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Autore: TheNaiker    23/10/2013    1 recensioni
Hinamizawa, l'estate del 1983 è passata. Ma la felicità sognata da Rika è stata davvero raggiunta? I problemi dei suoi amici sono forse stati risolti, ma la felicità è una gracile piantina per cui bisogna lottare in continuazione, per evitare che essa appassisca. L'arrivo di nuovi personaggi ed eventi e gli effetti di quelli vecchi si intrecciano, in una nuova e difficile avventura.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 50: La cinquantatreesima carta



Hinamizawa, 29 Febbraio 1984

Non c'erano campanelli accanto all'ingresso della casa di Rika. Non ce ne sono mai stati, la sua abitazione era piuttosto vecchia, le mura non erano state dotate di quel marchingegno ed ogni visitatore che si presentava lì doveva annunciare il proprio arrivo a suon di urla o colpi contro la parte, stando attento a non picchiare per errore la porta scorrevole troppo fragile per resistere a delle botte forti. Ovviamente, in questo modo per i proprietari della casa era più difficile accorgersi che c'era qualcuno che voleva parlare con loro.

Dunque, quando Satoko e Satoshi gridarono i nomi di Rika ed Hanyuu più e più volte senza ricevere risposta, essi sperarono che quel silenzio fosse solo dovuto al fatto che le due bambine non li avessero sentiti. In particolare, il maggiore degli Houjou continuò a picchiare con la mano sullo stipite, mentre la sorella chiamava ad alta voce le sue due piccole amiche, ma quella casa sembrava veramente vuota. E conseguentemente i due fratelli cominciarono ad essere in pensiero sul serio. Rika ed Hanyuu potevano comunque non essere lì, ma allora dove erano finite? Non più di due giorni fa il preside aveva permesso loro di assentarsi dalle lezioni per qualche tempo, una vacanza straordinaria che via via si sarebbe prolungata finché quella situazione di emergenza non fosse stata risolta, pertanto non erano a scuola. Inoltre, Rena aveva telefonato loro quando era mattina presto e anche lì nessuno si era fatto vivo al ricevitore, quindi già in quel momento le due Furude erano «sparite»... Perché lasciare la loro casa all'alba, allora? A scuola non erano, a casa dei loro amici non erano, al Tempio non erano... prima di andare a casa di Rika, Satoko aveva fatto una capatina anche là per controllare che non ci fosse qualcuno. Ovviamente anche quella zona era risultata spettralmente vuota, invece, e quindi non rimaneva che provare e riprovare lì, in quella piccola casetta dall'aspetto dimesso. Anche se dopo quindici minuti di urla e tentativi sembrava tutto fiato sprecato.

“A questo punto dovremmo entrare” propose Satoshi “Hai ancora con te la chiave d'ingresso?”

“No che non ce l'ho.” rispose Satoko, sconsolata “Avevo preferito rendergliela dopo essere tornata a casa nostra, temevo che fosse scortese da parte mia tenere in tasca le chiavi di qualcun altro senza permesso. Qui io ero solo un'ospite, tutto sommato, non ero certo la padrona.”

“Giusto. Però non vorrei dover buttare giù la porta... Facciamo il giro dell'edificio prima, per vedere se c'è qualche finestra socchiusa che non abbiamo notato, o un passaggio.”

Ci volle solo una manciata di secondi per compiere l'operazione, ma il risultato non fu quello sperato. Tutte le imposte della casa erano serrate per bene, come Rika le metteva di solito per la notte. Pareva quasi che nessuno le avesse aperte al sorgere del Sole, e quindi risultava impossibile sbirciare all'interno da lì. Cosa che terrorizzava Satoko, lei sapeva che la sua amichetta era sempre mattiniera, quando convivevano sotto lo stesso tetto entrambe si alzavano molto molto presto, per occuparsi della manutenzione e della pulizia del Tempio oppure per piazzare qualche nuova trappola per Keiichi. A Rika non era mai piaciuto dormire, piuttosto si alzava a mezzanotte per trangugiare un bicchiere di vino e per guardare fuori malinconica... Era fuori discussione che stesse ancora sonnecchiando, ci doveva essere un'ottima ragione se le finestre e la porta di casa sua erano ancora chiuse.

Satoko prese a pensare che qualcosa di orribile fosse capitato alle due bambine. Sicuramente, l'intera vicenda era qualcosa che riguardava principalmente i Sonozaki, ma anche Rika poteva essere un obiettivo sensibile, tutto il club sapeva del suo ruolo di Regina Portatrice ma anche il loro nemico era al corrente della Sindrome, avevano usato il parassita per fare del male ai loro amici quindi sapevano al cento per cento dell'importanza strategica di quella fanciullina. Mettendola in questi termini sembrava una pazzia aver trascorso la notte in posti diversi e non tutti assieme... Ma erano state proprio Rika ed Hanyuu a voler stare da sole. Satoko non riusciva a capire perché questa decisione, ma lei non sapeva che Rika aveva già iniziato a sentire degli spasmi terribili al cuore e che orgogliosamente voleva evitare che gli altri lo sapessero.

La loro minuscola compagna non voleva essere causa di altri problemi, con quella scelta, ma alla fine aveva ottenuto l'effetto opposto. I due Houjou erano inquieti, non sapevano se andare a dare l'allarme agli altri o se entrare dentro la capanna con le cattive. Dovevano però sapere la verità subito... Così Satoko disse al fratello di buttare giù la porta, e così disse con voce forte e chiara: “Rika, se sei dentro e non puoi aprire per un motivo, per favore sta' lontana dal muro, noi stiamo per fare irruzione!”

