See you again
«Scusi, le serve aiuto?»
Elisabeth trasalì quando la commessa le
comparve improvvisamente accanto ponendole quella domanda con un chiaro finto
sorriso stampato in faccia. Solo allora si accorse che da qualche minuto era
stupidamente ferma davanti ad uno degli scaffali stracolmi di cd, alcuni dei
quali minacciavano di caderle addosso. Si senti profondamente imbarazzata e si
chiese per l’ennesima volta come diavolo avesse fatto a
entrare in quel negozio di cd, dove mai in vita sua aveva messo piede. Se
c’era qualcosa che non sopportava, era proprio la musica rock e quel
negozio ne era strapieno. Ovunque, i
poster dei cantanti del momento, foto con autografi per via dei numerosi
concerti che si tenevano in quella città. Evidentemente chiunque gestisse quell’impresa,
aveva partecipato a tutti i concerti negli ultimi dieci anni.
«Veramente… sì», rispose Elisabeth, incrociando le
braccia. «Stavo… ehm, cercando… il cd dei Thirty
Seconds to Mars. Li conosce?»
La commessa le sorrise. «Come non conoscere
i Thirty Seconds to Mars?», disse, indicando
uno dei poster appesi alle pareti. «Eccoli alle
origini.»
Elisabeth si avvicinò alle pareti. C’erano
quattro ragazzi ritratti nella foto, il primo riconobbe essere il
fratello di Jared, poi altri due ed infine lui, in
secondo piano. Aveva lo sguardo serio e concentrato rivolto
verso chiunque li avesse fotografati, i capelli in parte biondi e in parte neri
spostati da un’unica parte. Era ben diverso dall’ultima volta che
lo aveva visto, i capelli erano neri e più corti di quanto non li avesse
in quella foto.
«Faranno altri concerti?», chiese Elisabeth, voltandosi verso
la commessa che nel frattempo era scomparsa dietro al bancone e stava rovistando
tra gli scaffali alle sue spalle.
«In questa città l’ultima data
sarà proprio stasera, ma… temo i biglietti siano andati a
ruba. Anzi, tutto il tour è andato sold out,
questi sono concerti che hanno voluto fare in più. Oh, eccolo!» La
commessa trovò finalmente il cd che trovava e
lo posò sopra il banco. «Anche se molte volte,
vedendo il tutto esaurito, qualche ora prima dell’inizio del concerto rilasciano
biglietti extra. Magari puoi tentare la fortuna.»
«Non credo lo farò», disse Elisabeth, avvicinandosi al
bancone e prendendo tra le mani il cd. La copertina era in
bianco e nero, eccetto la scritta in rosso “30 SECONDS TO MARS” e
c’era raffigurato un bambino che imbronciato guardava dritto davanti a
sé. Accanto al numero, quattro simboli posti l’uno sotto
l’altro. “Sono proprio pazzi, questi…”, pensò
Elisabeth, quindi alzò lo sguardo. «Quanto costa?»
Kate era rimasta incredula quando, tornata dal suo
turno di lavoro nella pizzeria dell’angolo, aveva sentito la musica dei Thirty Seconds to Mars provenire dalla stanza
della coinquilina. Era rimasta ancora più incredula
quando Elisabeth, spenta improvvisamente la musica, era piombata nel
corridoio gridando di voler andare al concerto di quella sera della band.
«Tu al concerto di stasera?!» Era
rimasta paralizzata alla proposta della collega che fino alla sera prima aveva
definito le canzoni dei Thirty Seconds
“prive di senso” e “già sentite”.
«Andiamo, Kate, avevi
detto di avere due biglietti!», aveva sbuffato Elisabeth, incrociando le
braccia. «Ti prego, dimmi che non hai già
trovato qualcuno con cui andarci.»
«Beh, veramente…» Kate aveva
sospirato, abbassando il capo.
«Veramente cosa?» L’altra aveva cominciato ad agitarsi.
«Kate?»
Kate aveva rialzato il capo. «Veramente… no! Il biglietto è
tuo Liz, se solo vuoi veramente venire con me al
concerto!»
Ed ora entrambe erano lì, in prima fila, pressati dalle parti e da
dietro dalla moltitudine di gente che acclamava l’inizio del concerto.
L’ambiente dal palasport era insopportabilmente chiuso,
si faceva fatica a respirare. Elisabeth, non andata mai ad un concerto
in vita sua, continuava a chiedersi cosa diamine ci facesse
in quel luogo. Ma, come quella mattina, non seppe
darsi risposta. Da quando aveva visto Jared
sorriderle, non era più riuscita a levarselo dalla testa.
“Esattamente come tutte le fan riunite qui, a quanto
pare”, pensò, sentendo un coro di ragazze acclamare il nome
del cantante. «Jared! Jared!
Jared!»
«Non sei eccitata all’idea di essere in prima fila?», le
urlò Kate che, nonostante le fosse a pochi
centimetri dall’orecchio, riuscì a malapena a sentire.
«Penso solo che ho fatto un errore a venire
qui!» rispose Liz. «Fa
caldo, c’è troppo casino. I concerti non fanno per
me!»
