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Autore: DulceVoz    22/10/2013    9 recensioni
Ad un mese dalla scomparsa di Maria, l’incubo non sembra ancora terminato: messaggi minacciosi cominciano a tormentare la vita delle persone a cui la famosa cantante aveva voluto bene… e se a questo vi si aggiungono misteriose scomparse la vicenda si complica ulteriormente… e se quello della maggiore delle Saramego non fosse stato un incidente? Se Violetta e Angie rischiassero tanto in una situazione davvero troppo complicata? La loro protezione, affidata a due bodyguards davvero speciali, cambierà le loro esistenze e nulla sarà più come prima… chi sarà il folle misterioso degli inquietanti avvertimenti? Riusciranno le nostre protagoniste a salvarsi dalle ire di qualcuno che vuole solo vendicarsi per motivi sconosciuti? Una storia di intrighi, azione e amore per gli amanti del giallo e del mistero.
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Leon, Pablo, Un po' tutti, Violetta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“- Buongiorno!” Leon si era svegliato prima di Violetta e la fissava con aria incantata. Erano distesi sul letto, uno accanto all’altra e da qualche notte a quella parte dormivano abbracciati. Sì, probabilmente Diego avrebbe commentato la scelta, per lui alquanto discutibile, che riguardava la parte del “dormire”… ma a Leon non importava... gli bastava stringerla tra le sue braccia per essere felice, per sentirsi completo e quasi gli dispiaceva di essersene accorto solo dopo un lungo periodo passato insieme durante il quale si erano sopportati davvero con difficoltà. “- Ehi!” disse lei, stropicciandosi gli occhi con aria assonnata e mettendosi a sedere sul letto. “- E’ lunedì, si torna allo Studio! Ci aspetta un’intensa giornata di prove, lo sai vero?” sorrise il ragazzo, mentre la giovane fissò l’orologio sul comodino e si rese conto di quanto fossero in ritardo. “- Diamine, Leon! Se dopo quanto successo l’altro giorno oggi arriviamo anche in ritardo, ci sospenderanno direttamente! E non ci sarà difesa che tenga!” esclamò lei, serissima, correndo come una trottola impazzita per la stanza. “- Andrà tutto bene, calma!” rise il bodyguard, bloccandola per la vita e depositandole un dolce bacio sul collo che la fece rabbrividire… “- Leon… faremo tardi…” balbettò la giovane, rossa in viso, osservandosi nello specchio di fronte a sé, stretta in quell’abbraccio proveniente dalle sue spalle. “- Siamo belli, eh?” domandò lui, soffiando delicatamente quella frase all’orecchio della giovane. “- No, io sono bella…” lo provocò ridacchiando la giovane, fissando il suo riflesso per studiarne la reazione. “- Che cosa? Ah, la pagherai per questo!” esclamò la guardia del corpo sollevandola di peso e facendola sedere sul letto. “- No, dai! Scherzavo!” rise lei, mentre Leon la fissava, senza aver intenzione di reagire… stava tramando qualcosa… “- SOLLETICO!” urlò d’un tratto, facendola sghignazzare ancor di più. Si sentiva così serena da quando il ragazzo era nella sua vita… quello di certo non era stato un periodo facile per lei: prima la scomparsa della madre, poi dopo nemmeno qualche mese quella del padre, e per giunta, un folle che voleva eliminare anche lei e sua zia. Chiunque altro avrebbe gettato la spugna, sarebbe partita subito per recarsi dall’altra parte del pianeta… e probabilmente, anzi, sicuramente, lo avrebbe fatto anche lei fino a qualche tempo prima. Ora, però, aveva un motivo in più per restare, per affrontare i suoi problemi per stare con lui. Leon si fermò e si rese conto che la giovane era stesa, lui si ritrovò sopra di lei e la guardò negli occhi e come sotto un meraviglioso incantesimo, ne restò imbambolato. “- Ti amo, Vilu. E non pensavo che lo avrei mai detto… ma ti amo davvero, ti amo più di qualunque altra cosa e ti proteggerò a costo di rimetterci la mia stessa vita.” Leon era serissimo ed era perso nel suo sguardo, quegli occhi tanto belli da averlo fatto innamorare… dolci eppure allo stesso tempo, decisi e forti. Si rese conto che, però, nonostante la sua presenza, la ragazza non aveva la luce in essi a renderli completamente sereni. Aveva passato di tutto, quel periodo nero l’aveva resa triste, spenta, nonostante il suo amore… lui voleva essere la sua ancora di salvezza, la sua roccia, il suo scudo… e l’avrebbe fatto a qualunque costo. Si alzò di colpo facendo rimettere a sedere anche lei che restò a guardarlo con aria rilassata, fino a quando lui le fece una domanda a cui lei non poté evitare di rispondere, dato lo sguardo attento del giovane che sembrava analizzare la sua reazione a quella frase, di sole due semplici parole: “- Sei felice?” le chiese, appoggiandosi con la schiena ad una vecchia scrivania in perfetto ordine. “- Penso che tu già sappia la risposta.” Lo spiazzò. Leon rimase sconvolto da quella risposta, tanto semplice quanto complessa. Forse era vero, lui lo sapeva. Lui sapeva che riusciva a regalarle la serenità di cui aveva bisogno, sapeva che la rendeva felice… ma era anche a conoscenza del fatto che la sua vita, in quel momento, non era per niente stata benevola con lei. Il bodyguard annuì timidamente, prendendo poi a fissare il pavimento con aria sconfitta. Che stupido era stato! Come poteva dirgli che stava completamente bene? Leon fece per uscire dalla stanza ma la voce di Violetta lo bloccò, quando era ormai sulle scale pronto ad andare al piano di sotto. “- Leon… con te lo sono.” Disse la giovane, facendo sì che un sorriso si disegnasse, istintivamente, sul viso del ragazzo che la guardò con dolcezza prima di correrle incontro e baciarla con passione. In quell’istante si resero conto che insieme avrebbero potuto farcela, avrebbero superato tutte quelle maledette difficoltà che la vita aveva deciso di porre sul cammino della ragazza.