Satoshi obbedì alla richiesta della sorella, e prese la rincorsa. Ma prima che potesse raggiungere la porta, essa scivolò verso sinistra, ed una figura minuta dalla faccia conosciuta apparve.

“Perchè Satoko vuole rompere la mia porta? Questa costa tanti soldini e lei sa che noi non siamo molto ricche, dovremmo attingere dalle scarse risorse del tempio per ripararla.”

Una bambina dai capelli blu stava dinanzi a loro, ridendo.

“R-Rika...!?”

“Sì? Come mai siete venuti fin qui? Avete bisogno di qualcosa?”

“Ma n-noi temevamo che ti fosse accaduta una disgrazia?”

“Eh, esagerata, credevi che fossi morta, adesso?” sembrava quasi che Rika si divertisse a canzonare la sua amica, la quale stava cercando di riprendersi dalla sorpresa, mentre il fratello tentava di capirci qualcosa.

“E... E... Queste finestre con la tapparella abbassata, e il fatto che tu ed Hanyuu-chan non rispondevate al telefono... Pensavamo vi fosse accaduto qualcosa, che vi fosse venuto un malore, che vi avessero rapito, o peggio...”

“L'ingresso era chiuso a chiave, no? Dei sequestratori frettolosi non si sarebbero mai preoccupati di richiudere la porta, avreste trovato tutto spalancato. Usa la testa, Satoshi-kun!”

“Ma...”

“Non mi risulta ci sia l'obbligo di aprire le finestre tutte le mattine, volevo solo che il calore non uscisse dalla nostra camera da letto... E poi, riguardo il fatto che non ti abbiamo sentito... Eravamo ancora nei nostri lettoni caldo. Oggi fa così dannatamente freddo.”

Satoko non riusciva a crederci. Entrò rapidamente in casa e lesse l'ora sulla sveglia appesa alla parte. “Rika, sono già le dieci e un quarto! Tu non hai mai dormito così tanto!”

“C'è sempre una prima volta.” replicò l'amica, sorridendo gentilmente “Mi dispiace se vi ho fatto preoccupare, Satoko... Non pensavo vi sareste allarmati così. Aspettiamo che Hanyuu abbia finito, poi andiamo alla Clinica, va bene?”

“Hanyuu-chan? Dove si trova?”

“Attaccata alla cornetta... sta parlando a Rena-chan, presumo. Sta spiegando anche a lei perché non abbiamo risposto prima.” Satoshi intanto era entrato a sua volta e sporgendosi in avanti dalla porta aveva dato un'occhiata all'altra stanza, per vedere appunto la bambina dai capelli color violetto mentre dialogava via telefono con qualcuno. Dalla Clinica stavano giungendo ad Hanyuu notizie sia buone che cattive, che la agitavano non poco, e la fanciulla non sapeva se essere felice o no. Provava un turbinio di sentimenti ed emozioni contrastanti che erano facilmente osservabili da Satoshi, attraverso il modo con cui la bambina reagiva di volta in volta.

Comunque il ragazzo potè confermare a Satoko che quanto Rika aveva affermato corrispondeva a verità, e quindi la sorella commentò: “Mi hai fatto venire un colpo... Phew, allora non eri in pericolo. E meno male che avete avvisato anche Rena-chan, potrà sospirare di sollievo anche lei.” Il comportamento della sua vecchia coinquilina era qualcosa di assurdamente imprevedibile, di tanto in tanto, tuttavia vederla viva e vegeta era una liberazione, per lei, considerando come stavano appena pochi secondi prima. Perciò, Satoko salutò con la mano Hanyuu, la quale dal canto suo aveva appena concluso la propria conversazione con Rena ed aveva appena riappeso il ricevitore, prima di andare insieme a loro.

Il gruppo dei quattro ragazzi erano ora nel piccolo salotto della casa, ma l'avrebbero lasciata molto presto. Rika, difatti, propose subito: “Dobbiamo andare alla Clinica, tutti quanti. Non ho voglia di far colazione, non sono affamata, piuttosto ho una certa fretta. C'è qualcuno con cui vorrei fare una chiacchierata, laggiù.”

~-~-~-~-~

Satoko rimpianse di aver lasciato la propria bici a casa. Rika fece di corsa tutto il tragitto da casa sua all'Istituto Irie e solo Satoshi riusciva a stento a tenerle il passo, mentre la sorellina era rimasta indietro con Hanyuu. La sua piccola amica dai capelli blu quindi era entrata nella clinica quasi da sola, spingendo il portone principale con una foga inconsueta, e non appena dentro localizzò velocemente Rena, che la stava aspettando insieme a suo padre ed a Daijiro i quali nel frattempo erano giunti lì a loro volta.

“Salve Rena, ed anche voi. Lui dove è?”

Nessun convenevole, una domanda rapida e concisa. Per telefono avevano raccontato ad Hanyuu di quello che era successo al seminterrato, ma non era stato necessario che quest'ultima dicesse qualcosa agli altri presenti in casa. Rika lo sospettava di già, quella era l'unica ipotesi che potesse spiegare perché era ancora viva.

“Dovrebbe essere ancora al piano di sotto, questa mattina è stato un viavai di gente dopo quello che c'è stato. Rena non può venire con te, sfortunatamente, così non può dirti che cosa sta avvenendo laggiù, però...”

