Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: peppersoul    22/10/2013    0 recensioni
Artemis si trova bloccata per l'ennesima estate di fila nel bel mezzo del mar Mediterraneo con i suoi genitori, amanti del focolare familiare e della cultura greca.
Quando il perpetuo silenzio delle acque marine sembra aver affondato definitivamente ogni speranza di divertimento della ragazza, quella che sembrava essere la solita noiosa vacanza si trasforma in un incubo...o in un'avventura fuori dall'ordinario, che vedrà Artemis impegnata a cercare la rotta per tornare casa e, prima di tutto, per ritrovare il suo cuore.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Splash...
Splash
Splash
Le onde s’infrangevano sullo scafo ritmicamente. Lo yacht bianco era ancorato al largo, nel bel mezzo del mare Mediterraneo. Non c’era un filo d’aria, il sole accarezzava con i suoi raggi le acque scure e rilucenti, l’imbarcazione e la famigliola che vi alloggiava.
«Che palle…» sbottò per l’ennesima volta Artemis. Distesa supina, l’I-pod nelle orecchie, si stava letteralmente sciogliendo al sole. Cosa ci faceva lì, sperduta in mare, sullo yacht di famiglia con i suoi genitori? Si stava ponendo quel quesito irrisolvibile da quando i suoi l’avevano letteralmente issata sulla barca, per poi iniziare una crociera che sarebbe durata per ben due settimane. Quello era solo il terzo giorno. Le ore sembravano non passare mai. Il giorno precedente avevano attraccato al molo di una solare cittadina marittima che, come Artemis aveva prontamente fatto notare, era risultata decisamente abbandonata. Le poche persone che avevano visto erano state la commessa al mini market, il cassiere e il cameriere di un piccolo e malandato bar e una coppia di anziani, seduti su una panchina all’ombra di un olivo. Il tutto rendeva il paesino ben poco allegro, rispetto a com’era sembrato inizialmente. Si fermarono lì per ben due ore e, dopodiché, si affrettarono a salpare, carichi di provviste, rotocalchi e settimane enigmistiche per la madre di Artemis e giornali per il padre. La ragazza aveva provato a cercare qualche giornalino, ma i pochi che aveva trovato risalivano al mese scorso ed erano pure impolverati.
Così avevano ripreso la “crociera”. Ogni sera si fermavano al porto di qualche città marittima, per dormire e la mattina seguente, dopo una rapida colazione a base di croissant e caffelatte fatte in un bar lungo il molo, tornavano in mare aperto, dove passavano tutta la giornata.
E dire che le intenzioni di Artemis erano state ben diverse, prima di essere stata resa partecipe del progetto dei suoi: avrebbe fatto una vacanza coi fiocchi, insieme ai suoi amici, al mare. Si era già immaginata le giornate passate in spiaggia, ad abbronzarsi mentre chiacchierava con le altre riguardo ai più recenti pettegolezzi; a giocare a beach volley, a calcetto e col frisbee; a nuotare; a bere bibite ghiacciate e a mangiare deliziosi hot dog e hamburger. La sera, poi, si sarebbero scatenati in discoteca oppure al lunapark.
Invece, il suo ragazzo l’aveva tradita con la sua peggior nemica e i suoi l’avevano praticamente costretta ad andare in vacanza con loro. Il morale di Artemis non poteva essere più basso.
«Artemis, tesoro, hai messo la crema protettiva? Oggi il sole scotta più del solito e tu hai la pelle chiara» la richiamò dai suoi pensieri la madre, Electre. Era una donna piccola e magrolina, con una svolazzante chioma di capelli castano scuro e la carnagione olivastra. Nonostante la costituzione magra aveva un bel seno e labbra carnose. Si avvicinò spedita alla figlia, brandendo un tubetto di crema con protezione +30. Fece per aprirlo, quando Artemis si mise a sedere di scatto sulla sdraio sbuffando, e le bloccò la mano.
«Sì, l’ho messa, mamma. Lasciami un po’ stare, non sono in vena» borbottò mentre si alzava e se ne andava, dando le spalle alla signora. Andò a sedersi sulla prua dello yacht, sistemandosi gli occhiali da sole sul naso e alzando il volume dell’I-pod. Guardò per un po’ di tempo il mare, annoiata. All’improvviso un paio di mani la presero da dietro, facendole fare un salto dallo spavento. Ci mancò poco che l’I-pod finisse in acqua. Artemis si voltò furente e vide chino su di lei suo padre Nikandros, gli occhi neri, le folte sopracciglia grigie e la criniera di capelli brizzolati mossi da quel poco di vento che si era finalmente alzato. L’uomo era quasi nero da quanto era abbronzato, la fronte attraversata da profonde rughe d’espressione, il fisico robusto si intravedeva dalla camicia a motivi floreali sbottonata. Indossava un paio di bermuda a quadretti color verde prato e delle infradito arancioni.
