondo lasciando la situazione invariata.
“Ma la storia non finisce qui. Qualche anno dopo attraverso uno specchio Alice raggiunse una dimensione alterata del Regno delle Meraviglie, in cui il mondo era ridotto a una scacchiera. Dopo numerose peripezie, riuscì ad arrivare al Castello dello Scacco Matto, e in seguito a un’antica profezia imprigionò le due regine sotto il suo volere. La profezia diceva che sedere al tavolo del crepuscolo l’avrebbe portata ad assumere il potere del Paese delle Meraviglie, e così è stato”. Violetta ricordò il piccolo intaglio sulla porta della biblioteca ed annuì. “Dopo aver ottenuto il potere su tutto il regno, lo fece tornare alla normalità, eliminando la scacchiera. Quindi governò per qualche anno con saggezza e giustizia. Il giorno della sua ascesa al trono è ricordato come il giorno del Liberatutto.
“Dopo un po’ di tempo, dovendo tornare nel suo mondo, decise di dividere il mondo in quattro regni. Il regno di cuori venne affidato agli eredi della Regina Rossa perché non portassero rancori, il regno di picche fu messo sotto il controllo degli eredi del Cappellaio Matto. Il regno di fiori ebbe come suoi sovrani i cosiddetti Portatori di Luce, ossia gli eredi della Regina Bianca. E infine il regno di quadri fu consegnato sotto la custodia degli incantatori, maghi dotati del dono delle pozioni. Sono loro che hanno creato le pozioni Cresciadismisura e quella Rimpiccioliscipiùchepuoi, delle quali dagli annali sappiamo si servì la stessa Alice in più di un’occasione”. “Ecco il perché dei quattro simboli” sussurrò Violetta. “E questi specchi?”. Humpty la guardò soddisfatto di quella domanda. “Devi sapere che prima della divisione, questo castello era il castello dove risiedeva la stessa Alice, e lei ha fatto costruire questi pannelli riflettenti per un motivo specifico. In questo modo è possibile osservare il proprio riflesso sugli scaffali” disse con estrema gioia. “Continuo a non capire” mormorò Violetta, un po’ confusa. Humpty le lanciò un’occhiata di rimprovero, ma poi si addolcì non appena iniziò a parlare. “Alice diceva sempre che tutti noi siamo come dei libri che attendono solo di essere scritti fino alla fine. E tutto questo…”, indicò gli specchi, “serve a ricordarcelo continuamente”. Violetta sgranò gli occhi per lo stupore. Quella frase la aveva lasciato un’enorme senso di tranquillità. Si avvicinò ad uno scaffale e osservò il suo riflesso che le sorrideva. Sono un libro che attende solo di essere scritto fino in fondo, si ripeté nella mente ancora affascinata. Ma che libro era lei? E a che pagina era arrivata? Cosa vagava nella mente di chi gestiva la sua storia? Ripose il libro dalla copertina verde, e decise di cominciare a mettersi al lavoro, quando sentì la porta della biblioteca sbattere dietro di lei. Si voltò e per un secondo incrociò quello sguardo così freddo e affascinante allo stesso tempo. Leon avanzava a passo sicuro nella sala, girovagando per le librerie senza aprire bocca. Indossava un paio di pantaloni verde bottiglia con una larga camicia bianca e un gilè dello stesso colore dei pantaloni. Per un altro secondo i loro sguardi si incrociarono quindi Leon fece un sorrisetto da far gelare il sangue, prese un libro e si mise seduto ad uno dei tavolini vicino alle vetrate per poi sfogliarlo pigramente. Humpty Dumpty si avvicinò al principe e gli parlò come un vecchio confidente. “Ancora strategie militari?” chiese con voce annoiata. Leon annuì pazientemente, mentre borbottava qualcosa su formazioni dell’esercito e cose simili, prendendo appunti mentali. “Non ti annoi a leggere sempre le stesse cose?” lo riprese nuovamente il bibliotecario. Leon alzò lo sguardo per rimproverarlo e poi fissò nuovamente Violetta, come se cercasse di capire cosa stesse pensando. “Non c’è altro di mio interesse qui dentro” si rivolse nuovamente al suo interlocutore, tornando poi a concentrarsi sulla sua lettura. La porta della biblioteca si aprì nuovamente ed entrò il Bianconiglio che era venuto a cercare il principe. “Signor principe, la regina la sta cercando!” esclamò lui, saltellando sul pavimento. “Non si può leggere in pace nemmeno per un secondo!” sbuffò il principe richiudendo il libro di botto. Violetta sorrise a quelle parole e tornò a spolverare gli specchi, sotto l’occhio attento del principe. Mentre usciva dalla biblioteca, si avvicinò a Violetta da dietro. “Non ti preoccupare, divertiti finché puoi, perché un giorno proverai solo paura per me” le sussurrò all’orecchio malizioso. Violetta ebbe una scossa di brividi e rimase paralizzata. Cosa intendeva dire? Perché voleva che lo temesse? Quando si voltò si stava già dirigendo fuori dalla biblioteca, seguendo il tic tac dell’orologio di Thomas.