“Ti ringrazio per l'informazione. Mi spiace, ma devo lasciarvi subito. Hanyuu, Satoko, Satoshi-kun, sentitevi liberi di stare qui con Rena se volete, io devo andare.” Senza aggiungere altro, la bambina volò alla porta che conduceva al seminterrato, ed in un balzo raggiunse il piano inferiore.

“Dove lo hanno ficcato... Sì, deve essere questa la stanza...” Impetuosamente, mise la mano sullo stipite dell'ingresso e notò che stranamente non c'era più la porta. Un istante dopo, lei era dentro la camera.

Quelli che si trovavano qui si voltarono verso di lei, attirati dal rumore improvviso e dal suo respiro affannoso, e così quattro occhi la fissavano. Due di essi appartenevano ad una infermiera che stava assistendo il paziente. Gli altri due, invece, erano del paziente stesso. Ossia Giancarlo.

“Rika-chan... Sei qui.” Lui sembrava in salute, come un convalescente sul punto di essere dimesso dall'ospedale. “Ti stavo aspettando, onestamente... Immagino tu voglia parlare con me, perciò...” Si girò verso l'infermiera “Per favore, potreste lasciarci da soli?”

“Ma Irie-sensei mi ha raccomandato di restare qui per tutt...”

“Non fatevi problemi, signora.” rispose educatamente il ragazzo “Se sarà il caso chiarirò tutto con il dottore, dopo. Per ora, se il medico vi muove delle critiche ditegli che Rika-chan è qua con me, Irie sarà comprensivo, lo so.”

La donna era esitante, ma il paziente insistette finché lei non dovette arrendersi. Uscì dalla stanza, poi, dopo aver raggiunto l'ingresso, si girò e fece per chiudere la porta alle proprie spalle, ma non poté farlo visto che di porte lì non ce n'erano più, prima gli inservienti l'avevano buttata giù per entrare. Perciò si allontanò e basta.

“E' un peccato che l'abbiano ridotta a pezzetti, ho sempre preferito gli ambienti chiusi, specie in questo tipo di momenti... Qualche volta penso di essere agorafobico.” Sembrava quasi che lui volesse giocare, mai suoi occhi erano tristi e grigi, dando a vedere sentimenti di tutt'altro genere. Infatti, subito dopo il ragazzo chiese “Rika-chan, potresti dirmi dove è Nee-chan, per piacere? Se avesse potuto si sarebbe precipitata qui, sapendo che mi sono risvegliato... Ma nessuno mi ha detto che fine ha fatto, anche se sto andando avanti a chiederlo a chiunque vedo arrivare.”

“In tutta sincerità... Non saprei...”

Non era una frase fatta, quella di Rika, lei non stava mentendo. Davvero non lo sapeva ancora. Hanyuu sì, aveva parlato con Rena per telefono, ma l'altra non aveva neppure voluto sentire che cosa si erano dette durante la conversazione, aveva fretta, aveva in testa solo di correre ed arrivare alla Clinica; ed anche lì era scesa al seminterrato in pochi secondi, non aveva avuto praticamente modo di dialogare con nessuno, così non aveva avuto possibilità di sapere che cosa fosse realmente successo quella mattina nella foresta. Pertanto, alla fine toccò a Satoko dar loro la spiacevole notizia, dopo essere arrivata anche lei nella stanza.

“Io... sono... desolata, Gi-chan. Ali-chan... Lei... Lei è...”

Non dovette concludere la frase. Giancarlo socchiuse gli occhi, sforzandosi di non manifestare il proprio dolore, ed emettendo solo un debole lamento che però la diceva lunga sul suo stato d'animo. Ma poi disse: “Questo non è il giorno per le lacrime, mi sa. Eppure, devo dire... che me l'aspettavo, che in una certa maniera lo sapevo già. Qualcosa dentro di me continuava a sussurrarmelo, come una premonizione... Temevo fosse accaduto proprio questo. Però, anche a presagirlo così... fa male comunque.”

“Non ho capito. In che senso sapevi già che cosa era successo a tua sorella?”

“Beh... Mentre non eri ancora qui, ho parlato con Irie-sensei. Mi ha spiegato che cosa ho avuto, sai, e bene o male ho ricostruito buona parte della vicenda, mi ricordo distintamente quel tizio che veniva a casa mia e mi iniettava del liquido strano... Era... Quella guardia del corpo, il leccapiedi di Megumi-san...”

“Lo immaginavo.” commentò Rika, mentre Satoko esclamava “Comunque, quell'uomo è stato catturato questa mattina, così non devi più temerlo, sarà tenuto sotto controllo.”

“Buono a sapersi... Ma adesso mi stavo riferendo a qualcos'altro, qualcosa a cui non avrei proprio dato credito, se fossi stato in un contesto normale. Prima, Irie-sensei mi ha detto di avere analizzato in fretta quello che l'elettrocardiogramma aveva registrato... E c'era un dato che lo aveva lasciato di stucco. Prima di essere spenta, l'apparecchiatura ha riportato per ben dodici minuti la completa assenza di battito da parte del mio cuore. Il mio corpo non avrebbe mai potuto resistere per tutto quel tempo senza che il sangue fosse pompato, io... io ero morto, in quei minuti.”

“Da... Davvero?”