«Mia figlia dovrebbe ascoltare la voce del mare e non quella di certi stupidi esibizionisti infiocchettati!» ruggì. Le strappò dalle orecchie gli auricolari, togliendole di mano l’I-pod.
«Papà! Ma cosa cavolo…» iniziò a protestare Artemis, balzando in piedi per affrontare il genitore.
«Di musica del mare ne ho già ascoltata abbastanza, direi! Ridammi l’I-pod!»
«Povero me! Perché proprio a me è capitata una figlia degenere?» sbraitò assumendo una finta aria sofferente e colpendosi teatralmente la fronte con una mano. Artemis lo squadrò, spazientita. Era abituata alle sue sceneggiate. Ormai non attaccavano più. Con fare eloquente, tese la mano aperta verso l’uomo, che stava ancora agitando il suo I-pod.
«Lo sai benissimo che avevo ben altri progetti per quest’estate e voi, come sempre, avete rovinato tutto, trascinandomi per l’ennesima volta in un’assurda e noiosa crociera. La musica è l’unica cosa che mi aiuti a resistere a non buttarmi in mare, dato che il cellulare qui non prende. Ridammi il mio I-pod!»
«Ma, figlia mia, il dolce e idilliaco suono del mare ti farebbe meglio» continuò imperterrito il padre, infilandosi l’ultima speranza di sopravvivere della figlia nella tasca dei bermuda.
«E poi, visto che ormai sei qui, tanto vale lasciar perdere e godersi la vacanza»
«Eh, no. Non farò la brava figlia accondiscendente, sempre ubbidiente e sorridente con i propri genitori. Questa è un’ingiustizia bell’e buona e io non mi rassegnerò a questa stupida vacanza!»
«Dimmi, allora, che alternative hai?» le chiese canzonatorio Nikandros, per poi andarsene sorridente, lasciando la figlia più arrabbiata di prima sul pontile.
«Ah, no, non finisce qui» borbottò furente Artemis, stringendo i pugni. Andò furiosamente sottocoperta e si lasciò cadere sulla propria brandina, dopo aver chiuso la porta a chiave. Guardò sconfortata il soffitto della cabina. Rotolò sul fianco e allungò il braccio per prendere il cellulare dalla tasca della borsa accanto alla branda. Guardò le tacche sul display: niente, non c’era campo. Borbottando parole incoerenti, scagliò il cellulare sul fondo dello zaino e rotolò a pancia in su. Sospirò. Mancavano ancora dodici lunghissimi e noiosissimi giorni. Poi avrebbe rivisto i suoi amici. E certamente anche il suo ex e quella Strega. Perché le aveva fatto questo? Si morse il labbro inferiore, sforzandosi di non piangere. Non aveva intenzione di versare altre lacrime. Si alzò e andò a sedersi davanti allo specchio. I suoi capelli color castano rossiccio, lunghi fino alle spalle, erano tanti e crespi e sembravano eternamente spettinati. Si passò nervosamente una mano nella chioma ribelle, cercando di sistemarli inutilmente. I suoi occhi, grandi e color cioccolato, la guardavano tristemente, come se la compatissero, mentre gli angoli della bocca a forma di cuore erano rivolti verso il basso. Qualche lentiggine costellava la pelle chiara. Non era magra come sua madre, né robusta come il padre, ma aveva un fisico tonico, dovuto allo sport che Nikandros la costringeva a praticare quotidianamente. Di seno arrivava a malapena alla taglia seconda. Più si guardava allo specchio, meno vedeva somiglianze con i suoi genitori. Più si guardava allo specchio e più si chiedeva come un ragazzo carino come il suo ex avesse potuto mettersi con lei. Sospirò. Beh, adesso di certo, quel maledetto se la stava passando bene con Miss Trota 2010. Già, la sua rivale, l’antagonista della sua fiaba, quella Strega. Tutta curve e sorrisini maliziosi. Tanto divertente, spiritosa, affascinante e bella, quanto falsa, maldicente e *beep*.