“- Passerà, vedrai. Te lo prometto.” Le sussurrò Vargas, ad un centimetro dalle labbra di lei che, istintivamente, gli stampò un altro bacio, sta volta più delicato, restando poi con la fronte appoggiata a quella di lui, perdendosi e specchiandosi a vicenda, l’uno negli occhi dell’altra.
“- Ragazzi! Sbrigatevi o farete tardi!” La voce di Angelica, con tono di chi avesse fretta di restare sola in casa, li fece sobbalzare e, mentre la guardia del corpo fissò l’orologio, un po’ seccato da quell’interruzione, la ragazza si era già fiondata al piano di sotto, salutando velocemente la nonna per poi uscire in giardino, dirigendosi verso l’auto del suo fidanzato che, scendendo con tutta calma, la seguì, soddisfatto di quella frase detta lui dalla giovane qualche minuto prima, in camera.
La scuola, quella mattina, era più allegra che mai e Leon e Violetta individuarono subito il gruppo di amici, fermi, come al solito, in corridoio a chiacchierare. “- Ehilà, bella coppietta!” urlò Federico, abbracciato a Francesca che gli sorrise e facendo voltare anche gli altri nella direzione degli ultimi arrivati. “- Ciao, belli!” salutò Vargas, un po’ in imbarazzo per quella frase. “- Come sono andate le pulizie di sabato?” rise Napo, fissandoli con aria maliziosa. “- Bene, non sono mai stato così felice di lucidare un parquet…” esclamò Leon, facendogli l’occhiolino che tutti afferrarono al volo, ridendo sotto ai baffi, tranne Andres che, confuso, esclamò: “- E cosa c’è di così bello nel pulire il pavimento?” mentre Andrea, prendendolo sottobraccio, lo trascinò via con una scusa per evitare altre gaffes.
“- C’era di bello la compagnia!” urlò Leon, facendo sì che l’amico si voltasse e facesse una faccia eloquente, come se, finalmente, avesse capito.
