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Autore: peppersoul    22/10/2013    0 recensioni
Artemis si trova bloccata per l'ennesima estate di fila nel bel mezzo del mar Mediterraneo con i suoi genitori, amanti del focolare familiare e della cultura greca.
Quando il perpetuo silenzio delle acque marine sembra aver affondato definitivamente ogni speranza di divertimento della ragazza, quella che sembrava essere la solita noiosa vacanza si trasforma in un incubo...o in un'avventura fuori dall'ordinario, che vedrà Artemis impegnata a cercare la rotta per tornare casa e, prima di tutto, per ritrovare il suo cuore.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Il giorno seguente passò come i tre precedenti, senza che nulla di nuovo accadesse. Electre aveva convinto il marito a lasciare dormire Artemis, e così erano andati a fare colazione e a visitare la città. La ragazza si alzò alle dieci passate. Si sentiva meglio del solito, forse proprio perché aveva dormito di più. Si alzò e, in shorts e canotta, ciondolò fino alla cabina più grande dove, insieme al salotto, c’era un ripiano che fungeva da mini cucina. Artemis aprì il piccolo frigorifero, stipato da cima a fondo di cibi e bevande. Aveva giusto voglia di qualcosa di fresco. Dopo aver scavato a fondo, riuscì ad impossessarsi di una vaschetta di gelato alla stracciatella. Col barattolo sottobraccio e il cucchiaio nell’altra mano, si mise seduta comodamente in poltrona a guardare la televisione e divorò quasi tutto guardando un film divertente. Si fece mezzogiorno e mezzo e i suoi non erano ancora tornati. Troppo bello per essere vero. Artemis, in bikini verde smeraldo, uscì da sottocoperta e si andò a sistemare sulla sdraio. Si spalmò con cura la crema protettiva +30 su tutto il corpo, facendo attenzione a non lasciare scoperto un solo centimetro. Spesso si chiedeva come mai, nonostante fosse greca, fosse così diversa dalla classica morettina abbronzata. I suoi capelli castani erano quasi rossi, la sua pelle chiara...Ed era pure dotata di lentiggini! Forse il suo pedigree non era così greco come il padre affermava ogni volta che se ne presentava l’occasione. Amava vantarsi di appartenere al mondo greco e affini, alla culla della filosofia, del sapere, della democrazia e via dicendo. Anche Artemis era fiera di essere greca, il suo stesso nome era appartenuto alla dea della caccia e dei boschi, quella che i latini chiamavano “Diana”. Ma non sopportava quando Nikandros lo sbandierava ai quattro venti, come se pretendesse che le srotolassero un tappeto rosso davanti ai piedi e spargessero petali di rosa al suo passaggio. Lei stava bene così, non amava i riflettori. Il cellulare posato sulla sdraio accanto a lei vibrò. Artemis ,dopo essersi pulita la mano dalla crema protettiva sul telo da bagno, lo prese per vedere chi le avesse scritto. Era un MMS da parte di un Numero Sconosciuto. Aspettò che si caricasse l’immagine, pensando a chi potesse averle scritto e soprattutto che cosa le avesse inviato, quando vide l’oggetto: Saluti dai tuoi Monike e Christophe ;-).
