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Autore: Fidia    12/04/2008    1 recensioni
Cosa succederebbe se Luna, ormai quasi trentenne, ricevesse una lettera anonima nella quale un mittente misterioso la invita a recarsi a Manchester? Come reagirebbe se diventasse la pedina inconsapevole di un piano efferato?
Centinaia di engimi si accavallano, dando vita ad un intreccio astruso. Omicidi, amori, ritrovamenti, segreti svelati, strani oggetti preziosi, realtà che si ribaltano.
Per Luna, i Ricciocorni Schiattosi non esistono più. Ben presto l'eterna sognatrice si troverà costretta ad aprire gli occhi sul mondo, ad abbandonare la sua connaturata ingenuità e a guardarsi intorno con ragionevolezza.
La mia prima Fan Fiction, spero che vi piaccia... Accetto tutti i tipi di commenti, naturalmente!
-Un omaggio alla regina del giallo, Agatha Christie...
Genere: Malinconico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Luna Lovegood
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Grazie WaterLily!!! Sei l'unica lettrice di questa FF, probabilmente, ma i tuoi lunghi e interessanti commenti mi spronano non poco, devo ammetterlo! A parte questo, volevo chiederti se mi son perso qualcosa. Avevi forse fatto una domanda cui non ho risposto? Se è così, scusami, rimedierò non appena la riproporrai!
Ringrazio anche tutti gli altri che postano consigli o domande!
Cambiamenti all'orizzonte. Questo capitolo ha una notevole rilevanza. Fate tutte le teorie che volete! Qualche commentino negativo non stona mai! ;)