 “- Ma stanno insieme, ora quei due matti?” chiese poi Vargas a Maxi, ghignando indicando i due amici che si erano allontanati. “- Ah, amico… vi siete persi quella serata al cinema… e, di conseguenza, non sapete le ultime news dello Studio On Beat!” esclamò DJ, arrivando verso di loro con il suo tablet, registrando il videomessaggio per il suo blog. “- Eccoti gli aggiornamenti, ti basta ascoltare la ‘Campana Del Gossip’… sta per iniziare, ascolta! Ora lo registra e lo posta direttamente in rete, osserva!” rise Federico, indicando l’altro messicano. “- Questa è la Campana del Gossip! L’aggiornamento vero te lo giuro, non esagero! Ciao a tutti e benvenuti a: 'Ultime notizie dalla scuola più forte che ci sia, Lo Studio On Beat!' Andiamo subito con il primo scoop, amici… bacio passionale tra Natalia Heraldez e Maxi Ponte al cinema, sabato sera! Dato confermato da sua sorella Lena e Napoleon Ferro che, insistentemente, invece di guardare il film, si fissavano con aria innamorata, sussurrandosi dolci paroline, come pure i due ‘Andy al quadrato’, ovvero Andres Calixto e Andrea Flores! Come continuerà il loro amore? Nasceranno altre nuove coppie all’accademia più mitica che ci sia? Questa è la Campana del Gossip! L’aggiornamento vero te lo giuro, non esagero!” concluse canticchiando come di suo solito e spegnendo la registrazione lasciando Nata, Lena, Maxi e Napo sconvolti. “- Io ti… AMMAZZO! Quanto è vero che ti chiami Dionisio Juarez, detto DJ!” urlò la biondina, con aria furiosa, venendo bloccata da Federico che l’afferrò da dietro per non farla partire per azzuffare il blogger che indietreggiò, al quanto preoccupato. “- Non dirmi che è già online! Ti prego, dimmi di no!” disse l’altra spagnola, con aria sconvolta. “- Ovvio! Le mie news sono in tempo reale!” sorrise orgogliosamente Juarez, quasi soddisfatto della cosa, facendo svenire, di colpo Nata che fu presa al volo da Maxi. “- Nata, tesoro! Svegliati!” urlò Ponte, prendendola in braccio mentre lei, dopo qualche secondo, riaprì gli occhi con aria sognante… non sapeva se era stato lo shock o se fosse vero che il rapper l’avesse chiamata proprio tesoro… stava per svenire ancora ma poi si ricordò di Dionisio e si alzò di scatto, con le stesse intenzioni della sorellina: farlo fuori. “- Calma, calma! E su, ragazzi, aggiorna solo tutti i suoi visitatori! Nemmeno sanno chi siete!” rise Leon, mettendosi davanti all’altro messicano, sperando di placare gli animi. “- Anch’io ho un blog, tutti mi conoscono!” urlò Lena, agitando le braccia per liberarsi dalla presa di Bianchi che ,invece, non la mollò e facendola continuare a scalciare l’aria sperando di colpire il blogger. “- E che sarà mai! State insieme, siete innamorati! E’ questo ciò che conta, no?” sorrise Violetta, fissando poi Leon con aria sognante. “- Per sta volta passi, ma che non si ripeta!” urlò il giovane Ferro, indicando minacciosamente DJ che annuì rapidamente, quasi spaventato dal bassino, mentre Leon rise sotto i baffi a quella minaccia. “- A patto che, almeno, parli anche di sé! Cami mi ha raccontato di un bacio sulla porta di casa Torres… o sbaglio?” urlò Fran, tappandosi subito la bocca con la mano, dopo un’eloquente occhiataccia della rossa. “- COSA?” urlarono tutti in coro. “- Francesca Rossini! Perché non sai tenerti un cecio in bocca?” strillò Camilla, fissando DJ che era diventato di colpo bordeaux e teneva lo sguardo fisso di fronte a sé per evitare di incontrare qualcuno di quelli dei compagni. “- Camilla! Doveva restare ancora tra noi! Perché lo sapeva la Rossini ed ora lo sanno tutti, grazie a lei?” chiese, riprendendo un colorito normale, DJ, guardando finalmente nella direzione della Torres. “- E’ la mia migliore amica! Sa tutto, mio caro!” sorrise la rossa, con naturalezza, mentre l’italiana le schioccò un rapido bacio sulla guancia. “- Bene, allora, dato che ormai la notizia è trapelata e, se lo sa la Rossini lo saprà tutto lo Studio in meno di un giorno, dovrò fare un’edizione straordinaria della ‘Campana del Gossip’ sul sottoscritto e la sua splendida fidanzata!” esclamò, mettendo un po’ il broncio per quello scoop svelato, DJ. Camilla, teneramente, per farsi perdonare, gli schioccò un dolce bacetto sulla guancia che subito fece sparire l’aria cupa e gli fece ritornare un grande sorriso. “- Vieni, bellezza! Abbiamo un blog da aggiornare!” esclamò il giovane, cingendole le spalle in un abbraccio ma venendo bloccato, suo malgrado, da una alta e minacciosa figura. “- Dionisio Juarez! Camilla Torres, e company! In classe! ORA!” Gregorio gli si era parato di fronte e, senza voler sentire spiegazioni, indicò la porta dell’aula di danza dove tutti, allegramente, si recarono, pensando al weekend movimentato, appena conclusosi.