Sotto si era caricata l’immagine della Strega e del suo ex, teneramente abbracciati. Si trovavano in un villaggio turistico. Proprio dove Artemis sarebbe dovuta andare con Lui e le sue amiche. Lei indossava un minuscolo bikini nero, che le copriva a malapena il seno e il sedere abbondanti, la vitina da vespa circondata dal braccio di lui, che portava un paio di bermuda a motivi floreali e degli occhiali da sole. Probabilmente si erano fatti scattare la foto da qualche persona di passaggio e la Strega gliel’aveva prontamente inviata. Vedendo le loro espressioni felici e innamorate, Artemis provò un moto di vomito. Eliminò il messaggio e scorse la rubrica alla ricerca di “Christophe<3”, per sbarazzarsi anche del suo numero. Chiuse di scatto il telefonino e lo buttò per terra. Si alzò e andò a sedersi sulla prua dello yacht, a guardare l’acqua. Perché? Perché non poteva godersi le vacanze come una diciassettenne qualsiasi? E dire che la giornata le era sembrata migliore delle altre fino a tre minuti fa. Dondolò pigramente i piedi che pendevano dallo scafo. Osservò una donna a capo di una marmaglia di bambini, che si stavano dirigendo velocemente in spiaggia. Probabilmente si trattava di un gruppo appartenente a una qualche colonia estiva locale. Il posto era pieno soprattutto di famiglie in vacanza e bambini che partecipavano alle colonie.
L’attenzione di Artemis fu catturata da un gruppo di ragazzi, più o meno della sua età, che giocavano a pallavolo in acqua, nuotavano, si schizzavano o trascinavano sott’acqua. Sembravano divertirsi un mondo mentre lei si stava annoiando. Per giunta era sola soletta. Si calò gli occhiali da sole sul naso e si appoggiò alle paratoie dello yacht, continuando a far dondolare le gambe. All’improvviso, un pallone da beach volley la colpì  sulla testa, facendola barcollare, e rotolò sotto la sdraio alle sue spalle.
«Ma che diavolo…» sbottò confusa e arrabbiata, cercando con lo sguardo il responsabile di quella pallonata mentre si massaggiava la testa.
«Scusami» sentì gridare da qualcuno. La voce proveniva dal gruppo di ragazzi che prima stava guardando. Aveva parlato un tipo non troppo alto, con i capelli biondo scuro che mandavano riflessi dorati sotto la luce del sole. Aveva stampato in volto un sorriso beffardo e gli amici sghignazzavano alle sue spalle. Artemis si sentì sprofondare, ma subito dopo risorse fiera e vendicativa come la leggendaria fenice.
«Beh?» chiese con tono infastidito, vedendo che la continuavano a fissare.
«Potresti ridarci la palla?» le chiese di nuovo il ragazzo di prima, sempre con quel suo sorriso canzonatorio, mentre gli altri riprendevano a ridere, senza preoccuparsi troppo di non farsi vedere. La ragazza arrossì e si alzò di scatto.
«Subito» sbottò cercando di mantenere un’aria gelida, che potesse mettere in soggezione i tizi. Sfilò la palla da sotto alla sdraio e tornò sulla prua dello yacht. Con il pallone sottobraccio, cogliendo tutti di sorpresa, si tuffò, sparendo nelle acque cristalline. I ragazzi si agitarono, cercando di individuarla, quando questa riemerse schiaffando la palla nello stomaco del tipo biondo.
«Ecco qui» disse, sorridendo sarcastica, mentre le gocce di acqua salata le scivolavano giù dalle ciglia pizzicandole gli occhi. Il ragazzo barcollò un attimo, ma ricambiò con uno sguardo sbalordito. Artemis scivolò fuori dall’acqua, sentendosi ancora gli occhi di tutti i tipi incollati addosso. Aveva mosso i primi passi sulla battigia ciottolosa quando il ragazzo biondo parlò:
«Ehi, scusa davvero per prima. Ti va di unirti a noi?»
«Al momento non mi va, magari facciamo un’altra volta» rispose lei senza nemmeno voltarsi, sorridendo compiaciuta. Salì per la scaletta dello yacht e tornò a distendersi sulla sdraio per asciugarsi. Il bernoccolo non le faceva più male e le era tornato il sorriso sulle labbra. Chiuse gli occhi e si mise su gli auricolari, facendo partire una canzone di Beyoncé. Canticchiò mentalmente il testo, quando cadde in uno stato di dormiveglia.