CAPITOLO X
Acido caustico


La notizia della scomparsa di Skali si diffuse a macchia d’olio. Quella stessa sera, poche ore dopo la scoperta, Jane Event tenne un discorso ai clienti nella sala-ristorante, rivolgendosi a loro come ad un pubblico gioviale. Ma tra gli ospiti, non c’era nessuno che non fosse inquieto. Marcus Wilson, per primo, continuava a borbottare imprecazioni tra sé, biasimando l’ambiente infido nel quale era fortuitamente capitato. Il comportamento di Anthony Follin, freddo, distaccato, strambo, non era ancora mutato. Frattanto, gli atteggiamenti della moglie Elvira si facevano sempre più incomprensibili. La donna trascorreva ore ed ore dinnanzi al bancone, tornava in camera brilla e visibilmente scossa; ma il marito sembrava non curarsene. I loro rapporti si stavano lentamente sgretolando, come i tasselli di un muro di gesso che frana rovinosamente. Il medico Ive era pressoché lo stesso, ma il dileguamento di Skali l’aveva turbato a fondo. Alla tragica notizia, il suo volto si era contratto in una smorfia di terrore. I gemelli Jefferson, in tutto ciò, si astenevano dal pronunciare sentenze o esprimere pareri. Il loro hobby preferito era rincantucciarsi in un angolo, scansando ogni pericolo ed evitando discussioni potenzialmente rischiose. Non meno imperscrutabile era Terence, il quale, in seguito all’aggressione, era diventato improvvisamente taciturno e misterioso. Pur sforzandosi, Luna non riusciva a guardarlo senza porsi mille interrogativi. Il viso fragile del suo amico, poi, pareva suggerirle soluzioni impensate.
<< Stanotte non dormirò, me lo sento! >> disse lui stancamente, durante la cena di quella stessa sera.
<< Non dormirai… >> ripeté Luna, senza realmente prestare attenzione alle parole udite.
<< Credo che tu sia rimasta ancora una volta incantata, Luna! >> esclamò Terence all’improvviso. << Cosa ti frulla in testa? >>.
<< Sempre le solite domande! Man mano che il tempo passa, si fanno sempre più pressanti! >>.
<< Parli della sparizione della Luna di vetro? >>.
<< Anche di quella, sì! >> rispose Luna, assorta.
<< E ti chiedi perché la Cupola non è stata abbattuta, se il Ragno Nero ha ottenuto quel che voleva, giusto? >>.
Luna annuì. << Hanno trovato la sfera. Saranno contenti adesso… Eppure noi siamo ancora qui dentro! Sai spiegartelo, Terry? >>.
Il ragazzo ingurgitò avidamente una fetta di pane tostato. << C’è un’unica possibilità, Luna! La risposta alla tua domanda non può che essere questa! >>.
Luna sollevò gli occhi. << Hai trovato la soluzione? >>.
<< Elementare, Lovegood! Mi stupisco di te! >> disse Terence, ammiccando. << Dopotutto, siamo esseri umani dotati di cervello e raziocinio. Hai detto qualcosa di logico, poc’anzi, ma forse hai tratto conclusioni troppo affrettate. La Cupola non è stata abbattuta, anche se il Ragno Nero ha ottenuto ciò che voleva… Come vedi, deve esserci un errore nel ragionamento. Una falla, insomma. Sì, perché se davvero l’associazione criminale avesse trovato ciò che cercava, la Cupola sarebbe stata abbattuta, per permettere ai membri del Ragno di fuggire… Non ci arrivi neanche adesso? E’ più semplice di quello che pensi: il Ragno Nero vuole qualcos’altro… Non ha portato a termine i suoi piani, Luna… Questo è quanto… >>.
<< Pensi che il rapimento di Skali sia legato al caso? >>.
<< Il rapimento… >> ripeté Terence, incerto. << Non so dirti, ma ne dubito! La donna dai capelli blu mi sembrava tutt’altro che un’assassina, a dirti la verità! >>.
<< Beh, se ci affidiamo alle sensazioni, non arriveremo mai ad una soluzione concreta. Non è così? >>.
<< Può darsi! >> esclamò Terence, continuando a mangiare.
Troncarono volutamente il discorso, perché al loro tavolo si avvicinò il commerciante di perle, in compagnia del dottor Ive, figura totalmente messa in ombra.
Luna osservò il medico, si alzò, gli strinse la mano. Marcus Wilson si tenne in disparte, e prese a dialogare con Terence, che non sembrava entusiasta. In mancanza di un valido compagno, Luna intavolò una discussione con il medico.
<< Mi chiedevo >> disse, << se c’è qualcosa che lei stanotte ha taciuto, signor Ive! >>.
Le parole erano uscite dalla sua bocca senza che Luna riuscisse a controllarle.
<< Cosa avrei dovuto tacere? >> rispose il medico pacatamente.
<< Lasci perdere, è stata una sciocchezza che mi è passata per la testa… Dunque… Può dirmi qualcos’altro sulle condizioni di Terence? >>.
<< Stanotte le ho spiegato tutto, signorina Lovegood! >>.
<< Temo di aver dimenticato >> rispose lei.
<< Sul corpo del suo amico è stato spruzzato un liquido altamente corrosivo, di cui sconosco il nome! L’azione della sostanza ha provocato nel signor Lymstock degli ematomi non molto gravi! Inutile dire che è stato Schiantato! Noi medici lo intuiamo dagli occhi… Quando sono arrossati, come nel caso in questione, il soggetto ha ricevuto uno Stupeficium stordente! >>.
<< Ha idea della provenienza del liquido corrosivo? >> domandò Luna.
<< E’ sicuramente qualcosa di molto elaborato! Oserei dire che deve essere opera di un Magichimico molto preparato! >>.
Luna chinò la testa. << Dottor Ive, cosa ne pensa di tutta questa faccenda? >>.
Il medico sorrise. << Ottimismo, mia cara! Ne usciremo vivi e con una bella esperienza da raccontare! Il “Tholus Peccatorum”, ne sono certo, verrà abbattuto a tempo debito! Chissà che non si tratti di uno stupido scherzo! >>.
<< Chissà! >> disse Luna, ma in cuor suo sapeva che non era così.

* * *

Jane Event fece pulizie, quella sera, nella camera di Luna e Terence, scrostando i mobili e riportando l’ordine e il candore anche negli angoli più immondi degli armadi di quercia. Le finestre dell’High Magic Hotel furono spalancate per lasciare entrare un po’ d’aria fresca. L’estate era ormai entrata nella fase di declino, nonostante non fosse ancora Ferragosto. Come di consueto, l’intera combriccola di ospiti si riunì dopo cena nel balcone. Sebbene non avessero stretto previamente degli accordi, si ritrovarono tutti assieme sotto la luna bianca, che sorrideva tetramente. Elvira decise di lasciare la bottiglia e se ne stette sulle braccia del marito, a sua volta seduto su di una sedia a dondolo. I gemelli Jefferson, Luna e Terence giocarono a dama su un grande tavolo messo a disposizione da Joe Event. Il medico andò vagando pensosamente vicino alla ringhiera, proprio mentre Marcus Wilson adocchiava da lontano Elvira, un guizzo di desiderio dipinto negli occhi provocanti.
<< Mi permetta di dare una spolverata alla sua stanza! >> disse Jane Event, avvicinandosi a Walter Jefferson.
L’uomo fissò la proprietaria con un po’ di incertezza. << Beh, faccia pure, ma si sbrighi, perché stasera voglio andare a letto presto! >>.
La donna fu più veloce del previsto. Spolverò i cassetti della camera di Jefferson, rinvenendo vecchi sigari bruciati, una bacchetta di prugnolo, qualche coperta sgualcita, una bottiglia lattescente con la scritta tenere fuori dalla portata dei bambini, due documenti e alcuni souvenir provenienti dalla Francia Settentrionale; quindi si occupò della nettezza del tappeto e delle finestre.
Giunse la notte, che ammantò con le sue mani oscure l’interno villaggio di Randywick. Luna se ne stette ad ammirare le stradine sterrate, bramando ardentemente di essere libera, al sicuro, in compagnia di persone fidate e comprensive. Rimasta sola, si sedette su di un sedile e chiuse gli occhi. Vide gli squarci di un’infanzia bizzarra, ricordò gli amici che non vedeva da tempo, i suoi sogni perduti e le sue ambizioni, ormai relegate nel cantuccio più nascosto della sua anima. Sentì la testa stanca ed in poco tempo la ritrovò ciondolante. Non riuscì ad alzarsi. La brezza estiva le scompigliava i capelli, mentre era immersa nel torpore del dormiveglia.
<< Gliene parleremo a tempo debito, della casa in collina! Intende acquistarla? Possiede i soldi necessari? >> stava dicendo l’impiegato di un’agenzia immobiliare. E Luna, in quella visione onirica confusa e bizzarra, percepì il lampeggiare di uno strano essere minuscolo, simile ad un riccio con un grosso corno dorato.