 
 
In sala professori, l’atmosfera era alquanto elettrica. Pablo e Angie arrivarono insieme a scuola ma nessuno guardava neppure per un secondo l’altro, fin troppo scossi dalla faccenda dell’Amnesia, accaduta il sabato precedente. La domenica era passata lenta come mai, sembrava che il giorno, invece di 24 ore ne avesse minimo 240. Neanche una parola tra i due, nulla… solo un pesante silenzio che continuava, anche in quella mite mattinata. Si scambiarono una rapida occhiata, nel prendere alcuni registri su mensole vicine e poi nient’altro. Ad un tratto, Jackie, l’ultima docente che mancava all’appello, entrò nella stanza, con il suo modo di fare acido e insopportabile. “- Buongiorno, Pablo! Angie…” disse, sottolineando con disgusto quell’ultimo nome la ballerina. Che lei le fosse antipatica lo sapeva fin troppo bene ma addirittura salutarla in quella maniera davvero detestabile! “- Ciao, Saenz.” Salutò Galindo, avviandosi per uscire dalla sala e levarsi da quella brutta situazione, quasi dimenticando che dovesse badare alla Saramego. Stava ancora malissimo e meno la vedeva, meno soffriva… peccato che in quella situazione era praticamente impossibile evitarla. “- Pablo, stamattina stai d’incanto! Beh, come al solito, d’altronde.”. Alle parole di Jackie, Angie si voltò di scatto come se qualcuno l’avesse punta con uno spillo. “- Grazie mille!” sorrise lui, vistosamente motivato nel provocare la Saramego, dato che, prima di rispondere alla ballerina, le aveva lanciato un’occhiata soddisfattissima ed eloquente. Angie li fissava con aria nervosa… che diamine voleva la Saenz dal suo bodyguard? Poi si meravigliò di sé stessa… perché aveva pensato suo? Per quale arcano motivo si sentiva un nodo alla gola nel vedere quei due che chiacchieravano amichevolmente?
 
“- Angeles Saramego, sei gelosa…”
 
La sua mente elaborò quel pensiero quasi meccanicamente e lei scosse leggermente il capo, come per volerlo allontanare.
 
“- Angeles, sei palesemente gelosa. Ammettilo a te stessa… anzi, visto che lo stai pensando lo stai anche ammettendo… fregata!”
 
Ancora? Per quale ragione anche la sua mente era contro di lei e le giocava quei brutti tiri facendola innervosire? Cioè con quel tono, poi! Era irritante quasi quanto i testi dei messaggi del folle… già, un killer misterioso voleva farla fuori e quel buono a nulla della sua guardia del corpo faceva il cascamorto con quella sottospecie di nido ambulante. Non ne poté più di quell’amorevole quadretto o meglio, per lei ben poco amorevole… stizzita, si avviò verso i due, urlò un “- Permesso!” alquanto irato e uscì per andare in classe. Si rese conto che era rossa… invidia, rabbia?
 
“- Per l’ultima volta, Saramego! Sei gelosa!”
 
Quella dannata vocina le diede il colpo di grazia!  Prese a sventolarsi con uno spartito che era quasi fuoriuscito dal registro, sentendosi piuttosto accaldata. Sul retro, però, notò della macchie di pennarello rosso… oh, no. Non poteva essere sul serio ciò che pensava… non un’altra volta! Aprì il foglio che era piegato in due e notò delle lettere cerchiate, come succedeva all’inizio di tutta quella terribile vicenda. Entrò in classe e si sedette alla tastiera, prese carta e penna e cominciò a decifrare il messaggio.
“- GELOSIA!” lesse, ad alta voce, la bionda, buttando all’aria la matita. Una semplice parola da anagrammare. La cosa la irritò non poco e, portandosi una mano alla fronte, vide che stava entrando Galindo, tranquillissimo. “- Cos’hai nascosto nel registro?” chiese subito lui, con aria fin troppo attenta, come al solito. “- Nulla. Che c’è? Adesso ti interessa improvvisamente di me?” sbottò lei, seria, sfidandolo quasi con lo sguardo. Lui non rispose ma, con un rapido movimento riuscì a strappare quello spartito dalla protezione della donna e, nel decifrarlo subito, scoppiò a ridere. “- Che diamine hai da sghignazzare?” urlò lei, riprendendosi il foglio. “- Ha ragione il pazzo! Avevi una faccia prima! Per una volta credo di essere d’accordo con il nostro… ‘amico’!” sorrise astutamente il moro, incrociando le braccia al petto con aria soddisfatta. Angie lo fissò, alzando un sopracciglio con aria perplessa e nervosa da quella affermazione. “- Ha preso in giro anche te, quando accadde la faccenda di Ludmilla, ricordi? E’ convinto che stiamo