“Credo di sì” annuì “L'ultimo ricordo lucido che mi è rimasto prima del momento del mio risveglio è un pizzichio che ho sentito sotto la pelle del collo, a casa mia. E' lì che mi hanno iniettato quel veleno, dopo si fa tutto confuso...”

“Quindi hai cancellato dalla mente quello che è accaduto a casa di Mii-chan, dentro quella caverna?”

A quelle parole, il ragazzo guardò Rika come folgorato, allargando le palpebre. “Quello è qualcosa che vorrei davvero dimenticare, ma hai ragione, ho ancora davanti agli occhi quello che è stato in quel giorno, è vero... Però non è questo il punto. Questi sono gli ultimi ricordi «razionali», per così dire, tuttavia... Anche dopo aver perso conoscenza ci sono molte altre scene che mi tornano in mente. Non so se riesco a descriverli, sono vaghi e io non sono bravo a raccontare... Era qualcosa di paragonabile ad un sogno: hai un'idea parziale di quello che ti avviene intorno ma tu non puoi fare nulla per cambiarlo, e quindi pensi di essere inutile. Sei... immerso nel tuo corpo come se fossi in una sorta di vasca da bagno piena d'acqua, quando sei a mollo puoi sbracciarti quanto ti pare ma tanto la tinozza non si muove di un centimetro.” un sorriso mogio “Qualcosa che ti immobilizza l'anima, non provi né caldo né freddo, il mondo esterno non ti dà più nessuna sensazione. E quindi ti ritrovi in questo contenitore senza poterlo più controllare o muovere, ti senti quasi a bagnomaria perché il tuo stesso organismo non risponde ai tuoi comandi... Deve essere così che funziona la Morte...”

“Quindi, in soldoni, vivevi in un corpo che non ti apparteneva più.”

“Una roba del genere... Come ti ho detto, io non sono in condizione di parlarne con precisione, era un sogno, un'allucinazione, la mia mente era piena di pensieri ricorrenti, di assilli, di emozioni istintive... Ma ora non sarei capace di descriverli, la mia memoria farebbe cilecca. Sai, molto spesso ti capita di fare dei sogni durante la notte e la mattina dopo non ti ricordi più che cosa ti è successo in essi. Sai solo che ne hai fatto uno... Ma non sai dire come era.”

“Quindi non sapresti raccontare quello che hai passato. Non penso che questi buchi di memoria siano una cosa brutta, morire è un passo che tutti siamo destinati a compiere, ed avere gente in giro che strimpella ai quattro venti come si suppone che sia non è mai il massimo. Di solito ti prendono per uno svitato, se ti va bene.”

“Forse hai ragione... Ma c'è una cosa che mi ricordo molto bene, di quel sogno.”

“Quale è?”

“Mi sentivo strattonato. Una mano calda ed allo stesso tempo tenace, che mi teneva fermo dentro il mio corpo. Mi stava... trattenendo in questo mondo, ne sono sicuro, mi impediva di volare via. È stata quella mano a tenermi qui con voi fino al momento in cui mi sogno svegliato. E per quanto non riesca a spiegarmi come ciò sia possibile, sono convinto che senza quell'ancora di salvataggio io sarei passato a miglior vita. Quella era una mano gentile e premurosa, dolcissima, come... quella di Nee-chan.”

Giancarlo inclinò il capo. “Ecco perché temevo che qualcosa di male le fosse avvenuto. Se quell'esperienza era in qualche maniera autentica, allora poteva essere davvero lei. Ma per essere lì con me in quell'universo allora doveva aver lasciato anche lei questo mondo, come il sottoscritto. Quindi... Rika-chan, tu pensi che sia possibile che lei mi abbia salvato, riportandomi in vita?”

“Io... non posso escluderlo completamente” ammise Rika. Le ultime parole di quel ragazzo le avevano fatto sovvenire ciò che Alice aveva narrato loro circa la loro nascita. Quel giorno, stando alla versione di quest'ultima, era stato come se suo fratello l'avesse salvata, afferrando il suo braccino e garantendole il diritto ad esistere. Ed ora, sembrava che avesse avuto luogo l'esatto opposto. Era credibile come teoria? Alice era un'umana semplicissima, non era Bernkastel od un'altra strega dai poteri occulti. Però Rika non aveva motivo di negare quella ipotesi, non se la sentiva di rifiutarla; inoltre, pensare ad una sorella in grado di fargli da angelo custode avrebbe forse alleviato il dolore di Giancarlo per quella perdita così pesante.

Lui era chiaramente giù, infatti. E Satoko, per rincuorarlo, esclamò allora: “Andiamo, tu dovresti essere fiero di te! Ce l'hai fatta, hai sconfitto la nuova versione della Sindrome, senza nessun aiuto! Nessuno aveva mai tenuto testa neanche a quella vecchia... Avresti dovuto vedere come erano felici i medici e tutti gli altri, quando ti hanno visto vivo e vegeto!”

Il giovane sorrise compassionevole: “Ti ringrazio per il tentativo, ma temo che tu stia mentendo per farmi contento. Hai torto, temo... Per entrare qui, loro hanno dovuto sfondare la porta, lo potete immaginare anche voi. Solo che lo spettacolo di fronte a loro non ha fatto loro piacere, su questo posso scommetterci.”

“Che... Cosa intendi?” chiese Satoko.

Rika ebbe un brutto presentimento: “Prima hai detto che il cardiogramma era stato spento da qualcuno, qualcuno che aveva anche girato la chiave per chiudere la porta, suppongo. Chi c'era con te?”