Leon entrò nella sala del trono con la mano che sfiorava l’elsa della spada nel fodero. Percorse in fretta il tappeto inginocchiandosi di fronte al trono dove lo aspettava seduta la madre. “Leon, sono contenta che mi hai raggiunto con così tanta fretta, perché ti devo parlare…” disse la donna alzandosi lentamente e avvicinandosi. Il principe rimase con lo sguardo abbassato in segno di rispetto, e annuì. “Mia regina, per voi questo ed altro…” esclamò convinto. “Leon, voglio che a breve tu parta per il confine con una truppa ausiliaria per affiancare l’esercito di fiori e quadri vicino ai monti Cuorineri. Leon si rialzò con uno sguardo impassibile e freddo come il ghiaccio. “Ai vostri ordini, madre”. Si voltò e fece per andarsene. “Il giuramento, Leon”. Il ragazzo si voltò leggermente sorpreso. “Non vi fidate più di vostro figlio?”. “Mi fiderò sempre di te, figlio, ma voglio il giuramento per mostrarmi nuovamente il tuo desiderio di essere al mio servizio”. Leon estrasse un pugnale sul fianco destro, legato alla stessa cintola del fodero della spada. Si tolse il guanto nero dalla mano sinistra scoprendo il palmo, pieno di vecchi tagli ormai cicatrizzati. Guardò dritto negli occhi la regina e fece un taglio sulla mano, da cui lentamente uscì una macchia di sangue. “Prometti tu di servire sempre la tua regina, con onore fino alla fine dei tuoi giorni?” chiese con tono autoritario Jade. “Lo prometto”. “Prometti di mettere sempre avanti il bene del regno al tuo bene personale?”. “Lo prometto”. “Prometti di eseguire gli ordini che ti verranno assegnati per quanto discutibili e assurdi ti potranno sembrare?”. Leon passò l’indice della mano destra sulla ferita e leccò il sangue che vi si era depositato. Il sapore ferroso e amaro del sangue invase la sua bocca, dandogli una sensazione di disgusto. “Lo prometto”. “Ora e sempre?” chiese lei infine con un sorriso compiaciuto. “Ora e sempre” ripeté il principe convinto. Con l’assenso della regina uscì dalla sala del trono camminando a passo svelto. Forse era ancora in tempo. Non voleva perdere l’occasione che gli si era presentata, la possibilità di insegnare a quella Violetta il rispetto e il timore reverenziale che avrebbe dovuto avere nei suoi confronti. Si fermò un attimo a riflettere: perché ce l’aveva tanto con quella ragazza? Non l’aveva sfidato in alcun modo. O forse si, ma non sapeva come. La odiava perché aveva cercato di farlo crollare, aveva cercato di far scoprire il suo lato buono nel folto di quella foresta, e ci era riuscita. Lui non si era mai fatto problemi ad uccidere donne e bambini, in fondo non aveva mai visto alcuna differenza tra un valoroso guerriero e un innocente bambino. Entrambi ai suoi occhi meritavano lo stesso tipo di trattamento. Ma Violetta…non era riuscito a metterla a tacere. Si ricordò della lama che le aveva puntato alla gola, si ricordò della sua espressione dolce e allo stesso tempo terrorizzata. Subito aveva pensato che rappresentasse la purezza. E la odiava per questo, odiava sentirsi così corrotto al suo cospetto. Odiava provare timore del suo giudizio, e ogni suo sguardo era come se lo giudicasse, se lo mettesse alla prova. Non si era mai sentito tanto sotto pressione. Non dovrei farlo, non dovrei rovinarla in quel modo, pensò, preso da un inaspettato senso di giustizia. Non lo merita. Scacciò quei pensieri e sorrise malignamente al pensiero della ragazza completamente indifesa nel suo letto. Doveva imparare che lui era un mostro, non doveva pensare di poterlo cambiare. Lui era Leon, e lei rimaneva una serva. Lei non era nulla, lui era un principe. Lei provava amore nel suo sguardo, lui solo odio. Rifletté un attimo: avrebbe insegnato a quella ragazza come l’amore non esistesse, come fosse solo un’illusione. Le avrebbe fatto capire come avesse finora vissuto di nulla, le avrebbe mostrato che l’unica cosa che regnava nel suo cuore era la violenza e l’odio. Era una dimostrazione per lei…o per se stesso? Lentamente il dubbio si stava insinuando in lui, e non lo poteva sopportare. No, avrebbe distrutto quella ragazza, a costo di rimetterci la vita.