insieme… e questa è la prova che è folle!” ghignò la Saramego, fissandolo però, di colpo incupirsi. “- Non solo una volta, perché vedi… sabato notte… dopo che ti ho ripescato dall’Amnesia ne ho ricevuto un altro. Guarda…” disse, serio, passandole il cellulare. “- IL CUORE DEL BODYGUARD VA ANCORA IN FRANTUMI. LASCIALA A ME! Che diamine significa?” strillò la donna, furiosa, accasciandosi sulla sedia con aria afflitta e gettando il cellulare davanti a sé, con non curanza, facendolo rimbalzare sui registri. “- Che sa quanto tu mi abbia deluso e, a quanto pare, ci fa capire che se io mi arrendo… a te ci penserà lui… ti vuole eliminare, Angie.” La voce di Pablo arrivò come una doccia gelida sulla donna. “- Quindi a quanto pare lui non ha intenzione di arrendersi con me… e tu? Anche tu non vuoi lasciar perdere o vuoi abbandonarmi?” non credeva di averlo chiesto sul serio. Pablo scosse il capo, con aria afflitta… se era tanto intuitivo, dovette ammettere a sé stesso che, quella domanda, non se l’aspettava proprio. “- Non lo so. Dimostrami che puoi cambiare, che non farai più cavolate e potrei continuare… però se fai un altro errore, ti avviso: parlo con Valdez e ti faccio affidare a qualcun altro.” La voce di Galindo era glaciale quanto la sua espressione. Cavolo, non aveva dimenticato quella delusione! “- Ti prometto che farò la brava.” Disse lei, con una semplicità pari a quella di una bambina di cinque anni, di certo non tipica dei suoi modi di fare e di essere di quel periodo. “- Bene.” Sorrise l’uomo, finalmente con tono meno freddo. La classe, in poco tempo, cominciò a riempirsi e in men che non si dica iniziarono la lezione. Ad un tratto, però, Angie uscì in corridoio per rispondere al cellulare… sua madre insisteva a far trillare quell’aggeggio ed era sicura che, se non avesse risposto entro poco tempo, l’anziana sarebbe andata nel panico più totale. Si appoggiò alla porta della sala professori e rispose. Parlò del più e del meno con calma ma, improvvisamente, un urlo, fece affacciare anche Pablo sull’uscio della sua classe… l’avevano sentita per tutto il corridoio! “- MAMMA NON FAR NULLA CHE TI POSSA METTERE NEI GUAI!” strillò la Saramego, attaccando con rabbia. “- Che succede?!” urlò Galindo, correndole in contro. “- E’ sempre la solita! Non voglio che per salvare me si metta nei guai lei! Andiamo a lezione, forza!” disse la donna, portandosi una ciocca dietro l’orecchio e camminando verso la classe, come se nulla fosse accaduto.
 
 
Intanto, Angelica Fernandez, rimasta sola in casa, salì nella stanza di Violetta e Leon per riordinare… non solo quell’ambiente ma, soprattutto la sua mente. Aveva parlato con la figlia, dicendole ancora una volta che avrebbe trovato una soluzione a quella faccenda tanto tremenda che non sembrava avere fine… sapeva che Angie stava male, l’aveva capito dai suoi occhi l’ultima volta che l’aveva vista e lo intuiva dalla sua voce, spenta e priva di serenità. Si incamminò per le scale, aprì la porta e notò che, stranamente, la camera non era in pessimo stato come pensava. La donna varcò la soglia con calma, rimanendo, come sempre, bloccata dal ricordo che quella stanza le rievocava: era stata quella di Maria e Angie da ragazze, prima che la più grande si sposasse e che la seconda, grazie all’aiuto della sorella, andasse a vivere da sola. La madre si sedette sul letto e cominciò a riflettere… quanto erano unite le sue bambine! Maria era sempre calma, riflessiva, un vero angelo! Mentre Angie… beh, era adorabile, seppur molto più determinata e vivace rispetto alla maggiore… ma negli ultimi mesi era diventata irriconoscibile. Angelica sperava con tutto il suo cuore che si potesse riprendere da quello stile di vita così dissoluto, che potesse smetterla di comportarsi nella maniera che meno le si addiceva e che prestasse più attenzione al suo bodyguard, Pablo. Galindo era subito sembrato un brav’uomo alla Fernandez… beh, dopo aver conosciuto quel Matias La Fontaine, chiunque sarebbe stato meglio! Ma quella guardia del corpo le incuteva sicurezza… aveva notato come guardasse sua figlia e quelli, di certo, non erano occhiate dovute solo al proprio incarico di protezione. Gli piaceva un sacco quel moro e sperava sul serio che potesse riportare sulla retta via la sua piccolina. La faccenda di