Sì, li aveva beccati, lei e il suo ex, a limonarsi selvaggiamente sul tavolo della cucina di casa sua, durante la sua festa di compleanno. Si ricordava benissimo la scena: lui seduto sul tavolo, con lei avvinghiata al suo corpo come un polipo. Quando si erano accorti della sua entrata, circa dopo un lunghissimo minuto, lui si era staccato in fretta, ansimante e tutto scomposto, la t-shirt stropicciata, i capelli spettinati e il viso ricoperto da macchie di rossetto rosa shocking. Lei, infilata magicamente nella sua mini linguinale e nel suo top di pelle, che la guardava sorridendo. Artemis era rimasta per un po’ imbambolata, a chiedersi se fosse solamente un brutto sogno o la dura realtà. Ma dopo qualche secondo, si era avventata come una furia sulla rivale, cercando di strapparle i capelli. I ricordi da quel momento erano molto confusi.
Sentì un sapore acido farsi strada in gola e cercò di pensare ad altro. Si alzò dallo sgabello e si ributtò sulla brandina, con il viso sprofondato nel cuscino. Magari morire soffocata lì, in quel dannato yacht, in mezzo a quel cavolo di Mar Mediterraneo, sarebbe stata la cosa migliore dell’intera vacanza. Ma sua madre arrivò giusto in tempo per metterle i bastoni tra le ruote. Tre timidi colpi alla porta.
«Artemis, amore, apri» la chiamò dolcemente Electre, dall’altra parte della porta. Artemis rimase a faccia in giù sul cuscino, contemplando l’idea di soffocamento. Altri tre colpi, questa volta più insistenti.
«Tesoro, apri, per favore. Ti voglio solo parlare un attimo». Ecco un buon motivo per non aprire.
Sua madre, però, non sembrava intenzionata a desistere, quindi, tanto meglio sentire cos’aveva da dire di tanto importante per togliersela subito di torno. La ragazza si alzò e, un po’ barcollando, andò alla porta. Fece scattare la serratura e guardò sua madre da uno spiraglio.
«Cosa c’è?» le chiese con un tono per nulla gioioso.
«Mi dispiace che tu stia passando una brutta vacanza. Davvero, amore mio, l’unica cosa che io e tuo padre vogliamo è vederti fel…Aspetta!». Artemis, non appena aveva sentito la frase “Vogliamo vederti felice”, aveva richiuso la porta.
«Se realmente aveste voluto la mia felicità, avreste dovuto lasciarmi andare in vacanza con i miei amici. Invece mi avete costretta a fare come tutti i sacrosanti anni questa noiosa vacanza in famiglia, nel bel mezzo del nulla!» sbottò la ragazza chiudendo definitivamente la porta e tornando a sedersi sul letto. Electre sospirò, sconfortata.
«Comunque stasera ci fermiamo in una città…Su un’isola…» sussurrò prima di andarsene.
 
Quella sera Electre e Nikandros riuscirono a far uscire dalla cabina la figlia, per andare a cenare in città. L’aria tra i genitori e Artemis, però, non era delle migliori, anzi: la ragazza ostentò un atteggiamento scontroso e taciturno per tutto il tempo, mentre i due tentarono inutilmente di avviare una conversazione. Persino i camerieri del ristorante dove avevano cenato evitarono lo sguardo di Artemis. Quando finalmente tornarono allo yacht immacolato, si sedettero nella cabina contenente un televisore a schermo piatto, un divano, una poltrona, diversi quadri e qualche pianta. Nikandros si stravaccò sul divano, accese la tv e la sintonizzò sul canale greco che a quell’ora stava dando il telegiornale. Accanto al marito, prese posto Electre, mentre Artemis, annoiata al massimo, imitava il padre, lasciandosi cadere sulla poltrona rossa. Stavano mandando l’ennesimo notiziario riguardante la ripresa della pirateria nella zona mediterranea, negli ultimi tempi. I pirati avevano assaltato qualche mercantile, un’imbarcazione di allegri ricconi vacanzieri e una barca a vela. Delle persone riportavano ferite da armi da fuoco. Alcuni versavano in situazioni più gravi, altri meno, ma nessuno di loro era a rischio di vita. Dopo cinque minuti, durante i quali Nikandros diede con impeto il suo parere su quegli “sporchi pronipoti di Calico Jack”, l’attenzione del telegiornale si spostò sui vari delitti avvenuti in Grecia negli ultimi giorni. Quando il notiziario fu finito e la madre optò per la visione di un insulso telefilm, Artemis si alzò e, dopo aver biascicato un “Buonanotte”, andò a chiudersi in cabina.
Prese il cellulare e notò con soddisfazione che aveva di nuovo campo. Ne approfittò per chiamare una sua amica, rimasta a casa per le vacanze, in Grecia, e si fece raccontare tutte le novità. Ovviamente il suo ex e la Strega adesso stavano insieme. Per il resto, nulla di nuovo. Dopo circa un’oretta di più o meno felici chiacchierate, si salutarono e Artemis, colta da un’improvvisa stanchezza, crollò addormentata sul cuscino.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: peppersoul