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Autore: elev    22/10/2013    3 recensioni
Un nuovo progetto, un insieme di sensazioni. Elly quel giorno un incontro del genere non se l'aspettava di certo. Come non si aspettava di dover aver a che fare con la sua reazione in quel momento. Elly odia le presentazioni formali e adora il caffè. Dave... ha gli occhi azzurri.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Black sheeps and revelations

“Dei discorsi “seri”.
Quelli che fai senza ridere.
Ecco cosa non sono mai riuscita a fare con Dave!

Ogni volta, ed era più forte di me, non potevo non fargli una battuta. Forse era un modo per mascherare il fatto che mi piaceva la sua compagnia e probabilmente, io Elly, nell’inconscio non vedevo l’ora di vederlo tutti i giorni per farmi quattro risate.
Quel giorno, come di consueto, mi affacciai alla porta dell’ufficio del collega “inzigone” del giorno prima.
Dave era lì. Immerso nella carta.

L’”inzigone” mi guardò e con un ghigno soddisfatto mi disse “eccerto che tu vieni qui solo quando c’è lui…” accennando a Dave.
Non si era mai visto che io, Elly, l’ingenua, che si trovava comunque sempre in difficoltà a dover rispondere  per le rime ad uno sfottò, trovassi la risposta da dare in così poco tempo. Quando solitamente le risposte da dare mi venivano in mente dopo due ore.  
“si! Come no”. Iniziai… “almeno lui non mi manda via come fai tu ogni volta che vengo a salutarti che sei solo!... Eppoi secondo me sei geloso!” su quest’ultima parola spostai lo sguardo su Dave che sogghignava di nascosto.

“È geloso di te e anche di me…” aggiunse Dave, tenendomi la parte.
“Hai proprio ragione, visto che ormai tu ed io siamo amanti segreti lui non potrà che consolarsi con quella…” aggiunsi io ridendo e feci un cenno verso l’immagine che aveva appeso sulla parete dietro di lui: un piatto con bistecca e patatine fritte.
“Dave, ma tu l’hai mai visto uno che appende quelle immagini lì? Ma dico io… almeno la foto di sua moglie, dei figli o un bel quadro….invece…”
“Se continuate a parlottare non posso lavorare…” protestava quell’altro.

Oramai ci avevo preso gusto, e le battute, con mia grandissima sorpresa mi uscivano una dopo l’altra come se fossero una collana di perle.
Non ancora soddisfatta aggiunsi un bel gioco di parole utilizzando il nome del paese di provenienza di questo nostro collega e il suo atteggiamento “da marpione” di qualche giorno fa con la mia collega.
Quindi uscì una cosa tipo “don… giovanni” .

“A… Dongiovanni!” esclamai guardandolo mentre aggrottava le sopracciglia.

Dave fece 2+2 in pochi secondi, lo guardai nel momento in cui capì la mia battuta
“Oh, Bella questa” mi disse, e quel sorriso sghembo  si trasformò in una risata spontanea.
E fu così che, guardandolo ridere di gusto proprio perché non ne poteva fare a meno, l’ unico neurone sano che ancora bazzicava nella mia testa fece fagotto e andò in pellegrinaggio con tutti gli altri.

“Dongiovanni” prima di mandarmi definitivamente “a quel paese” mi dedicò un’occhiataccia ed io, prima di andarmene con la vittoria in tasca, aggiunsi anche che tra poco era il mio compleanno e che avrebbe dovuto cominciare a pensare cosa regalarmi… invece che mandarmi a fare un giro tutti i giorni!

Dave, che se ne stava, appoggiato ad una parete, mi guardò e mi chiese quanti anni avessi in realtà… gli risposi guardandolo dritto in quegli occhi azzurri azzurri, ero sull’orlo del precipizio, pronta a caderci dentro, quando mi spuntò un sorriso spontaneo e gli risposi “ma non lo sai che non si chiede l’età ad una donna?”

“Dddio ma levami quello sguardo di dosso… ti prego!” mi dissi, quindi gli rivelai la mia età sottovoce…
“Ma  vaaaa non è vero!” aggiunse sorridente Dave.

“Dave è vero! Porcamiseria… “sono vecchia”….”Erano i miei pensieri che echeggiavano nella mia testa.

C’erano giorni in cui invece lo battute erano scarse.
Incrociavo il suo sguardo barricata dietro i monitor dei miei computer,  giusto perché alzava gli occhi passando davanti alla porta del mio ufficio che stava poco prima delle scale che scendevano al pian terreno.

A volte prima di andarsene la sera passava di lì e alzava una mano come cenno di saluto senza dire una parola.  Io, fissandomi quell’espressione nella testa, mi buttavo a capofitto nel lavoro.
Altri in cui mi trasferivo “sapientemente” dalla cucina al terrazzo con l’ennesimo caffè in mano ed entravo nel “suo” ufficio.
Mi appoggiavo all’armadio che stava accanto alla sedia dove solitamente lo trovavo seduto intento a fare tutt’altro che quello che c’era da fare, studiare qualche copione, canticchiare una canzone o scrivere delle mail, oppure si lamentava del suo “salario” e facendomi vedere l’ultima busta paga, mi diceva che sarebbe diventato come gli artisti… “povero fino alla morte”. Io sbuffavo e cercavo di convincerlo che non era per quello. “Non hai ancora un diploma… eppoi io sono qui da parecchio tempo e a te non ti tocca fare certe cose che devo fare io…. Sei uno sfaticato” dicevo ridendo.

Che poi non mentivo affatto quando sostenevo che “il mio lavoro non me lo faceva nessuno”.
“Se sono “indispensabile me ne farò una ragione” dicevo dandomi importanza…

Dave alzava un sopracciglio e fu in uno di quei giorni in cui ci lamentavamo tutte due che ebbe la gloriosa idea di prendere la pecorella nera di peluche che qualcuno aveva lasciato sul tavolo, metterla bene in vista e dirmi “questa sei tu!”.
“ma brutto maleducato..” gli risposi schiaffeggiandogli piano la spalla.

Non mi dispiaceva affatto, in verità, “essere” quella pecorella nera. E questo perché avevo due possibilità: “ero una voce fuori dal coro…quindi potevo essere considerata particolare” oppure “potevo starmene lì, zitta zitta a guardargli addosso dal mio angolino” proprio come il peluche ;)
Ok, chiamate la neuro… pensai.

Prima di andarmene, con un sorriso, dissi: “Ah, Dave…. Mi vendicherò per questo paragone… sappilo”  e fu così che i “temibili” ingranaggi cerebrali di Elly cominciarono a girare lentamente.
 

  
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