Dopo diverse canzoni, non sapeva quante ne avesse ascoltate, si alzò di scatto sentendo qualcosa di gelido posarsi sulla pancia riscaldata dal sole. Si tolse scocciata gli occhiali e si ritrovò davanti al biondo di prima, che la stava guardando sorridendo divertito. In mano teneva un sacchetto di uva bianca, grondante acqua e nell’altra reggeva un paio di bottigliette di Coca Cola.
«Ti va di mangiare assieme?» chiese, vedendo la ragazza fissarlo ancora semi imbambolata.
«Ma da dove sbuchi?» chiese lei di rimando, scioccata.
«Da dove, secondo te? Ovviamente mi sono arrampicato sulla scala che hai usato prima» rispose con fare ovvio «Ma se vuoi che me ne vada, lo faccio subito». Artemis lo guardò ancora per un po’, sconcertata. Tutto sommato aveva bisogno di distrarsi. Era appena uscita da una delusione amorosa veramente pesante e cosa ci sarebbe stato di meglio di una breve avventura estiva?
«No, no…Puoi restare se mi offri l’uva» rispose alla fine Artemis, mettendosi seduta.
«Anche tutta» ridacchiò il biondo. Da vicino era meno attraente: aveva una massa di capelli ricci, il viso spigoloso, le sopracciglia folte, gli occhi verde bottiglia. Però sulla sua pelle non c’erano brufoli e il fisico era quello di un nuotatore professionista, anche se non era molto abbronzato. Non era poi così male, anche se non si trattava di un dio sceso in terra. Il corpo era la sua vera bellezza.
«Ah, comunque mi chiamo Damian» si presentò, mentre prendeva posto per terra davanti alla ragazza. Le porse un grappolo d’uva «E tu saresti…».
«Artemis» rispose lei prima di mettersi in bocca due grossi acini succosi.
«Che bel nome. Ti chiami proprio come…»
«La dea della caccia, si lo so» concluse lei. Glielo dicevano tutti, tranne gli stranieri che non conoscevano la mitologia del mondo greco.
«Non sei di qui, vero?» le chiese Damian.
«No, vengo dal continente. Abito ad Atene»
«Wow, Atene? Non ci sono mai stato ma è un must. Insomma, tutti dovrebbero vedere la capitale del proprio Stato almeno una volta, no?»
«Anche secondo me» convenne Artemis.
«Lo so che non bisognerebbe fare questa domanda alle donne, ma…Quanti anni hai, Artemis?» ridacchiò Damian.
«Sfacciato!» iniziò a ridere anche la ragazza «Comunque diciassette. Li ho fatti questo dieci luglio». Si ricordò improvvisamente della festa per il suo diciassettesimo compleanno e rabbrividì. «Tu, invece?» chiese nella speranza di concentrarsi di nuovo sulla conversazione.
«Diciotto, ma li ho compiuti a Febbraio».
«Ah, ma allora sei un vecchietto» esclamò falsamente scioccata.
«Ragazzina impertinente, porta rispetto ai più anziani!» disse Damian, imitando la voce di un nonnetto sdentato.
Continuarono a chiacchierare per quasi due ore e Artemis, finalmente, riuscì a distrarsi e a sentirsi serena e felice per la prima volta dall’inizio dell’estate fino a quel momento.
«Allora, credi che stasera riuscirai a venire alla festa in piazza?» le chiese Damian, mentre stava scendendo dallo yacht.
«Penso proprio di sì» rispose Artemis seguendolo. I suoi quasi certamente l’avrebbero lasciata andare. Volevano la sua felicità, giusto?
«Bene!» esclamò Damian con uno sfavillante sorriso a trentadue denti «Allora a stasera, ti aspetto sul molo alle nove e mezza».