quel commissario Lisandro, poi… ogni volta che la Saramego tentava di essere sincera, di confessare tutto ciò che sapeva alla polizia, quell’uomo tentava di accusarla in qualche modo, per quanto assurdo potesse sembrare! Odiava lei e Pablo e questo era fin troppo evidente… ma non l’avrebbe passata liscia! Glielo aveva detto varie volte e intendeva scoprire la verità su quel malvagio folle che, a detta delle autorità, aveva già eliminato la sua primogenita, chissà per quale arcano motivo, poi! Loro non lo sapevano, nessuno lo sapeva… ma lei aveva intenzione di scoprirlo, voleva che la verità venisse fuori, voleva che, sapendo come fossero realmente andate le cose, sua figlia minore fosse stata davvero scagionata, ed era stata chiarissima sotto quest’aspetto, avendolo detto anche al capo della polizia. Cominciò a riordinare quel poco che vi era fuori posto… la scrivania era in perfetto stato ma l’abito blu di Maria, indossato dalla giovane alla cena a villa Saramego, qualche tempo prima, era ancora appoggiato sulla sedia. Forse la nipotina non aveva il coraggio di riaprire quella cassapanca, piena di ricordi della madre… o forse era stata semplicemente distratta nel lasciarlo fuori posto… fatto stava che la nonna, prendendolo con garbo, lo portò con sé fino al mobile basso, ai piedi del letto della primogenita, ora di Violetta, si inginocchiò e, aprendo l’anta in legno, si ritrovò immersa in un mondo di memorie della figlia scomparsa: spartiti, quaderni, foto, agendine, riviste ed altre cianfrusaglie del genere. Ad un tratto, però, la donna notò un particolare che non aveva mai notato: la cassapanca aveva la base interna irregolare… forse con l’abito sopra non vi aveva mai fatto caso… tirò un po’ verso l’alto e si rese conto che vi fosse un posto segreto, un doppio fondo. Sollevò quella tavola di legno in eccesso e notò che lì sotto non c’era niente di che… solamente una lettera, una busta chiusa con un timbro di cera ma senza francobollo, né destinatario o mittente, completamente bianca. Angelica la prese e, senza muoversi di un centimetro, cominciò a leggerla… tutto lasciava pensare che quella lettera fosse stata scritta da Maria… gli occhi della Fernandez erano scioccati da quelle parole e correva nella lettura, voleva sapere di più, doveva conoscere il nome di quella persona che le aveva fatto del male e che, dato il contenuto di quel foglio, intuì sarebbe comparso di lì a poco! Era talmente presa da quel testo che nemmeno si accorse di un rumore di passi pesanti sulle scale. La porta della stanza cigolò, ma la donna non se ne rese neppure conto.
“- Non posso crederci che… Adesso so chi è stato! La mia bambina è innocente e, finalmente, posso dimostrarlo!” disse, sottovoce, con gli occhi sgranati, la donna, fissando con aria sconvolta di fronte a sé, ancora in ginocchio con quel foglio tra le mani ormai tremanti. Fece per alzarsi e, non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi che si sentì un fazzoletto premere davanti al naso e alla bocca. La donna tentò di divincolarsi, stava quasi per riuscirci se quel liquido di cui era intriso il panno, non l’avesse fatta addormentare di colpo. quell’incappucciato la prese in braccio, afferrò quella lettera che mise con cura in tasca e, dopo aver lasciato un messaggio alquanto inquietante sulla parete, si recò fuori dalla villetta, per ritornare da dove era arrivato.
 
 
“- Leon, vieni ad aprire con le chiavi! La nonna non avrà sentito il campanello!” sorrise allegramente Violetta quel pomeriggio, quando lei e il ragazzo ritornarono a casa, terminate le lezioni. “- Strano…” sibilò subito il giovane, avvicinandosi a lei e infilando le chiavi nella toppa. La porta, però, era chiusa senza alcuna mandata e si aprì facilmente. “- Se fosse uscita l’avrebbe chiusa bene come al solito!” esclamò la Castillo, seguendo il bodyguard, che, preoccupato dalle sue intuizioni, la precedeva nel corridoio. “- Nonna! Nonna sei qui?” cominciò a chiamare la nipote, sperando di sentire la voce di Angelica risponderle prontamente, come faceva di solito. “- Ma dove è andata? Leon ho paura…” sentenziò la giovane, mentre Vargas aveva iniziato a salire le scale e la ragazza lo seguiva, lasciandosi proteggere dalle sue forti spalle, ormai avendo un terribile presentimento anche lei.