“C'era Takano-san. Non so cosa stesse facendo qui con me, ero ancora nel mondo dei sogni, allora, ma... Vedete, il pandemonio originato dagli energumeni che buttavano giù la porta... Deve essere stato quel fracasso a farmi destare del tutto, come una madre eccentrica che alza il figlio a suon ceffoni per mandarlo a scuola...” Giancarlo si mise una mano sull'occhio destro, ripensando a quello che stava per dire “In quel momento ho cercato lentamente di uscire dal letto per dir loro di fermarsi, ma non potei farlo. Dopo tutto, la primissima cosa che i miei occhi videro da sveglio non fu uno spettacolo piacevole.”

Fece una pausa, poi andò avanti: “Sulle mie gambe c'era il cadavere di Takano-san, ed una marea di sangue. Era morta, il suo petto sulle mie ginocchia, la sua testa sul mio stomaco... La sua faccia mi fissava con quegli occhi aperti, ma la parte inferiore del volto era stata ridotta a brandelli. Si era sparata in bocca, per terra c'era ancora la pistola. A momenti non la riconoscevo, tanto era sfigurata... E tutte le lenzuola erano rosso sangue, parevano le tende di un teatro più che le coperte di un letto d'ospedale. Sai, Rika, gli inservienti hanno dovuto cambiarle, ed hanno dovuto anche cambiarmi d'abito, puoi vedere ancora i panni sporchi laggiù in quell'angolo, nel caos si sono dimenticati di portarli in lavanderia.

Rika diede loro un'occhiata e li contemplò per un secondo. Poi, torno a concentrarsi sulle parole dell'amico: “Non è stato un risveglio dolce, direi... La prima cosa che ho pensato alla vista di quello scempio è stata Che sta succedendo qui? Quello scenario, quelle persone che volevano quasi fare irruzione, quelle grida di sbigottimento... Io ero scioccato, pietrificato da quel corpo che mi fissava come una marionetta incompleta. Ero spaventato, ho impiegato qualche minuto per calmarmi, dopo che gli altri erano entrati ed avevano scoperto il cadavere.

“Una reazione giustificabile, Gi-chan... Suppongo che le spoglie di Takano-san siano state già portate alla camera mortuaria della Clinica, a quest'ora. Mi rincresce per lei, ed anche per Tomitake-san... Comunque, posso capire che cosa tu vuoi dire. Le persone pensano a questo tipo di ritorno alla vita normale come se fosse quello di una Bella Addormentata, abbracciata dai tiepidi raggi del Sole, circondata da uccellini canterini e baciata da un affascinante principe azzurro: in parole povere, come al più bello e al più dolce degli eventi concepibili. Il tuo risveglio invece è stato un filo peggio di questa sorta di idillio... Ma la Realtà è troppo spesso molto più crudele delle favolette per bambini.”

“Rika, certo che sei cattiva! Usa un po' più di delicatezza!” si lamentò Satoko, sinceramente sorpresa dall'assenza di tatto della sua amica.

“Va tutto bene, non è certo questo un problema” la rassicurò Giancarlo “Quello di Rika-chan è un modo particolare di raccontare le cose, ma non dice il falso. Per inciso, potreste farmi un favore? Prima, ho sentito che hanno portato Mii-chan non lontano da qui. Non sono riuscito a vedere dove esattamente ma deve essere qui in giro... Senza la porta le voci dall'esterno non sono più attutite e mi è sembrato di udire Kei-chan e Shii-chan che parlavano di lei. Allora mi piacerebbe che qualcuno andasse a dare uno sguardo là fuori e mi dicesse dove si trova esattamente e pure come sta. Potresti farlo per me, Satoko-chan?”

“Certo, ci vado subito.” La bambina bionda lasciò Rika e Giancarlo da soli, ed i due seguitarono a parlare indisturbati.

“In che condizioni pensi che stia?” chiese lui.

“In quelle in cui stavi tu fino a poco tempo fa. Dormiente in stato di profonda catalessi, ed apparentemente destinata a non svegliarsi tanto presto.”

Il ragazzo si morse il labbro inferiore. “Mi piacerebbe vederla, ma temo che intralcerei soltanto il lavoro dei medici. Sicuramente si stanno prendendo cura di lei.”

“E quindi perché hai chiesto a Satoko di andarci? Mandare là qualcuno o andarci in prima persona è la stessa cosa da questo punto di vista.”

“Vero. Ma Satoko-chan può andare da Shii-chan e porle delle domande, se è il caso. Personalmente, invece, io preferirei non incontrare gli altri, per adesso. Vorrei un attimo di tregua, prima di ributtarmi nell'occhio del ciclone. Spero tu capisca...”

“Sì, sì, lo capisco.”

Rika era esitante se lasciarlo da solo o no, ma all'improvviso il giovane tirò fuori dal nulla una domanda inquietante: “Rika... Perché sono riuscito a fermarmi prima di fare del male a Mii-chan in modo irreparabile, quel giorno?”

“Lei è una persona speciale per te. Questa dovrebbe essere una motivazione sufficiente.”

“No che non lo è. Ho paura che non lo sia, Irie-sensei mi ha detto che quella che avevo in corpo era una versione della malattia ancora più virulenta del solito, e tu mi hai spiegato in passato che la Sindrome ti fa dimenticare le tue relazioni con gli altri. Non ci sono più amici per te, solo nemici.”