Quando si ridestò, Luna sentì dei brividi percorrerle la schiena. Erano andati tutti a letto, e ormai dovevano essere le due del mattino. Il cielo era limpido, ed emanava una luce fievole che proveniva dalle trame di stelle sfavillanti intrecciate come rami di frutici. Luna provò a dare un nome alle costellazioni, ma per qualche motivo sentì delle lacrime sfiorarle malinconicamente il viso. Voleva dimenticare qualcosa di spiacevole… La morte dei suoi genitori? L’assassinio di Scott ed Hamilton?
Una mesta nostalgia si impadronì di lei, trasportandola in un iperuranio di sogni e poesia. Si alzò leggermente scossa, mentre ripensava ai cambiamenti del suo carattere. La maschera da bambina spensierata era stata rimossa dal suo viso violentemente. Nei suoi occhi, adesso, non splendeva più il barlume di un tempo.
Per evitare di creare disagio, Luna entrò nel corridoio senza accendere la luce. Richiuse la porta della terrazza, che sfrigolò stridula sui cardini, e si voltò. Il tappeto serpeggiava fino alle scale che conducevano alla hall dell’albergo ed era avviluppato in una coltre di tenebre. L’unica luce che indicava a Luna la strada era quella che penetrava dalle serrande semichiuse del balcone. Un silenzio assoluto regnava sovrano.
“Vorrei bere un po’, prima di coricarmi!” si disse Luna. “Soltanto un goccio di birra, per prendere sonno con più facilità!”.
Raggiunse il bancone del piano inferiore. Chiaramente Jane Event si trovava a letto, ma Luna era convinta di poter fare da sola. Si chinò per scegliere una bottiglia tra i liquori, e fu colpita da una busta sigillata che recava una strana effigie: una perla gigante, tracciata con cura sul bordo della lettera.
Luna svolse il pezzo di carta e ne lesse il contenuto.

Dobbiamo abbandonare la contea il prima possibile, o verremo scoperti dagli Auror. I contrattempi che si stanno verificando non erano in programma, e attireranno la polizia. E se i due londinesi, la ragazzina bionda e il suo fidato compagnetto, non la smettono di curiosare in giro, giuro che non la passeranno liscia. Studierò il modo di tenerli lontani. Per adesso, ecco il piano di cui parlavamo a pranzo: ci vediamo al solito posto, col solito bastone, domani, alle tre di notte. Il carico è pronto, bisogna solo farlo uscire da qui. Brucia immediatamente questa lettera, prima che qualche...

Un rumore. Un passo ovattato. Qualcuno che si avvicinava.
Luna ripiegò malamente la busta, tentando di non fare rumore. Ma la carta stracciata provocò un suono alquanto potente. E poi, la ragazza seppe che, chiunque fosse, era dietro di lei. Si gettò da una parte, sotto il bancone, e rimase attonita, ad osservare la scena, terrorizzata e sicura di essere sul punto di morte.
Una figura incappucciata avanzò fino al retro del bancone, si chinò, afferrò la lettera e con un gesto fugace la nascose sotto il mantello.
“Ora o mai più!” si disse Luna. Puntò la bacchetta contro la figura e sussurrò: << Stupeficium! >>.
L’incantesimo schizzò per la camera, colpendo l’individuo solo di striscio. Quest’ultimo emise un’imprecazione concitata e Luna udì una voce femminea... Ma la figura non si fece incastrare. Svoltò in direzione delle scale e svanì.