“- Stammi dietro e non staccarti da me per niente al mondo.” le ripeté Leon, tentando di mantenere la calma e facendole scudo con il corpo dietro al quale lei, con la sua esile figura, quasi scompariva. Nella camera da letto della Fernandez non c’era nulla di strano, richiusero la porta e proseguirono quatti, quatti, nel corridoio al piano di sopra. Vargas notò la porta dell’ex stanza delle Saramego spalancata e corse subito in quella direzione… era l’ultima, in fondo al corridoio e si sentiva il cuore in gola… la ragazza lo seguì prendendo il suo stesso passo veloce. Quando furono davanti alla camera subito notarono il caos sul pavimento e la cassapanca aperta… tutti gli oggetti che erano di solito lì dentro erano sparsi sul tappeto al di sotto di essa. Alzarono di colpo lo sguardo e rimasero pietrificati: una scritta, stessa vernice rossa di quella che pensavano fosse sangue, dopo la scomparsa di German Castillo, si estendeva di fronte a loro, inquietante e tremolante. “- NOOO! Ancora! No!!! Leon!!!” Violetta era caduta sulle ginocchia a peso morto ed era scoppiata a piangere di colpo, urlando quelle parole con disperazione. Leon subito le si mise accanto nella sua stessa posizione e le circondò le spalle, per farle forza. Non ce la faceva a vederla così, non riusciva. “- Calmati, calmati, ti prego…” le sussurrò all’orecchio, sapendo che fosse tutto inutile. L’alzò di peso e la strinse forte a sé, tra le sue braccia forti, facendo sì che lei affondasse la testa sul suo petto, continuando a piangere. “- Devo chiamare Pablo e Lisandro…” sentenziò lui, accarezzandole i capelli dolcemente e cercando il telefonino nella tasca della giacca. “- Leon, ti prego devi aiutarmi! Io non ce la faccio più! Voglio solo andarmene da qui!” esclamò, tra i singhiozzi, la giovane, sempre stretta a lui. “- Ehi, ci penso io a te, tranquilla. Non permetterò a nessuno di farti del male.” Disse, serio, lui, tirandola dolcemente per un braccio fuori da quella stanza e scendendo al piano di sotto, cingendole le spalle in un forte abbraccio. “- Manchiamo solo io e mia zia. Ho seriamente paura!” disse lei, piangendo e tutta tremante, sedendosi sul sofà e rannicchiandosi subito dopo vicino al bracciolo. “- Non devi averne, ci sono qua io… e Angie è con Pablo. Sta’ calma.” Le disse lui, avvicinandosi alla finestra per fare quella telefonata dopo aver chiamato il commissario e l’altro bodyguard si sedette accanto a lei e, senza dire nulla, le cinse la vita, facendole appoggiare la testa sulla sua spalla rimanendo così fino a quando non sentirono il suono del campanello. Angie e Pablo arrivarono a villa Fernandez e la bionda era alquanto nervosa, come se avesse un brutto presentimento dopo aver tartassato per tutto il viaggio in auto Galindo che aveva finto di sapere poco di quella situazione raccontatagli da Leon per telefono. “- Si puo’ sapere cosa è successo? Mi dici perché siamo qui o no?” strillò, fissando negli occhi la sua guardia del corpo per poi notare come sua nipote stesse piangendo disperatamente. Nessuno fiatò e tutti abbassarono lo sguardo. “- SAPETE TUTTI, NO? PARLATE!” urlò la Saramego, nervosa come mai in vita sua. Subito pensò al peggio… ma il fatto che loro tre fossero a conoscenza già dei fatti e che lei ne fosse all’oscuro la faceva sentire un’idiota. E lei odiava sentirsi così. Pablo notò che Leon gli fece segno di andare a verificare di persona al piano superiore e il moro vi si avviò con passo deciso, facendo segno ad Angie di restare lì con Vargas e la nipote. “- Zia… non andare!” esclamò Violetta, ancora tra i singhiozzi, ma la donna la ignorò e seguì Galindo che, di fretta, arrivò sulla camera del probabile delitto. Subito notò la confusione e, soprattutto, la scritta sulla parete. “MENO DUE…” diceva, mettendo i brividi ancor di più per quelle striminzite parole. “- No, tu vieni qui!” Pablo era in piedi e, non appena vide la bionda avvicinarsi la tirò per un braccio, abbracciandola di colpo per portarla fuori di lì, mentre lei tentava di divincolarsi. “- No… perché? Mammaaaaa!” urlò, mentre il bodyguard tentava di tenerla tra le sue braccia, nonostante la donna volesse restare in quella stanza. Sentendo quel grido, al piano di sotto, la nipote cominciò a piangere più forte e Leon la strinse ancora a sé. Ad un tratto la porta suonò e Pablo e Angie scesero di sotto: lei era pallidissima e si teneva a lui che era alquanto scioccato da quell’inaspettato evento. Cosa diamine c’entrava Angelica con la faccenda? Ok, era la madre della prima delle vittime… ma per Galindo la sua scomparsa improvvisa non era un caso. Lisandro e Dominguez fecero il loro ingresso e Diego subito notò come zia e nipote fossero scioccate… non pensava di averle mai viste così. Roberto salutò con un cenno del capo e, dopo essere salito nella stanza delle Saramego, ritornò al piano inferiore con aria sorpresa.