Era trascorso tutto il pomeriggio e Violetta era ormai stanca morta. Il tramonto con i suoi pallidi raggi di un arancione acceso filtrava attraverso le vetrate facendo brillare le gocce di sudore che le imperlavano la fronte. Aveva quasi finito: mancava un ultimo specchio. Nel frattempo Humpty Dumpty leggeva e parlottava tra sé e sé, riflettendo ad alta voce. Ad un certo punto chiuse il libro e si avvicinò a Violetta. “Ho visto come guardavi il principe” esclamò con un sorriso paterno. Violetta abbassò lo sguardo arrossendo. “C-come lo guardavo?”. “Dimmelo te” ribatté l’anziano personaggio, appoggiandola una mano bianca come il latte sulla spalla della ragazza. “Mi incuriosisce, ecco. Insomma sembra così freddo e severo, ma penso che non sia davvero così…è come se stesse indossando una maschera” disse, ricordandosi all’improvviso le parole del saggio tasso. Esatto, proprio una maschera. Era come se non fosse davvero lui, il principe Leon. Come se stesse prendendo parte ad una recita. Il bibliotecario sorrise e annuì. “Conosco Leon da quando era piccolissimo. Inizialmente era una vera peste, ma allo stesso tempo era dolce e affettuoso, poi…”. “Poi che è successo?” chiese curiosa Violetta, posando la pezza con cui stava pulendo l’ultimo specchio, avendo terminato il lavoro. “Non sono io a dovertelo dire…” sussurrò tetro l’uomo, rivolgendosi di nuovo verso la sua scrivania, e troncando così la conversazione. Con quel punto interrogativo nella testa, Violetta si congedò e uscì dalla biblioteca, passandosi una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore: aveva proprio bisogno di una bel bagno rilassante e tonificante. Irrimediabilmente finì per pensare a Leon. Quel ragazzo lo incuriosiva parecchio, non sapeva in che modo. Quando lo vedeva il suo cuore cominciava a battere fortissimo e un senso di dolcezza e allo stesso tempo di paura la pervadeva. Era possibile innamorarsi di una persona che sembrava totalmente incapace di provare dei sentimenti come l’amore e l’affetto? No, non era possibile. Non fece in tempo a fare quelle considerazioni che si sentì stringere il braccio con forza. Il principe l’aveva afferrata per il braccio e la stava portando dall’altra parte del palazzo negli alloggi reali. Si assicurò che non ci fosse nessuno nei paraggi, quindi la fece indietreggiare fino a farle poggiare la schiena al muro del corridoio, intrappolandola con il suo corpo. “C-cosa volete, principe?”. Leon sorrise, potendo avvertire i brividi di paura che la ragazza stava avendo, quindi si avvicinò al suo orecchio. “Sei una bella ragazza” le sussurrò malizioso. La ragazza si irrigidì a quelle parole. Aveva paura per quello che le avevano raccontato. “Avrai sentito delle storie su di me, alcune anche raccapriccianti…”. “E’ tutto vero” concluse dopo un momento di silenzio. “Non vi credo” ebbe la forza di rispondere lei con gli occhi vitrei, mentre il suo corpo era incapace di emettere alcun movimento. “Beh, ti dovrai ricredere, mi spiace” disse per poi sfiorare con le labbra il suo collo e lasciandovi un bacio di fuoco. Violetta fece leva con le mani sul petto del giovane per allontanarlo, ma si sentiva impotente e indifesa. Non poteva fare nulla, era in balia del suo volere. Forse doveva urlare, si sarebbe stata l’idea migliore. “Se stai pensando di urlare è tutto inutile. Mi posso inventare una qualunque scusa. Posso dire che mi hai aggredito. A chi credi che crederebbero? A un principe o a una serva?” ghignò in modo malvagio. Violetta lo guardò sconvolta, cercando di trattenere le lacrime. Come era potuto succedere? Perché ce l’aveva tanto con lei? Non riusciva a comprendere, ma quando