Luna si precipitò in camera con il fiatone. Usufruì della gradinata secondaria, temendo un attacco. L’atmosfera era densa, carica di tensione ed inquietudine. Ma l’individuo misterioso doveva ormai essere tornato in camera.
“Chi era?” si domandava Luna, piangendo. “Skali è scomparsa… Non resta che la signora Follin ma…”.
Altri rumori nel corridoio.
“Quanto è vero che mi chiamo Luna, quella non era Elvira!”.
Erano pensieri contrastanti quelli che popolavano la sua povera mente. Pensieri che cozzavano fragorosamente tra di loro, in una battaglia ipotetica. E se l’individuo avesse solo imitato una voce femminile? Se fosse stato un uomo travestito?
Chissà perché, Luna pensò a Terence. E allora, fu assalita da un’angoscia incontrollabile.
E se proprio il suo amico fosse stato implicato nella faccenda? Possibile che stesse recitando la parte della vittima? Nonostante tutti gli elementi che lo discolpavano, Luna non poté abbandonare la sua idea. Se davvero, sotto il volto da brav’uomo, Terence stesse celando un animo corrotto dal male?
“Non è possibile!” si disse, scacciando la sensazione che l’aveva presa. “Guarda un po’ di chi sto dubitando! Se davvero Terence c’entrasse qualcosa, sarei morta…”.
L’apparenza inganna, Luna, parevano bisbigliare le mura dell’albergo.
<< Signorina Lovegood! >>.
Robert Ive emerse dalla penombra. Era una figura tremendamente rassicurante, nelle tenebre notturne, con la sua sigaretta in bocca che emetteva un fumo leggero. Passeggiava spensierato per il corridoio, evidentemente ignaro di ciò che era successo al piano inferiore poco tempo prima.
<< Mister Ive! Che ci fa qui, a quest’ora? >>.
<< Non avevo sonno, e gli incubi mi tormentavano! Piuttosto, lei? Si è alzata adesso oppure è già su da un pezzo? >>.
<< Ho preso un goccio di birra, perché non riuscivo ad addormentarmi! >>.
<< Ah, capisco! E la birra le dà sonnolenza? >>.
<< Un po’ >>.
Robert Ive si passò una mano fra i capelli. << Ho parlato con la signora Event, a pranzo, e mi ha detto che le provviste buone, nel giro di qualche giorno, diventeranno immangiabili. Il cibo non si conserva bene, nelle riserve dell’hotel. Tuttavia, abbiamo cibo in scatola a sufficienza. Ma spero che non ci costringeranno a mangiare del tonno! >>.
Luna appoggiò le spalle al muro. << Non mi va di aggiungere altre preoccupazioni alla mia testa già in subbuglio! >> disse saggiamente.
<< Vada a letto, dunque! Non voglio certo star qui ad annoiarla! Buona notte, signorina Lovegood! >>.
<< Buona notte, dottore! >>.
Luna si precipitò al piano superiore e trasse di tasca la chiave. La infilò velocemente nella serratura e si fece spazio nella penombra della camera. Chiuse la porta ermeticamente, si gettò sconsolata sul letto e cercò di ricomporre il puzzle enigmatico di quella faccenda.
Cosa le sfuggiva? Non aveva considerato qualcosa… L’aggressione di Terence… cosa ne poteva dedurre?
Quel maledetto liquido corrosivo spruzzato sul suo corpo era probabilmente opera di un abile Magichimico del Ragno Nero… Ma chi, in quell’albergo, era capace di creare miscele simili a quella ritrovata sugli arti di Terence? Chi era in grado di utilizzare gli ingredienti farmaceutici per produrre un acido caustico?
E poi, aveva quasi dimenticato la sigla di cui Hamilton le aveva parlato prima di morire.
“J. W.” si disse Luna. “Oh, no, qualcosa mi sfugge!”.
L’assassino avrebbe continuato a mietere vittime. Nell’oscurità, si muoveva con passi felpati, uccidendo per il desiderio perverso di ottenere qualcosa...
Qualcuno, in albergo, pensò: “Il piano funzionerà. Costi quel che costi, riusciremo a rovesciare la Cupola e ad allontanarci da qui!”.
Qualcun altro, si diceva con sincera tristezza: “Oh, povera, piccola Luna! E’ tutta colpa mia siamo in questo guaio! Dannazione, che sia maledetto il nome del Ragno Nero!”.
La notte si infittì, inghiottendo Randywick in un baratro nero. Ma il tempo passò in un lampo. Ed un sole lucente fece capolino tra i monti, gaio e radioso. L’aria era satura del sapore di cambiamenti. Quella nuova giornata di Agosto avrebbe riservato molte sorprese alla povera Luna…

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