“Questo non è sempre vero.”

“Ma generalmente lo è. Non importa se quelli davanti a te sono i tuoi genitori, figli, fidanzati, coniugi, amici... Tu aspiri solo ad eliminarli, in tutte le maniere possibili. Vuoi farli soffrire nella stessa misura in cui soffri tu, e dopo desideri la loro morte. Quindi, perché mi sono fermato in quella circostanza? Non è stato perché la amavo... No... E' stato perché il vaccino dentro di me aveva cominciato a fare effetto, e solo per quello. Senza di esso, senza la sostanza che Irie-sensei ci aveva somministrato prima di arrivare qui... Io... Io l'avrei... Oh, mio Dio, che le stavo facendo...” Si mise le mani sul volto, iniziando a piangere, divorato dal rimorso di quello che stava cercando di compiere quel giorno.

Rika lo stava fissando. C'era un'idea che stava prendendo forma nella sua mente.

“Gi-chan, posso dirti una cosa?”

“Fallo pure.” rispose lui, sempre tenendo il suo viso coperto dietro le mani.

“Il tuo è proprio un errore concettuale, Gi-chan. Parti da un presupposto sbagliato in partenza. In tutti questi anno hai sempre preteso che caricarti delle responsabilità di tutti gli altri era la cosa migliore che tu potevi fare. È stato questo il percorso logico che ti ha portato e prendere il posto di tuo padre e diventare la guida della tua famiglia, no? Ma questo non è giusto. Fare questo genere di sacrifici è fatica sprecata, non risolvi nulla e ottieni solo di far preoccupare quelli che hanno a cuore il tuo benessere. Occupandoti di ogni cosa tutto da solo, non li hai resi felici, non li hai protetti affatto, al contrario li hai solo resi più angosciati.”

“Ma... Non c'era nient'altro che potevo fare. La mia famiglia sarebbe stata portata alla disperazione, se nessuno avesse preso le redini della situazione...”

“Altra fesseria. Potevi dividere questa zavorra tra tutti voi. Un compito poteva essere assegnato ad un membro, un altro compito ad un altro membro, eccetera. Avreste condiviso questo amaro calice causato dal vostro passato, ed il peso trasportato sarebbe stato molto molto più leggero.”

“Lo credi veramente?” tolse le mani via dalla faccia.

“Sì. Ali-chan ha commesso il tuo stesso errore. Fare tutto da soli e tenere gli altri fuori da questo sentiero di sofferenza non è un modo di redimersi dai peccati commessi da sé stessi o da altre persone. Non posso accettare che sia l'unica maniera, almeno, ci sono tante altre strade decisamente meno costellate di dolore. Posso comprendere perché voi vi siate comportati così, ma non posso consentire che tu prosegua così. Diversamente da tua sorella, a te è stata data l'opportunità di cambiare.”

“Quindi la pensi così... Forse... Hai ragione.” concluse lui “Non avrei dovuto lasciare Nee-chan fuori da tutto, avrei dovuto coinvolgerla maggiormente. Non sapere nulla di quello che è davvero il Male non l'ha protetta, lei era curiosamente così pessimista quando considerava la situazione all'intero della nostra famiglia... Quando ne parlava in privato con me, di frequente andava dicendo che lei era allegra e spensierata solo per alzare il morale degli altri... Lo faceva per dare un suo contributo, temeva che le pene dei fatti passati avrebbe continuato a tormentarci, per sempre... Ma in fondo non è detto che debba essere così. Io so che tutta la mia famiglia vuole dimenticare il periodo sotto il giogo del nostro bisnonno... E ce l'avremmo fatta, prima o poi. Avremmo vissuto la nostra vita.”

“Allora in questo caso tu eri più ottimista di tua sorella... Bizzarro, di solito avveniva il contrario, quando vi sentivo parlare.”

“Lo ero perché conoscevo i rapporti di solidarietà tra i nostri parenti, li conoscevo meglio di lei. Una volta che ti abitui all'oscurità ti accorgi sempre che a conti fatti essa non è così scura come ti aspettavi.”

“Ne convengo.” L'abbozzo di un sorriso era apparso sul volto di Rika. “Ma ora, che hai intenzione di fare? Mi hai ascoltato prima, quando eri piccolo hai deciso di sacrificarti per la salvezza di tua sorella, ma oggi lei ti ha dato una seconda chance, possiamo metterla così. Ne consegue che tu sei autorizzato ad avere una nuova vita... Qual è la tua decisione in proposito?”

“Io...” Giancarlo si ammutolì, non sapeva davvero cosa rispondere.

“Lo immaginavo che saresti rimasto muto come un pesce. Ed allora te lo dico io. Il più grande desiderio di tua sorella era che tu vivessi felice, giusto? Quindi, visto che tu hai deciso di essere responsabile anche per lei, tu devi darle ascolto e trovare la tua via per la felicità, o quantomeno per un'esistenza serena. Questo è il tuo dovere da adesso in poi, devi esaudire quel sogno, per dare omaggio all'eroismo di Ali-chan.”

“Non sarà facile... Prima di tutto devo fare una telefonata. Devo... Devo mettere al corrente la nostra famiglia che... che...” Lui si stava intristendo di nuovo, ma Rika appoggiò una mano sopra la sua.