sentì nuovamente le labbra calde del principe avventarsi avidamente sul suo collo, una sensazione di nausea la colse all’improvviso. Leon si separò di scatto e sorrise nel vedere la sua espressione sconvolta. Era proprio l’effetto che voleva ottenere. E adesso mancava solo una cosa per farla cadere nel più oscuro oblio. Doveva ottenere un’ultima cosa da lei: la sua purezza. Era il migliore modo per distruggerla completamente. “Domani notte ti farai trovare nella mia stanza. E’ quella lì” disse indicando una porta in legno scuro come la pece. “E non provare a non presentarti. Sai benissimo che correresti dei brutti guai” la riprese anticipando i suoi pensieri. “Sarà divertente passare la notte con te, sarà un vero spasso sentire i tuoi gemiti interrotti unicamente dai singhiozzi del pianto. Sarà divertente farti mia” concluse il giovane con aria annoiata e stanca. “E adesso vattene!” esclamò rientrando nella sua stanza. Violetta si accasciò lentamente per terra lungo la parete con lo sguardo perso nel nulla. Aveva ancora i brividi, ma non solo di paura. Era come se ancora sentisse i baci di Leon lungo il collo, come dei marchi roventi. E le facevano uno strano effetto. In un certo senso desiderava sentire ancora le labbra del giovane principe sulla sua pelle, ma allo stesso tempo la realtà le oppresse il cuore con la sua crudeltà. Il giorno dopo si sarebbe dovuta concedere a lui, dicendo addio a tutto ciò in cui credeva. L’attesa di un amore profondo e sincero…non avrebbe potuto vivere quella gioia così grande nel ricevere un bacio pieno di affetto e passione allo stesso tempo. Era perduta. E mentre il sole tramontò lanciando i suoi raggi, con esso tramontò anche la speranza che fino ad ora aveva accompagnato la povera Violetta. 







NOTA AUTORE: Mi sto già odiando da solo in questo capitolo, quindi non metteteci il carico da undici :P Comunque, ecco due nuovi personaggi: Lara e Humpty Dumpty. Lara è un personaggio abbastanza odioso in questa storia, mentre Humpty è un vecchio saggio, uomo-uovo (chi ha letto il Paese delle Meraviglie sa chi è :D). Beh, dopo la presentazione parliamo della storia del Paese delle Meraviglie, finalmente venuta a galla: quindi Alice è già passata di qui xD Sono successe parecchie cose al suo arrivo, e per un breve periodo è stata anche regina, fino al momento di tornare nel suo mondo. Tanti misteri ancora da svelare...Nonostante tutto amo i pensieri di Leon: si sente in un certo senso minacciato, e teme Violetta. Ma per farsi temere a sua volta e poter sentirsi sicuro decide di compiere un'azione turpe (che gergo LOL), e quindi costringe Violetta a passare la notte con lui. Violetta dal canto suo, sente già qualcosa per Leon (e viceversa, ma per Leon è ancora tutto più oscuro), e un misto di emozioni diverse è oggetto dei suoi pensieri, che quindi risultano volontariamente stranamente confusionari. Il marchio dei baci è una figura teoricamente cupa, ma allo stesso tempo è una sensazione che quasi gli manca. Si, questa Violetta non sta molto a posto con il cervello, ma in questo mondo non si capisce più nulla per la povera ragazza! Nel prossimo capitolo dal titolo 'L'armatura di cristallo' invece conosceremo il re di Picche, con la sua consorte e la giovane figlia, che possiede un dono antico quanto pericoloso. E una profezia sconvolgerà le sorti di tutto il regno. Ma non posso anticiparvi di più, dico solo che nuovi tasselli si uniscono al quadro, e niente...spero che nonostante questo capitolo metta il magone (a me l'ha messo), vi piaccia lo stesso :3 Alla prossima, e buona lettura a tutti ;D 
  
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