«Ciao…» lo salutò guardandolo allontanarsi. Si stiracchiò e scese sottocoperta a sistemarsi.  Verso le cinque tornarono Electre e Nikandros, entrambi carichi di pacchetti. Evidentemente si erano dati alle compere da turisti. Erano sfiniti e dopo aver scaricato le borse sul tavolo, si precipitarono a lavarsi e a cambiarsi. Mentre si rimettevano a posto, Artemis frugò nelle varie buste, mettendo a posto un po’ di roba: trovò un libro, due riviste, una nuova enigmistica, due penne, qualche cartolina, cibo, bottiglie d’acqua, prodotti per il corpo, etc…Prese l’enigmistica, una penna e iniziò un cruciverba facilitato, spaparanzata sul divano.
Dopo circa quaranta minuti i due genitori uscirono dalla loro camera-cabina, lei vestita con una tuta fucsia, lui in un paio di bermuda arancioni e polo bianca.
Alle sette e mezza uscirono a cenare in un ristorante molto carino, sul lungo-mare. Aveva un’aria costosa, ma i soldi per la sua famiglia non erano un problema. Lo dimostrava lo yacht bianco come la neve fresca, che era ancorato al molo. Sembrava un grosso iceberg galleggiante sulla superficie del mare. Consumarono un’ottima cena a base di pesce. Quando si fecero le nove, Artemis decise di approfittare dell’umore allegro dei genitori, soprattutto di Nikandros, per chieder loro se poteva uscire.
«Papà, mamma» iniziò sorridendo dolcemente ad entrambi «Oggi, come vi ho detto, ho passato una giornata piacevole e divertente. Soprattutto grazie a dei ragazzi che ho conosciuto in spiaggia, stamattina».
«Siamo felici per te, tesoro» disse subito la madre, guardandola gioiosa.
«Mi hanno anche invitato ad una festa che si terrà stasera in piazza. Posso andare?» continuò Artemis, sbattendo un po’ le ciglia, supplichevole. La madre sorrise, promettente. Il padre, invece, raddrizzò ancora più del solito la schiena e squadrò sospettoso la figlia.
«Quando dici ragazzi, intendi esclusivamente maschi o anche ragazze?» chiese burbero.
«Certo» rispose prontamente Artemis «Tutti e due». Di certo avrebbe conosciuto anche delle ragazze, amiche di Damian. Quindi, non aveva detto una vera e propria bugia. Nikandros la guardò con fare circospetto ancora per un po’, ma alla fine anche lui diede il suo consenso e la figlia gli saltò al collo, stringendolo in un caldo abbraccio. Quando furono le nove e mezza, Artemis salutò i genitori e camminò lungo il molo, cercando con lo sguardo Damian. Si fermò sotto a un lampione, mentre gruppi di ragazzi sciamavano verso la piazza ridendo e chiacchierando ad alta voce. Si sentiva di nuovo sola. Passò un quarto d’ora, ma di Damian neanche l’ombra. Iniziò a temere che l’avesse scaricata per andare con i suoi amici o qualche fighetta. Del resto non sarebbe stata la prima volta. Passarono altri cinque minuti e Artemis, col morale sotto ai tacchi, iniziò ad incamminarsi verso lo yacht. Ma perché, poi? Voleva dire che si sarebbe divertita con qualcun altro. Si bloccò sul posto e tornò sui suoi passi, andando ad andatura spedita verso la piazza, da dove proveniva una musica fragorosa. Più di una volta le sembrò di vedere una zazzera di riccioli biondi in lontananza, ma ogni volta che si avvicinava, si rendeva conto d’essersi sbagliata. La piazza era piena di ragazzi urlanti e scatenati che, sotto alle luci colorate e seguendo il ritmo della musica martellante, danzavano e saltavano. Si lanciò nella mischia, calpestando e venendo calpestata. A furia di gomitate, cercò di farsi largo nella folla, ma ogni volta veniva spinta fuori, ai margini. Mentre stava provando per l’ennesima volta ad intrufolarsi tra i vari ballerini improvvisati, qualcuno la prese con forza per il braccio e la trascinò lontano dal caos. Riconobbe il ragazzo dalla massa compatta di ricci biondi.
  
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