“A quello penseremo più tardi, ce ne occuperemo quando sarà il momento, non ti lasceremo da solo. Non possiamo proprio permetterti di accollarti quest'onore senza darti nemmeno una mano, te l'ho appena detto che questa non è la cosa giusta da fare. Prima mangiamo qualcosa, piuttosto, sarai affamato ed hai bisogno di essere in saluto. Tra l'altro ormai è mezzogiorno ed anche io ho saltato colazione, pure io sto avendo i crampi allo stomaco...” Giancarlo sorrise, lieto di vedere come lei stesse facendo del suo meglio per risollevargli il morale, anche se questa non era esattamente la miglior dote di Rika.

In quell'istante, i due udirono un rumore proveniente dalle rotelline in movimento di un lettino. Entrambi ruotarono il capo verso l'ingresso privo di porta e da lì videro passare una cuccetta coperta con un lungo lenzuolo bianco, che celava quello che aveva l'aria di essere un cadavere adagiato sotto di esso. Stavano verosimilmente portando quel corpo alla camera mortuaria, accanto a Takano.

“Quella era lei, ho indovinato?” sussurrò lui, notando dalla forma assunta del lenzuolo che si trattava di qualcuno alto approssimativamente come Alice, e chiudendo gli occhi per lo strazio.

“Io... temo di sì. Che venga loro un colpo, quelli hanno la sensibilità di un tavolino, sapevano che tu eri qui e farla transitare qui davanti è...”

“Dai, adesso piantala” la consolò Giancarlo “Ne ho già viste tante in vita mia, non è questo quello che mi può buttare giù, Rika-chan. In fondo volevo vederla un'ultima volta, poi dovrò badare ad organizzare il suo funerale, capisci... Riportare tutto il suo corpo in Italia sarebbe un'operazione impraticabile, seppellirla qui lontano dalla sua famiglia non avrebbe senso... La farò cremare, suppongo che esistano delle agenzie che se ne possano occupare, ad Hinamizawa od a Okinomiya.”

“Naturalmente ce ne sono, ne abbiamo anche noi una nel villaggio, ma tu non dovresti fare certi discorsi, non ti fa bene... Ti deprimi soltanto.”

“Non mi deprimo, tranquilla. Io e te apparteniamo a due religioni differenti, ma tutte le fedi considerano un po' la Morte come un passaggio da una vita terrena ad un altro genere di esistenza, no? Mi hanno sempre insegnato che un giorno avremmo rivisto i nostri cari e che dall'altro mondo essi ci possono custodire e guidare... E questo è quello che voglio credere. Alice sarà sempre con tutti noi, ed il funerale non sarà un Addio, quanto un Arrivederci a presto, ci vediamo.

Mentre diceva quelle parole, si levò la flebo dal braccio sinistro e scese dal letto, per lasciare la stanza. Irie probabilmente lo aveva avvertito di non muoversi da lì, ma Rika si era guardata bene dal fermarlo, lei sapeva dove lui stava andando. Entrambi attraversarono quindi l'ingresso e la bambina lo scortò fino all'entrata della camera mortuaria, dove si fermò ed osservò Giancarlo mentre rimuoveva il lenzuolo che copriva le spoglie terrene di Alice. Lui rimase immobile per diverso tempo, ma poi cominciò ad accarezzarla, chiamandola per nome con dei bisbigli. Successivamente, si sedette sul suo stesso lettino e, dopo averne sollevato il tronco, mise il capo della sorella accanto al proprio, tenendola in braccio come se stesse cullando una figlia appena nata. Chiudendo gli occhi e sorridendo, Giancarlo le cantava una canzoncina lieve lieve, una ninna nanna, e di tanto in tanto le toccava delicatamente i capelli, per rendere il suo lungo sonno più dolce e placido.

E Rika non poteva esserne sicura, ammirandoli dall'entrata, ma lei stava avendo l'impressione che anche Alice stesse sorridendo.

~-~-~-~-~

La fanciulla rimase lì per un po' a guardare la scena, fino al momento in cui Hanyuu la trovò. La bambina dai capelli color violetto era scesa a sua volta lungo le scale per cercarla.

“Hanyuu” le chiese Rika, quando si accorse di avere di nuovo al suo fianco la sua antenata “Sarà mai possibile per lui essere felice? Dimmi solo il tuo punto di vista.”

“Questa è stata una lezione per lui, senza dubbio.” rispose lei “Quest'esperienza per lui ha avuto la stessa funzione di quella che gli altri mondi hanno ricoperto per il resto dei nostri amici. Convivere con le proprie angosce, pensare alle sue cause, cercare di trovare un modo per venirne a capo... Ha vissuto in un mondo solo quello che noi abbiamo provato in decine di Hinamizawa, e spero che faccia tesoro di ciò. Ha appreso qualcosa di importante.”

“E sarebbe?”

“Io non lo so, questo lo sa solo lui, se ti interessa faresti bene a chiederglielo. Io so solo che il suo sentiero verso una vita felice è ancora tanto lungo, al pari di quello di ognuno di noi, ed arrivare a quell'obiettivo richiederà parecchio tempo. Ma il peggio è passato, perlomeno per lui, e sono convinta che sia in grado di maturare dopo quello che è accaduto a lui, ed anche a sua sorella. Ali-chan sarebbe al settimo cielo, se potesse sapere che quello che ha dovuto patire renderà suo fratello un uomo migliore, un giorno.”