“- Signorina Saramego, a questo punto devo dirle che lei non puo’ aver a che fare con questa vicenda. Non avrebbe avuto motivo di colpire Angelica Fernandez. Se la mia pista amorosa avesse avuto senso, chiaramente, tutto questo non reggerebbe.” Lisandro sconvolse tutti, Diego compreso. Angie alzò lo sguardo e fissò l’uomo con aria di sfida, senza nemmeno proferire parola… ormai non ne aveva neanche più la forza. “- Quindi scagiona anche me, commissario!” esclamò Galindo, cingendo le spalle della bionda che fissava nel vuoto di fronte a sé con sguardo perso. “- Devo.” sentenziò il capo della polizia, accendendosi una sigaretta con aria quasi mortificata. “- I passaporti e i documenti falsi saranno pronti a breve. Quel meno due mi inquieta… sapete cosa significa, vero?” chiese il commissario, fissando Angie e Violetta. “- Che siamo le prossime.” Disse, gelida la giovane Castillo, facendo annuire l’altra. “- Questo è tutto ciò che ha da dire? Che dobbiamo solo andar via da Buenos Aires? E nemmeno si scusa per ciò che mi ha fatto passare in questo periodo, ovviamente! Si vergogni.” Esclamò con una freddezza spaventosa, la Saramego, alzandosi e andando verso la finestra della villa per fissare fuori con aria fin troppo nervosa. “- C’era qualcuno che odiava la vittima? Ragazzi, voi avete vissuto qui, vi sarete accorti di qualcosa, dannazione!” si innervosì Lisandro facendo però scuotere il capo ai giovani. “- Mia madre non aveva nemici, come non ne aveva Castillo né mia sorella… non garantisco per La Fontaine… e poi non c’è nessuna vittima! Si dovrebbe parlare ancora di scomparsa… o sbaglio?” sbottò acidamente la bionda, ritornando a sedersi accanto a Galindo. “- Ha ragione, capo. Lo stesso vale per gli altri due… di certo non per Maria Saramego di cui beh… l’incidente… il corpo c’era.” Riassunse Diego, fissando la donna che non lo notò, voltandosi ma tenendo lo sguardo basso sul pavimento. “- Io vado… Dominguez finisci gli interrogatori e portami foto della scena del crimine.” Ordinò Lisandro, gelido come un iceberg. “- Non c’è nessun crimine!” urlò ancora Angie, avvicinandosi minacciosamente al commissario. “- Se l’ho scagionata per il delitto potrei comunque farla arrestare per altro… a lei e Galindo. Faccia la brava, signorina. O se la vedrà con me.” Concluse l’uomo, salutando gli altri con un cenno del capo e uscendo. “- Il capo mi ha dato ordine di porre la casa sotto sequestro. Violetta e Leon, dovete trasferirvi a villa Saramego se Angie è d’accordo, chiaramente.” Sentenziò Diego, fissando Violetta che subito si stava alzando per raccogliere qualcosa dalla sua camera con aria abbattuta. “- Non puoi prendere nulla. Quella stanza è offlimits.” La rimproverò il poliziotto, facendo si che lei si risedesse di botto. “- Venite da me, tutti e due…” tentò di abbozzare un sorriso la bionda, sedendosi sul bracciolo del sofà e stringendo le spalle della ragazza. “- Anche se temo che potrete starci per poco… so già che la prossima sarò io e allora vi faranno lasciare anche casa mia.” Sentenziò, con una calma da brividi, Angie. Tutti la fissarono con aria sconvolta… come faceva a sapere che proprio lei fosse stata il prossimo obiettivo del folle? Quel brutto presentimento le comportò una forte fitta allo stomaco anche se tentò di non mostrare la sua sofferenza, voltandosi ancora verso la finestra e fissando fuori da essa.  “- Non dirlo neanche! Tu e Violetta siete quelle che sono state protette essendo state le prime ed uniche ad aver ricevuto i messaggi! Non correte alcun rischio!” disse, stizzito, Galindo fissandola con aria seria ma rassicurante come al solito. “- Speriamo bene…” sibilò, tra i denti, Violetta con aria perplessa e impaurita.
 
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 Eccoci qui! Capitolo 19 movimentato e teso! Angelica è la terza a scomparire! D: Cosa aveva trovato l'anziana donna di tanto importante? In quella lettera ci sarà qualche elemento riconducibile a qualcuno? Tralasciando sulle scene Leonettose su cui ho sclerato e la parte di Angie gelosa! (E sì, per una volta è lei ad ingelosirsi litigando anche con la sua vocina interiore! XD) Questo capitolo non mi dispiace… cosa accadrà adesso alle ultime due persone rimaste? Partiranno per un paese estero, il folle verrà preso prima o cos’altro? E non dimenticatevi che manca ancora il grande show! Colpirà lì il nostro pazzo? Vedremo! Alla prossima, ciao! ;) 
  
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