Kate le diede un buffetto sulla schiena. «Rilassati, Liz,
e goditi quest’atmosfera. Dovresti sentirti
fortunata di essere nelle prime file. Oh, guarda!
Stanno per cominciare, finalmente!»
Elisabeth non si sarebbe mai più scordata il momento in cui vide Jared fare la sua apparizione sul palco, accompagnato dalla
batteria di Shannon che, posto in fondo, agitava in modo quasi innaturale le bacchette. La musica le
risuonava forte nelle orecchie, cosa che in altri momenti e in
altri occasioni le sarebbe sembrato insopportabile e le avrebbero fatto
perdere la ragione, ma allora non le importava niente. I suoi occhi erano fissi
solo sul cantante, forse nella speranza che lui le sorridesse ancora.
“È ovvio che non si ricorda di me, dannazione!” si
rimproverò, improvvisamente, rendendosi conto che stava fissando Jared. “Sono come queste scimmie urlatrici che mi
sono accanto, completamente assorta da un uomo irraggiungibile.” Il suo impulso fu quello di voltarsi e andarsene, ma
la folla la premeva contro le sbarre che separavano di qualche metro i fan dal palco. “Voglio andarmene, dannazione, voglio andarmene!” Non riusciva nemmeno a muoversi.
Dopo un paio di tentativi falliti cercando di farsi largo tra le persone,
rinunciò e rimase immobile, fissando a malincuore il palco.
“Voglio andarmene.” Non partecipò
con gesti o grida, a differenza di Kate, al concerto.
Jared seguitava a cantare e, come raccomandatogli dal
fratello, molte volte rivolgeva il microfono verso il
pubblico e dava il tempo muovendo la testa o la mano libera.
Il caldo all’interno dell’edificio crebbe sino a diventare insopportabile.
Elisabeth avrebbe dato qualsiasi cosa per andarsene, qualsiasi
cosa per non vedere più quel cantante, per cancellare tutto quello che
aveva fatto quel giorno. “Ma cosa mi salta in
testa? Io ho sempre odiato i concerti!”
All’improvviso, Jared scese le scalinate
del palco e si avvicinò alle sbarre, salutando i fan,
fermati in parte dai bodyguard. Le note della canzone
risuonavano così limpide dalle sue labbra, si poteva notare che amava
quella canzone dalla prima all’ultima nota.
«Tell me, did you see
her face? Tell me, did you smell her taste? Tell me, what’s the
difference? Don’t they all just look the same inside?»
Cantando, si avvicinava sempre di più. Elisabeth smise di lottare
contro la folla. Era come incantata dai suoi movimenti, dai suoi
gesti. Come non esserlo?
«Buddha for Mary, here it
comes! Buddha for Mary, here it comes!»
Elisabeth ricordò che quelle erano gli ultimi versi della canzone.
Per un attimo temette che Jared si voltasse e
tornasse sul palco, ma fortunatamente per lei proseguì il cammino, certe
volte fermandosi per farsi una foto con i fan che si erano
portati dietro la macchina fotografica, per battere il cinque con altri.
«Here it comes!»
Le ultime parole. E finalmente Jared le passò di fronte. Vide con la coda
dell’occhio Kate quasi svenire alla sua vista,
continuando a scattare foto quasi fosse indemoniata.
Elisabeth, invece, non fece niente. Rimase pietrificata,
mentre alle sue spalle, mani si allungavano superandola per incontrare
quelle del cantante.
Questi alzò il microfono in alto e si fermò davanti a lei. Se non fossero state per le luci, non l’avrebbe
certamente vista in quella marmaglia di gente. Rimase qualche istante a
guardarla, prima di riconoscerla. E un sorriso
comparve sul suo volto.
«Spero mi darai l’occasione di chiederti scusa per quanto
è successo ieri», disse.
Elisabeth non sapeva cosa dire. Si guardò attorno, non riuscendo a
comprendere se stesse parlando proprio a lei. Come poteva averla riconosciuta?
«D... dici a me?»
Jared alzò le mani al cielo. «Chi altri ho
urtato ieri sera provocando un’incredibile caduta di fogli a
terra?»
“Se ne ricorda!” Elisabeth era forse più scioccata di
prima.
«Non penso di aver gridato molto questa sera, quindi… se riesco
a vederti dopo il concerto, potrò chiederti scusa. Ho tentato di farlo
ieri, ma avevo talmente poca voce che non mi hai
sentito. Per me è una questione d’onore.» Il cantante scese
dalle sbarre su cui si era arrampicato, chiudendo uno degli occhi in un’espressione
complice. «Spero di scontrarti ancora per i corridoi.» Jared portò il microfono alle labbra e si
voltò verso il palco. «Forza, Shannon, facci sentire la batteria di Echelon!»
«Aspetta…», gridò Elisabeth, ma la sua voce si
perse tra le urla della folla.
Ovviamente nella realtà quello che accade a Elisabeth è a dir poco impossibile, ma questa è una fan fiction, no? XD XD XD XD