Rika allora si convinse a lasciare i due gemelli da soli ed a tornare nella camera in cui si trovava prima. Qualora qualcuno dello staff dell'istituto si fosse recato là ed avesse trovato la stanza vuota si sarebbe potuto allarmare, quindi lei si prendeva l'incarico di rassicurare eventuali visitatori, dicendo loro dove si era cacciato il paziente. Era meglio non causare guai ulteriori, anche se quasi tutti gli altri erano nella sala dove era ricoverata Mion, quella che sembrava nelle condizioni più critiche. Come Hanyuu spiegò a Rika, lei era ancora in coma: siccome Irie era ancora stordito dal colpo ricevuto precedentemente, Keiichi e Shion avevano interpellato uno dei medici della struttura affinché verificasse che la malata non avesse riportato dei traumi o degli altri inconvenienti, dopo che era stata portata via con la forza dalla Clinica. Quello poteva essere un evento stressante per un organismo provato, poteva metterlo a dura prova, ed ogni più piccola escoriazione o ferita doveva essere medicata al più presto.

Ma non era di lei che le due ragazze volevano chiacchierare, ora: “Insomma, Hanyuu, che cosa mi è successo, in realtà? Perchè sono ancora qui in vita a dimenarmi in questo mondo di matti?”

“Per una volta posso dissolvere tutti i tuoi dubbi, Rika. Il fatto è che anche il sigillo spirituale trapiantato nel tuo corpo da Ouka aveva captato la morte di Gi-chan, ed era entrata in azione per ucciderti.”

“Ed allora come mai sono ancora qui?”

“Perchè anche lui è ancora vivo. Io non so come ciò sia stato possibile, ma lui è tornato dal regno dei morti, ed il sigillo è stato costretto a cancellare i suoi effetti, facendoti resuscitare dopo averti ammazzato. Dopo aver fatto questo, si è dissolto senza lasciare traccia.”

“Ma è fattibile? A me suona assurdo.”

“Questo è quello che è appena successo a te, quindi certo che è fattibile. Se lui moriva, anche tu morivi; ma se lui moriva e poi risorge nel giro di pochi istanti, beh, allora tutto il sistema di Ouka va in crisi. Per spiegarti, vediamo un po'... E' come quando vai a caccia di conigli con un fucile. Immagina di individuare una preda valida e di spararle. Tu la colpisci effettivamente, ma quando vai al punto dove si trova l'obiettivo per metterlo nella borsa della cacciagione scopri che era solo un pezzo di tronco e non un animale... A quel punto non puoi fare altro che accettare di aver buttato via un proiettile, è esploso, andato perso per sempre, esso non tornerà più nel tuo caricatore, mentre i veri conigli sono rimasti illesi e sono liberi di zompettare allegramente a destra ed a sinistra. In altre parole, il colpo di Ouka è stato sì sparato, ma è come se fosse andato a vuoto, e non può più essere usato...”

“Che metafora da decerebrati.”

“Non me n'è venuta nessuna migliore, sul momento. Probabilmente quella sfera energetico-spirituale non funzionava esattamente così, sarebbe stato più efficace se avessi parlato di una proiettile che rimane in canna a causa di certe condizioni, oppure... Boh, non importa, almeno spero che tu abbia capito che il sortilegio di mia figlia non rappresenta più una minaccia per te.”

“Quindi ora i nostri amici sono anche liberi di sacrificarsi senza portarsi dietro nella tomba anche me... Beh, spero che non debbano comunque mai arrivare a tanto. Piuttosto, che cosa ci aspetta al varco, adesso? Loro volevano distruggere Hinamizawa, far sì che non ne rimanesse traccia. È stata proprio Ouka a dircelo, ed il loro piano per fare una cosa così efferata era proprio uccidere me con questo trucco. Ora che la loro magia è andata a farsi benedire, invece...”

“Potrebbe anche non essere così, Rika. Pensaci, spingere le persone ad uccidersi in modo che quel sigillo esplodesse... Poteva anche funzionare, ma a me sembra un complotto troppo legato al caso ed alla fortuna, specialmente se consideri quanto a quel Goemon-san piaccia escogitare trame complicate e sofisticate. Lasciare una parte rilevante del suo piano al fato... Non sarebbe da lui, se ho capito bene come ragiona il nostro nemico.”

“Hmmm... A meno che lui non fosse sicuro che questo sigillo sarebbe esploso... In fondo, portare Mii-chan allo stremo, e poi fare lo stesso con Rena-chan, con me, con Gi-chan... Qualcosa ci sarebbe dovuto accadere, prima o poi. Ci stavano portando alla disperazione, e tu sai cosa vuol dire essere disperati da queste parti, con dei parassiti mangiacervello in corpo. L'elemento fortuna è molto più piccolo di quanto tu immagini. Ma forse potresti avere ragione tu e torto io, dovremmo sviscerare l'argomento con gli altri, dopo.”

Il tempo era infatti ancora una volta tiranno. Come concordato nell'incontro di febbraio, il raduno finale che avrebbe interessato tutti i rami del casato Sonozaki si sarebbe tenuto il cinque marzo, ossia in meno di una settimana. Quella sera, il loro clan avrebbe deliberato se Mion poteva continuare ad essere la loro leader o no, ed entro quella data Rika ed il club dovevano elaborare qualcosa per rimettere in piedi la loro amica, ma la bambina era anche conscia che i loro avversari non avrebbero gettato la spugna. Non appena avessero scoperto cosa era davvero successo, Goemon e Megumi non sarebbero certo stati a guardare, non ci voleva molto per capirlo.

  
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